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Autore: Neamh Moonstar    07/05/2023    2 recensioni
«Sapete, la gente tende a cacciare i demoni per vedere esaudito qualsivoglia desiderio. Credono che confinarli sia abbastanza da poter chiedere loro ciò che desiderano ed ottenerlo, ma non c'è niente di più sbagliato. Un po' di gesso per terra e qualche parola ben pronunciata non sono abbastanza; inoltre, i demoni sanno sempre come fregarti una volta che hai deciso di fare patti con loro. Gli angeli, invece? Oh, loro sono così difficili da trovare ma così facili da intrappolare. Non possono mentire ad un essere umano, sono fatti per proteggerci e consigliarci, feriscono solo i demoni e i loro stessi simili se Dio glielo chiede. Ma quando sono dentro quegli stessi cerchi è come se sparissero: i ponti con l'Altissima vengono tagliati, e per chiedere loro qualcosa basta strappargli una sola, candida piuma.»
Genere: Angst, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aziraphale/Azraphel, Crowley, Gabriele, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il cerchio di Kathatiel era effettivamente una distesa infinita di nuvole che andavano disperdendosi a vista d'occhio, il tutto immerso in un cielo cangiante che passò gradualmente dal rosa all'arancio, dal giallo al blu nel giro di pochi secondi. Aziraphale non aveva mai sognato nel corso della sua esistenza, ma i toni ovattati dell'ambiente che aveva attorno erano ciò che di più onirico potesse immaginare; gli sembrava di essere finito dentro ad un dipinto ad acquerello.

Quando l'altra gli aveva dato il benvenuto, aveva nuovamente tentato di mettersi perlomeno a sedere. C'era voluto fin troppo, dato che il dolore sembrava non volerlo lasciare tanto presto.

Kathatiel gli aveva dato una mano con una delicatezza ed una pazienza infinite, ripetendogli che sapeva quanto fosse faticoso e di quanto meglio sarebbe stato se avesse riposato ancora. Ma Aziraphale non aveva intenzione di rimanere lì, inerme e dolorante, un secondo di più. I ricordi di ciò che era accaduto erano di nuovo vividi nella sua mente e doveva dar loro un senso.

    Decise di andare per gradi, anche perché non conosceva altro modo di affrontare la situazione. Rimase qualche attimo a scandagliare l'ambiente attorno a sé prima di prendere parola. «Il tuo cerchio?» Ripeté, confuso. Prima che la conversazione potesse procedere, però, osservò la sua interlocutrice e gli venne un colpo - di nuovo. Ora che la sua testa aveva ripreso a funzionare, si era accorto che nessuno di loro due aveva niente indosso. Era un pensiero stupido, certo, ma aveva passato tanto di quel tempo con degli abiti addosso che il non averli lo fece sentire terribilmente esposto - e imbarazzato.

    Si coprì con le ali, ma Kathatiel non parve cogliere l'antifona. Anzi, annuì e prese a spiegare: «Lily lo ha disegnato il giorno in cui mi ha catturata. È riproducibile, così può evocarmi ogni volta che ne ha bisogno». Si puntellò il mento con un dito: «Lo ha creato specificatamente per me. Se sei qui, vuol dire che l'ha modificato.»

Quei cerchi erano da sempre appannaggio di satanisti fuori di testa con cui Crowley aveva avuto spesso a che fare. Per questo motivo Aziraphale ne aveva uno in casa: non era solo un mezzo di comunicazione, ma anche un meccanismo di difesa in caso di presenza nemica - ovviamente non lo aveva mai usato per il secondo motivo. C'erano molteplici modi di utilizzarli, attivabili in altrettante maniere diverse: candele, formule specifiche, sangue angelico... Erano uno strumento complicato che gli esseri umani avevano ideato fin troppo bene; disegni versatili e molto pericolosi.

Ed è la seconda volta che ci finisco dentro. Anzi, no: è la seconda volta che qualcuno mi ci infila.

    Con un sospiro e una passata di dita sugli occhi, il biondo cercò di raccogliere le idee. «Mi stai dicendo che l'umana che custodivi ti ha rinchiusa qui dentro volutamente

Gli angeli custodi tendevano a prendere le sembianze degli umani che proteggevano; nonostante ciò, Kathatiel aveva qualcosa di diverso rispetto a Lily: pareva la versione benevola e innocua dell'umana. I suoi occhi scuri erano particolarmente brillanti e le efelidi parevano decorazioni graziose, posizionate accuratamente su ogni centimetro di quel corpicino pallido e rotto da una cicatrice sul fianco che risaltava, scura ed oblunga, sulla pelle bianchissima. Sembrava triste e debole, però: un'altra caratteristica che la differenziava dalla Cacciatrice.

