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Autore: Neamh Moonstar    20/05/2023    1 recensioni
«Sapete, la gente tende a cacciare i demoni per vedere esaudito qualsivoglia desiderio. Credono che confinarli sia abbastanza da poter chiedere loro ciò che desiderano ed ottenerlo, ma non c'è niente di più sbagliato. Un po' di gesso per terra e qualche parola ben pronunciata non sono abbastanza; inoltre, i demoni sanno sempre come fregarti una volta che hai deciso di fare patti con loro. Gli angeli, invece? Oh, loro sono così difficili da trovare ma così facili da intrappolare. Non possono mentire ad un essere umano, sono fatti per proteggerci e consigliarci, feriscono solo i demoni e i loro stessi simili se Dio glielo chiede. Ma quando sono dentro quegli stessi cerchi è come se sparissero: i ponti con l'Altissima vengono tagliati, e per chiedere loro qualcosa basta strappargli una sola, candida piuma.»
Genere: Angst, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aziraphale/Azraphel, Crowley, Gabriele, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Le lacrime rischiarono di otturargli la gola. Tremante, Crowley prese una poltroncina e vi ricadde sopra, scosso, incredulo. Strinse delicatamente la piuma - si rifiutava categoricamente di lasciarla andare - intanto che dentro di sé, una minuscola parte di lui, ancora non ci credeva.

    Avrebbe voluto dire tante cose, ma le parole gli intasarono la testa e resero i suoi tentativi di dialogo un mucchietto di consonanti sconnesse. Alla fine, dopo un attimo solo di raccoglimento, strinse forte la cornetta e chiese: «Dove sei? Ti vengo a prendere.»

Più che una domanda, parve una preghiera - una preghiera detta con il tono più rotto, determinato e al contempo speranzoso di sempre.

    Dall'altro capo, Aziraphale emise un sospiro. «Piano, ascolta: la situazione è complicata...»

    «Complicata?! Non c'è niente di complicato. Quella stronza ti ha fatto del male e portato non so dove, ma stai sicuro che la pagherà cara.»

Era scattato in piedi, rimettendosi a piangere - stavolta dal nervoso. La voce del suo angelo pareva disturbata e distante, troppo distante. Lo voleva lì, accidenti. Avrebbe fatto di tutto per riportarlo a casa. Gli venne persino in mente di infilarsi nella linea telefonica, ma si rese subito conto che quello non era un contatto normale, e fare una bravata del genere non avrebbe giovato a nessuno dei due.

    L'altro mise su una punta di rimprovero: «Crowley, calmati» ordinò, «fallo per me, vuoi?»

Per lui? Se voleva? Certo che voleva. Poteva farlo.

    Nonostante l'agitazione - che lo portò a vagare avanti e indietro per quanto il filo del vecchio telefono lo permettesse - il rosso decise di frenare un attimo le sue montagne russe interiori. Non sarebbe mai potuta andare peggio di prima, no? Almeno adesso stavano comunicando. «Va bene, va bene» disse, cercando di tranquillizzare entrambi nel processo. «Dimmi solo cosa vuoi che faccia. Qualsiasi cosa: la farò.»

Il breve silenzio che seguì gli fece capire che c'erano alcune questioni da mettere apposto prima di passare all'azione. Quasi poté figurarsi Aziraphale giocherellare con la molla della sua - se ce l'aveva effettivamente - cornetta, preso dal ragionamento.

    «So cos'è successo con la famiglia Queen» disse quest'ultimo infine, una nota di dolore nelle parole.

    Avresti dovuto dirglielo allora, imbecille. E dire che Crowley ci aveva davvero provato a tenere quei mentecatti lontani... Forse, se fosse stato chiaro sin dall'inizio, tutto ciò non sarebbe accaduto. «Mi dispiace, angelo. So che avrei-»

    «Non dispiacerti, non devi... Volevo ringraziarti.»

Oh. L'aveva detto con una dolcezza disarmante che fece tornare una buona dose di calma nell'animo del demone. Forse non se lo meritava, ma ne aveva un disperato bisogno.

