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Autore: stefy_81    18/05/2023    1 recensioni
"Era l’alba di un nuovo giorno quando tre piccole imbarcazioni raggiunsero la spiaggia dorata sotto il promontorio dove si trovava il giovane Reafly. Era un ragazzo di appena tredici anni, i capelli rossi incorniciavano un volto delicato sostenuto da penetranti occhi verdi e uno sguardo vivace di chi è in cerca di rivalsa."
Eragon e Saphira hanno lasciato Alagaesia per sempre come aveva predetto Angela. Nuove ed emozionanti avventure attendono il giovane caliere !
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Arya, Eragon, Murtagh | Coppie: Eragon/Arya
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Seduti tutti vicini l'uno accanto all’altro, Par non ebbe molte possibilità di parlare con Murtagh o Morgana durante il tragitto che li portò al porto fluviale. Arrivati al molo vennero subito accolti dal capitano Briana.

Era un uomo alto e robusto, sulla sessantina, barba e capelli corti neri appena sfumati di bianco. Gli venne in contro sul pontile a braccia conserte, i suoi occhi si posarono subito su Morgana e Murtagh – Altri due passeggeri Adalia? Pensavo che Feha non dicesse sul serio quando affermava che sareste stati sette prima di arrivare ad Abàlon – Adalia avanzò verso l’uomo con un mezzo sorriso che le increspò gli angoli della bocca – lo sai che quando si tratta di numeri Feha non sbaglia mai, ma soprattutto siamo in grado di pagarti. Ecco qquii soldi. – gli disse porgendo all’uomo un consistete sacchetto di cuoio.

L'uomo afferrò il sacchetto che risuonò tintinnante e con un grugnito fece loro cenno di salire. Contrariamente a quello che Murtagh e Morgana avevano immaginato non si sarebbero imbarcati per mare, ma avrebbero raggiunto la capitale risalendo il fiume.

Cinque uomini che componevano l’equipaggio scesero dall’imbarcazione e iniziarono le manovre per caricare il carro sul battello; questo aveva un lungo scafo con la prua alzata e due vele alte quanto l’imbarcazione. Mentre i suoi uomini lavoravano Briana fece loro cenno di seguirli all’interno. Solo Par si attardò a guardare il carro con aria preoccupata. Murtagh si chiese il perché ma non poté indagare oltre perché venne sospinto alle sue spalle da Adalia. Passarono lungo un ampio corridoio su cui si affacciavano le loro cabine, mentre, dalla parte opposta, delle scalette portavano al ponte superiore. Prima di entrare nella sua camera Murtagh vide con la coda dell’occhio Briana e Adalia ritirarsi dentro gli alloggi del capitano parlando animatamente riguardo al ritardo nella tabella si marcia e ai soldi che la compagnia aveva gia anticipato.

- Non ti devi preoccupare. Fanno sempre così quei due. Discutono ma alla fine arrivano sempre a una soluzione – lo raggiunse la voce di Feha da dietro le spalle. Murtagh si girò verso di lei e alzò un sopracciglio. – Da quanto tempo vi conoscete? –

- Quei due sono conoscenti di vecchia data - continuò la ragazza - Io e Adalia invece ci conosciamo solo da tre anni. Insieme abbiamo fondato la compagnia dell’Orsa e da allora viaggiamo per tutto il paese tra fiere e feste cittadine. È una bella vita in libertà. – disse con occhi trasognanti. - Cosa vi tiene uniti voi tre, invece? – la domanda colse Murtagh di sorpresa e il cavaliere ci pensò un attimo prima di rispondere:

- È soprattutto per via mio fratello Eragon. È per lui che stiamo viaggiando verso la capitale. – Feha si fermò a scrutarlo per un lungo attimo ma non rispose. Invece, si limitò a sorridergli mesta prima di salutarlo ed entrare anche lei nella sua stanza.

Sistemata a terra l’unica sacca che si era portato con sé, Murtagh si sdraiò sulla cuccetta: un materasso di stoffa imbottito sotto una finestrella che si apriva sopra la testa, da cui si intravedeva il cielo notturno.

