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Autore: Nina Ninetta    22/05/2023    1 recensioni
Questa storia partecipa alla "To Be Writing Challenge 2023" indetta da Bellaluna sul forum "Ferisce la Penna"
Raccolta di storie dedicate al mondo di Tekken e ispirate a tematiche ben precise e diverse ogni mese, scelte dai partecipanti della challenge.
1. Տai chi sei? [Gennaio - Sisterhood - Nina&Anna]
2. La mamma è sempre la mamma [Febbraio - Motherhood - Steve&Nina]
3. Ⱥngel&Ðevil [Marzo - GrumpyXSunshine - Jun&Kazuya]
4. Come un abbraccio [Aprile - Domestic Fluff - Jin&Jun]
5. Coinquiline Diverse [Maggio - Roommate! AU - Xiaoyu, Asuka, Lili, Jin, Hwoarang]
6. Un Amore di Macchina [Giugno - ForbiddenLove - Lars&Alisa]
7. La Tomba dei Ricordi [Luglio - Childhood Friends - Heihachi&Kazumi]
8. Տole o Ҏianeta? [Settembre - Unrequited Love - Anna/Nina&Lee Chaolan]
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shoujo-ai | Personaggi: Lars Alexandersson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Questa storia partecipa alla To be Writing Challenge indetta da Bellaluna sul forum di Ferisce la Penna.
Mese: maggio
Tema: Roommate! AU
Per questo mese ho scelto un universo AU, quello degli inquilini. Ho provato ad immaginare i giovani della saga Tekken – Xiaoyu, Lili, Asuka, Jin, Hwoarang – alle prese con la convivenza e la vita da comuni mortali… più o meno!
Buona lettura,
Nina^^

 
 
 
Coinquiline Diverse
 
 
Asuka Kazama entrò in bagno subito dopo Lili, bofonchiando qualcosa circa il tempo esagerato che la coinquilina bionda ci aveva impiegato per prepararsi. Chiusasi la porta alle spalle, però, il disordine che vi trovò all’interno la mandò su tutte le furie. Afferrò al volo il piccolo rettangolino di stoffa rosa confetto gettato alla rinfusa sul bordo della vasca e uscì dalla toilette più arrabbiata di quanto vi era entrata. Percorse a ritroso il lungo corridoio, con falcate lunghe e pesanti, le braccia irrigidite e le mani strette a pugno, urlando il nome di Lili come farebbe una mamma adirata con il proprio pestifero figlio. La trovò in cucina, i capelli raccolti in un asciugamano arrotolato in testa, l’accappatoio – troppo rosa – chiuso in vita da una cinta e un vasetto di yogurt alla fragola fra le mani.
«Lili!» Tuonò. Questa la guardò con aria ingenua, mentre si portava un cucchiaino di yogurt rosato e cremoso in bocca.
Anche Xiaoyu si trovava in cucina in quel momento, seduta a gambe incrociate ai piedi del divano, con un quaderno in grembo e alcuni libri sparsi sul pavimento. Sollevò la testa per capire cosa stesse succedendo, sebbene lo immaginava già: quella era una scena alla quale le sembrava di assistere quotidianamente.
«Ti ho detto mille volte che non siamo le tue cameriere!» Asuka assottigliò gli occhi castani, fissando la ragazza bionda dritta nei suoi azzurri.
«Excuse moi, non capisco» rispose quest’ultima, con quel suo forte accento francese che infastidiva Asuka più di ogni altra cosa in lei.
«Sì che capisci, invece! Le mutande, il reggiseno e i vestiti sporchi non vanno lasciati sul pavimento o nel lavandino dove mi lavo i denti!» Così dicendo, la giapponese le buttò in faccia le mutandine striminzite di pizzo rosa che aveva raccolto pocanzi.
Lili le afferrò al volo e lasciò lo yogurt che stava mangiando sul tavolo, avanzando per fronteggiare Asuka Kazama. Erano alte uguale, ma completamente diverse.