    Senza dargli il tempo di dire altro, l'angelo tornò sulle questioni importanti - tipico: non a caso la voce della ragione era lui il più delle volte. «Non so esattamente chi tra Paradiso e Inferno abbia mandato Lily a dare fastidio, ma poco importa: dobbiamo trovare il modo di uscire da qui.»

    Crowley aggrottò le sopracciglia: «"Dobbiamo"?» Poi la sua mente fece un ipotetico: "click", tornando al dialogo che aveva avuto con la giovane Queen ormai ore prima.

    «Esatto. Sono con la sua custode, in mezzo ad un cerchio che presumo sia-» ci fu un attimo di leggero brusio, una delicata ma incomprensibile voce femminile disturbò appena il collegamento. «Confermo: in camera di Lily.»

La Cacciatrice glielo aveva detto, ma Crowley lo aveva sempre saputo - anche se solo adesso aveva realizzato il tutto in modo chiaro. Logicamente, se potevi intrappolare un demone, allora potevi farlo con un angelo... O due. Il metodo era esattamente lo stesso.

Kathatiel è davvero brava per essere una custode.

Kathatiel: Lily l'aveva nominata. Avrebbe dovuto arrabbiarsi - e infatti era alquanto adirato - dato che per colpa sua e della sua benedetta piuma non aveva potuto far sparire la Cacciatrice dalla faccia della Terra. Ma non era quello il momento di lasciar vincere la collera. D'altronde, non gli importava assolutamente niente di quella scricciola dalle ali color crema: per quel che gli riguardava, poteva starsene buona nella sua circonferenza per il resto della vita di Lily.

    Mettendo da parte il pensiero che, in un momento del genere, accanto al suo angelo ci potesse essere qualcuno che non fosse lui, Crowley si mise a ragionare come mai aveva ragionato nella sua esistenza. «Devo scoprire dove vive la pazza, rovinarle il disegnino e farti uscire. Facile.»

Sarebbe volentieri balzato fuori dalla libreria per volare in macchina e setacciare ogni singola abitazione di Londra e dintorni. Ovviamente era un'idea stupida, ma avrebbe ribaltato il Regno Unito pur di rimettere le cose apposto.

    Dopo qualche breve gracchiare, dall'altro capo arrivò la voce femminile di poco prima, stavolta chiara e concisa. «Non è così semplice» mormorò Kathatiel, ovviamente in soggezione. «Non ho idea di dove abiti Lily, e anche riprodurre il suo cerchio è difficile: per attivarlo ci vorrebbe il pugnale con cui ci ha feriti, e comunque non penso che distruggere una copia equivalga a distruggere l'originale.»

Ok, la scricciola faceva degli ottimi ragionamenti, doveva ammetterlo.

    Aziraphale le diede subito man forte. «Inoltre,» aggiunse, «Nessuno di noi due ha un corpo, al momento. Pur uscendo da qui, non potremmo fare granché... O meglio: Kathatiel potrebbe tornare in Paradiso, ma per quel che mi riguarda,» mormorò, «preferirei evitare, ecco

A Crowley venne in mente ciò che era accaduto a seguito della sbronza depressa che si era procurato poco prima dell'Apocalisse. Dopo l'incidente alla libreria, il suo angelo sembrava in tutto e per tutto un fantasma senza meta che girovagava per il pianeta. Non ci teneva proprio a ripetere l'esperienza, grazie tante.

    Ignorò violentemente l'immagine intrusiva di quei due angeli vicini, finanche troppo stretti, davanti alla cornetta. «A quello ci penso io» disse solo. «Per adesso: come scopro dove abita la bastarda?»

    Fu Kathatiel a rispondere. «Lily ha un enorme punto debole: è una Queen» affermò. «Ti adora e ha fatto tutto questo solo per arrivare a te. Forse potresti lavorartela, non so, convincerla... Tentarla? Insomma, è il tuo punto forte... Magari la spingi a svelarti qualcosa.»

Nonostante stesse dicendo cose assolutamente assennate, accidenti a lei, c'era un velo non indifferente di insicurezza nelle sue parole. Inoltre, faceva un sacco di pause, come se avesse perennemente bisogno di conferma da parte di Aziraphale.

