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Autore: Orso Scrive    11/05/2023    1 recensioni
Alberto Manfredi e Aurora Bresciani ricevono l’incarico di gestire la sicurezza di una mostra dedicata alla storia della frontiera americana. Fare la guardia a vecchi cimeli privi di valore non sembrerebbe essere un incarico molto gratificante, per i due carabinieri del Nucleo Tutela del Patrimonio Culturale. Ma dovranno presto ricredersi, quando la mostra verrà sconvolta da uno strano furto, che sembra collegato a un’antica maledizione degli indiani d’America e alla scoperta, ai tempi della frontiera, di una miniera misteriosa…
Genere: Avventura, Mistero, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'A&A - STRANE INDAGINI'
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9.

 

 

Monte Supersticion, luglio 1542

 

 

La pietra calcinata rifletteva il chiaro riverbero del sole. I raggi arroventavano le armature e bruciavano gli occhi. Il caldo e l’aria secca bruciavano i polmoni e piagavano la pelle.

Nonostante tutto, Pedro continuò ad avanzare. Non sentiva la stanchezza. Proprio come Coronado, era certo di essere stato investito da un santo compito. Trovare Cibola doveva pur richiedere un sacrificio; la ricompensa, sarebbe stata incommensurabile.

Gli uomini che lo seguivano erano fanatici quanto lui. Il capitano li aveva scelti uno a uno, consapevole che gli sarebbero andati indietro fino alla fine.

Procedevano tra le montagne da ormai dodici giorni.

Ancora non avevano trovato alcuna traccia della presenza di una città, ma questo non li aveva indotti ad arrendersi. Di tornare indietro, non avevano alcuna intenzione. Ormai, in ogni caso, sarebbe stato troppo tardi per ricongiungersi alla colonna principale del corpo di spedizione, che si sarebbe rimessa in marcia verso il meridione di lì a breve, molto prima che avessero avuto il tempo per fare ritorno.

Ma per Pedro Alvarez e per i suoi uomini, non ci sarebbe stata alcuna via del ritorno.

Loro avevano gli occhi puntati in avanti.

Solo questo contava.

Il sole illuminò un alto picco, facendolo risplendere come se fosse stato rivestito d’oro puro. Gli occhi cisposi di Pedro ne furono abbagliati.

«Un campanile…» mormorò. Alzò il braccio, indicando il picco, e gridò: «Uomini, guardate! Le torri di Cibola ci accolgono!»

Le menti affaticate e esaltate dei soldati videro quello che volevano vedere. Gli occhi del loro fanatismo, indotti a ciò dal comandante, scorsero il miraggio di un’intera città fatta di tetti, di campanili, di guglie, di mura e di strade. Una città in cui abbondavano ricchezze e tesori, una città in cui avrebbero trovato cibo in abbondanza con cui rifocillarsi, vino con cui perdere sete e senno, donne da possedere fino allo sfinimento.

Cibola, la città perduta, pronta ad accoglierli.

«Cibola!» si alzarono in un solo coro tutte le voci dei militari.

A un secco ordine dato con la mano, tutti quanti cominciarono a correre in quella direzione. I piedi, calzati nei grossi stivali di cuoio che cedevano a poco a poco a causa dell’usura, affondarono nelle sabbie rossastre e affrontarono le pietraie.

Pedro, animato dal fuoco della vittoria, corse alla testa dei suoi uomini.

Verso Cibola.

 

* * *

 

Dall’alto di una parete rocciosa, centinaia di occhi spiarono la mossa degli spagnoli. Osservarono la loro follia, si resero conto del fanatismo che li spingeva a correre verso il nulla. Li guardarono lasciarsi alle spalle le montagne per rincorrere il fantasma di ciò che non esisteva, che non erano altro che montagne travestite da qualcosa che soltanto le menti di quei pazzi potevano riconoscere.

Il vecchio Fumo di Pioggia, l’uomo saggio, restò per un breve istante racchiuso in se stesso, assorto in meditazione. Infine, rivolse un cenno ai guerrieri che lo attorniavano.

«Quegli uomini si stanno dirigendo verso la grotta in cui è racchiusa la strega. Potrebbero risvegliarla dal suo sonno millenario e scatenarla. Non possiamo permettere che questo accada.»

I guerrieri annuirono.

Silenziosi come ombre, si alzarono in piedi e tesero i loro archi. Le punte di freccia, in pietra levigata, luccicarono sinistramente alla luce del sole.

