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Autore: guiky80    22/05/2023    10 recensioni
Tsubasa e Sanae.
La vita con percorsi separati, lui il campione che tutti si aspettano, lei una ragazza che cerca di costruirsi una carriera in un mondo prettamente maschile.
Inevitabile l'incontro in Federazione calcio anni dopo.
Sarà ancora tutto come prima?
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sanae Nakazawa/Patty Gatsby, Tsubasa Ozora/Holly
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Angolino dell’autrice: vorrei rassicurare chi mi segue, non ho battuto la testa, è davvero una het… mi sconvolgo da sola a volte.






Anticipando il rientro di un paio di giorni, Tsubasa atterrò in Giappone, nessuno lo stava attendendo, aveva, infatti, deciso di fare una sorpresa agli amici e a sua madre.

Con un cappellino calcato in testa per non essere riconosciuto, attraversò l’aeroporto fino alla zona dei taxi, si sentì molto Genzo in quel momento. Sghignazzando diede un indirizzo diverso da casa sua, aveva voglia di fare due passi, quindi si fece lasciare a qualche strada di distanza.

Quei pochi passi che lo dividevano da casa sua, li fece col naso all’insù, respirando l’aria familiare che non credeva di ricordare, sorridendo quando qualche angolo di strada gli ricordava un episodio della sua infanzia: era un misto di sentimenti dolci e amari; si rese conto che erano davvero troppi anni che non rimetteva piede in quella cittadini, che non stava un po’ con la madre e con gli amici, troppo preso dalla sua carriera, troppo concentrato per ricordare chi lo aspettava oltreoceano. 

Si sentì un mostro. Sua madre aveva passato la vita ad attendere un uomo che solcava i mari e si era ritrovata un figlio che aveva lasciato il nido troppo presto per i suoi sogni; non aveva mai detto nulla, non si era mai lamentata, anzi, l’aveva sempre spronato a diventare ciò che davvero voleva, anche se per questo era rimasta sola di nuovo, un altro Capitano Ozora l’aveva lasciata indietro.

Non ci aveva mai riflettuto davvero, solo ora, mentre camminava verso quella villetta che tanto gli piaceva, aveva riflettuto sulla vita di sua madre.

Sospirò infilando la chiave nella serratura, sapeva di trovare la casa vuota, sua madre era fuori città, sarebbe rientrata solo un paio di giorni dopo, in tempo per l’arrivo del figlio, per quello che sapeva lei.

Dopo una doccia veloce e un giro della casa, giusto per assicurarsi che nulla fosse cambiato, tornò fuori palla al piede, come quando era appena arrivato in città da bambino. 

Prese la direzione del campo da calcio dove, ai tempi, si allenava la Nankatsu.

Sorrise dolcemente ai ricordi che lo travolsero mentre correva per i vicoli, soprattutto quando davanti a lui individuò il belvedere, il punto da cui era partito quel pallone, calciato con forza da un ragazzino alto quando un soldo di cacio, atterrato nella villa del campione indiscusso che era, ed è tuttora, Genzo Wakabayashi.

Proseguì rallentando l'andatura, scoprendo con gioia di riconoscere strade e case di quelli che erano stati i suoi compagni di squadra, arrivò al vecchio campo di allenamento, dove Roberto aveva insegnato l’amore per il calcio a un gruppo di bambini scalmanati.

Sorrise quando individuò una squadra ad allenarsi, dovevano avere più o meno la stessa età che aveva avuto lui durante la sfida a Genzo. Li vide correre felici, ridere tra loro, cadere e rialzarsi, concentrarsi per i tiri, consolare chi aveva sbagliato. 

Una voce adulta, l'unica presente, si levò dalla panchina per richiamare uno dei tanti bimbi e spiegare l’errore appena commesso, con sorpresa riconobbe il suo vecchio amico, il primo che aveva avuto al suo arrivo: Ryo Ishizaki.

