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Autore: Zikiki98    25/05/2023    0 recensioni
[Vi consiglio di leggere la prima parte: “The World Of Demons – Il Portale Dei Demoni”, che potete trovare sul mio profilo]
La missione di salvataggio mirata a recuperare Edward si è trasformata in un totale fallimento. Isabella e i Cullen sono ufficialmente prigionieri del Conclave, rinchiusi nelle più profonde e invalicabili segrete di Alicante. La vita della Cacciatrice comincia a riempirsi di ossimori, perdendosi nel limbo di chi non riesce più a riconoscersi: verità e bugie, amore e odio, vita e morte.
Come se non bastasse, eventi inspiegabili e terrificanti sono in continuo aumento. Diversi Nascosti e Cacciatori spariscono, improvvisamente e senza lasciare tracce, fino a che non vengono ritrovati morti ai piedi di qualche albero lungo i sentieri delle foreste o nei cassonetti delle grandi città, in tutto il mondo. Queste morti e queste sparizioni sono causate dai demoni, più forti che mai e pilotati da qualcuno di molto furbo e intelligente, ma chi? E soprattutto, perché?
Davanti a questa emergenza globale, shadowhunters, vampiri, stregoni, licantropi e fate, riusciranno a collaborare, uniti, superando le loro divergenze, per il bene e la sopravvivenza di tutti?
(Per leggere l'introduzione completa, aprite la storia, perché la descrizione intera non mi stava, grazie)
Genere: Drammatico, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Clan Cullen, Edward Cullen, Emmett Cullen, Isabella Swan, Nuovo personaggio | Coppie: Alice/Jasper, Bella/Edward, Carlisle/Esme, Emmett/Rosalie
Note: Cross-over, OOC, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo, Violenza | Contesto: Più libri/film, Contesto generale/vago
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THE WORLD OF DEMONS
L'EREDE DELLE TENEBRE

3: Punishment
 
Per un po’, provai davvero a cercare di dormire. Tenevo chiusi gli occhi, immaginando di essere fra le braccia di Edward mentre canticchiava di nuovo quella dolce melodia a me sconosciuta. Tentai di immaginare di riabbracciare mio fratello, parlargli, sapere come stesse dopo la discussione che c’era stata e gli altarini che erano saltati fuori sulle mie origini. Da quando eravamo Parabatai, anche se il nostro rapporto non era migliorato più di tanto a causa della sua gelosia e possessione che, nonostante fossimo ancor più legati nella vita grazie al giuramento fatto, era come se a lui non bastasse mai. Nonostante ciò, sentivo molto di più la sua mancanza. Lo sentivo lontano, distante, ed era una strana sensazione di vuoto che non riuscivo a colmare. Forse, uno dei pensieri che mi tenevano sveglia, era proprio la possibilità di rivederlo domani. Non mi andava di farmi vedere in quelle condizioni dalla mia “famiglia”, soprattutto davanti ai miei fratelli, ma al tempo stesso volevo solamente poterli incontrare, per l’ultima volta. Anche se probabilmente non sarebbe stato possibile.
Ad un certo punto, Edward smise di canticchiare. Non sapevo quanto tempo fosse passato esattamente ma, dalla finestrella in cima al muro, potevo notare che all’orizzonte cominciava a schiarirsi il cielo, segno che ormai l’alba era vicina. Aprii gli occhi e vidi che sembrava incerto, come se fosse un pensiero che lo disturbava, ma non sapeva come esporlo. Sospirò, guardandomi attentamente negli occhi.
- Ho letto qualcosa oggi nei pensieri di Clary – ammise lui a bruciapelo, facendomi seccare la gola – Perché ti hanno tolto dalle celle di isolamento? -.
Io, in tutta risposta, da codarda quale ero, spostai lo sguardo da tutt’altra parte – Perché ho discusso con una guardia -.
Risposta semplice, senza troppe incomprensioni e, soprattutto, non era una vera e propria bugia.
- E? -.