«Tu sei una pervertita! Tocchi sempre le mie cose, le mie mutande!»
Asuka divenne paonazza fino alle orecchie.
«I-io cooosa
«Ok, basta! Calmatevi!» Xiaoyu scattò in piedi e si mise fra le due ragazze che, diversi centimetri più alte di lei, continuavano a fissarsi in cagnesco, pronte a mordersi.
Xiaoyu era la più mingherlina delle tre, ma non per questo meno tenace. Lei e Asuka convivevano ormai da un annetto e non avevano mai avuto problemi. Era stato Jin Kazama a farle conoscere e a proporle Asuka come compagna con la quale dividere le spese della casa. Jin le aveva assicurato che non avrebbe avuto grattacapi: Asuka era sua cugina di primo grado, figlia del fratello della defunta e cara madre, semplicemente aveva bisogno di un alloggio per frequentare i corsi della Mishima Zaibatsu University. Le due si erano conosciute e andate bene a vicenda. I problemi erano cominciati da qualche mese a quella parte, quando l’università aveva assegnato al loro alloggio – uno dei pochi trilocali convenzionati con l’apparato universitario –una studentessa francese in Erasmus lì in Giappone.
Emilie “Lili” De Rochefort, si era presentata alla loro porta seguita da due energumeni vestiti di nero, i quali, senza spiccicare parola, avevano portato in casa decine di valigie corredate di beauty case dai più tenui colori pastello.
«La mia stanza?» Aveva chiesto la ragazza, con quel tipico accento d’oltralpe dalla R strascinata, troppo simile a una V nella pronuncia.
«Ehi, ma chi-?» aveva cominciato Asuka, ma Xiaoyu l’aveva bloccata quasi immediatamente, indicando la strada alla nuova arrivata:
«In fondo al corridoio, a destra.»
«Grazie! Allons-y!» Lili si era poi rivolta ai due uomini ed era sparita nella sua nuova stanza, mentre le altre ragazze, dai tratti tipicamente orientali, avevano assistito inermi a una sfilata di trolley colorati, incantate dalla loro nuova coinquilina, assolutamente differente dal proprio modo di essere, in tutto. Dall’abbigliamento da bambola da collezione, con un vestito di un rosa candido dall’orlo merlettato e un grosso fiocco al collo; bellissimi stivali alti al ginocchio di pelle bianca e morbida; la carnagione levigata e rosea; grandi occhi azzurri; labbra rosate e carnose; i capelli… Capelli come quelli Xiaoyu e Asuka non li avevano mai visti: lunghi, biondi, setosi. Tanto che la cugina di Jin si era chiesta se non indossasse una parrucca.
Il rapporto fra Asuka Kazama e Lili Rochefort era degenerato quasi subito. La francese ci metteva troppo tempo in bagno, lasciandolo in disordine ogni volta che lo usava, né si preoccupava di raccogliere la biancheria sporca che lasciava ovunque. Inoltre, una volta a settimana una domestica si presentava a casa loro per ripulire la sua stanza da cima a fondo e fare al posto suo le pulizie di casa che invece sarebbero spettate a lei nel turno settimanale. Puntualmente, Lili chiedeva alle due ragazze se desiderassero che la donna si occupasse anche delle loro stanze.
«No, grazie» rispondeva piccata Asuka.
«Pago io» aggiungeva Lili con quella sua falsa aria da ingenua, mandando in bestia l’altra.
Per questi mille motivi, Xiaoyu si era ormai abituata al litigio al quale stava assistendo in quel preciso momento, sapendo benissimo che l’ago debole della bilancia era la cugina di Jin, fin troppo facile all’ira.
Asuka, infatti, era incline a perdere le staffe, al contrario di Lili che pareva mantenere un self control invidiabile in qualunque situazione, cosa che – manco a dirla – faceva imbestialire ancor di più la giapponese.