Restando defilato ascoltò le sue parole, seguì tutto l’allenamento, il modo accorato con cui Ryo si rivolgeva ai bambini, le parole che diceva, le stesse che Roberto ripeteva loro fino alla nausea anni prima.

Chiuse gli occhi un secondo rapito dai ricordi, aveva fatto bene a tornare, decisamente bene, ne aveva davvero bisogno.

Si avvicinò alla panchina durante la pausa, sorrise al suo amico che stava riprendendo un ragazzino colpevole di non aver passato palla al momento opportuno.

“Dovevi passare! Siete una squadra! Sei il nostro goleador è vero, ma il tuo compagno era in una posizione migliore, dovevi passare a lui, avrebbe segnato. Invece tu, preso dalla foga, hai colpito la traversa!”

“Mi scusi, Mister!”

“Forza ora raggiungi gli altri, tra poco si ricomincia!”

Sospirando Ryo, spinse il ragazzino dagli amici, scosse il capo, prima di sentire una voce alle sue spalle.

“L’altro avrebbe segnato di sicuro, ma se lui avesse angolato meglio il tiro avrebbe fatto goal lo stesso, questo non gliel’hai detto.”

Lo stupore sul viso dell’amico storico fece sbottare a ridere Tsubasa.

“Non ci credo! Quando sei tornato? Che bello!”

L’abbraccio fra i ragazzi fu lungo e sincero. 

“Proprio oggi! Avevo bisogno di tornare a casa.”

Battendogli una mano sulla spalla Ryo scosse la testa:

“Sono così felice! Caspita! Non so cosa dire, sono senza parole!”

“Senza parole tu?”

La risata del Capitano attirò gli sguardi dei giocatori che subito accorsero increduli, tutti lo riconobbero all’istante: lo storico Capitano della Nankatsu e della Nazionale, il Capitano della Generazione d’Oro!

I loro visi stupiti, fecero gonfiare il petto all’allenatore.

“Ebbene sì, ragazzi, state guardando il grande Tsubasa Ozora, Capitano della Nankatsu, Capitano della Nazionale e mio vecchio amico d’infanzia.”

I piccoli giocatori con le bocche spalancate e gli occhi sgranati si davano il gomito l’un l’altro:

“Ozora…”

“Cavolo è davvero lui!”

“Hai visto!”

“Che roba!”

“Quando lo racconterò non ci crederà nessuno!”

Le voci dei componenti della squadra si rincorsero, mentre i due adulti li fissavano trattenendo le risa.

L’ex Capitano decise di divertirsi: “che ne dite se mi alleno con voi?”
Le urla di gioia furono assordanti, Tsubasa sfilò la felpa della tuta e corse a centro campo.

“Forza ragazzi, vediamo chi riesce a fermarmi!”

Risoluti e galvanizzati dalla presenza del campione, tutta la squadra si posizionò nella metà campo avversaria, pronta e concentrata. 

Con più calma Ryo raggiunse l’amico, gli scoccò un’occhiata. 

“Sarà il tuo ‘Taro’ per oggi!”

Scoppiarono a ridere insieme, infine Tsubasa annunciò: “pronti? Si parte!”

La corsa del campione non venne fermata da nessuno, ma tutti si misero d’impegno, dimenticando completamente di marcare l’allenatore, che arrivò libero e indisturbato sotto porta, Tsubasa triangolò con lui, infine spiccò un salto e colpì la palla di testa, insaccando all’angolo sinistro basso della rete. Il tuffo del portiere fu inutile, ma nella direzione giusta.

 

A fine allenamento i due adulti si sedettero in panchina e i giocatori subissarono di domande il campione arrivato dal Brasile. Con tranquillità e sicurezza, Tsubasa rispose a tutto, anche alla domanda dell’ala sinistra: “hai una ragazza?”
Scoppiando a ridere, il ragazzo scosse la testa.

“No, non ce l’ho. Non che non la vorrei, ma sono troppo occupato. Purtroppo non ho tempo per questo.”

Il terzino annuì solennemente.