    Lei prese a torturarsi le dita, annuendo debolmente: «Per la famiglia Queen è una specie di rito di passaggio. Catturano i loro angeli custodi e li rinchiudono. Io sono qui da quasi vent'anni, ormai.»

    Quel nome suonava familiare, ma non a causa della musica preferita dalla Bentley. Aziraphale provò a ricordarsi dove lo avesse sentito, ma un'altra stilettata di dolore lo costrinse a piegarsi. La mano di Kathatiel fu subito sulla sua spalla, dolce e rassicurante. «Chi farebbe mai una cosa del genere?» Mormorò allibito.

    «Te l'ho detto: la famiglia Queen» Ripeté paziente la custode. «Sono i più bravi Cacciatori di angeli della Terra. Diciamo che sono stati loro i primi a scoprire come rinchiuderci e usare le nostre piume a loro favore... e tutto per cercare di ingraziarsi il Tentatore.»

    Quelle ultime parole, timorose e sussurrate, fecero salire un brivido lungo la schiena di Aziraphale. Fissò Kathatiel con gli occhi sbarrati e sperò di aver capito male. «Di- di chi parli?»

    Lei inclinò la testa: aveva l'aria confusa e preoccupata. «Il Tentatore. Sai il giardino dell'Eden, la mela e il serpente? La famiglia di Lily è convinta che sia stato proprio lui con il suo inganno a far progredire l'umanità. Lo venerano.»

Lily Queen aveva un serpente tatuato sul petto e una lama capace di rompere l'aura degli angeli. Conosceva il modo più sacrilego di attivare i cerchi ed era capace di rinchiudervi dentro le sue prede. Gli aveva staccato una piuma... Nemmeno i demoni si spingevano a tanto. Aveva catturato la sua custode e poi lui, infilandoli in quel luogo confinato tra le linee di qualche pavimento. Tutto solo ed esclusivamente per...

    «Crowley?»

    Kathatiel sbatté gli occhi un paio di volte. «Chi?»

Fu allora che Aziraphale capì la vera gravità della situazione. Aveva bisogno di rimettere a posto i pezzi e cercare di tirarsi fuori da quel casino, il prima possibile anche. Nessuno sarebbe venuto a salvarlo, stavolta. Semmai, era ora che accadesse il contrario.

    Raddrizzò le spalle e ignorò l'ennesimo bruciore proveniente dal suo ventre. «Temo che dovremo fare una lunga chiacchierata, cara Kathatiel» affermò con più sicurezza di quella che davvero aveva.


**


Lily non chiamò Gabriel, anche se forse avrebbe dovuto. Gli inviò un sms chiaro e semplice:

Missione compiuta.

Aveva fatto ciò che il messaggero le aveva chiesto e ora stava tornando a casa, mani e volto ben coperti affinché nessuno notasse le strane chiazze che si mescolavano alle sue efelidi. Nessuno notava mai niente, in realtà: era brava a non dare nell'occhio e scavalcava la gente con una facilità quasi innaturale. Rimaneva comunque cauta e con la scusa pronta in caso di domande indiscrete.


Arrivò al suo appartamento senza problemi. Normalmente, a lavoro compiuto, si infilava sotto la doccia e ripensava al suo operato. Alle volte dava persino uno squillo a sua madre, informandola della nuova cattura fatta a nome della famiglia Queen.

Stavolta però, Lily poggiò la schiena alla porta e, immobile, ascoltò l'incessante pompare del suo cuore. Percepì un lieve e piacevole calore pizzicarle le guance e accarezzarle le membra. La sua mente volò a ciò che era accaduto alla libreria subito dopo che la lucciola era sparita in un fascio di luce e una nuvola di fumo.

Kathatiel era stata davvero brava: la sua protezione aveva aiutato Lily ad osservare meglio colui che per tanto tempo aveva immaginato ascoltando i racconti di suo nonno. Era ad un crocevia tra la dolcezza assoluta e la rabbia sconfinata. Il modo in cui aveva reagito per riavere l'amore della sua esistenza era ammirabile e spaventoso. In quegli occhi dorati c'erano determinazione e disperazione, e già l'averlo davanti così, impossibilitato ad agire, aveva mandato la Cacciatrice in brodo di giuggiole.

Adesso lo aveva tutto per sé, tenuto sotto scacco dalla piuma di Kathatiel. Gli aveva tolto l'unica sicurezza, l'unica base, l'unica luce che aveva... E poi gli aveva baciato la fronte.