Erano diverse, l’una l’opposto dell’altra. A volte, Xiaoyu le studiava di soppiatto, domandandosi come fosse possibile che al mondo esistessero persone tanto differenti, in tutto.
Lili era una ragazza bellissima, quanto un’attrice di Hollywood, così femminile e ben educata che sembrava appena uscita da uno di quei college ottocenteschi, dove le famiglie facoltose mandavano a studiare le proprie figlie affinché diventassero delle vere principesse. Aveva un fisico da far invidia alle indossatrici di abiti firmati, un viso dai lineamenti perfetti, un naso tondo con la punta all’insù, labbra dai contorni delineati e occhi azzurro mare contornati da folte ciglia. Somigliava a una top-model, di quelle che si vedono sulle copertine dei giornali occidentali. Inoltre, indossava sempre vestiti stupendi, eleganti e raffinati, anche solo per stare in casa. Xiaoyu non l’aveva mai vista con addosso una tuta spaiata, o i capelli fuori posto. Al contrario di Asuka, che invece aveva una specie di casco marrone in testa – non andava mai da un parrucchiere, se li tagliava personalmente i capelli quando crescevano troppo e cominciavano a ricaderle sugli occhi – mai un filo di trucco né un gioiello ad abbellirle il viso acqua e sapone. Xiaoyu non l’aveva mai vista indossare un vestito elegante o anche solo lontanamente femminile o che, almeno, risaltasse il fisico asciutto o una curva provocante. Asuka, sia in casa che fuori, metteva addosso solo ed esclusivamente abiti comodi: tute, t-shirts, pantaloncini, scarpe basse.
Finalmente, Xiaoyu riuscì a tirare indietro Asuka e a trascinarla con sé lungo il corridoio, mentre la giapponese prometteva a Lili di fargliela pagare:
«Stupida francese del cavolo!»
«Basta, Asuka!» Xiaoyu si portò entrambe le mani sui fianchi e la fissò dal basso verso l’alto.
«Non è colpa mia! Continua a lasciare le sue cose sparse per il bagno e non lo sopporto!»
La cinesina sospirò e con tutta la pazienza di cui era capace cominciò a raccogliere il resto dei vestiti di Lili lasciati alla rinfusa nel bagno, appallottolandoli nel cesto dei panni sporchi. Asuka la guardò con un senso di vergogna e si scusò.
«Preparati, è già tardi» infine si richiuse la porta della toilette alle spalle, lasciandovi Asuka al suo interno. Incrociando la francese lungo il corridoio disse anche a lei di vestirsi: tra poco sarebbero arrivate le pizze.
«E le birès
«Sì, anche quelle» sospirò Xiaoyu, già stanca.
 

 
*
Al trillo del campanello fu Xiaoyu ad alzarsi dal divano per andare ad aprire. Sapeva benissimo chi fosse, eppure provò quella sensazione di vuoto allo stomaco che si può sentire affrontando una ripida discesa sulle montagne russe.
Jin la oltrepassò con la sua solita aria imbronciata, brontolando un “ciao” appena udibile. Subito dietro di lui c’era Hwoarang, il suo coinquilino coreano, sorridente e baldanzoso come sempre. Sollevò i cartoni squadrati che teneva con entrambe le mani, ancora caldi e che emanavano un profumino irresistibile.
«Abbiamo le pizze!» Esclamò felice.
«E le birès?» Lili si affacciò dalla cucina, bella e luminosa. Una stella del firmamento.
«Ce le ho io» rispose Jin, adagiando sul tavolo la busta di stoffa colorata che conteneva due confezioni da sei di Asahi, la birra giapponese più famosa al mondo.
«Merci beaucoup!» La francese batté le mani un paio di volte, prima di lasciare un bacio infantile e fugace sulla guancia destra del ragazzo moro, il quale rimase impassibile.