    Altro che "tentarla", Crowley l'avrebbe volentieri presa per i capelli e buttata nel Tamigi. «Credimi, scricciolo. In questo momento la mia tentazione consisterebbe volentieri nel mandarla a quel paese» disse infatti, cercando di mettere un po' di veleno in quel soprannome dolce ma che di dolce non avrebbe dovuto avere niente.

    Fortunatamente, il suo angelo - santo il suo angelo - sapeva esattamente cosa dire. «Per quanto capisca la tua rabbia, dubito sinceramente ne saresti capace, caro» affermò infatti con il tono calmo di chi ti conosce meglio delle sue stesse mani.

E come dargli torto. Stava parlando al demone che non era riuscito a spazzare via anche i bambini quella lontana sera... Crowley sapeva di avere fin troppi punti deboli scoperti, così come sapeva che Aziraphale era bravo a usarli tutti a suo favore.

    Evitò di controbattere, dando un'occhiata imbarazzata ai libri che aveva fatto cadere quando aveva cercato di dare a Lily il ben servito. «Cercheró di farla parlare» disse piuttosto, cercando di apparire convinto. Non sapeva nemmeno da dove iniziare, ma avrebbe trovato anche un miliardo di soluzioni per il suo angelo. «E sistemerò anche tutto il resto.»

Non avrebbe saputo dire come, ma il sollievo dall'altro capo parve quasi palpabile. Non sapeva come Aziraphale avesse fatto a contattarlo, ma stava pur sempre parlando con l'angelo che lo aveva raggiunto in un momento critico, senza un corpo e ad un non nulla dall'Apocalisse, perciò... Quello era niente.

    Non poteva vederlo - e la cosa gli spezzava il cuore - ma riuscì ad immaginarlo chiaro e tondo mentre, con un sospiro e un tono di miele, lo ringraziava. «Come farei senza di te?»

    «Ah, non ne ho idea. I guai devono amarti.»

    «Più di quanto fai tu?»

    Crowley si fece scappare un sorrisetto, il primo dopo ore. «Impossibile. Ora però fammi un favore, vuoi?» Chiese, «richiamami.»

Non sarebbe sopravvissuto altrimenti, lo sentiva. Si aggrappò alla cornetta come fosse l'ultima cosa capace di tenerlo aggrappato all'esistenza.

    «Lo farò, non preoccuparti.»

    «E tieni d'occhio quella lì.»

    Un sospiro. «So che vuoi inimicarti la povera Kathatiel. Credimi: non se lo merita.»

Si fidava cecamente di Aziraphale, ma si fidava decisamente meno di praticamente chiunque altro. Lo scricciolo non faceva eccezione solamente perché aveva avuto la fortuna sfacciata di finire nella stessa prigione del suo angelo.

    «Questo lo deciderò io» affermò infatti il rosso con rinnovata determinazione. Vide il sole del mattino fare capolino dalle finestre, illuminando il disastro che ora era casa loro. Aveva molto lavoro da fare.

    «Stai attento, va bene? Non fare l'avventato come tuo solito» lo riprese Aziraphale, il tono fermo ma preoccupato.

    «So con chi ho a che fare. Non preoccuparti.»

Purtroppo, scricciolo aveva ragione da vendere: per quanto la situazione fosse uno schifo, Crowley aveva - paradossalmente - il coltello dalla parte del manico. Se c'era qualcuno capace di mandare la famiglia Queen in brodo di giuggiole, quello era lui.

    «Chrys è caduto ai miei piedi con una falsa promessa» aggiunse, «se Lily ha lo stesso carattere da sottona, sarà anche troppo facile.»

    Kathatiel, che ormai sembrava avere come unico compito quello di ribattere ad ogni suo: "facile", prese parola. «Lily è furba e pianifica sempre tutto. Non abbassare la guardia.»

Quel tono che sembrava sempre volersi avvicinare a lui con cautela lo fece sbuffare. Emise un: "mhmh" solo perché, ahimè, darle contro avrebbe solo messo Aziraphale di cattivo umore. E poi aveva ragione. Perché deve sempre avere ragione?