Era iniziato tutto in quel momento. Lo aveva visto crollare a terra, la candida piuma del suo angelo tra le mani, e aveva sentito un brivido di giubilo. Avrebbe potuto fargli qualsiasi cosa: una certezza inebriante che l'aveva portata a toccare quella pelle fredda e tirata con le labbra.

Era stato semplicemente stupendo, ma non era quello il momento di pensarci.


Staccandosi dalla porta, Lily fece un bel respiro ed estrasse il pugnale: aveva ancora una questione da sistemare. Andò in camera sua e scostò il tappeto, studiando a lungo la figura che vi era celata al di sotto. L'aveva disegnata lei anni prima affinché Kathatiel vi rimanesse all'interno, ma adesso aveva bisogno di più spazio.

Sarebbe bastato modificare un po' il disegno, tutto qui. Sapeva esattamente come fare senza rovinare tutto: aveva studiato quei segni e simboli così a lungo da conoscerne ogni sfaccettatura. Aggiunse alcuni tratti a quelli già presenti sul parquet, poi, a lavoro terminato, pose il pugnale al centro del cerchio e attese che la lama si illuminasse.

    «Lucciola sistemata» si disse, alzandosi e stirando le braccia. «Spero che Kathatiel gli piaccia. Dovranno passare un bel po' di tempo assieme.»

Voleva parlargli, in realtà. Non si faceva mai impressionare dalle sue prede, ma Aziraphale? Lui era diverso e sia lui che il Tentatore serbavano sorprese e segreti interessanti. Si sarebbe divertita.

Ma prima, relax. Tanto la lucciola deve riprendersi. Non ci avrebbe messo molto: era forte e resiliente, di questo era certa.

Aveva svolto il suo dovere: ora poteva godersi le ricompense.


**


Prima di tutto, bisognava mettersi a proprio agio. Conversare per terra, mezzo nudo - anzi, completamente - e senza niente da sgranocchiare non era proprio la migliore delle prospettive. Così, Aziraphale decise di provare la più semplice delle soluzioni: un miracolo.

Schioccò le dita e si ritrovò di nuovo nelle sue stoffe preferite, seppur meno consistenti e di un tono più chiaro di quello che avrebbe voluto. Si sarebbe accontentato.

Kathatiel, seppur confusa, decise di adattarsi. Schioccò le dita a sua volta e si avvolse in un vestito semplice e candido.

    «Molto meglio» commentò lui, sorridendole. «Perdonami: in tutto questo non mi sono nemmeno presentato. Sono Aziraphale» disse, porgendole una mano.

    Lei la strinse delicatamente. «Non sei un custode, vero? Sapevo che Lily sarebbe riuscita a catturare qualcuno ai piani alti, prima o poi...»

In effetti si vedeva che facevano parte di due gradini diversi della gerarchia: le ali di Aziraphale erano quasi il doppio di quelle di Kathatiel, e tutta l'essenza del principato brillava di una luce di cui la custode era sprovvista.

    «In effetti no» affermò lui. «Ma devi assolutamente spiegarmi meglio questa storia delle catture» disse poi, facendo comparire un tavolo basso davanti a loro. «E nei minimi dettagli, anche.»

Tutto ciò di cui aveva bisogno adesso era un buon tè, e lo ottenne con una facilità quasi disarmante dati gli ultimi eventi. Almeno una cosa sembrava star girando a suo favore.

    Ne versò un po' nella tazzina comparsa davanti a Kathatiel e lei, incuriosita, ne osservò il contenuto prima di parlare. «Hai mai sentito parlare di Chrysanthemum Queen?»

    Aziraphale per poco non risputò il tè - che comunque aveva un sapore ottimo. Certo che lo aveva sentito! Gliene aveva parlato Crowley una volta. Era comparso sulla sua porta con l'espressione stravolta, dicendo di aver incontrato il gruppo di satanisti più fuori di testa del pianeta. «In effetti sì» affermò infatti. «Ma pensavo che il Paradiso si fosse già occupato di lui e la sua famiglia.»

A detta di Crowley, la famiglia Queen sembrava particolarmente ossessionata da lui, tanto da metterlo addirittura a disagio. Aziraphale lo aveva guardato storto: non era certo la prima volta che il suo demone si ritrovava in mezzo a qualche culto di pazzoidi, come li chiamava lui; ormai doveva esserci abituato. Gli chiese cosa ci fosse in quegli umani di così strano da lasciarlo allibito, ma l'altro insistette per non parlarne. Così, semplicemente, la questione cadde e non ne parlarono più. D'altronde, l'ultima cosa che l'angelo voleva era incastrare il suo demone in conversazioni capaci di metterlo di cattivo umore - e renderlo intrattabile di conseguenza; così aveva fatto ciò che gli riusciva meglio: gli aveva offerto da bere e gli aveva consentito di rimanere tutto il tempo che voleva.