- E basta – risposti semplicemente, cercando di estirpare il discorso alla radice.
Non mi andava di parlare di quello che era successo. Per niente. Ricordare quelle sensazioni schifose che mi aveva fatto provare quel mostro. Non volevo, nonostante fossi riuscita a difendermi egregiamente e non mi pentivo assolutamente di averlo accoltellato. Anzi, se lo meritava. E mi sento di aggiungere, che ero molto fiera di essere riuscita a ferirlo. Solamente, non ero pronta a parlarne.
- Sento che non mi stai dicendo tutta la verità – insistette lui.
- Dipende da quello che hai visto nei suoi pensieri -.
- Non sono riuscito a vedere bene, questo posto crea delle serie interferenze a tutti i nostri poteri – rispose, iniziando ad innervosirsi – Per questo vorrei sapere da te cosa è successo. Ieri le guardie avevano accennato al fatto che avevi pugnalato qualcuno. È così? -.
- Sì – confermai, senza aggiungere altro.
- Cosa ti ha spinto a farlo? – cercava in tutti i modi di togliermi le parole di bocca.
- Niente -.
- Non ci credo, non puoi aver attaccato un uomo per nulla – mi fece ragionare Edward, incredulo.
Con tutta questa insistenza, alla fine scoppiai, mettendomi seduta e diventando rossa in viso - Ha tentato di mettere le mani dove non poteva metterle, ti basta? -.
Naturalmente, attirai l’attenzione anche degli altri membri del clan Cullen, non che avessero di meglio da fare che ascoltare la nostra conversazione, in silenzio.
- No, non mi basta – disse, sedendosi a sua volta per mantenere il contatto visivo.
Sbuffai, con le lacrime agli occhi, passandomi una mano nervosamente fra i capelli annodati – Ero in cella di isolamento e ad un certo punto ho sentito un tintinnio di chiavi arrivare da lontano – sussurrai, cominciando a raccontare la mia versione dei fatti – Alla fine, è entrato una guardia, un uomo alto e robusto. Mi ha detto che se non avessi fatto resistenza, mi avrebbe dato qualcosa da mangiare. Mi ha detto che sono molto carina e che di ragazze, qua sotto, non se ne vedevano da un po’ – mi scappò un singhiozz0 e mi sentii estremamente in imbarazzo, soprattutto perché Edward non era l’unico ad ascoltare e non era un argomento che avevo voglia di diffondere – Per farla breve, ha cominciato a mettermi le mani addosso, puoi immaginare che cosa volesse, anche evitando di entrare nei dettagli. Fortunatamente, sono riuscita a difendermi, mentre era sopra di me, gli ho rubato un pugnale da una delle fodere della tenuta e l’ho accoltellato. Grazie a Clary che ha capito la situazione, è riuscita a far ragionare il Conclave, spiegandogli che non ero io ad aver cominciato l’aggressione, ma Carl. Così. Per la mia incolumità fino al processo, mi hanno spostato qui, in modo tale che ci fossero dei testimoni, nel caso fosse successo di nuovo qualcosa -.
Edward aveva gli occhi di un assassino in quel momento, ma non disse niente. Forse perché l’avevo talmente sconvolto da non riuscire a proferire parola.
- Ti ha ferita, cara? – sentii nel buio della cella, davanti alla mia, provenire la voce dolce di Esme, apprensiva come non mai.
- Gli ho fatto molto più male io – affermai, cercando di essere sfrontata per rassicurare tutti i presenti e chiudere il più in fretta possibile il discorso – L’unico rimorso che ho e di non essere riuscita a conficcare il pugnale più a fondo. Adesso sarebbe morto -.
- Hai fatto bene – intervenne improvvisamente una voce, con una punta d’orgoglio, che non mi aspettavo di sentire – Sicuramente ci penserà due volte la prossima volta che gli viene in mente una cosa del genere -.
Era stata Rosalie. Era la prima volta da quando mi conosceva che sembrava fare un apprezzamento nei miei confronti. Il mio cuore quasi perse un battito.
