Seduti
tutti vicini l'uno accanto all’altro, Par non ebbe molte
possibilità di parlare
con Murtagh o Morgana durante il tragitto che li portò al
porto fluviale. Arrivati
al molo vennero subito accolti dal capitano Briana.
Era
un uomo alto e robusto, sulla sessantina, barba e capelli corti neri
appena
sfumati di bianco. Gli venne in contro sul pontile a braccia conserte,
i suoi occhi
si posarono subito su Morgana e Murtagh – Altri due
passeggeri Adalia? Pensavo
che Feha non dicesse sul serio quando affermava che sareste stati sette
prima di
arrivare ad Abàlon – Adalia avanzò
verso l’uomo con un mezzo sorriso che le increspò
gli angoli della bocca – lo sai che quando si tratta di
numeri Feha non sbaglia
mai, ma soprattutto siamo in grado di pagarti. Ecco qquii soldi.
– gli disse
porgendo all’uomo un consistete sacchetto di cuoio.
L'uomo
afferrò
il sacchetto che risuonò tintinnante e con un grugnito fece
loro cenno di
salire. Contrariamente a quello che Murtagh e Morgana avevano
immaginato non si
sarebbero imbarcati per mare, ma avrebbero raggiunto la capitale
risalendo il fiume.
Cinque uomini
che componevano l’equipaggio scesero
dall’imbarcazione e iniziarono le manovre
per caricare il carro sul battello; questo aveva un lungo scafo con la
prua
alzata e due vele alte quanto l’imbarcazione. Mentre i suoi
uomini lavoravano
Briana fece loro cenno di seguirli all’interno. Solo Par si
attardò a guardare
il carro con aria preoccupata. Murtagh si chiese il perché
ma non poté indagare
oltre perché venne sospinto alle sue spalle da Adalia.
Passarono lungo un ampio
corridoio su cui si affacciavano le loro cabine, mentre, dalla parte
opposta, delle
scalette portavano al ponte superiore. Prima di entrare nella sua
camera
Murtagh vide con la coda dell’occhio Briana e Adalia
ritirarsi dentro gli
alloggi del capitano parlando animatamente riguardo al ritardo nella
tabella si
marcia e ai soldi che la compagnia aveva gia anticipato.
-
Non ti devi preoccupare. Fanno sempre così quei due.
Discutono ma alla fine
arrivano sempre a una soluzione – lo raggiunse la voce di
Feha da dietro le
spalle. Murtagh si girò verso di lei e alzò un
sopracciglio. – Da quanto tempo
vi conoscete? –
-
Quei due sono conoscenti di vecchia data - continuò la
ragazza - Io e Adalia
invece ci conosciamo solo da tre anni. Insieme abbiamo fondato la
compagnia
dell’Orsa e da allora viaggiamo per tutto il paese tra fiere
e feste cittadine.
È una bella vita in libertà. – disse
con occhi trasognanti. - Cosa vi tiene
uniti voi tre, invece? – la domanda colse Murtagh di sorpresa
e il cavaliere ci
pensò un attimo prima di rispondere:
-
È soprattutto per via mio fratello Eragon. È per
lui che stiamo viaggiando
verso la capitale. – Feha si fermò a scrutarlo per
un lungo attimo ma non
rispose. Invece, si limitò a sorridergli mesta prima di
salutarlo ed entrare
anche lei nella sua stanza.
Sistemata a
terra l’unica sacca che si era portato con sé,
Murtagh si sdraiò sulla cuccetta:
un materasso di stoffa imbottito sotto una finestrella che si apriva
sopra la
testa, da cui si intravedeva il cielo notturno.
Il materasso
si affossò subito sotto il duo peso e un leggero puzzicchio
si diffuse dalla
spalla destra al resto del corpo. Con
una mezza smorfia di fastidio ricordò in motivo per cui
odiava viaggiare su
qualsiasi tipo di mezzo galleggiante e si chiese quanto tempo ci
avrebbero
impiegato a raggiungere la capitale.
Ora che era
solo si permise per la prima volta di pensare alla situazione.
Da tempo ormai non poteva più
sentire la presenza di Castigo. Si era venuto a creare un piccolo vuoto
nell’angolo
della sua mente in cui era solito trovarlo quando aveva bisogno di lui.