Il materasso si affossò subito sotto il duo peso e un leggero puzzicchio si diffuse dalla spalla destra al resto del corpo.  Con una mezza smorfia di fastidio ricordò in motivo per cui odiava viaggiare su qualsiasi tipo di mezzo galleggiante e si chiese quanto tempo ci avrebbero impiegato a raggiungere la capitale.

Ora che era solo si permise per la prima volta di pensare alla  situazione. Da tempo ormai non poteva più sentire la presenza di Castigo. Si era venuto a creare un piccolo vuoto nell’angolo della sua mente in cui era solito trovarlo quando aveva bisogno di lui. Murtagh sapeva benissimo che il suo compagno di cuore-e-di-mente stava bene, e che si trovava in volo, da qualche parte, con Arya, ma non riuscì ad evitare lo stesso di provare una piccola stretta al cuore per non averlo accanto a sé. Il pensiero successivo del cavaliere andò al fratello. La possibilità che Eragon avesse ceduto ai ricatti di Isobel era più reale che mai nonostante lo avesse negato con forza di fronte ad Arya e Morgana. C’era stato un tempo in cui avrebbe considerato tutto questo giusto. Sarebbe stata la prova che anche Eragon, il figlio e il cavaliere perfetti, poteva commettere errori. Lui stesso avrebbe sfruttato la morte di Saphira per avere un vantaggio su di lui. Ma quello era il vecchio Murtagh. Ora il solo pensiero che la regina potesse usare un simile espediente per ferirlo gli procurava un profondo dolore. Chiuse gli occhi e una lacrima scese lungo la sua guancia. Se l’asciugò in fretta con un gesto di rabbia. Se solo avesse avuto modo di parlargli, se fosse riuscito a dirgli che Saphira era ancora viva e che c’era ancora speranza. Allora tutto sarebbero tornato al suo posto. Cullandosi con quel pensiero Murtagh si girò un paio di volte nella cuccetta e alla fine riuscì ad addormentarsi.

*

Navigarono tutto il giorno seguente e per un tratto le grandi vele sospinsero da sole l’imbarcazione risalendo coraggiosamente la corrente del fiume. Quando queste non bastarono più, delle robuste funi attaccate a dei buoi contribuirono a farli avanzare per una buona parte del tragitto.

Arrivata la notte l’imbarcazione si fermò. L’equipaggio cucinò per tutti e dopo aver consumato il pasto sul ponte  Roana e Jael tirarono fuori degli strumenti musicali e improvvisarono canti e balli coinvolgendo tutti con il loro ritmo. Anche Feha e Adalia si unirono a loro e, per il divertimento degli uomini di Briana, iniziarono a eseguire parti del loro spettacolo chiamando a partecipare anche a Par. Murtagh e Morgana si erano seduti volutamente in disparte osservando la scena da lontano sorpresi delle doti nascoste  dell’elfo.

I loro sguardi riflettevano la stessa impazienza. Ben presto, però, la compagnia coinvolse anche loro e i problemi che li tormentavano vennero per un po’ messi da parte. Morgana venne presa per mano da Jael e trascinata nel gruppo per ballare. La maga tentò qualche inutile resistenza prima di trovarsi a muoversi in mezzo al ponte; anche Murtagh tirato da Feha si trovò nel cerchio a battere le mani e a sorridere e cantare un allegro ritornello.

Alla fine Adalia intonò una melodia lenta che segnò la fine fella serata. I primi ad andarsene furono gli uomini dell’equipaggio i quali ripresero a lavorare sull’imbarcazione, seguiti a ruota dagli altri della compagnia.

Ancora inebriato dalla musica Murtagh salutò tutti con un sorriso beato sulle labbra. Nel passare davanti alla cabina di Par però si accorse che l’elfo non era rientrato con gli altri, ma si era allontanato senza che nessuno lo notasse. Il cavaliere si affacciò da Morgana facendole segno di seguirlo.

I due lo trovarono che si allontanava dall’imbarcazione guardingo. Murtagh stava per dirgli qualcosa ma Morgana gli strinse l’avambraccio per frenarlo.

- Par ti dobbiamo parlare – disse Morgana superandolo di un passo.