“Lo dico sempre io! Le femmine fanno solo perdere tempo! Infatti, guardate il mister!”

Tutta la squadra sbottò a ridere, mentre Ryo alzava un pugno per aria.

“Screanzati! Come osate! Filate via, ci vediamo domani!”

Salutarono tutti calorosamente il loro ospite e si avviarono verso casa, ognuno palla al piede.

Tsubasa sbirciò l’amico. 

“Che voleva dire?”
“Uff… ma niente! Sono convinti che io non ho fatto la carriera che avete fatto tu e gli altri della generazione d’oro, perché mi sono fidanzato troppo presto! Tutto qui!”

“Ti sei fidanzato? Davvero?”

Lo stupore genuino del vecchio amico, fece scoppiare a ridere Ryo.

“Sono successe un sacco di cose, Tsubasa. Comunque sì, sono fidanzato, indovina un po’ con chi? Yukari Nishimoto, la seconda manager della Nankatsu!”

Il sorriso di Ozora si allargò.

“Ma che bella notizia! Congratulazioni!”

“Yukari sta studiando all’università, non appena si sarà laureata organizzeremo il matrimonio. Avresti ricevuto l’invito, ovviamente.”

“Ma bene, pensa un po’ la faccia che farà Genzo quando saprà che ti sei fidanzato!”

Con un’ultima risata e una linguaccia i due si incamminarono verso il parco. 

 

Ryo lo indirizzò verso un bar nuovo vicino al laghetto, già da lontano Tsubasa vide alcuni dei suoi vecchi compagni di squadra e l’amico gli spiegò che quel chioschetto tra gli alberi era divenuto una specie di ritrovo. Quando i ragazzi erano in città si trovavano lì. 

Il primo ad accorgersi di loro fu Teppei, che schizzò in piedi urlando a pieni polmoni: “Tsubasa! Non posso crederci!”

A rotazione anche gli altri ragazzi presenti si prodigarono in saluti, pacche sulle spalle. Il ragazzo li guardò tutti uno per uno, sembrava di essere ancora alla Nankatsu.

Teppei, Hajime, Mamoru, Yuzo, Shingo e Ryo, alcuni dei suoi più cari amici erano lì con lui. Sospirò sedendosi al tavolino e ordinando una bibita.

I discorsi si incrociarono tra loro: la vita in Brasile, il calcio giocato là, il campionato giapponese, la Nazionale, il futuro matrimonio di Ryo, la nuova fiamma di Shingo, di cui nessuno conosceva il nome, le innumerevoli donne affiancate al nome di Genzo sui giornali. 

Le ore volarono letteralmente, fino al borbottio dello stomaco di Ishizaki, che attirò le risate di tutti.

“Che volte? Ho allenato i ragazzi oggi, sono stanco e ho fame!”

Tsubasa scosse la testa, proponendo di mangiare tutti insieme a casa sua, così da non dover interrompere il momento allegro che si era creato.

La serata trascorse serena e con nuove battute, la cui vittima era quasi sempre Ryo. 

L’ex Capitano della Nankatsu aveva le lacrime agli occhi per il troppo ridere, in quel momento si rese conto di quanto davvero gli fosse mancata quella semplicità, quella felicità che solo gli amici storici sapevano regalare.

 

Finalmente a letto e sorridendo ancora, rivide alcuni attimi della serata, alcune battute più o meno idiote. 

Il suo sorriso si affievolì nell’istante in cui si rese conto che la sua vita in Brasile era del tutto diversa. Bella per certi aspetti, era famoso, giocava in una squadra titolata ed era uno dei migliori goleador del campionato in lizza per il titolo di capocannoniere, ma non aveva amici veri, amici fidati, persone vicine con cui parlare seriamente. Gli amici c’erano, ma solo legati alle partite, al calcio, non alla sua vita vera.

Era tornato principalmente per questo, aveva bisogno di ristabilire un contatto con lo Tsubasa giapponese, che era nato e cresciuto lì, il ragazzino palla la piede.