Avrebbe voluto che quella telefonata non finisse mai. Alla fine aveva costretto Aziraphale ad allontanare la scricciola per non far finire l'unico contatto che avevano nel vuoto.

    «Ti amo, lo sai: vero?» Sussurrò, prima che il pizzicore sulle guance diventasse tale da farlo pentire. 

Non lo diceva spesso, era una creatura di azione, lui. Voleva dimostrare il suo amore? Preferiva prendere il suo angelo nei momenti migliori e stuzzicarlo un bacio alla volta. Le parole possono essere vuote, i gesti no.

    «Certo che lo so. Lo stesso vale per me, ora però è meglio che tu vada.»

Il tono con cui lo disse fece sciogliere l'ipotetico cuore di Crowley. Adorava quando Aziraphale cercava disperatamente di apparire distaccato senza riuscirci: si vedeva che quelle parole avevano fatto arrossire anche lui.

Tanto bastava, per ora.


Si salutarono e il rosso decise di passare all'azione. Si mise la candida piuma del suo angelo in tasca e si voltò verso la Regina della Notte ancora tranquilla sul suo tavolino, bella più che mai.

    «Dopo io e te facciamo i conti» le disse, puntandole un dito contro. Dopodiché, schioccò le dita e rimise la libreria in ordine.


**


Con un sospiro, Aziraphale chiuse la chiamata. Odiava mettere il peso di tutto sulle spalle di Crowley, ma non poteva fare altrimenti.

    Kathatiel si era messa a giocherellare con la stoffa del suo abito, pensosa. Poi lo aveva guardato con aria dubbiosa. «Mi ha chiamata "scricciolo".»

    «Ti avverto» le disse sorridendo, «farà di tutto per farti credere che le stai antipatica, ma non ci riuscirà.»

Crowley tendeva a fare così con chiunque si ritrovasse in mezzo a loro. Non era davvero così geloso o possessivo, ma ormai gli veniva automatico. In realtà era capacissimo di capire di chi fisarsi e chi no; alle volte era persino più bravo di lui in quello.

    La custode parve confusa. «Oh... È che, sai, mi sarei aspettata un atteggiamento più, beh-»

    «Aggressivo? Spaventoso?» Demoniaco?

    «In effetti, sì.»

    «Lo so, cara. Lo so bene.»

Si passò una mano sullo stomaco, chiedendosi per quanto ancora il colpo di Lily avrebbe continuato a fargli male. La custode lo notó subito e procedette a far comparire una poltroncina proprio dietro di lui, ad un non nulla dal telefono.

    «Vorrei poter fare di più» ammise lei, aiutandolo ad accomodarsi. «Non ho mai scoperto dove viva Lily. Quando si è trasferita, io ero già in trappola. Mi ha semplicemente evocata in camera sua: non mi ha mai detto dove siamo, né ha cercato di farmelo capire. È furba, te l'ho detto.»

    «Credimi, fai già abbastanza» la rassicurò Aziraphale. «Troveremo una soluzione. E comunque, ora siamo qui, nessuno ci ascolta e penso che non sentiremo Lily per un po'. Abbiamo tanto tempo per pensare.»

La custode annuì. Di certo, qualsiasi cosa era meglio del restare lì ad attendere un'altra chiamata.

Avere un piano di emergenza non poteva certo essere un male.


**


Crowley l'aveva vista arrivare alla caffetteria di fronte e per poco non aveva rotto il bicchiere che aveva in mano. Si era seduta ad un tavolino, i capelli neri legati in una morbida treccia, la giacca lunga ed elegante, un filo di eyeliner... Si sentiva pure bella, la maledetta.

Non si erano ancora parlati e già le cose stavano prendendo una brutta piega.


Uscì, gli occhiali di nuovo sul viso e una sciarpa cremisi messa lì solo per non far capire a nessuno che in realtà del freddo non gliene fregava niente. La raggiunse, notando subito che si era legata la piuma di Kathatiel al collo. Vuole pure prendermi per il culo, fantastico.