Xiaoyu, assistendo alla scena, un pochino si incupì.
Asuka li raggiunse dalla sua camera, sbadigliando e perennemente annoiata. Salutò i due ragazzi, evitando di proposito di guardare Lili.
Mangiarono, parlarono dei prossimi esami e impegni vari che attendevano ciascuno di loro; soprattutto bevvero birra, alzando le bottiglie al cielo ogni qual volta qualcuno di loro ne stappava una nuova, brindando a loro stessi, al futuro e all’amicizia. Il mormorio della schiuma bianca che fuoriusciva dal collo della bottiglia appena aperta, la goccia di birra che lentamente scivolava agli angoli della bocca e ripulita con il dorso della mano – un gesto istintivo e tribale – li rendeva ebbri e spensierati. Privi di crucci, responsabilità o timori per un futuro che stentava ad arrivare, incerto e lontano. Distante.
Finirono di cenare e fiaccati dall’alcool che avevano bevuto, ognuno parve ritornare nel proprio torpore, con una Asahi a metà e preso da qualche notizia irrilevante che scorreva in quel momento sullo schermo del proprio cellulare. Poi Lili si assentò un istante, tornando con una piccola scatola che sbatté di proposito sulla superficie del tavolo per richiamare l’attenzione di tutti.
«Et voilà!» esclamò.
«Che cos’è?» Xiaoyu si avvicinò incuriosita, leggendo ad alta voce ciò che era riportato a caratteri cubitali e colorati sul lato superiore della piccola scatola rettangolare: «”Obbligo o Verità”».
«È un gioco fantastique!» Lili pareva emozionata e su di giri, complice anche la birra bevuta.
«Wow! Saranno anni che non ne vedevo uno!» Aggiunse Hwoarang.
«Lo conoscete?» Chiese la francese, prendendo le carte contenute all’interno della confezione.
«Penso che tutti ci abbiano giocato almeno una volta nella vita» Asuka sbadigliò, non le piacevano molto i giochi come quelli, nei quali dovevi mettere a nudo la tua anima, rivelare i tuoi segreti.
«Io non lo conosco» intervenne Jin, serissimo, e gli altri risero: era il solito asociale, per questo Lili glielo spiegò velocemente, con quel suo mischiare le due lingue.
«A turno si pesca una carta, decidendo fra un obbligo o una veritè
«Tutto qui?» Jin Kazama sembrò deluso.
«Oui! Tutto qui!»
Spostarono il divano, spingendolo contro la parete libera, e distesero sul pavimento una grossa coperta matrimoniale, in cerchio vi si sedettero sopra e posero le carte al centro.
«Chi vuole cominciare?» Chiese Lili.
«Comincio io!» Hwoarang bevve un lungo sorso di birra direttamente dal collo della bottiglia. «Verità» annunciò, prima di pescare una carta e leggere ad alta voce la domanda che vi era riportata. Sorrise beffardo:
«”Dove è stato il posto più strano in cui hai fatto all’amore?”»
Ci pensò su qualche secondo, le ragazze lo guardavano divertite, Jin lo fissava di sottecchi.
«Nella stanza delle scope» disse alla fine, bevendo un altro po’ di Asahi.
«Ma che posto è?» Fece Xiaoyu, ridendo.
«Ehi, io ho risposto. Adesso tocca a… te!» Hwoarang indicò Asuka seduta alla sua sinistra.
«Benissimo!» La ragazza mimò il gesto di rimboccarsi le maniche, sebbene indossasse una canotta bianca, poi pescò dal mazzo degli obblighi. Non avrebbe mai rischiato di scegliere una verità e ritrovarsi una di quelle domande super imbarazzanti e private di fronte a persone che la conoscevano fin troppo bene. Senza contare la presenza di suo cugino Jin, poi…
Ma ben presto si rese conto che gli obblighi non erano da meno delle scomode domande. Leggendo la frase che era trascritta sul cartoncino, il volto si colorò di rosso, ripose la carta a testa in giù e con voce impacciata sentenziò che non lo avrebbe mai fatto!