 

Sospirò rendendosi conto che nessuno, quella sera, aveva nominato lei.

Quando la sera in Brasile si coricava, il suo pensiero volava a casa, a quelle persone importanti che voleva rivedere e la prima immagine era sempre il viso di Sanae. Com’era diventata? Cosa faceva nella sua vita?

Lui aveva contatti sporadici con i ragazzi, settimanali con la sua famiglia, ma con lei quasi inesistenti. Si erano sentiti i primi tempi, appena lui era partito tutto galvanizzato dall’avvenuta che lo aspettava. 

Era stato poi assorbito da quel vortice di vita. La nuova squadra, Roberto che lo aveva seguito da vicino, che poi si era trasferito, e lui si era ritrovato solo ad affrontare tutto, a testa alta per non far pesare a chi stava a casa che lui non ce la stava facendo. 

Poi la concentrazione ritrovata, la scalata nella squadra fino al posto da titolare fisso, i risultati, i goal, gli apprezzamenti del mister prima, dei tifosi poi; una vita piena che lo aveva assorbito completamente, e senza rendersene conto, aveva perso il contatto con la realtà, con la vita dei suoi amici rimasti in Giappone, aveva perso lei.

Quella sera, guardando il viso dei suoi ex compagni di squadra, era stato più volte tentato di fare il suo nome, ma la paura di sentire la risposta, lo aveva bloccato. 

Scosse la testa, che codardo era diventato. 

Tuttavia si stupì, come era possibile che a nessuno fosse venuto in mente di allargare il discorso alle manager? 

Yukari era la fidanzata di Ryo, d’accordo, ma lei? Dov’era lei? Nemmeno di Kumi avevano parlato, ma lui bramava notizie sulla sua amica-manager. 

Si girò nel letto stabilendo come occupare il suo secondo giorno a casa.

 

La mattina seguente il Capitano uscì di casa presto, nervoso, intenzionato ad avere notizie.

Palla al piede si mise a correre per le strade della città, fino a ritrovarsi sotto casa sua. Osservò il cancello, indeciso sul da farsi, era davvero presto, non poteva di certo suonare il campanello a quell’ora. Attese.

Dopo un tempo che seppe calcolare solo contando i palleggi effettuati, vide uscire prima il padre e poi il fratello. La madre fu l’ultima, quasi un’ora dopo. 

Di lei nemmeno l’ombra, impossibile che fosse uscita talmente presto da non averla incontrata.

Un’immagine di lei in un’altra casa, magari intenta a preparare la colazione a un altro uomo, un marito, gli attraversò la mente, subito la scacciò avvicinandosi al cancello. Premette il dito sul citofono, ma nessuno venne ad aprire, evidentemente la casa si era già svuotata di tutti i suoi abitanti.

Perplesso e senza risposte, si avviò per le strade, calciando il pallone lentamente, fino all’incontro con Manabu. 

“Tsubasa? Non ci credo!”

Sorridendo il campione lo abbracciò fino all’invito a bere qualcosa: “dovevo andare a dare ripetizioni a un ragazzino, ma ha appena avvisato di avere un malessere, il suo malessere si chiama solo: non voglio studiare ma non dirlo a mamma!” 

Seduti a far colazione in un bar del centro, i ragazzi risero ai racconti che il Capitano disse di aver sentito la sera prima dagli altri, mentre l’amico raccontava di essere impegnato in un corso all’università di Tokyo.

“E così vuoi perfezionarti in medicina sportiva?”

“Vedi, la mia più grande aspirazione è quella di diventare un ottimo preparatore atletico, per aiutare i campioni del tuo calibro a perfezionarsi e bilanciare il corpo, rafforzare i muscoli e per farlo devo seguire questi corsi paralleli a quello di laurea. Devo ammettere che è pesante, ma mi piace!”

Tsubasa annuì lentamente, mentre con il piede continuava a tormentare il pallone.

“Hai sentito? Ryo ha chiesto a Nishimoto di sposarlo! Incredibile!”