- Ti immaginavo ancora nel mezzo delle Terre Selvagge con Saphira. –

Nel sentire la voce della maga Par si bloccò sul posto per alcuni secondi, quindi si voltò verso di lei con un sospiro.
- Ed così abbiamo fatto. Io e Saphira abbiamo viaggiato per settimane sorvolando la Stonewood. Alla fine ce l’abbiamo fatta. Abbiamo superato i confini di Zàkhara e ci siamo inoltrato nel cuore delle Terre Selvagge. -  
- Dove si trova Saphira adesso? – lo interruppe bruscamente Murtagh. Non gli era mai piaciuto l’elfo e quella situazione stava diventando sempre più ambigua.
- È stata costretta a rimanere nelle Terre Selvagge - rispose lui abbassando il volto. C’era stata una profonda tristezza nella sua voce. Nonostante la sua reticenza Murtagh percepì che era sincero. – Chi la costringe? – incalzò celando a malapena la sua impazienza.

Par si girò per guardarlo alcuni istanti poi si face coraggio – Inoltrandoci nelle terre selvagge abbiamo scoperto che ci sono altri suoi simili. Draghi liberi, senza legami magici. – disse infine. Quella rivelazione lasciò Murtagh basito. Il ragazzo fece involontariamente un passo indietro, corrugò la fronte e lo guardò. La sua mente andò alle antiche storie sulla Du Firn Skulblaka la sanguinosa guerra tra i draghi e gli elfi che aveva portato quasi all’estinzione delle due razze. Fu l’amicizia tra un giovane elfo, il Primo Eragon e un drago bianco che lui chiamò Bid’Daum a porre fine alla guerra.

- Sono loro che la trattengono? - intervenne Morgana. Par serrò le labbra prima di rispondere - In un certo senso sì. - Allora Par raccontò il loro incontro con Sigmar, il capo di quel branco e come Saphira avesse stretto un patto con lui per poter ottenere l'uovo di drago destinato a Eleonor.

– Per questo mi sono unito a questi saltimbanchi per raggiungere Eragon e riportarlo da Saphira. –

Murtagh accolse quell’ultima osservazione con un certo scetticismo e alzò un sopracciglio rivolto a Par. - Ammettendo che fossi riuscito a raggiunge Eragon e a liberarlo. Come pensavi di tornare nelle terre selvagge tutto solo? -   

Par lo guardò dritto negli occhi, arrivato a quel punto non poteva più tenere nascosta la sua presenza, doveva rivelare l’identità di Vespriana. – Hai ragione, io non sono arrivato solo. Nemmeno quelli della compagnia sanno della sua presenza. Loro pensano che sia un semplice vagabondo, ma questo non ha importanza adesso… – consapevole di non essere ancora compreso Par fece una breve pausa quindi indicò un punto di fronte a sé.

- …vi presento Vespriana. -
Vieni pure fuori, non ti faranno del male. Aggiunse mentalmente rivolto verso un interlocutore ancora invisibile. Improvvisamente qualcosa si mosse tra le ombre.

Murtagh non poté credere ai suoi occhi. Un cucciolo di drago avanzava da dietro dei cespugli, per ergersi di fronte a loro in tutta la sua maestosità.

- Lei è uno dei draghi selvaggi che hai incontrato con Saphira? – mormorò Morgana.

- Tu puoi parlare con lei? – chiese invece Murtagh rivolgendosi direttamente a Par ma una voce nella sua testa entrò con prontezza. Murtagh percepì subito una certa dose di rabbia e sdegno.

Certo che parlo! Il fatto che non abbia un cavaliere non significa che non ho le capacità per farlo.

Perdonami. Io non immaginavo si scusò subito Murtagh che si rese conto a sue spese che il cucciolo di drago aveva un carattere complesso e già ben formato nonostante le dimensioni gli suggerissero che non avesse più di un anno di vita.

Scuse accettate cavaliere rispose con voce orgogliosa.

Murtagh si trovò a sorridere increspando appena un angolo della bocca Chiamami solo Murtagh. È un vero onore conoscerti Vespriana.

Il sentimento è reciproco. Rispose subito la dragonessa.

Par la guardò con affetto e le si avvicinò per accarezzarle le tenere squame sotto il collo.

