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Autore: GinChocoStoreAndCandy    18/05/2023    0 recensioni
Leggere questa storia causa follia!
Specialmente se sei un fan accanito di Star Wars!
Genere: Avventura, Azione, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Altri
Note: Nonsense | Avvertimenti: Furry, Triangolo, Violenza
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La notte passa in fretta




 

1
 

All’inizio, quando il messaggio di allarme era rimbalzato per tutti i radiofari della galassia, Dama-An aveva pensato ad uno scherzo; o al solito allarmismo di quelli di Coruscant.
Invece, appena spento l’Holonet , presa la spada per l’allenamento, aveva notato nel riflesso dell’elsa, una figura opaca, oblunga bianca che le puntava addosso un distorto blaster. Era riuscita a parare e riflettere il colpo addosso allo stormtrooper poco dopo aver udito il suono pigolante dello sparo.
E poi era cominciata al mattanza.
Compagni che cadevano da ogni lato, colpiti dai soldati che dovevano essere lì per difendere un luogo sacro.
Il tempo era sembrato infinito in quella specie di caccia che si era scatenata senza motivo, la Forza era stata pregna di vibrazioni che scuotevano i sensi, così come l’aria era stata pregna dell’odore della carne bruciata. In quel turbinio caleidoscopico di spade laser e di proiettili, in quella catena di colpi sferrati per abbattere e parare, davanti agli occhi della maestra jedi Dama-An si era creata una patina che le mostrava solo il muoversi frenetico della propria arma, usando l’istinto per distingue amici e nemici, per sapere chi uccidere o proteggere. E quando alla fine si era fermata, aveva scoperto che erano rimasti in due, schiena contro schiena, ma la donna non si era resa conto di chi fosse l’altro con cui avrebbe combattuto fino alla morte e per un motivo che nemmeno conosceva a fondo.
La Repubblica ci ha traditi, ma che problemi hanno? Le era rimasta la domanda in sospeso in testa, perché il fragore di metallo e muratura aveva invaso l’aria.
La colossale forma di punta di freccia dello star destroyer aveva squarciato una metà del tempio, dal basso del piano aveva visto la fiancata restare sospesa per qualche istante sopra il pavimento, riflettendosi in esso, restando in bilico; era sorto poi un suono metallico somigliante a quello di un grosso animale in agonia, infine era precipitata al suolo, falciando tutto e tutti. Anche i nemici.
La torretta di comando, al centro della nave, era crollata durante il crollo, sbalzando via lei e l’altro. Ora la maestra jedi era riversa a terra, la testa le doleva, le orecchie le fischiavano e il corpo era tutto un vibrare dalle ossa agli organi interni; lamentandosi, sentendo la presa mancare sulla spada laser, i tratti del viso si delinearono grazie ad una potente luce rossa che si allungava silenziosa su di lei.
Troppo intensa e regolare per essere una lingua di fuoco.
 

2
 

Ruotò su sé stessa schivando il fendente.
Udì il colpo che si infrangeva; tra le schegge di luce sul pavimento del tempio, vide la forma nera e massiccia bardata di oscurità e rosso caricarla come una furia.
Richiamò a sé la sua arma appena in tempo.
La spada laser scarlatta piombò sulla quella azzurro chiaro. L’impatto fu tremendo, Dama-An riuscì a reggere la potenza della pressione lama su lama, ritorcendola per scagliare il nemico lontano grazie alla Forza, il sith ci mise un attimo a riprendere la carica, avventandosi su di lei che frattanto si era rialzata e messa in guardia. La serie di colpi della maestra era una continua difesa, sentiva tutto il peso della potenza avversaria ad ogni incrocio di spada, era sfiancante per entrambi, ma la jedi sapeva che sarebbe morta per prima, il sith aveva dalla sua un braccio completamente meccanico, con quello avrebbe potuto scagliare fendenti all’infinito.
Sondò il terreno attorno a sé, nella continua danza di parate e finte, vide altre due spade rosse come sospese in aria e l’altro jedi fissarla con occhi pieni di concitazione. An percepì la stanchezza per la battaglia passata e quella in atto intaccare le sue forze, decise che avrebbe scelto lei come morire: all’incrocio di lame, gettando la poca energia che aveva nell’ultimo colpo, spinse a terra l’arma dell’avversario colpendolo al volto con una gomitata e allontanandosi, liberandosi così dal giogo del sith, fece per porre fine al duello quando sentì una scarica di dolore alla gamba.
Cadde a terra in ginocchio, voltandosi verso l’arto dolorante: confuso con la penombra doveva aver mancato di parare il colpo sferratogli dal sith prima che questo fosse scagliato via. Girando la testa per cercarlo, trovò la figura già a torreggiare su di lei, con le braccia sopra la testa e la spada laser come una ghigliottina pronta a tagliarla in due; la lama rossa, da una semplice striscia riflessa negli occhi si allargò nell’iride fino a quasi sfiorarlo.
La maestra jedi vide la morte ghignare sotto il cappuccio del sith: aveva il volto di un essere umano.
 