Tsubasa sorrise: “sì, me l’ha raccontato ieri. Ha avuto fegato.”

“Già, soprattutto per quello che successe anni fa!”

Ozora alzò un sopracciglio. “Perché che è successo?"

L’altro si sistemò gli occhiali sul naso e si sporse verso il campione.

“Vedi, anni fa, Ryo si dichiarò a Nishimoto, ma lei lo respinse. Lui ci rimase male, e i loro rapporti si raffreddarono. Noi altri non sapevamo che fare, ci dispiace non vederli più in armonia, soprattutto l’aura scura che li accompagnava si riversava su tutti noi. Un giorno, stufa della situazione, Sanae prese l’amica da parte e le fece un bel discorsetto, scoprendo che in realtà a lei piaceva Ryo, ma presa alla sprovvista aveva reagito male alla dichiarazione.”

Mentre Manabu scuoteva la testa, Tsubasa si fece attento: finalmente qualcuno aveva nominato Sanae.

“Alla fine, la nostra prima manager, testarda come non mai, riuscì a far in modo di far parlare tranquillamente quei due e finalmente si chiarirono. In seguito iniziarono a uscire insieme, fino al fidanzamento. Nishimoto frequenta la mia stessa università, ogni tanto la incontro, lei e Kumi seguono il corso di letteratura moderna. Mentre nel corso di architettura si è iscritto Masao Tachibana, anche se continua a giocare, ci avresti mai scommesso?”

Tsubasa si morse il labbro, il racconto articolato e divertente era stato interessante da sentire, ma ancora non sapeva che fine avesse fatto Sanae.

“Tu che mi racconti? Il grande campione, oltre ai goal e al posto in squadra, ha finalmente trovato l’amore?”

Con il consueto gesto di strofinarsi la nuca con la mano, il Capitano sghignazzò.

“No, no figurati.”

“E allora perché non mi hai ancora chiesto niente di Sanae?”

L’incrocio di sguardi fu istantaneo, da dietro le lenti degli occhiali, Manabu sollevò un sopracciglio.

“Andiamo, Tsubasa, credevo non mi avessi chiesto nulla perché impegnato in qualche relazione, ma se così non è… so che Sanae ti è sempre stata particolarmente a cuore e quando l’ho nominata poco fa, ti sei fatto più attento. Sono diventato molto perspicace.”

Ozora si rilassò contro la sedia sorridendo.

“Sei davvero diventato perspicace. Va bene, lo ammetto, muoio dalla voglia di sapere che fine ha fatto Sanae, ma nessuno ne ha parlato ieri sera, non volevo sembrare troppo interessato.”

L’altro scosse la testa.

“Sei sempre il solito! Nessuno ne ha parlato, perché sanno poco, sanno solo per chi lavora, ma non cosa stia facendo. Io lo so, invece, perché io e Sanae abbiamo studiato insieme il primo anno di medicina, poi lei ha cambiato corso di studi, ma siamo rimasti in contatto e così so tutto quello che combina. Ha frequentato con profitto il corso di laurea breve in marketing, si è iscritta al master di lingue straniere ed economia e li sta seguendo on line, visto che non è in Giappone al momento.”

L’ultima frase fu come una doccia fredda per il Capitano.

Manabu non disse nulla, lasciò che l’altro assorbisse tutte le informazioni che gli aveva dato e attese, in silenzio, finché vide gli occhi dell’amico cercare i suoi.

“Non è in Giappone?”
“No.”

“Ma è… nel senso… è partita per seguire…”

“Un uomo? Un marito? No, Tsubasa… lei voleva essere tua moglie, questo era il suo sogno, poi ha raddrizzato il tiro.”

Il sorriso triste del Capitano fece capolino, ma lasciò proseguire l’amico.