    «Non vi aspettavo così presto» lo salutò Lily, indicandogli la sedia vuota di fronte alla sua.

    Crowley vi si lasciò cadere sopra, fissandola il più duramente possibile. Lo aveva già distrutto una volta: peggio di così non poteva fare. «Ma dico, tu non lavori mai?»

    «Apro di pomeriggio oggi, tanto devo aspettare un ordine di vasi nuovi. A proposito, perché non venite con me? Mi piacerebbe avere una mano di tanto in tanto, e so che le piante vi piacciono.»

Gli fece l'occhiolino e ordinò il caffè ad entrambi. Sembravano due amici di vecchia data che chiacchieravano del più e del meno, e Lily era così raggiante da fargli salire il nervosismo.

    Andò dritto al punto: «Ora siamo solo io e te. Cosa vuoi?»

    Lei parve quasi divertita da quella domanda. Fece finta di pensarci su, poi disse: «Effettivamente una cosa mi piacerebbe saperla, così, per pura curiosità personale. Un certo uccellino mi ha raccontato di cosa avete combinato dopo l'Apocalisse. Sguazzare nell'acqua santa non è cosa da poco.»

    «E perché credi che io voglia dirtelo?»

    Lily fece spallucce: «Perché io non ho più patti a cui far fede e voi non avete più il vostro angelo. Che abbiamo da perdere?»

    Crowley combattè contro l'impulso di alzarsi di botto e dirgliene quattro. Concentrati. «Che uccellino?» Chiese invece, cercando di portare la conversazione verso un punto più a suo favore.

    «Davvero non potete immaginarlo? Credo che Aziraphale lo abbia già capito.»

Effettivamente, era difficile che fosse stato l'Inferno. I suoi ex superiori vedevano i membri della famiglia Queen come umani da tenere buoni, e quasi invidiavano il trattamento che riservavano al loro beneamato Tentatore. No, lì la storia puzzava di arcangeli lontano un miglio. Il prossimo passo sarebbe stato fare due amichevoli chiacchiere con Gabe.


Quando arrivarono le loro tazze bollenti e fumanti, Crowley si decise a sorseggiare il suo caffè controvoglia. Lily non commentò il suo silenzio, optando invece per una lunga e attenta occhiata sotto la quale il demone si sentì particolarmente in soggezione.

    Dopo due sorsi, fu proprio lei a riprendere parola. «Sarò totalmente sincera con voi» disse, giocherellando con un cucchiaino. «Per un attimo ho creduto che lo stato di "intoccabile" del vostro angelo mi avrebbe messo i bastoni tra le ruote. Ho scoperto che la connessione con il Paradiso non serve a granché: è quella con Dio a fare la differenza. Il grande capo deve volergli molto bene se ancora non è Caduto.»

    «Ti piace colpire basso, vedo.»

    «Oh, no. È solo una constatazione.»

    Come no. Sapeva essere una buona manipolatrice la giovane Queen, ma lui aveva già avuto la sua buona dose di miserabilità. «Te lo chiederò un'altra volta: che cosa vuoi davvero? E non sviare il discorso.»

    Lily spostò la sua colazione e poggiò i gomiti sul tavolino, inarcando la schiena verso di lui. «Semplice: voglio te.»

    Ma tu pensa, che novità. «Dov'è finita la cordialità?»

    «Che c'è di male nel darti del "tu"?»

C'era un lieve rossore su quelle guance di porcellana e una luce strana in quelle iridi scure. Il gioco a cui Lily voleva giocare si stava facendo pericoloso.

    Ma Crowley non poteva fare altro che giocare con lei. «Il prossimo passo qual'è? Presentarmi alla famiglia?»

    Lei ridacchiò, rimettendosi a sedere. «Non ho ancora detto niente a nessuno, né di Aziraphale né di te.»

Interessante. Una Queen catturava un principato e riusciva ad avere una tranquilla colazione a due passi dal centro di Londra con nientemeno che il Tentatore, e non aveva nessuna intenzione di dirlo ai famigliari?