«Ma cosa c’era scritto?» Xiaoyu quasi piangeva dalle risate vedendo la faccia dell’amica. Lili prese la carta che Asuka aveva lasciato sulla coperta e lesse ad alta voce:
«Donna: Togliti il reggiseno. Uomo: Togliti le mutande.» La francese fece spallucce, mettendo di nuovo giù la domanda. «Tutto qui? Qual è il problema?»
Asuka Kazama la fulminò con lo sguardo, imbarazzata come non lo era stata mai.
«E dai, Asuka!» Xiaoyu tentò di convincerla. «Ci stiamo divertendo, è un gioco!»
«Tu sei ubriaca!» constatò la giapponese e l’altra annuì: sì, lo era. «D’accordo… che palle!» Asuka si slacciò il reggiseno – semplice e bianco, di cotone, sportivo – e lo tenne con un indice per le spalline, poi la lanciò alle sue spalle. «Contenti?»
«Assolutamente!» Hwoarang sorrise sornione, scrutando senza ritegno o vergogna alcuna la forma tonda e soda dei bei seni fasciati dalla candida canotta aderente. Asuka lo costrinse a voltarsi dall’altra parte premendogli una mano sulla faccia, ma stava sorridendo anche lei.
Adesso era il turno di Jin, il quale era rimasto in silenzio e inespressivo fino a quel momento. Attesero che scegliesse il mazzo da cui pescare e alla fine optò per la verità: l’obbligo sarebbe stato troppo pericoloso…
Si schiarì la voce e lesse:
«”Se dovessi scegliere una persona di questo gruppo, con chi andresti su un’isola deserta?”» Jin chiuse gli occhi, si prese qualche secondo e poi rispose: «Asuka.»
«Tua cugina? Cioè, sceglieresti tua cugina?!» Quasi urlò Hwoarang, tra lo sbalordito e il divertito.
«Sì, così non avrei responsabilità nei suoi confronti ed è una che se la sa cavare anche da sola» spiegò Jin, senza scomporsi.
«Razionale» gli fece eco Lili, mentre Hwoarang spiava la dolce Xiaoyu seduta dinnanzi a lui. La cinesina teneva lo sguardo basso e l’espressione mogia. Ora toccava proprio a lei e poiché non si smuoveva dal suo stato di trance, il ragazzo si allungò per adagiarle un palmo sul ginocchio, scuotendola con delicatezza. Lei sollevò lo sguardo, come svegliandosi da un lungo sonno a occhi aperti, e sbatté le palpebre un paio di volte.
«Tocca a te» le disse.
«Ah, sì! Giusto! Scusate…»
Anche ad Asuka si strinse il cuore notando la reazione dell’amica alla risposta di Jin. Suo cugino era proprio un idiota! Come faceva a non comprendere i sentimenti di Xiaoyu nei suoi confronti, eppure si conoscevano da tempo. Perfino lei, che in quelle cose era una schiappa, si era accorta di cosa provasse la cinese la prima volta che si erano incontrate. Il suo amore era così limpido e palese che se ne sarebbe reso conto anche un bambino delle scuole elementari!
D’istinto Xiaoyu prese una carta dal mazzo delle verità, senza pensarci su troppo a lungo.
«”Sei innamorata?”» Le chiedevano le parole che lesse ad alta voce, il suo tonò risultò piatto, senza alcuna cadenza, ricordava la voce registrata di una segreteria telefonica. Atono.
«Sì» disse solo, senza aggiungere altro, né un sorriso, né una smorfia particolare. Neanche alzò lo sguardo mentre riponeva la carta su quelle già scelte.
«Tocca a me!» Esclamò Lili, euforica. Al contrario di chi l’aveva preceduta, la francese tentò la sorte e pescò un obbligo. Amava le sfide concrete e non sapere cosa l’aspettava le trasmetteva una scarica di adrenalina sfrenata.