- Sì, lei è uno dei draghi selvatici. E sì, riesco a parlarle. Le stavo giusto spiegando che non può nascondersi per sempre nel carro. –

Dovrai precederci volando a distanza. Il fiume attraversa un folto bosco dove potrai  cacciare oltre che trovare riparo. – Vespriana abbassò la testa strofinando il muso contro il palmo di Par. Aveva capito perfettamente cosa fare ma non le piaceva separarsi dal suo amico. Emise un piccolo ruggito di protesta poi aprì le sue ali e si allontanò a bassa quota fino a scomparire definitivamente dalla loro vista.

- Ora sarà meglio ritornare all’imbarcazione – suggerì Morgana posandogli dolcemente una mano sulla spalla - altrimenti i nostri compagni di viaggio inizieranno a farsi delle domande. –

Par annuì poi tutti e tre tornarono lunga la strada di ritorno alla barca.

**

All’alba il tempo cambiò in maniera repentina. Per tre giorni consecutivo piovve senza sosta. Le acque del fiume si ingrossarono e tutti i membri della compagnia ebbero poche possibilità di lasciare la propria cabina.

Solo all’inizio del quarto giorno di viaggio il tempo migliorò. Arrivata la sera gli uomini di Briana si organizzarono per preparare un campo sulla terra ferma. Tutti volvano distendersi con il ritorno del bel tempo e il suono della chitarra di Jael già aveva iniziato a suonare facendo vibrare di allegria l’aria.

A raffreddare l’atmosfera gioiosa fu l’arrivo di una decina di uomini. Piombarono all’improvviso nel campo con le armi in mano. Murtagh notò subito le loro armature che luccicarono mentre entravano nel cerchio di luce formato dai fuochi accesi.

– Devo parlare con il vostro capitano. Il comandante Briana – annunciò uno di loro, un uomo alto dalla corporatura esile ma dall’espressione del volto fiera. Indossava un’armatura più leggera rispetto agli altri uomini e il mantello era di un colore rosso porpora.

Nel sentire il suo nome Briana si fece avanti - Chi mi desidera? – chiese. Gli occhi del comandate si posarono sulle insegne che portava. Erano soldati della regina di stanza a Gratignàc.   

- Sono il generale Phanamash. Al porto di Gratignàc il tuo nome è famoso Briana. Tutti affermano che sei un abile trasportatore che non ha mai sgarrato o fatto un torto a nessuno. -

- Faccio del mio meglio, Signore – rispose Briana con un mezzo sorriso.

- Sì, ne sono certo. Ma io, personalmente non credo nell’onestà di voi marinai. – rispose con un leggero ghigno, guardandolo negli occhi. – Tutti voi, prima o poi, cadete in qualche affare losco. È solo questione di tempo. Tu, hai appena commesso un grande sbaglio. Ho qui un informatore che afferma che avete preso a bordo un elfo. E’ pericoloso ed è accusato di essere una spia degli elfi oscuri. –

Ad un cenno di Panamash un uomo dal volto sofferente e spaurito venne spinto in avanti e con mano tremante indicò tra tutti Par.

– È… è lui! – disse balbettando. Nel guardarlo Murtagh si rese conto che l’uomo gli era in qualche maniera familiare. Ci mise un po’ a focalizzare dove l’avesse già visto. Poi ricordò. Era stato alla locanda, si trattava dell’uomo che voleva riscuotere la taglia promessa per chi avesse fornito informazioni sulla presenza di maghi in città.

Il capo strinse la spella del mal capitato tanto forte da farlo gemere. L’uomo doveva essere andato a denunciare i saltimbanchi, ma non aveva messo in conto che lo avrebbero costretto a seguirli. Disagio e paura erano evidenti sul volto stanco, ma Murtagh non provò alcuna compassione per quell’uomo la cui cupidigia li aveva messi tutti in pericolo.

- Bene. Consegnatecelo e potrete proseguire il vostro viaggio indisturbati. – minacciò spingendo l’uomo da una parte e facendo cenno ai suoi uomini di tirare fuori le armi.

- Impeditecelo e faremo in modo che il vostro ritorno a Gratignàc non sia più così gradito –

Tutti guadarono verso Briana. Passato la sorpresa iniziale l’uomo aveva radunato i suoi uomini  massaggiandosi lentamente il viso  rivolse all’uomo un sorriso beffardo.

- Hai detto di aver fatto ricerche su di me. Allora dovresti sapere che non sono abituato a ricevere degli ultimati e non amo che mi siano dati ordini così stretti – disse lasciando intendere che non poteva esserci margine di trattativa.