Murtagh
sapeva benissimo che il suo compagno di cuore-e-di-mente stava bene, e
che si
trovava in volo, da qualche parte, con Arya, ma non riuscì
ad evitare lo stesso
di provare una piccola stretta al cuore per non averlo accanto a
sé. Il
pensiero successivo del cavaliere andò al fratello. La
possibilità che Eragon avesse
ceduto ai ricatti di Isobel era più reale che mai nonostante
lo avesse negato con
forza di fronte ad Arya e Morgana. C’era stato un tempo in
cui avrebbe
considerato tutto questo giusto. Sarebbe stata la prova che anche
Eragon, il
figlio e il cavaliere perfetti, poteva commettere errori. Lui stesso
avrebbe
sfruttato la morte di Saphira per avere un vantaggio su di lui. Ma
quello era
il vecchio Murtagh. Ora il solo pensiero che la regina potesse usare un
simile
espediente per ferirlo gli procurava un profondo dolore. Chiuse gli
occhi e una
lacrima scese lungo la sua guancia. Se l’asciugò
in fretta con un gesto di rabbia.
Se solo avesse avuto modo di parlargli, se fosse riuscito a dirgli che
Saphira
era ancora viva e che c’era ancora speranza. Allora tutto
sarebbero tornato al
suo posto. Cullandosi con quel pensiero Murtagh si girò un
paio di volte nella
cuccetta e alla fine riuscì ad addormentarsi.
*
Navigarono tutto
il giorno seguente e per un tratto le grandi vele sospinsero da sole
l’imbarcazione
risalendo coraggiosamente la corrente del fiume. Quando queste non
bastarono
più, delle robuste funi attaccate a dei buoi contribuirono a
farli avanzare per
una buona parte del tragitto.
Arrivata la
notte l’imbarcazione si fermò.
L’equipaggio cucinò per tutti e dopo aver
consumato il pasto sul ponte Roana
e
Jael tirarono fuori degli strumenti musicali e improvvisarono canti e
balli coinvolgendo
tutti con il loro ritmo. Anche Feha e Adalia si unirono a loro e, per
il
divertimento degli uomini di Briana, iniziarono a eseguire parti del
loro
spettacolo chiamando a partecipare anche a Par. Murtagh e Morgana si
erano
seduti volutamente in disparte osservando la scena da lontano sorpresi
delle
doti nascoste dell’elfo.
I loro
sguardi riflettevano la stessa impazienza. Ben presto, però,
la compagnia
coinvolse anche loro e i problemi che li tormentavano vennero per un
po’ messi
da parte. Morgana venne presa per mano da Jael e trascinata nel gruppo
per
ballare. La maga tentò qualche inutile resistenza prima di
trovarsi a muoversi
in mezzo al ponte; anche Murtagh tirato da Feha si trovò nel
cerchio a battere
le mani e a sorridere e cantare un allegro ritornello.
Alla
fine Adalia intonò una melodia lenta che segnò la
fine fella serata. I primi ad
andarsene furono gli uomini dell’equipaggio i quali ripresero
a lavorare sull’imbarcazione,
seguiti a ruota dagli altri della compagnia.
Ancora
inebriato dalla musica Murtagh salutò tutti con un sorriso
beato sulle labbra. Nel
passare davanti alla cabina di Par però si accorse che
l’elfo non era rientrato
con gli altri, ma si era allontanato senza che nessuno lo notasse. Il
cavaliere
si affacciò da Morgana facendole segno di seguirlo.
I
due lo trovarono che si allontanava dall’imbarcazione
guardingo. Murtagh stava
per dirgli qualcosa ma Morgana gli strinse l’avambraccio per
frenarlo.
- Par ti
dobbiamo
parlare – disse Morgana superandolo di un passo.
- Ti
immaginavo ancora nel mezzo delle Terre Selvagge con Saphira.
–
Nel sentire
la voce della maga Par si bloccò sul posto per alcuni
secondi, quindi si voltò
verso di lei con un sospiro.
- Ed così abbiamo fatto. Io e Saphira abbiamo viaggiato per
settimane sorvolando
la Stonewood. Alla fine ce l’abbiamo fatta. Abbiamo superato
i confini di
Zàkhara e ci siamo inoltrato nel cuore delle Terre Selvagge.
-
- Dove si trova Saphira adesso? – lo interruppe bruscamente
Murtagh. Non gli
era mai piaciuto l’elfo e quella situazione stava diventando
sempre più ambigua.