3
 

Kenth aveva percepito la Forza circondarlo appena dopo essersi ripreso dall’intontimento dell’onda d’urto. I due sith erano emersi dal nulla, materializzandosi come incubi nel cuore di un sogno che già incubo era. Lo avevano incalzato in un angolo, senza mai mostrare completamente le proprie fattezze, uno celato con una maschera arcigna e l’altro mostrando solo la pelle grigiastra del capo senza capelli. Lo avevano bloccato, facendogli guardare la lotta impari tra la jedi e il sith; lei era maestra da molto più tempo di lui, ma quelli non erano i sith dei miti canonici o delle leggende che raccontavano ai padawan, erano la loro versione reale E io non ho intenzione di morire per mano di una fiaba! Senza pensare, affidandosi all’istinto, nel secondo in cui i due sith erano distratti nel gustarsi la morte della jedi, lui raccolse la Forza e la scagliò come un colossale pugno: un avversario lo buttò tra le fiamme vive dello star destroyer facendolo ardere; l’altro lo schiantò in un ammasso di cadaveri di strormtroopers che gli si riversarono addosso seppellendolo sotto il peso di cento corpi.
Rapido, corse verso l’ultimo sith, incrociò la lama rossa che stava calando sull’amica e con uno spintone scagliò via l’avversario, utilizzando infine l’ultimo briciolo di Forza per sbatterlo contro una parete: l’avversario venne avvolto dal fumo, che lo inghiottì, turbinando là dove era passato il corpo strisciando.
Lo jedi afferrò di peso la maestra, correndo e trascinandola fino a che i polmoni non gli bruciarono, il fumo che aveva avvolto il nemico, ora faceva infuocare ogni respiro affannoso dei due sopravvissuti, però Kenth continuò finché non giunse alla scalinata; ce ne erano due per accedere al piano superiore, una era stata distrutta dallo star destroyer precipitato, l’altra, dalla parte opposta, i due jedi la inforcarono e salirono fino ad arrivare al ballatoio.
Allora si fermarono.
Ansimante, l’appena nominato Maestro Kenth Rhonys depositò a terra Dama-An.
«Ma tu i cazzi tuoi mai, vero?» lei aveva questa fissa di voler morire in modo eroico e lui quella di non voler morire da solo.
«Che facciamo?» per ora la ignorò: «Il Tempio è perduto e quella cosa...»
«Anche!» sofferente per la ferita alla gamba, la maestra jedi tagliò corto.
«Almeno due ne ho uccisi» rimbeccò il maestro, sospirando stremato.
«Dimmi, da quando gli incubi viventi si possono uccidere?» la voce cupa dietro la maschera fu ironica e allo stesso tempo inquisitoria.
 

4


Lo scricchiolio di fiamma sembrava il lento masticare di un mostro di Mustafar: insidioso e pastoso, ardeva negli incavi della carcassa di lamiere. Da quella costellazione morente di fuoco, emerse gridando il sith.
Sotto la maschera gli occhi erano dello stesso colore delle fiamme, queste si deformarono al suo passaggio come se una lente vi stesse scorrendo sopra: lo scudo della Forza, era riuscito ad avvolgersene appena in tempo prima che lo jedi lo infilasse in quella trappola scontata.
Uscì correndo dalle lamiere, cercando e non trovando, se non il suo compagno che sollevando i corpi impilati degli stormtroopers, si liberava. La pelle color della cenere, metà volto nascosto dall’armatura, Marbarr Shistav scaraventò via i cadaveri come se nulla fosse e si ripulì la veste dai resti che gli si erano appiccicati addosso.
«Dank farrik! Quegli schifosi jedi sono spariti!» ruggì Khal Tor facendo svanire l’involucro della Forza.
«Uccidiamoli prima che Lord...» il sith dalla pelle cinerea non fece in tempo a pronunciare quel nome che su entrambi calò un macigno pesante quanto una montagna.
Sgranarono gli occhi, sentirono la Forza del lato oscuro gravare su di loro in modo così massiccio che si inginocchiarono all’istante. Il corpo piegato, le facce prostrate fino a quasi toccare il pavimento.
Il loro signore era lì.
«Sono ancora vivi?!» esclamò irritato Lord Khamûl.
Passò tra i due camminando svelto, la rabbia calma che sentiva dentro di sé lo guidò fino a metà della sala. Quel luogo sacro, ora appariva come un relitto di un’epoca appena conclusa, fresca di fine assieme al sangue riverso in pozze, che si illuminava lucido sulle carni spezzate dall’astronave, un’epoca fresca dell’odore di interiora bruciate dei corpi dei jedi crivellati dai blaster o delle viscere degli stormtroopers squartati e ammucchiati dal custode delle macchine.
«Magnifico!» commentò Darth Khamûl e i due che erano piegati in ginocchio capirono che si stava riferendo non a ciò che aveva attorno.
Si fissarono a vicenda, questa volta avrebbero filmato tutto e postato sull’Holonet.