Lily non scherzava quando diceva di volerlo, ma non lo voleva per esaudire il desiderio di famiglia, no. Lo voleva tutto per sé.

Ora sì che la partita si era fatta rischiosa. Stavano andando in una direzione che a Crowley faceva venire i brividi di disgusto.

Fallo per lui.

    Tamburellando le dita sul tavolo, il rosso alzò un sopracciglio. «Pensi che mi starai simpatica semplicemente facendo la ribelle?»

    Lei fece spallucce. «Forse no, ma sono una donna dalle mille risorse.»


Finirono di mangiare, o meglio, la Cacciatrice lo fece. Quando si alzarono, Lily lo invitò a fare due passi.

Andarono verso il St.James e Crowley si chiese se la giovane non lo avesse fatto apposta a scegliere proprio quella direzione. Si cacciò le mani in tasca, cercando di tenere a bada il nervosismo.

    Lei se ne accorse - si accorgeva di fin troppe cose per i suoi gusti. «Venivate qui spesso, vero?»

Decise di non rispondere, limitandosi a contare le volte in cui le loro spalle si scontravano. Lo sguardo di lei si alzava in continuazione verso il suo, cercando di sbirciare sotto le lenti.


Lily ha un enorme punto debole: è una Queen. Ti adora e ha fatto tutto questo solo per arrivare a te.


Crowley si fermò di colpo. Lei fece due passi avanti e si girò, un sorriso troppo dolce per una personalità come la sua.

    «Stai puntando troppo in alto» affermò il demone, le mani ancora ben affondate nelle tasche. Le aveva nascoste così da stringere i pugni ed evitare i commenti della Cacciatrice.

    Questa si riavvicinò e si fermò davanti a lui. Era un po' più bassa, cosa che la portò ad alzare il volto. «Per via del fatto che sono una mortale, o per via del fatto che il tuo cuore appartiene a qualcun altro?»

    Il rosso fece una smorfia. «Tu che ne dici?»

    Lily si rimise a ridere, sfiorandogli la punta del naso con la sua. «C'è un piccolo particolare che ti sfugge, Crowley» sussurrò. «A me non importa.»

    «Che fine ha fatto il: "Il vostro amore è un affronto all'equilibrio dell'universo"?»

Non avrebbe dovuto ringhiare, ma gli venne automatico. Avrebbe voluto strangolarla, ma la piuma della scricciola era sempre lì a bloccarlo e ricordargli di stare al suo posto.

    «Tu e il tuo angelo potete fare uno strappo alla regola. Questo significa che può farlo chiunque.»

Non gli diede il tempo di ribattere. Lo afferrò per la sciarpa e lo tirò a sé con una punta di desiderio che risuonò nell'aura del demone come una campana d'allarme.

Gli rubò un bacio. Le loro labbra si toccarono e Crowley sentì tutto il suo essere ritrarsi, fuggire, rifiutarsi. Non ricambiò il gesto, aspettando che Lily si scollasse da lui una volta per tutte. Era un contatto così freddo da portarlo sull'orlo dell'ira più pura.

Quando finalmente la Cacciatrice si allontanò, il rosso combatté contro il desiderio di sputare la sensazione che gli era rimasta sulla bocca. Mai come allora avrebbe voluto far sparire quella maledetta dalla faccia della Terra. Dentro di lui si era scatenata una guerra dominata dal senso di colpa nei confronti di Aziraphale.

Nessuno a parte il suo angelo si meritava quel gesto. Nessuno.


    «Sai dove trovarmi» mormorò lei, il sorriso ancora in faccia. «Rinnovo il mio invito di oggi pomeriggio.»

Fece due passi indietro per squadrarlo, dopodiché si voltò e se ne andò leggiadra come un passerotto.

Solo allora Crowley si passò un braccio sulle labbra, disgustato. Per quanto schifo gli facesse, quella era un'opportunità d'oro.

Se doveva giocare con il cuore di Lily, allora lo avrebbe fatto. Anche lui sapeva come vincere le sue partite, e glielo avrebbe dimostrato.

   
 
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