“Dopo esser stata per anni la manager della Nankatsu e aver conseguito il diploma, si è iscritta con me all’università, come ti dicevo. Dopo aver scelto l’altro ambito di studi, ha partecipato a dei concorsi extra universitari, fatti per introdurre i ragazzi nel mondo del lavoro. Uno dei suoi progetti è arrivato secondo a una gara indetta dalla Federazione calcio giapponese, ma sono rimasti talmente colpiti dal suo lavoro, che le hanno fatto una proposta molto allettante. Ovviamente ha accettato ed è partita.”

“Partita?”

“Sì, il Sig. Katagiri ha trovato i suoi progetti molto interessanti; inoltre conosceva già Sanae dai tempi dei campionati giocati dalla Nankatsu e dai primi ritiri della nazionale, anche se all’epoca era solo una manager, lui ricordava bene la sua dedizione alla squadra. Ha deciso di convocarla per un colloquio privato e così è entrata a far parte di un gruppo di giovani ragazzi che stanno tuttora affiancando Katagiri in Federazione. I primi sei mesi sono stati intensi per lei, ci sentivamo ogni tanto ma non ci vedevamo mai, era davvero sommersa di lavoro e materiale da studiare. Inoltre ha sempre continuato a seguire i corsi all’università di persona, oppure on line. Dopo i primi sei mesi di lavoro qui in Giappone, Sanae è stata scelta insieme a un altro paio di ragazzi per andare all’estero, in Europa, principalmente. Studiano le altre tecniche di gioco, il ruolo dei vari giocatori, il mercato internazionale, tutto quello che può essere utile a trovare nuovi talenti, oppure a perfezionare le nostre tecniche di gioco. Ora sono io Africa, stanno analizzando il calcio giocato lì e le dinamiche delle squadre, che pare siano molto diverse dalle nostre. L’ho sentita una decina di giorni fa, era elettrizzata da un nuovo progetto, ma preoccupata per un esame che doveva sostenere, ho saputo però che l’ha passato. Ora è lontana da quattro mesi filati. Un vero peccato che non vi siate incontrati.”

“Già… davvero un peccato. Sono contento che abbia realizzato il suo sogno.”

“Il suo sogno base era quello di sposarti però. Non dimentichiamolo!”

I ragazzi scoppiarono a ridere, continuando poi a parlare degli altri componenti della generazione d’oro e delle loro occupazioni.

Manabu studiò a lungo il viso di Tsubasa quella mattina, il Capitano cercò di essere distaccato, ma non vi riuscì del tutto.

 

Tornato a casa, il calciatore si gettò di schiena sul letto. 

“Non è in Giappone, viaggia da mesi, studia on line, la sua vita è completamente cambiata e io non ne sapevo niente. Sono davvero un idiota! Ho mai veramente ascoltato quello che aveva da dire ai tempi della Nankatsu? Ho mai davvero saputo quali fossero i suoi sogni, le sue aspirazioni? Credo proprio di no. Voleva diventare mia moglie, beh la bandiera avrebbe dovuto essere un ottimo segnale per me, ma eravamo talmente piccoli… sono stato proprio un imbecille a partire senza dirle nulla, senza tenere i rapporti con lei, almeno per lettera o telefono. Niente, non ho fatto niente e ora lei è lontana da me, molto più di quanto pensassi.”



 

Nel frattempo in un altro continente, Sanae si apprestò a prepararsi per la notte. 

Quella giornata si era rivelata davvero stancante, ma anche soddisfacente. Dopo aver seguito le lezioni on line e aver partecipato a una simulazione per un esame imminente, aveva passato il pomeriggio a prendere appunti, seduta accanto a Katagiri, nelle varie conferenze che si erano susseguite. A cena, il capo spedizione aveva annunciato la scissione del gruppo.

I ragazzi sarebbero rimasti in loco e avrebbero proseguito i lavori di ricerca, mentre Sanae e Katagiri sarebbero rientrati in Giappone per partecipare alle riunioni con la Federazione, così da esporre i risultati del progetto denominato “Mondo e calcio”.

Sane si passò la spugna sul corpo, mentre il vapore della doccia l’avvolgeva piacevolmente, la sua mente iniziava a rallentare il ritmo dei pensieri, ma alcuni non l’abbandonarono.