Forse, gli spagnoli, nello scorgerle, pensarono che fossero le prime ricchezze di Cibola che si offrivano loro.

 

* * *

 

Pedro vide i suoi uomini cadere uno per uno, impotenti. Schierati com’erano in campo aperto, privi di ogni riparo, troppo stanchi per riuscire davvero a reagire, non riuscirono a evitare che le frecce scagliate dall’alto delle rupi li uccidessero tutti, uno per uno.

Una delle saette si conficcò nella coscia del capitano. Trapassò la carne da parte a parte, togliendogli il respiro e provocandogli un acuto dolore che gli risalì fino al cervello. La punta doveva aver strappato un nervo.

Stringendo i denti per non urlare, Pedro crollò in mezzo a quella carneficina, mentre le frecce continuavano a piovere tutto attorno, uccidendo i feriti che ancora si contorcevano e imploravano una pietà che, dal cielo, non venne.

Quando le prime ombre della sera cominciarono a scivolare verso di lui e l’ultimo soldato ebbe smesso di lamentarsi, Pedro si rese conto di essere rimasto solo.

Era sopravvissuto al massacro.

Compresse la ferita con le dita e cercò di trascinarsi. Scoprì di riuscire a muoversi.

Forse, se avesse strisciato, sarebbe potuto tornare indietro.

Avrebbe potuto raggiungere il campo di Coronado, dare l’allarme, avvertire che quelle terre erano davvero abitate, che i guerrieri di Cibola difendevano i loro confini… e, un tale accanimento, poteva significare soltanto una cosa: le città e le loro incommensurabili ricchezze non erano un sogno o un miraggio.

Cibola era reale!

Doveva soltanto dirlo al comandante, dovevano tornare in forze e vendicare quell’atto di barbarie…

Un paio di piedi calzati in mocassini di pelle si fermarono davanti al viso di Pedro.

Per un terribile istante, il capitano pensò che fosse giunta la sua fine. I guerrieri di Cibola dovevano essere scesi dalle alture per accertarsi che non ci fossero sopravvissuti. Ora lo avrebbero terminato…

Pedro sollevò gli occhi e si ritrovò a fissare il volto di Linda. La sua schiava.

Lo aveva seguito fin lì, in segreto, di certo per prendersi cura del suo amato padrone, per salvarlo dai pericoli.

«Linda…» mormorò la voce stanca di Pedro. «Linda, aiutami a curare questa ferita… io credo di aver perso molto sangue e…»

Il militare tacque di colpo. Si era reso conto che la giovane donna stringeva in mano un pugnale. Il medesimo pugnale che lui aveva utilizzato per assassinare Miguel.

«Linda…» cercò di dire ancora Pedro.

Lei lo ignorò.

Si chinò su di lui e, con la lama, recise i legacci che chiudevano l’armatura. Poi, piano, la sfilò dal suo busto, liberandolo da quel peso.

Un gesto che la giovane schiava aveva già ripetuto decine e decine di volte. Da quando l’aveva catturata e fatta sua, Pedro aveva sempre voluto che fosse lei a spogliarlo.

L’angoscia che lo aveva colto nel vederla armata lo abbandonò, lasciando il posto a una sensazione familiare di benessere. Linda lo stava semplicemente aiutando. Ora che lo aveva sbarazzato dell’oppressione della corazza, di sicuro si sarebbe presa cura della sua gamba ferita, e si sarebbe prodigata per portarlo via da lì.

Così come era passata l’angoscia, anche il benessere cessò di colpo.

Accadde quando Linda gli piantò la lama del pugnale nell’inguine e poi, con una lentezza esasperante, cominciò a trascinarla attraverso la carne, salendo verso il cuore.

Le urla di dolore di Pedro echeggiarono a lungo tra le pareti di roccia della gola.

 

* * *

 

La spedizione di Coronado, pur avendo fallito nel suo tentativo di scoprire l’ubicazione delle misteriose sette città di Cibola, portò un grande vantaggio all’Impero spagnolo. Essa, infatti, permise l’apertura di nuove vie per la conquista dei territori a settentrione del Messico.

Francisco Vazquez de Coronado continuò a governare la Nuova Galizia fino al 1544, quando si ritirò a vivere come privato cittadino a Città del Messico. Dieci anni più tardi, spirò in grazia di Dio.

Di Pedro Alvarez e degli uomini che lo avevano seguito tra i Monti Supersticion, in quell’ultimo tentativo di rintracciare Cibola, non si seppe mai più nulla.

 
   
 
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