La ballata della marionetta

(Regulus Black)

Regulus fissa l’arazzo di famiglia. 

Sente di aver deluso tutte le aspettative che i suoi genitori avevano riposto su di lui. Aveva ragione suo padre: doveva pensare al buon nome dei Black e trovare un posto di prestigio al Wizengamot per occuparsi degli affari di famiglia. 

Schierarsi apertamente è pericoloso, specie di questi tempi, gli aveva detto Orion Black. Un’opinione sussurrata da più voci nei salotti della società Purosangue.

Il pensiero di quelle sere, quando tutto poteva essere diverso, gli fa male.

Come è potuto accadere?

Lo sguardo si posa sul nome di sua cugina Bellatrix. Sarebbe troppo semplice dire che la colpa è sua, che li ha convinti della grandezza del Signore Oscuro, ma non è la prima strega ad essersi infatuata di un Mezzosangue e aver mandato all’aria la sua vita. 

Le bruciature sull’arazzo lo ricordano. 

Suo padre, sempre lui, gli ha detto di considerarle come i semi di altri alberi, meno pregiati, ma che ugualmente possono dare frutti. Le piante devono essere potate perché si possano mantenere in salute, affinché i loro frutti rimangano della qualità che si desidera. Orion gli ha raccontato che in Giappone applicano delle tecniche agricole estremamente rigorose affinché i frutti siano perfetti. 

I Black non possono essere da meno. 

Con che coraggio può dire loro che ha rovinato tutto? Che lui è il seme corrotto che farà morire l’albero? 

Eppure, per la sua famiglia ha fatto di tutto. 

Ha studiato e si è applicato fino a diventare un mago esperto: gli incantesimi e le maledizioni che è arrivato a padroneggiare lo testimoniano. 

Ha rinunciato all’amore, accettando il fidanzamento proposto dalla famiglia, solo per il buon nome della famiglia. 

Ha rovinato anche i suoi amici, che adesso portano sul braccio il suo stesso Marchio e sono vittime della sua stessa illusione, quella che lui ha contribuito a propagandare.

Non può salvarli. 

Non ora, non direttamente. 

Non senza condurli a una morte violenta, perché da quel giuramento c’è una sola via d’uscita.

Voleva solo dare il suo contributo, scrivere il nome dei Black sui libri di storia, essere il Purosangue di cui avrebbero narrato le gesta. Regulus non si è accorto che la sua non era una ballata, ma uno spettacolo di marionette, che la Causa era uno sfondo di cartapesta oltre il quale c’era solo desiderio di dominio e aberrazione magica ché chi profana i cimeli dei Fondatori con le Arti Oscure, non ha a cuore la purezza della magia e ancor meno quella del sangue. 

Regulus non sa se potrebbe fare di più, ma sa che sta facendo ciò che è meglio per i Purosangue. Non ha senso curare gli alberi se qualcuno dà fuoco al bosco.

Nella sua tasca, il medaglione che ha fatto realizzare è pronto. 

La decisione è presa, non torna indietro.

“Kreacher, portami in quella grotta.”