A riparlarne fu Gabriel qualche giorno dopo. Lo mise al corrente per un semplice motivo: avvisarlo di lasciare in pace quella famiglia nel caso se la fosse ritrovata davanti. Con il suo caratteristico sorrisetto plastico in volto, gli aveva dato una pacca sulla spalla e gli aveva consigliato di lasciar fare agli arcangeli.

Aziraphale non sentiva quindi parlare della famiglia Queen da allora: attorno al XII secolo, più o meno. Aveva considerato la questione bella che chiusa, magari un caso particolare già vagliato e risolto. A quanto pareva, si sbagliava di grosso.

    Come se potesse esserci qualcun altro oltre a loro, Kathatiel si guardò attorno e abbassò la voce: «Gli arcangeli si sono tenuti la questione ben stretta. Hanno diffuso solo poche informazioni, lasciando quasi all'oscuro noi dei ranghi più bassi. Noi custodi venivamo messi al corrente solo nel caso ci venisse affidato qualcuno della famiglia.»

Un angelo dolce e delicato come Kathatiel a protezione di una donna come Lily non era esattamente la scelta più pensata, si disse Aziraphale. Qualcosa gli suggerì che gli arcangeli l'avessero spedita in quella famiglia apposta per liberarsi di un elemento troppo debole per i loro standard. Decise di tenersi i suoi sospetti.

    «Capisco. Questo spiega molte cose» commentò invece. «E il signor Chrysanthemum dev'essere il capostipite, immagino.»

    Kathatiel annuì vigorosamente: «Non solo. È stato lui a perfezionare i cerchi, sempre lui il primo a catturare il proprio angelo custode e strappargli una piuma per assoggettarlo. È stato il primo e l'ultimo della famiglia ad evocare il Tentatore.»

    Ed ecco un pezzo del puzzle che andava al suo posto. Aziraphale prese a tamburellare la porcellana con le dita, ora in ansia. Persino il dolore al ventre si rifece fastidioso. «Ma perché? Cosa vogliono da lui?»

    L'altra fece spallucce: «Penso protezione: così hanno sempre detto i genitori di Lily. La loro non è semplice devozione: hanno reso la cattura dei custodi e la raccolta di piume dei riti a suo nome. Ne sono ossessionati.»

Il biondo sospirò. Male, molto male. Erano nelle grinfie di gente malata e pericolosa, poco ma sicuro. La devozione era un sentimento delicato, facilmente tramutabile nell'ossessione morbosa descritta da Kathatiel.

    Dopo una breve pausa, quest'ultima riprese: «Col tempo hanno deciso di utilizzare le loro conoscenze per "aiutare" gli altri a catturare gli angeli. I motivi possono essere diversi, ma perlopiù ci sono persone che vogliono liberarsi dei loro custodi e, di conseguenza, delle "grinfie" di Dio.»

    «Tutto ciò è...»

Aziraphale, che conosceva tantissime parole, faticò a trovare un aggettivo adatto. Davvero nessuno aveva mai tentato di mettere fine a quello scempio?

    «Terribile, lo so... Ora, però, permetti una domanda?»

Kathatiel aveva posato la sua tazzina con delicatezza. Non aveva bevuto che un sorso, troppo intenta a spiegare e guardare il suo interlocutore con curiosità e preoccupazione.

Aziraphale annuì appena, già sapendo dove la conversazione sarebbe andata a parare.

    «Vedi, Lily uccide sempre le sue prede» spiegò la custode. «Se non lo fa, significa che vuole qualcosa da loro. D'altronde, non tiene piume che non le servono: le strappa per amor di tradizione e le spedisce a sua madre. Alla tua ala destra ne manca una, perciò... Cosa vuole Lily da te, Aziraphale?»

    «Beh, è una spiegazione che penso di doverti.»

In quel momento, Aziraphale si rese conto di non aver mai raccontato quella storia ad altri angeli. Lo aveva fatto con gli umani che aveva incontrato durante l'Apocalisse - ci teneva a mantenere i rapporti - ma non ne aveva mai fatto parola con un suo simile.

Di Kathatiel poteva fidarsi, ci avrebbe messo la mano sul fuoco: era gentile, educata e disponibile. Lo aveva aiutato, perciò quello era il minimo.


Ci volle un bel po' per mettere apposto le idee e sintetizzarle. Seimila anni e passa di tempo non sono esattamente la cosa più riassumibile di sempre, e Aziraphale dovette sforzarsi un po' per non perdersi in mille dettagli - cosa in cui era fin troppo bravo, come diceva Crowley.