- È stata costretta a rimanere nelle Terre Selvagge -
rispose lui abbassando il
volto. C’era stata una profonda tristezza nella sua voce.
Nonostante la sua
reticenza Murtagh percepì che era sincero. – Chi
la costringe? – incalzò celando
a malapena la sua impazienza.
Par si
girò per
guardarlo alcuni istanti poi si face coraggio – Inoltrandoci
nelle terre
selvagge abbiamo scoperto che ci sono altri suoi simili. Draghi liberi,
senza
legami magici. – disse infine. Quella rivelazione
lasciò Murtagh basito. Il
ragazzo fece involontariamente un passo indietro, corrugò la
fronte e lo guardò.
La sua mente andò alle antiche storie sulla Du
Firn Skulblaka la
sanguinosa guerra tra i draghi e gli elfi che aveva portato quasi
all’estinzione delle due razze. Fu l’amicizia tra
un giovane elfo, il Primo
Eragon e un drago bianco che lui chiamò Bid’Daum a
porre fine alla guerra.
- Sono loro
che la trattengono? - intervenne Morgana. Par serrò le
labbra prima di
rispondere - In un certo senso sì. - Allora Par
raccontò il loro incontro con
Sigmar, il capo di quel branco e come Saphira avesse stretto un patto
con lui per
poter ottenere l'uovo di drago destinato a Eleonor.
– Per
questo
mi sono unito a questi saltimbanchi per raggiungere Eragon e riportarlo
da
Saphira. –
Murtagh
accolse quell’ultima osservazione con un certo scetticismo e
alzò un
sopracciglio rivolto a Par. - Ammettendo che fossi riuscito a raggiunge
Eragon
e a liberarlo. Come pensavi di tornare nelle terre selvagge tutto solo?
-
Par lo
guardò
dritto negli occhi, arrivato a quel punto non poteva più
tenere nascosta la sua
presenza, doveva rivelare l’identità di
Vespriana. – Hai ragione, io non
sono arrivato solo. Nemmeno quelli della compagnia sanno della sua
presenza.
Loro pensano che sia un semplice vagabondo, ma questo non ha importanza
adesso…
– consapevole di non essere ancora compreso Par fece una
breve pausa quindi indicò
un punto di fronte a sé.
- …vi
presento
Vespriana. -
Vieni pure fuori, non ti faranno del male.
Aggiunse mentalmente rivolto verso un interlocutore ancora invisibile.
Improvvisamente
qualcosa si mosse tra le ombre.
Murtagh non
poté
credere ai suoi occhi. Un cucciolo di drago avanzava da dietro dei
cespugli, per
ergersi di fronte a loro in tutta la sua maestosità.
-
Lei è uno dei draghi selvaggi che hai incontrato con
Saphira? – mormorò Morgana.
-
Tu puoi parlare con lei? – chiese invece Murtagh rivolgendosi
direttamente a
Par ma una voce nella sua testa entrò con prontezza. Murtagh
percepì subito una
certa dose di rabbia e sdegno.
Certo che
parlo! Il fatto che non abbia un cavaliere non significa che non ho le
capacità
per farlo.
Perdonami.
Io non immaginavo si
scusò subito Murtagh che si rese conto a sue spese che il
cucciolo di drago
aveva un carattere complesso e già ben formato nonostante le
dimensioni gli suggerissero
che non avesse più di un anno di vita.
Scuse
accettate cavaliere rispose
con voce orgogliosa.
Murtagh si
trovò a sorridere increspando appena un angolo della bocca Chiamami
solo Murtagh.
È un vero onore conoscerti Vespriana.
Il
sentimento è reciproco. Rispose
subito la dragonessa.
Par
la guardò con affetto e le si avvicinò per
accarezzarle le tenere squame sotto
il collo.
-
Sì, lei è uno dei draghi selvatici. E
sì, riesco a parlarle. Le stavo giusto
spiegando che non può nascondersi per sempre nel carro.
–
Dovrai
precederci volando a distanza. Il fiume attraversa un folto bosco dove
potrai cacciare
oltre che trovare riparo. –
Vespriana abbassò la testa strofinando
il muso contro il palmo di Par. Aveva capito perfettamente cosa fare ma
non le
piaceva separarsi dal suo amico. Emise un piccolo ruggito di protesta
poi aprì
le sue ali e si allontanò a bassa quota fino a scomparire
definitivamente dalla
loro vista.