Nel frattempo Murtagh era riuscito ad avvicinarsi di soppiatto a Morgana.

- Il loro capitano, Panamash, è un mago e ha lanciato su ogni soldati un incantesimo di protezione. – le disse. Morgana gli rivolse uno sguardo allarmato.    

– Pensi che sappia anche di noi? -.

– No, non credo ma quei soldati ci massacreranno se usiamo adesso la magia – affermò cupo.

– Che cosa hai in mente di fare? Non possiamo lasciare che prendano Par – Murtagh annuì grave, nella sua mente si stava delineando un piano  

– Sei in grado di lanciare anche tu un incantesimo di protezione su tutti noi? – chiese alla maga. Morgana lo guardò con finto sdegno – Certo che lo posso fare. Ma cosa hai in mente? –

- Fino a quando crederanno che solo uno di noi è in grado di usare la magia – disse con una leggera smorfia. – il mago penserà di averci in pugno. Dobbiamo indurlo ad abbassare la sua guardia quel tanto da poterlo sovrastare. – Morgana sembrò intuire quello che intendeva fare il cavaliere, e i suoi occhi scintillarono mentre gli diceva sì.

Intanto Briana e il resto dell’equipaggio avevano estratto le proprie armi. Lo sguardo beffardo di Briana non era sparito e continuava a sfidare il mago - Le aggressioni lungo queste tratte sono all’ordine del giorno. Non saremo soldati ma sappiamo difenderci all'occorrenza – disse con orgoglio.

- Sciocco! Se questa è la tua risposta non mi lasci altro da fare che distruggervi –

A un cenno del mago i soldati iniziarono ad attaccare. Tutto avvenne con estrema rapidità e ferocia. Nonostante il loro coraggio gli uomini dell’equipaggio si trovarono presto in svantaggio.

Solo Murtagh era in gradi di fronteggiare i loro colpi e presto venne circondato da quattro soldati insieme. L’attaccarono contemporaneamente e Za’roc roteò sopra la sua testa più volte per andare a parare i colpi che venivano da tutti i lati.

Con la coda dell’occhio Murtagh vide la situazione intorno a lui stava precipitando rapidamente. Par, stretto da due soldati, era stato disarmato mentre due colpi alla nuca lo fecero accasciare a terra; anche il resto dell’equipaggio stava per essere neutralizzato. Protetti da Morgana gli uomini non potevano essere feriti mortalmente ma vennero sistematicamente immobilizzato o tramortito riportando diverse ferite. Morgana, anche lei attaccata da più lati, dovette arrendersi poco dopo, prosciugata oltremodo delle sue energie dagli incantesimi di protezione. Il mago, accorgendosi che era stata lei l’artefice di tutto quello, alzò una mano per fermare i suoi uomini e avanzò lentamente verso di lei. Due soldati dietro di lui trascinarono il corpo di Par per le braccia facendolo cadere rovinosamente a terra. Aveva il volto rigato dal sangue che gli colava da una ferita sulla fronte. La giovane maga sussultò di rabbia.

- Ti devo chiedere scusa. Il nostro uomo ci aveva assicurato che il mago fosse questo elfo, ma da quello che percepisco sei tu a possedere il dono. Vero? – chiese passandole il dorso della mano lungo una guancia con fare mellifluo. Morgana si ritrasse e trattenne il fiato. – E questo guerriero dalla spada rossa è il tuo protettore? – chiese il mago lanciando a Murtagh un breve sguardo. L’uomo non aveva riconosciuto la spada ne il marchio sul suo palmo e aveva stupidamente ignorato i suoi poteri certo di avere la vittoria in pugno.

Nello stesso momento delle urla e il suono di spade provenne dall’imbarcazione dove i membri della compagnia si erano rifugiati. Dopo un po’ anche loro vennero trascinati di fronte a Panamash con le mani legate dietro la schiena.