 

5
 

Quando era stato scagliato via da quella misera ondata di Forza, il sith dal braccio meccanico si era ritrovato sbattuto contro il muro sotto il ballatoio. Phyton si era ripreso dallo stordimento rapidamente, aveva alzato la testa al momento giusto, intravedendo in mezzo al fumo i due jedi strisciare al piano superiore; gli erano sembrati come gungan: tanto bravi a scappare e rintanarsi nei loro pertugi Ma possono scendere in basso quanto vogliono, anche fino al nucleo del pianeta, li stanerò tutti! Il sith ora si aggirava in quella che era la terrazza affacciata sulla zona abitabile del tempio e che conduceva all’ingresso secondario.
Era in penombra, la parte alta dell’ala dello star destroyer era attraversata da scariche dell’elettronica che stava collassando, come aveva fatto già quella del tempio; l’atmosfera era illuminata da una tetra luce tremolante. Notò un chiarore fermo in un angolo, alzò prontamente la spada inondando di rosso il barlume bluastro e il nero della notte e dell’edificio. I due bagliori diedero forma ad un macchinario per l’erogazione di bibite; il sith sentì la gola riarsa dal fumo del fuoco che saliva dal piano sotto e che proveniva dalla sala d’ingresso. Con un unico pugno del braccio metallico sfasciò il vetro e ne estrasse una bottiglia di tè rosa: il tempo che il tappo fosse rimosso e quella bottiglia fu vuota. Esclamò soddisfatto, la accartocciò stringendola e stritolandola tra le dita di metallo immaginando al posto di essa il cranio della jedi che gli era sfuggita e il contrarsi del materiale artificiale della bottiglia gli presagì il fracasso che avrebbero fatto le ossa del jedi che si era intromesso. Lanciò via l’oggetto quando questo fu ridotto ad un ammasso informe.
Sfortuna volle che centrò in pieno la testa di una persona.
 

6

 

Lord Khamûl attese con pazienza.
Percepiva con interesse la Forza che palpitava e si muoveva attorno a lui. Poteva sentire le perturbazioni che animavano i jedi radunati sopra la sua testa; la Forza faceva sì che gli stati d’animo si imprimessero in essa e trasmettessero a lui le varie emozioni: concitazione, sgomento, quiete, rabbia, arroganza e infine, la sua preferita, la paura. L’intera struttura ne era infestata, ma per quanto potesse compiacersene, un parte di essa era radunata in un luogo e un’altra era appena scomparsa.
Dal ballatoio, un’ombra cadde rapida schiantandosi al suolo; subito la seguì un più piccola e veloce; rimbalzò sul corpo, rotolando fino alla punta dello stivale di Khamûl che strinse gli occhi neri e lesse l’etichetta della marca del tè rosa.
«Ah, ecco i Phantom Jedi!» esclamò compiaciuto.
Gli altri due sith si chiesero come fosse possibile che lo scoprisse ogni volta da episodi simili.
Dal ballatoio calò una terza ombra, senza fare rumore in quell’inferno di metallo, fuoco e ombre, sembrò un vento spettrale che calava con il suo carico di gelo.
I due si fronteggiarono muti; entrambi provenivano da un luogo dimenticato, entrambi costretti ad un esilio, entrambi costretti a stare l’uno lontano dall’altro eppure sentendo l’indescrivibile bisogno di massacrarsi a vicenda: i due lati della Forza che da sempre avevano plasmato la galassia, i pianeti e le stelle erano ora raccolti lì, in attesa di ricominciare come da principio.
Dietro di loro c’era solo il crepitio delle fiamme e lo scoppiettare allegro dei pop-corn che i sith, recuperato il compagno caduto, stavano preparandosi: ne avevano bisogno, quella sarebbe stata una lotta epica.
«Che è successo l’ultima volta che quei due si sono scontrati?» chiese dal ballatoio Kenth titubante, deglutendo a vuoto e temendo dei risvolti per la loro vita, percependo le vibrazioni della Forza trafiggerlo per quanto erano violente.
«Hai presente il buco che ha inghiottito la città stato su Kelp?» gli domandò Ivantyl. L’altro annuì con il capo.
«Prima della Guerra dei Cloni non c’era» proseguì Kai Senko, ridacchiando alla faccia del maestro jedi.
I due sopravvissuti si scambiarono occhiate stravolte, quella voragine aveva trapassato il pianeta da parte a parte.
«E si ricomincia» udirono sussurrare il capo dei Phantom Jedi, il Maestro Phex.