    Il suo discorso ben pensato, però, venne fermato quasi sul nascere da Kathatiel. «Oh mio Dio!» Esclamò lei infatti, gli occhi scuri completamente sbarrati. «Tu sei quello della spada!»

    «Cos- com'è possibile che lo sappiano tutti?»

    Per la primissima volta, la custode si fece scappare una leggera ma armoniosa risata. «Quella storia fece il giro del Paradiso in un attimo. Era sulla bocca di tutti.»

Aziraphale volse gli occhi al cielo: ormai era marchiato per sempre. Pazienza.

Decise di riprendere il suo discorso senza pensarci troppo. Più andava avanti, più l'espressione di Kathatiel si faceva dinamica: passava dalla curiosità, alla confusione, alla serietà, allo stupore in maniera fluida e genuina.

Ci volle meno tempo del previsto - e un taglio drastico di vicende - ma alla fine, il principato arrivò alla fine del mondo.

    A quel punto, la custode pendeva totalmente dalle sue labbra. Parve spesso sul punto di commentare, ma riuscì a trattenersi fino a quando l'altro non fece una pausa. Solo allora irruppe in un: «Voi cosa?!» esclamato in un acuto incredulo e nervoso. Prese a gesticolare, balbettando frasi sconnesse. «Cioè tu... Cioè, tu e lui. Voi siete...»

Aziraphale le diede tutto il tempo. Effettivamente, se dall'altro lato ci fosse stato lui, avrebbe fatto fatica a digerire tutte quelle informazioni. Tutta la storia del patto, la collaborazione, l'Apocalisse mancata, ciò che era avvenuto subito dopo... Tutto doveva suonare irreale alle orecchie di quella poverina che aveva passato l'ultimo ventennio chiusa là dentro.

    «Lily non vuole te, ma lui. Vuole te per tenere tra le grinfie lui» concluse la custode, mettendo approssimativamente a posto le idee.

    «Immagino di sì. Avrei dovuto capire che qualcuno avrebbe provato a rovinare tutto, prima o poi...»

Scostando lo sguardo, Aziraphale prese a torturarsi le dita. Perché doveva finire sempre così? Perché doveva sempre rovinare tutto? Puntualmente si ritrovava in qualche casino... I guai dovevano amarlo.

Si chiese come stesse il povero Crowley. Lily sembrava più che capace di piegarlo emotivamente pur di ottenere qualsiasi cosa volesse... E lui lo aveva permesso.

    Una mano gli toccò il polso, facendogli rialzare lo sguardo. Dietro il leggero velo di lacrime che si era formato davanti ai suoi occhi vide il dolce volto di Kathatiel. «C'è una cosa che non ti ho detto» confessò lei.

Aziraphale la fissò quasi pregandola di rivelargli qualcosa che potesse svoltare la situazione. Magari non era tutto perduto, in fondo.

C'era una cosa che Crowley gli aveva ripetuto spesso i primi tempi di esistenza assieme, quando l'ansia e la preoccupazione della vendetta erano dietro l'angolo. “Abbiamo fermato l'Apocalisse, il resto a confronto è una cazzata”.

    «Il giorno in cui Chrysanthemum invocò il Ten- ehm, come hai detto che si chiama?»

    «Crowley...»

    «Giusto. Il giorno in cui Chrysanthemum invocò Crowley, accadde qualcosa di strano. È una storia che gira da secoli tra i membri della famiglia Queen, ma ora che mi hai detto del vostro rapporto, beh... tutto ha più senso.»

Prima che potesse rivelargli qualsivoglia cosa, però, il cielo attorno a loro iniziò a vorticare.

    Aziraphale si ritrovò piegato in due da una stilettata di dolore più pungente delle precedenti. Si aggrappò a Kathatiel, confuso e spaventato. «Che succede?»

    Lei lo sorresse. «È Lily. A quanto pare vuole parlarti.»

    «Parlarmi? Mi ha pugnalato. Cosa pretende che le dica?»

    Kathatiel lo guardò tristemente. «Non lo so» mormorò solo. Il suo volto si stava facendo sempre più traslucido e distante.

Per un attimo, Aziraphale poté vedere una punta di disperazione nei suoi occhi. Forse aveva paura di restare di nuovo da sola, o forse aveva paura di ciò che Lily avrebbe potuto fare. Qualunque cosa fosse, non gli piacque per niente.


Istintivamente, chiuse gli occhi e si preparò mentalmente: stava per rivedere la sua carnefice.

Il solo pensiero gli si ritorse nello stomaco.

   
 
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