-
Ora sarà meglio ritornare all’imbarcazione
– suggerì Morgana posandogli dolcemente
una mano sulla spalla - altrimenti i nostri compagni di viaggio
inizieranno a
farsi delle domande. –
Par
annuì poi tutti e tre tornarono lunga la strada di ritorno
alla barca.
**
All’alba
il tempo
cambiò in maniera repentina. Per tre giorni consecutivo
piovve senza sosta. Le
acque del fiume si ingrossarono e tutti i membri della compagnia ebbero
poche
possibilità di lasciare la propria cabina.
Solo
all’inizio
del quarto giorno di viaggio il tempo migliorò. Arrivata la
sera gli uomini di
Briana si organizzarono per preparare un campo sulla terra ferma. Tutti
volvano
distendersi con il ritorno del bel tempo e il suono della chitarra di
Jael già aveva
iniziato a suonare facendo vibrare di allegria l’aria.
A
raffreddare l’atmosfera gioiosa fu l’arrivo di una
decina di uomini. Piombarono
all’improvviso nel campo con le armi in mano. Murtagh
notò subito le loro armature
che luccicarono mentre entravano nel cerchio di luce formato dai fuochi
accesi.
– Devo
parlare
con il vostro capitano. Il comandante Briana –
annunciò uno di loro, un uomo
alto dalla corporatura esile ma dall’espressione del volto
fiera. Indossava
un’armatura più leggera rispetto agli altri uomini
e il mantello era di un
colore rosso porpora.
Nel sentire
il suo nome Briana si fece avanti - Chi mi desidera? –
chiese. Gli occhi del
comandate si posarono sulle insegne che portava. Erano soldati della
regina di
stanza a Gratignàc.
- Sono il
generale Phanamash. Al porto di Gratignàc il tuo nome
è famoso Briana. Tutti
affermano che sei un abile trasportatore che non ha mai sgarrato o
fatto un torto
a nessuno. -
- Faccio del
mio meglio, Signore – rispose Briana con un mezzo sorriso.
- Sì,
ne sono
certo. Ma io, personalmente non credo nell’onestà
di voi marinai. – rispose con
un leggero ghigno, guardandolo negli occhi. – Tutti voi,
prima o poi, cadete in
qualche affare losco. È solo questione di tempo. Tu, hai
appena commesso un
grande sbaglio. Ho qui un informatore che afferma che avete preso a
bordo un
elfo. E’ pericoloso ed è accusato di essere una
spia degli elfi oscuri. –
Ad un cenno
di Panamash un uomo dal volto sofferente e spaurito venne spinto in
avanti e
con mano tremante indicò tra tutti Par.
–
È… è lui!
– disse balbettando. Nel guardarlo Murtagh si rese conto che
l’uomo gli era in
qualche maniera familiare. Ci mise un po’ a focalizzare dove
l’avesse già
visto. Poi ricordò. Era stato alla locanda, si trattava
dell’uomo che voleva
riscuotere la taglia promessa per chi avesse fornito informazioni sulla
presenza di maghi in città.
Il capo
strinse la spella del mal capitato tanto forte da farlo gemere.
L’uomo doveva
essere andato a denunciare i saltimbanchi, ma non aveva messo in conto
che lo
avrebbero costretto a seguirli. Disagio e paura erano evidenti sul
volto
stanco, ma Murtagh non provò alcuna compassione per
quell’uomo la cui cupidigia
li aveva messi tutti in pericolo.
- Bene.
Consegnatecelo
e potrete proseguire il vostro viaggio indisturbati. –
minacciò spingendo
l’uomo da una parte e facendo cenno ai suoi uomini di tirare
fuori le armi.
-
Impeditecelo e faremo in modo che il vostro ritorno a
Gratignàc non sia più
così gradito –
Tutti
guadarono verso Briana. Passato la sorpresa iniziale l’uomo
aveva radunato i
suoi uomini massaggiandosi
lentamente il
viso rivolse
all’uomo un sorriso
beffardo.
- Hai detto
di aver fatto ricerche su di me. Allora dovresti sapere che non sono
abituato a
ricevere degli ultimati e non amo che mi siano dati ordini
così stretti – disse
lasciando intendere che non poteva esserci margine di trattativa.
Nel
frattempo Murtagh era riuscito ad avvicinarsi di soppiatto a Morgana.
- Il loro
capitano,
Panamash, è un mago e ha lanciato su ogni soldati un
incantesimo di protezione.