- Quando non saranno più protetti dalla tua magia verranno giustiziati, quindi ti porterò dalla nostra regina. -

Per Murtagh non c’era bisogno di aggiungere altro. A un cenno della testa Morgana fece finta di cadere nella provocazione e si mosse lanciando un maglio magico con le ultime forze che le rimanevano. Il mago sorrise soddisfatto mentre la respingeva con facilità. Non aveva idea che così facendo aveva dato a Murtagh la possibilità di agire. La magia seguiva delle regole ben precise. Panamash aveva abbassato le sue difese e il cavaliere ne approfittò per radunare a sé l’energia immagazzinata nel rubino della spada e attaccarlo. Dal suo palmo eruppe una luce rossa che si trasformò in tante saette che colpirono al petto, prima il mago, poi uno ad uno il resto dei soldati. L’attacco fu rapidissimo e il mago ebbe solo il tempo di accorgersi del suo errore prima di accasciarsi al suolo. Il volto di Murtagh venne attraversato da una leggera smorfia di dolore quando di rese conto che era tutto finito.

Appena cosciente di quello che era accaduto Feha cadde in avanti sulle ginocchia, i polsi erano ancora legate dietro la schiena. – co…come hai fatto? – chiese incredula guardando Murtagh come se lo vedesse per la prima volta.

– Tu stai bene? – chiese il cavaliere piegandosi sulle ginocchia per liberarla dalle corde.

– State tutti bene? – chiese rivolgendosi a coloro che ancora erano coscienti. Non erano molti ma abbastanza da ritenere che il loro segreto fosse ormai scoperto.

- Voi tre siete in combutta con i cavalieri di cui tutti parlano. – disse Feha massaggiandosi lentamente i polsi. Morgana che stava liberando gli altri membri della compagnia si fermò e si girò a guardare Murtagh – Può darsi. Avete intenzione di denunciarci una volta arrivati ad Abàlon? – Chiese con voce roca.

Tutti si guardarono negli occhi. Fu Briana a parlare. L’uomo con una vistosa ferita al braccio si era messo faticosamente in piedi e avanzò verso il cavaliere con una mano penzolante - Dopo quello che abbiamo visto sarebbe sciocco dire di sì. Ma credo di parlare per tutti se dico che non lo avremmo fatto comunque. Nessuno di noi, come hai visto, ha molte simpatie per il regno di Isobel. –  

- Grazie. Ed ora chiunque è in grado di muoversi, aiutateci raduni i feriti. Dobbiamo lasciare il campo il più in fretta possibile. –  disse loro Murtagh cercando di mantenere un certo distacco.

– Lo faremo ma prima dobbiamo risolvere un ultimo problema. Che cosa intendi fare con lui? – chiese Briana facendo cenno verso l’uomo della taverna che due uomini dell’equipaggio stavano tenendo per la calotta.

- Lasciatemi andare! Vi prego, non parlerò! - stava supplicando in ginocchio con le mani giunte davanti alla testa. Il cavaliere si avvicinò all’uomo e ci pensò un attimo. Lo avrebbe costretto a mantenere il segreto legandolo a un giuramento in antica lingua.

– Non lo farai. Le parole che sto per farti dire ti vincoleranno a mantenere ciò che hai promesso. - così dicendo formulò mentalmente il giuramento quindi gli chiese di pronunciarlo ad alta voce. Nessuno tranne Morgana e Par compresero a pieno quello che aveva fatto.

- Ora potete lasciarlo andare. – disse ma Briana lo trattenne per un braccio. – Sei cero che basti? – chiese per nulla convito di ciò che aveva visto e sentito. Murtagh gli strinse la mano e con un sorriso stanco rispose – Più che sicuro, ha giurato nell’antica lingua. -

**

Dopo due settimane di viaggio la compagnia era finalmente giunta alle porte di Abàlon. Lasciata alle spalle l’aggressione subita Murtagh si sentì sollevato nell’intravedere in lontananza le mura della capitale.
Vespriana, che dal giorno dell’aggressione aveva continuato a protestare alle richieste di Par di tenersi nascosta, arrivata nelle vicinanze della citta turrita sentì che qualcosa era cambiato nell’aria. La natura e gli esseri viventi che vi abitavano avevano una loro voce e le sussurrarono che doveva stare più accorta eseguì docile Par quando le trovò una radura, nascosta da un boschetto, abbastanza distanti dalle mura della città. La piccola dragonessa era cresciuta il doppio della sua taglia durante le due settimane di viaggio. E ora solo con il corpo, superava di tre spanne l’altezza di Par.