 

7

 

Il fantasma sparì e l’incubo si dissolse.
Si rincontrarono, lame incrociate, bianco e rosso, sfrigolando disperate e il suono che produssero parve una moltitudine di urla agghiaccianti, un susseguirsi di grida fu ogni volta che le spade si intrecciarono. Fendenti rapidi e letali si susseguivano ad un ritmo implacabile; i due si muovevano sul pavimento del tempio in una macabra cornice di mucchi di cadaveri e astronave sventrata. Le lame rotearono dietro le schiene dei due avversari, incrociandosi con potenza, cominciando un duello di spinte per guadagnare terreno finché Phex mollò la presa di una mano dall’elsa e usò la Forza; nello stesso momento di Khamûl.
L’impatto fu immenso, come se due pianeti in miniatura facessero urtare le proprie orbite.
I due liberarono le spade dall’incrocio, lasciando ancor più la Forza scorrere: questa spaccò il pavimento, presto un labirinto di crepe si espanse per tutto il suolo già devastato, estendendosi ai resti dell’astronave, alle scale e alle fondamenta del ballatoio. Khamûl alzò il braccio, vibrando un colpo con la spada laser nella mano libera, Phex scagliò l’onda di Forza contro l’elsa avversaria, schiantando l’oggetto contro un muro nel quale vi si conficcò perforandolo prima di spegnersi e rotolare al suolo.
«C’è una cosa che devi sapere, Herm!» Phex puntò la spada contro avversario e la faccia dell'acerrimo nemico, furibonda negli occhi e calma nel volto.
«Cosa?» gridò Khamûl: «Cosa? Sono anni che aspetto che parli!».
Phex si tirò su la maschera e sorrise:
«Quello che la tua spada ha trafitto è un muro portante» lo jedi scavalcò il sith con un salto e con un secondo arrivò al ballatoio dove i suoi compagni lo attendevano per andarsene.
Nessuno di loro si voltò indietro.
Tutto attorno cominciò a crollare, parti di tetto piovevano e il pavimento tremava, Lord Khamûl fissò le sagome dei fantasmi scomparire come erano apparse.
«Non finisce qui, qui è dove ricomincia» sibilò con tono profetico, si voltò avviandosi all’uscita, mentre uno dei suoi accoliti gli porgeva la spada, l’altro gli offriva un sacchetto di pop-corn dove lui affondò la mano e il terzo distruggeva le macerie che intralciavano il passo.
Crollò l’intera ala che un tempo era adibita ad abitazione, seppellendo come una tomba stormtroopers e jedi caduti in quella scellerata lotta.
Crollò tutto, tranne la sala d’ingresso.
E l’archivio.

 