– le disse. Morgana gli rivolse uno sguardo allarmato.
–
Pensi che
sappia anche di noi? -.
– No,
non
credo ma quei soldati ci massacreranno se usiamo adesso la magia
– affermò cupo.
– Che
cosa
hai in mente di fare? Non possiamo lasciare che prendano Par
– Murtagh annuì
grave, nella sua mente si stava delineando un piano
– Sei
in
grado di lanciare anche tu un incantesimo di protezione su tutti noi?
– chiese alla
maga. Morgana lo guardò con finto sdegno – Certo
che lo posso fare. Ma cosa hai
in mente? –
- Fino a quando
crederanno che solo uno di noi è in grado di usare la magia
– disse con una leggera
smorfia. – il mago penserà di averci in pugno.
Dobbiamo indurlo ad abbassare la
sua guardia quel tanto da poterlo sovrastare. – Morgana
sembrò intuire quello
che intendeva fare il cavaliere, e i suoi occhi scintillarono mentre
gli diceva
sì.
Intanto
Briana e il resto dell’equipaggio avevano estratto le proprie
armi. Lo sguardo
beffardo di Briana non era sparito e continuava a sfidare il mago - Le
aggressioni lungo queste tratte sono all’ordine del giorno.
Non saremo soldati
ma sappiamo difenderci all'occorrenza – disse con orgoglio.
-
Sciocco! Se questa è la tua risposta non mi lasci altro da
fare che
distruggervi –
A
un cenno del mago i soldati iniziarono ad attaccare. Tutto avvenne con
estrema
rapidità e ferocia. Nonostante il loro coraggio gli uomini
dell’equipaggio si
trovarono presto in svantaggio.
Solo Murtagh
era in gradi di fronteggiare i loro colpi e presto venne circondato da
quattro
soldati insieme. L’attaccarono contemporaneamente e
Za’roc roteò sopra la sua
testa più volte per andare a parare i colpi che venivano da
tutti i lati.
Con la coda
dell’occhio Murtagh vide la situazione intorno a lui stava
precipitando
rapidamente. Par, stretto da due soldati, era stato disarmato mentre
due colpi
alla nuca lo fecero accasciare a terra; anche il resto
dell’equipaggio stava
per essere neutralizzato. Protetti da Morgana gli uomini non potevano
essere
feriti mortalmente ma vennero sistematicamente immobilizzato o
tramortito
riportando diverse ferite. Morgana, anche lei attaccata da
più lati, dovette
arrendersi poco dopo, prosciugata oltremodo delle sue energie dagli
incantesimi
di protezione. Il mago, accorgendosi che era stata lei
l’artefice di tutto
quello, alzò una mano per fermare i suoi uomini e
avanzò lentamente verso di
lei. Due soldati dietro di lui trascinarono il corpo di Par per le
braccia
facendolo cadere rovinosamente a terra. Aveva il volto rigato dal
sangue che
gli colava da una ferita sulla fronte. La giovane maga
sussultò di rabbia.
- Ti devo
chiedere scusa. Il nostro uomo ci aveva assicurato che il mago fosse
questo
elfo, ma da quello che percepisco sei tu a possedere il dono. Vero?
– chiese passandole
il dorso della mano lungo una guancia con fare mellifluo. Morgana si
ritrasse e
trattenne il fiato. – E questo guerriero dalla spada rossa
è il tuo protettore?
– chiese il mago lanciando a Murtagh un breve sguardo.
L’uomo non aveva riconosciuto
la spada ne il marchio sul suo palmo e aveva stupidamente ignorato i
suoi poteri
certo di avere la vittoria in pugno.
Nello stesso
momento delle urla e il suono di spade provenne
dall’imbarcazione dove i membri
della compagnia si erano rifugiati. Dopo un po’ anche loro
vennero trascinati di
fronte a Panamash con le mani legate dietro la schiena.
-
Quando non saranno più protetti dalla tua magia verranno
giustiziati, quindi ti
porterò dalla nostra regina. -
Per Murtagh
non c’era bisogno di aggiungere altro. A un cenno della testa
Morgana fece
finta di cadere nella provocazione e si mosse lanciando un maglio
magico con le
ultime forze che le rimanevano. Il mago sorrise soddisfatto mentre la
respingeva
con facilità. Non aveva idea che così facendo
aveva dato a Murtagh la
possibilità di agire. La magia seguiva delle regole ben
precise. Panamash aveva
abbassato le sue difese e il cavaliere ne approfittò per
radunare a sé
l’energia immagazzinata nel rubino della spada e attaccarlo.