**

Quella sera si trovarono per l’ultima volta tutti insieme prima che le loro strade di dividessero. Il porto aveva dato vita a un piccolo avamposto da cui partiva una strada che attraversava le campagne agricole e arrivava fino alle mura della città. Il cavaliere era tranquillamente seduto in coperta lucidando con cura Za’roc quando Feha gli si sedette accanto ammirando per un attimo i riflessi rubino della lama.

– Avete per caso idea di dove alloggerete una volta entrati in città? – chiese in maniera distratta. Murtagh alzò gli occhi dalla spada e scosse la testa – No, non abbiamo nessun posto – le rispose. Alle sue parole il volto di Feha si illuminò tutto.

- Io ho uno zio in città. Si chiama Trevor e possiede una taverna con delle camere. Voi ci avete salvato la vita, il minimo che posso fare è ricambiare il favore ospitandovi da lui. Cosa ne pensi? – Murtagh scansò la spada da un lato per guardare Feha negli occhi.

- Non credo sia una buona idea coinvolgervi ancora. Noi dobbiamo… –

- …entrare nella cittadella – disse Feha, concludendo per lui la frase. Murtagh la guardò stupito. Feha sostenne il suo sguardo con determinazione.

- Non sono mica nati ieri! Ho pensato a lungo quello che mi hai detto il primo giorno, riguardo al motivo che vi teneva uniti. Hai risposto che viaggiavate insieme per trovare tuo fratello Eragon. Se è per lui che stai rischiando tutto questo, allora vogliamo aiutarvi - a quelle parole Murtagh la guardò per alcuni istanti, valutando la sua determinazione – D’accordo, se volessi entrare nella cittadella e sottolineo se – ammise in via ipotetica – Conosci un modo per farlo senza farci notare? - 

- Non aspettavo mi chiedessi altro! -

**

Dopo aver esposto anche a Morgana il suo piano Feha li precedette alla locanda dove vennero accolti dallo zio Trevor. L’uomo non mostrò molto entusiasmo quando la nipote si presentò alla porta con due ospiti. Al contrario, la moglie, Grace, una signora dalla corporatura fragile e dai modi gentile, li invitò con un sorriso sincero a occupare una delle quattro stanze di cui disponevano alla locanda. Murtagh osservò l’andamento claudicante della donna che zoppicava vistosamente da una gamba. Il suo volto, deturpato da una lunga cicatrice violacea che le attraversava la metà destra del viso, dal sopracciglio fino al mento, doveva essere stato molto bello un tempo, ma ora era appesantito dagli anni e dalle preoccupazioni. Li guardò per un attimo e dopo che si fu assicurata che il marito non fosse nelle vicinanze lanciò loro uno sguardo pieno di accondiscendenza.

- Feha mi ha detto che state cercando qualcuno tenuto a palazzo. – Murtagh si fece avanti e annuì.

- Sì, mio fratello si trova al suo interno, ma non per sua volontà -–

- Ed è per questo che tu, mia cara, stai cercando un posto come cameriera a palazzo. – disse la donna prendendo per mano Morgana e invitandola a girare su se stessa per permetterle di osservare il profilo. Morgana guardò Grace.

– Sì è così. – rispose alla donna allora intervenne Feha. - Zia Grace, ho raccontato ai mei amici che quando eri a servizio a corte sapevi più indiscrezioni di palazzo di qualsiasi altro abitante della cittadella. –

- Quello che gli hai detto è vero, ma devono sapere che è anche un mondo pieno di invidie e meschinità – dise guardando la nipote negli occhi come se improvvisamente ci fine solo lei nella stanza.

- So come farmi rispettare, Signora – intervenne Morgana. Come risvegliata dalla sua vocde Grace le sorrise – Lo vedo nei tuoi occhi, cara. -  aggiunse facendo l’occhiolino a Morgana. – Se seguirai le mei indicazione in poco tempo troverai chiunque tu stia cercando. –

Murtagh che era stato in silenzio guardò Morgana in attesa. Quello di Feha era il miglior piano che avessero mai potuto ideare ma era lei che avrebbe rischiato di più. A lei andava l’ultima parola.

– Va bene – disse la maga con sguardo determinato - che cosa devo fare? –

***

  
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