«”Bacia la persona che ritieni più attraente di questo gruppo”» recitò la frase come se fosse una filastrocca.
Gli altri si misero tutti sull’attenti e in guardia. Hwoarang si sistemò il colletto della camicia, passandosi una mano fra il ciuffo rosso che gli ricadeva di continuo sulla fronte; Xiaoyu sentì il cuore mancare un battito: e se avesse baciato Jin e avessero scoperto che si piacevano?
Ti prego” supplicò dentro di sé, “ti prego, fa di no, fa di no…”.
Asuka, la quale sedeva proprio di fronte alla francese e tra i ragazzi, muoveva velocemente gli occhi tra lei e i due, chiedendosi chi avesse scelto, chi riteneva più… attraente. Jin, dal canto suo, sembrava calmissimo, dimostrando un aplomb che avrebbe fatto invidia a una guardia svizzera.
Lili si sporse in avanti, muovendosi carponi, senza preoccuparsi di urtare i due mazzi di carte al centro del cerchio e spandendole tutte intorno. Somigliava a un gatto persiano, di quelli con il pelo lungo e fluente. La chioma bionda scivolò in avanti, sinuosa, le labbra rosate accennavano a un sorrisetto beffardo, divertito. Per un attimo parve rivolgere le sue attenzioni verso Jin, invece socchiuse le palpebre e adagiò la bocca su quella di Asuka.
«Spettacolare!» Esclamò Hwoarang, battendo i palmi e scuotendo la testa, sorridendo.
Xiaoyu si coprì il volto con le mani, sollevata che non avesse scelto Jin, il quale continuò a crogiolarsi nella sua impassibilità.
Asuka, invece, spalancò gli occhi, avvertendo chiaramente la morbidezza delle labbra di Lili premute contro le sue. Passarono alcuni secondi – che alla giapponese dovettero sembrare ore -, poi la ragazza bionda si tirò indietro riaprendo i suoi occhioni azzurri e puntandoli in quelli della coinquilina, quest’ultima letteralmente di sasso. Lili sorrise con quella sua aria ingenua, manco avesse fatto la cosa più naturale di questo mondo. Tornò al suo posto e chiese con voce squillante:
«Un altro giro?».
All’unisono decisero che per quella sera poteva bastare.
 

 
*
Jin osservava l’interno della stanza dal balconcino che sporgeva nel cortile condominiale. Era uscito a prendere una boccata d’aria fresca e nel frattempo osservava gli altri che erano rimasti in casa.
Asuka si era defilata dopo un po’, affermando che aveva da studiare ancora un paragrafo per il giorno successivo, ma Jin sapeva benissimo che non aveva alcuna lezione la mattina seguente, poiché erano iscritti allo stesso corso universitario.
Nel soggiorno/cucina c’erano quindi Hwoarang, Xiaoyu e Lili. Le due ragazze avevano preso di mira il povero malcapitato mentre giocherellavano con i suoi capelli color arancio, acconciandoli in mille modi diversi e tutti tremendamente ridicoli. Sembravano divertirsi, soprattutto Xiaoyu, il cui sorriso era tornato sul suo volto dopo l’uscita infelice di Jin Kazama.
Hwoarang lanciò un’occhiata proprio nella sua direzione, si guardarono, poi Jin si voltò, dandogli le spalle e guardando il cielo scuro, senza stelle.
Il tintinnio dello scacciapensieri gli annunciò l’arrivo dell’amico. Attese che si accendesse una sigaretta e ne aspirasse la prima boccata, pronto a rispondere alle sue domande, le quali non tardarono ad arrivare, appunto.
«Sei un insensibile» gli disse il rosso.