Dal suo palmo
eruppe una luce rossa che si trasformò in tante saette che
colpirono al petto, prima
il mago, poi uno ad uno il resto dei soldati. L’attacco fu
rapidissimo e il
mago ebbe solo il tempo di accorgersi del suo errore prima di
accasciarsi al suolo.
Il volto di Murtagh venne attraversato da una leggera smorfia di dolore
quando
di rese conto che era tutto finito.
Appena
cosciente di quello che era accaduto Feha cadde in avanti sulle
ginocchia, i
polsi erano ancora legate dietro la schiena. –
co…come hai fatto? – chiese
incredula guardando Murtagh come se lo vedesse per la prima volta.
–
Tu stai bene? – chiese il cavaliere piegandosi sulle
ginocchia per liberarla
dalle corde.
–
State tutti bene? – chiese rivolgendosi a coloro che ancora
erano coscienti.
Non erano molti ma abbastanza da ritenere che il loro segreto fosse
ormai
scoperto.
-
Voi tre siete in combutta con i cavalieri di cui tutti parlano.
– disse Feha massaggiandosi
lentamente i polsi. Morgana che stava liberando gli altri membri della
compagnia si fermò e si girò a guardare Murtagh
– Può darsi. Avete intenzione
di denunciarci una volta arrivati ad Abàlon? –
Chiese con voce roca.
Tutti
si guardarono negli occhi. Fu Briana a parlare. L’uomo con
una vistosa ferita
al braccio si era messo faticosamente in piedi e avanzò
verso il cavaliere con
una mano penzolante - Dopo quello che abbiamo visto sarebbe sciocco
dire di sì.
Ma credo di parlare per tutti se dico che non lo avremmo fatto
comunque.
Nessuno di noi, come hai visto, ha molte simpatie per il regno di
Isobel. –
-
Grazie. Ed ora chiunque è in grado di muoversi, aiutateci
raduni i feriti. Dobbiamo
lasciare il campo il più in fretta possibile. – disse loro Murtagh cercando
di mantenere un
certo distacco.
–
Lo faremo ma prima dobbiamo risolvere un ultimo problema. Che cosa
intendi fare
con lui? – chiese Briana facendo cenno verso l’uomo
della taverna che due
uomini dell’equipaggio stavano tenendo per la calotta.
-
Lasciatemi andare! Vi prego, non parlerò!
- stava supplicando in ginocchio
con le mani giunte davanti alla testa. Il cavaliere si
avvicinò all’uomo e ci
pensò un attimo. Lo avrebbe costretto a mantenere il segreto
legandolo a un
giuramento in antica lingua.
–
Non lo farai. Le parole che sto per farti dire ti vincoleranno a
mantenere ciò
che hai promesso. - così dicendo formulò
mentalmente il giuramento quindi gli
chiese di pronunciarlo ad alta voce. Nessuno tranne Morgana e Par
compresero a
pieno quello che aveva fatto.
-
Ora potete lasciarlo andare. – disse ma Briana lo trattenne
per un braccio. –
Sei cero che basti? – chiese per nulla convito di
ciò che aveva visto e sentito.
Murtagh gli strinse la mano e con un sorriso stanco rispose –
Più che sicuro,
ha giurato nell’antica lingua. -
**
Dopo due
settimane di viaggio la compagnia era finalmente giunta alle porte di
Abàlon. Lasciata
alle spalle l’aggressione subita Murtagh si sentì
sollevato nell’intravedere in
lontananza le mura della capitale.
Vespriana, che dal giorno dell’aggressione aveva continuato a
protestare alle
richieste di Par di tenersi nascosta, arrivata nelle vicinanze della
citta
turrita sentì che qualcosa era cambiato nell’aria.
La natura e gli esseri
viventi che vi abitavano avevano una loro voce e le sussurrarono che
doveva
stare più accorta eseguì docile Par quando le
trovò una radura, nascosta da un
boschetto, abbastanza distanti dalle mura della città. La
piccola dragonessa
era cresciuta il doppio della sua taglia durante le due settimane di
viaggio. E
ora solo con il corpo, superava di tre spanne l’altezza di
Par.