8
 

Un boato ovattato attraversò l’edificio, le pareti parvero strillare. Lyl-Myr Beren aveva percepito il fronte di Forza che si era scatenato nella parte bassa del tempio; lei, ancora avvolta dalle tenebre dell’ingresso, si era avviata verso l’archivio alla ricerca di un oggetto particolare di cui nessuno aveva sentito parlare se non in qualche hololibro.
Tuttavia, l’urlo della Forza e le sua conseguente scomparsa improvvisa le avevano fatto intuire la fine dello scontro.
«Quando ci sono di mezzo i Nightmare va’ sempre a finire che ci scappano i sopravvissuti» commentò a voce alta e il tono caustico si perse nell’eco del corridoio.
Ad esso si unirono i passi e lo scorrere verso l’altro della porta d’accesso all’archivio; appena entrata, la avvolse un odore strano, non il solito di chiuso e di apparecchi tecnologici vecchi, ma lo stesso di quando era stata, per sbaglio, su una delle lune di Endor; avanzò cauta, si vedeva poco, ma quel poco che riusciva a scorgere non corrispondeva alle mappe che aveva studiato: a metà della prima sezione, una sorta di coltre copriva la visuale perfino dei pannelli che davano sull’esterno. E quell’oscurità era troppo compatta.
E soprattutto: viva.
Lyl continuò ad avanzare, mosse un piede avanti e appoggiandolo udì il suono di qualcosa che si frantuma, di ossa che si frantumano. Le scorse sotto i propri stivali, ossa candide al riverbero lieve, ricoperte di un collante viscido, come se fosse stata bevuta la parte molle, rimescolata nello stomaco e poi sputata la parte dura. Si chinò per controllare, afferrò invece l’elsa di una spada laser coperta di quella bava grumosa: era di un cavaliere jedi. Respirò fondo e al suo espirare se ne unì uno più pesante; l’aria si riempì di odore di marcio, suoni viscerali simili a liane che scorrono tra loro riempirono l’aria che si caricò di tensione. Un sinistro gorgoglio sibilante, seguì lo sbuffo di una nuvola di dorata polvere che luccicò sotto la sottile luce del planetoide-luna di Ostrich. Lyl andò a cercare l’elsa della sua spada, accese l’altra, le ombre si mossero sotto la luce azzurra e fecero emergere dal fondo nero le forme di un imbuto orale contornato da cinque petali a triangolo, irti di aculei che si stavano richiudendo a baccello. Senza occhi, né orecchie, la testa era connessa ad un lungo corpo serpentino.
Una Mortagon. Era una creatura artificiale che proveniva da un’epoca antica di formazione della Galassia e lei, come i Phantom Jedi e i Nightmare Sith, era stata liberata con l’Ordine 66, con la caduta dei Jedi ordinari.
«Ecco perché i vecchi rimbambiti non devono stare al comando» parole al vento, quelle della jedi, non attirarono l’attenzione della Mortagon quanto invece fu l’espandere della Forza da parte della donna, in modo da punzecchiare l’essere.
Stordita, la creatura si agitò forsennata, le spire che riempivano metà stanza presero a muoversi ruotando viscide su sé stesse in un crescendo smisurato finché si innalzò a sfiorare il soffitto; gonfiando il resto del corpo serpentino, i petali della testa si aprirono gridando e sputando il sangue rappreso delle prede dall’imbuto orale, scagliandosi in un arco sull’avversaria che astrasse l’elsa della propria spada, l’accese, la lanciò.
Una saetta ambra volteggiò nell’aria.
Il tonfo della testa della Mortagon rimbombò in ciò che restava dell’archivio.

 

9

 

Il panorama stava lentamente mutando; al calar della sera gli immensi grattacieli si accesero di una moltitudine di mille luci; ben presto la miriade di edifici spenti sarebbe stata tempestata di lumi brillanti come diamanti nella notte.
Una notte triste, come quella appena trascorsa, gravida di funeste notizie di tradimento e omicidi, di morte e rinascita, di repubbliche ed imperi. La senatrice restava a fissare attonita il Tempio Jedi di Coruscant che veniva smantellato tra i fiumi di traffico che coprivano la visuale ad intermittenza e in lunghe fasce in perenne movimento.
Da quel giorno in avanti sarebbe stato diverso, l’ordine della Galassia, l’ordine delle cose, l’ordine dell’amore, tutto racchiuso nelle mani sfigurate di un unico uomo.
E la Repubblica era ora un Impero. Il Primo Impero Galattico, pareva un nome ridicolo, ma la minaccia aveva già spazzato via molte delle cose che la donna amava, compresa la persona che soleva accompagnarla in quelle tristi notti buie alle sale raccolte dell’ora Senato Imperiale.
Sfiorò con le dita sottili e curate dall’incarnato zaffiro, l’olotrattato segreto dei Buchi di Trama, storie di wormhole che avevano inghiottito la trama delicata della storia e a cui si dava ad ognuno un nome proprio.
Le altre persone assieme a lei nella stanza si erano già disposte in cerchio, la senatrice le raggiunse sentendo alla sua destra la mancanza dell’accompagnatore Chissà se mi sarà permesso tenere in ricordo l’elsa della sua spada? Chiuse gli occhi e sconfortata attese che tutto cominciasse ancora una volta.
«E che al suono del sacro strumento» intonò il senatore di Peroogia:
«Che il rito possa avere inizio!».




 

EPISODIO I
L’ASCESA DEGLI ESILIATI

*

FINE

   
 
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