«Se lo dici tu» fu la risposta di Jin Kazama, il quale non si girò neppure a guardarlo. Dall’interno della casa giungevano le risate argentine di Lili e Xiaoyu. Hwoarang le osservò per un po’, con i reni premuti contro la balaustra di ferro battuto e una sigaretta fra le labbra.
«… e un bugiardo» aggiunse. «Asuka con te su un’isola deserta? Ma dai!»
«Cosa avrei dovuto rispondere?»
«Era solo un gioco, Jin! Avresti potuto farla contenta invece di ferirla.»
«Non voglio si crei false speranze. E se avessi scelto Lili sarebbe stato peggio, non credi?»
«Avresti potuto scegliere me» ironizzò il coreano, strappandogli un abbozzo di sorriso. Fumò ancora, poi aggiunse:
«Xiaoyu è una ragazza d’oro, non ce ne sono come lei in giro.»
«Lo so, perciò non voglio che soffra e con me non sarebbe felice, credimi. Lei pensa di sì, ma io so che non sarebbe così. Ho troppi demoni dentro, finirebbero per… per annientarla.»
Hwoarang non aggiunse altro, si limitò a finire la sua sigaretta beandosi dell’aria primaverile di maggio e della buona compagnia. Per ora non gli serviva altro.
 

 
*
Asuka consultò l’ora dallo schermo del suo cellulare (per la centesima volta in pochi minuti).
Le 3:27.
Non era riuscita a chiudere occhio neanche per trenta secondi. Aveva sentito i suoi amici continuare a divertirsi, il momento in cui i due ragazzi erano andati via (circa due ore prima), poi i passi leggeri e ovattati di Xiaoyu e Lili nel corridoio mentre si auguravano la buonanotte a vicenda, prima di chiudersi rispettivamente nelle proprie stanze. Infine, il silenzio più assoluto. Stufa di non riuscire a prendere sonno e a non riuscire a pensare ad altro che non fosse il bacio della francese – il suo viso di porcellana così vicino; le sue labbra morbide, calde e carnose, dal leggero retrogusto di big-babol, forse dovuto al lucidalabbra; lo sguardo limpido e fluido che la inchiodava sul posto; il sorriso malizioso che la sfidava. Si alzò dal letto con un balzo, facendo cadere tutte le coperte da un lato, decisa a farsi una camomilla per calmarsi e sperare di addormentarsi.
Tuttavia, appena fuori dalla sua stanza, notò una fievole luce che fuoriusciva dalla porta socchiusa della camera di Lili. D’istinto vi sbirciò attraverso, vedendo la ragazza bionda distesa sul letto, intenta a leggere un libro. La luce dell’abatjour emanava una penombra tremolante che la faceva somigliare a una dea greca.
Con un tocco leggero delle dita, Asuka sospinse la porta ed entrò. Lili sollevò gli occhi dal romanzo, osservandola senza espressione alcuna, quasi si aspettasse di vederla entrare, prima o poi.
«Li-Lili» balbettò Asuka, la gola secca e gli occhi bassi a fissarsi i piedi nudi sul pavimento, senza però vederli. «Devo chiederti una co-cosa.»
«Dimmi.»
La voce calma di Lili le diede il coraggio di alzare lo sguardo per posarlo su di lei:
«Ti piacciono le femmine?» Asuka deglutì, il cuore in tumulto.
La bella francese abbandonò il libro sulla trapunta – di seta rosa – e la raggiunse a piccoli passi, lenti e sinuosi, con le lunghe gambe scoperte e i piedi scalzi. Indossava un babydoll color panna e i capelli a farle da mantello scintillante.
«No» disse, prendendole il volto con entrambe le mani per posare i suoi occhioni azzurri in quelli semplici e castani, profondi, di Asuka. «Ma mi piaci tu» confessò con naturalezza.
Le due coinquiline, talmente diverse da completarsi, si sorrisero rincuorate, adagiando la fronte dell’una all’altra.   


 
fine
 
 

 
  
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