**
Quella
sera si trovarono per l’ultima volta tutti insieme prima che
le loro strade di
dividessero. Il porto aveva dato vita a un piccolo avamposto da cui
partiva una
strada che attraversava le campagne agricole e arrivava fino alle mura
della
città. Il cavaliere era tranquillamente seduto in coperta
lucidando con cura
Za’roc quando Feha gli si sedette accanto ammirando per un
attimo i riflessi
rubino della lama.
–
Avete per caso idea di dove alloggerete una volta entrati in
città? – chiese in
maniera distratta. Murtagh alzò gli occhi dalla spada e
scosse la testa – No,
non abbiamo nessun posto – le rispose. Alle sue parole il
volto di Feha si
illuminò tutto.
-
Io ho uno zio in città. Si chiama Trevor e possiede una
taverna con delle
camere. Voi ci avete salvato la vita, il minimo che posso fare
è ricambiare il
favore ospitandovi da lui. Cosa ne pensi? – Murtagh
scansò la spada da un lato
per guardare Feha negli occhi.
-
Non credo sia una buona idea coinvolgervi ancora. Noi
dobbiamo… –
-
…entrare nella cittadella – disse Feha,
concludendo per lui la frase. Murtagh
la guardò stupito. Feha sostenne il suo sguardo con
determinazione.
-
Non sono mica nati ieri! Ho pensato a lungo quello che mi hai detto il
primo
giorno, riguardo al motivo che vi teneva uniti. Hai risposto che
viaggiavate
insieme per trovare tuo fratello Eragon. Se è per lui che
stai rischiando tutto
questo, allora vogliamo aiutarvi - a quelle parole Murtagh la
guardò per alcuni
istanti, valutando la sua determinazione –
D’accordo, se volessi entrare
nella cittadella e sottolineo se – ammise
in via ipotetica – Conosci un
modo per farlo senza farci notare? -
-
Non aspettavo mi chiedessi altro! -
**
Dopo
aver esposto anche a Morgana il suo piano Feha li precedette alla
locanda dove vennero
accolti dallo zio Trevor. L’uomo non mostrò molto
entusiasmo quando la nipote
si presentò alla porta con due ospiti. Al contrario, la
moglie, Grace, una signora
dalla corporatura fragile e dai modi gentile, li invitò con
un sorriso sincero a
occupare una delle quattro stanze di cui disponevano alla locanda.
Murtagh
osservò l’andamento claudicante della donna che
zoppicava vistosamente da una
gamba. Il suo volto, deturpato da una lunga cicatrice violacea che le
attraversava
la metà destra del viso, dal sopracciglio fino al mento,
doveva essere stato
molto bello un tempo, ma ora era appesantito dagli anni e dalle
preoccupazioni.
Li guardò per un attimo e dopo che si fu assicurata che il
marito non fosse
nelle vicinanze lanciò loro uno sguardo pieno di
accondiscendenza.
-
Feha mi ha detto che state cercando qualcuno tenuto a palazzo.
– Murtagh si
fece avanti e annuì.
-
Sì, mio fratello si trova al suo interno, ma non per sua
volontà -–
-
Ed è per questo che tu, mia cara, stai cercando un posto
come cameriera a
palazzo. – disse la donna prendendo per mano Morgana e
invitandola a girare su se
stessa per permetterle di osservare il profilo. Morgana
guardò Grace.
–
Sì è così. – rispose alla
donna allora intervenne Feha. - Zia Grace, ho
raccontato ai mei amici che quando eri a servizio a corte sapevi
più
indiscrezioni di palazzo di qualsiasi altro abitante della cittadella.
–
-
Quello che gli hai detto è vero, ma devono sapere che
è anche un mondo pieno di
invidie e meschinità – dise guardando la nipote
negli occhi come se
improvvisamente ci fine solo lei nella stanza.
-
So come farmi rispettare, Signora – intervenne Morgana. Come
risvegliata dalla
sua vocde Grace le sorrise – Lo vedo nei tuoi occhi, cara. - aggiunse facendo
l’occhiolino a Morgana. – Se
seguirai le mei indicazione in poco tempo troverai chiunque tu stia
cercando. –
Murtagh
che era stato in silenzio guardò Morgana in attesa. Quello
di Feha era il
miglior piano che avessero mai potuto ideare ma era lei che avrebbe
rischiato
di più. A lei andava l’ultima parola.
–
Va bene – disse la maga con sguardo determinato - che cosa
devo fare? –
***