“Tornare a casa… sono contenta, certa, ma lui non ci sarà. Mi manca sempre… uffa, è incredibile, sono anni che non lo vedo e non lo sento, sarà ancora all’estero a giocare a perfezionarsi, a divertirsi e io qui a crogiolarmi ancora per lui.”

Sbuffando uscì dalla doccia.

 

Il lavoro per la Lega calcio si era rivelato molto stimolante, la squadra di lavoro era compatta, lei non aveva avuto problemi con i ragazzi, ma la voglia di vedere il Capitano, non l’aveva mai abbandonata.

Quattro anni, un’eternità per lei, gli mancava sempre, in maniera totale. I primi tempi si erano sentiti per telefono, ma infine lui aveva smesso di chiamare.

Solo Ryo, ogni tanto, giungeva al campo con qualche novità o con qualche rivista di settore. La madre di Tsubasa sembrava quasi imbarazzata quando la incrociava e non aveva messaggi per lei. Sanae le era molto affezionata, e spesso passava qualche ora in sua compagnia, ma si era resa ben presto conto che stare nella casa di Tsubasa era quasi una tortura. 

L’università prima e il lavoro poi, le avevano permesso di recidere quasi completamente i rapporti con la signora Ozora, quantomeno non passava più da casa, qualche telefonata se la concedevano ancora. 

Spazzolando i capelli, la ragazza pensò che fosse ora di chiamarla, soprattutto se fosse tornata a casa, avrebbero potuto incontrarsi per un caffè in centro. Valutò il fuso orario, ma era davvero troppo stanca e si sdraiò sul letto.

Il sonno si fece attendere, nonostante la giornata impegnativa, fissando il soffitto, Sanae realizzò che il suo sentimento per Tsubasa era ancora lì, dentro di lei, ma non seppe inquadrarlo: poteva essere considerato amore vero? E se fosse stato solo idealizzato? Poteva essere l’idea dell’amore costruita da una ragazzina?

Sospirò, allungando una mano afferrò un libro, iniziando a sfogliarlo, sorrise era davvero molto consumato. Le dita corsero alla foto di Tsubasa ragazzino, appena arrivato, forse la prima o la seconda partita che aveva giocato con loro. Altre foto riempivano le pagine, più le foto passavano, più Tsubasa cresceva, sotto i suoi occhi. La selezione per formare la Nankatsu con Wakabayashi capitano, poi l’infortunio, la fascia che passò a Tsubasa, lui che divenne il Capitano indiscusso per tutti gli anni che seguirono. Le convocazioni per la Nazionale, la squadra esultante, lui con la fascia di Capitano che spiccava sulla divisa del Giappone. Solo in un paio di foto compariva anche lei, una da bambini, una con la Nazionale, l’anno prima della sua partenza.

Sanae ricordò ancora la gioia provata nel vederlo vincere come Capitano della Nazionale, le sembrò di sentire ancora l’adrenalina di quella giornata, nonostante in campo non ci fosse lei. Le urla di gioia, gli abbracci con le amiche, il viso sempre rivolto a lui, al suo Capitano. L’ultima foto risaliva a un paio di giorni prima della partenza, lui e Ryo discutevano di chissà cosa seduti a bordo campo, concentrati, poteva essere il momento del passaggio di testimone, visto che la partenza di Tsubasa aveva coinciso con la nomina di Ryo a nuovo Capitano della Nankatsu.

Chiuse il libro, lo strinse al petto e sospirò di nuovo, nelle ultime pagine erano raccolti articoli di giornali del primo periodo di vita brasiliana di Ozora, i giornalisti lo aveva seguito per capire se sarebbe diventato il campione che tutti aspettavano e lui ce l’aveva fatta, ma lei aveva smesso di seguire la sua vita, aveva smesso di fare tutto in funzione del calcio, della Nankatsu… di Tsubasa. 

Aveva smesso da molto tempo.

   
 
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