- E dove si trova adesso questo Carl? – chiese Emmett, con un tono di voce basso, quasi gutturale e decisamente tranquillo, troppo tranquillo.
- Non ne ho idea – dissi – So solo che lo hanno sospeso, per un po’ -.
Edward non spiaccicò ancora alcuna parola. Stavo cominciando a preoccuparmi, sinceramente. Sembrava dispiaciuto.
- Edward – sussurrai, senza sapere esattamente che cosa gli avrei detto.
Rassicurazioni e promesse sicuramente non sarebbero bastate. Era visibilmente scosso e non potevo biasimarlo. Nonostante fossi riuscita in qualche modo a gestire la situazione, non riuscivo a non pormi certe domande. Se non fossi stata in grado di difendermi? Se nessuno fosse corso in mio aiuto?
L’idea di quello che sarebbe potuto succedere mi angosciava parecchio, ma fortunatamente era andata diversamente ed ero riuscita a cavarmela, anche se nessuno dovrebbe mai permettersi di fare una cosa del genere. Nessuno.
Il ragazzo rossiccio voltò lo sguardo verso di me, con un’espressione avvolta nel dolore, che peggiorò quando sentimmo le guardie aprire la cancellata che conduceva al corridoio delle prigioni. Tutti ci alzammo in piedi, istintivamente, come se fossimo in protezione, come se questo potesse cambiare la sorte degli eventi. I loro passi pesanti si avvicinarono sempre di più, finché non si palesarono davanti alla mia cella. Erano le stesse guardie che mi avevano condotto lì qualche giorno prima.
Nessuno dei due Cacciatori disse nulla, inserirono le chiavi nella serratura e aprirono la mia cella per entrare. Con i loro soliti modi bruschi che li contraddistinguevano, si avvicinarono a me, mi fecero piegare le braccia dietro la schiena e mi ammanettarono.
Negli ultimi secondi che mi rimanevano, guardai negli occhi, uno per uno, i Cullen. Alice e Esme erano straziate. Rosalie invece era indecifrabile, impossibile da comprendere. Jasper era ancora immobile, sofferente, bloccato nella stessa posizione e nello stesso dolore da giorni. Carlisle era estremamente dispiaciuto. Lasciai appositamente per ultimi Emmett e Edward, in modo tale da imprimermi definitivamente nella memoria i loro guardi. Emmett sembrava che stesse cercando di trattenersi, aveva i muscoli più tesi di una corda di violino. Edward, invece, mi guardava sconsolato, in fase di resa.
D’altro canto, cos’altro potevamo provare? Niente era più sotto il nostro controllo. Era letteralmente impossibile cercare di trovare una soluzione, una via di fuga, una possibilità per tutti di uscirne vivi. La verità era che eravamo tutti lì, fermi, ad aspettare la nostra condanna a morte. Sinceramente, non avevo altro modo di vederla. Nonostante a parole tentassimo di negarlo, incoraggiandoci a lottare, ognuno di noi, dentro, lo sapeva benissimo.
Non mi ero resa conto, mentre il mio sguardo era ancora fisso sul mio pseudo fidanzato e sul mio presunto padre, che stavo facendo resistenza finché una delle guardie non mi spinse in avanti.
- Muoviti – ordinò bruscamente.
Mentre mi conducevano fuori di lì, passando davanti a tutti gli altri prigionieri, mi tenevano ben salda per le braccia. Ero sicura che lo facessero per impedire qualsiasi altra bravata delle mie.
Quelli che sembravano solamente venti metri si trasformarono in un kilometro. Non sapevo se per l’ansia per quello che mi sarebbe aspetto o per la paura dell’ignoto, quel corridoio sembrava non finire mai.
Quando arrivammo davanti alla cancellata d’ingresso, tentai di voltarmi per vedere i Cullen un’ultima volta, ma ovviamente le guardie non me lo permisero.
- Lotta per il tuo onore! – urlò Emmett, prima che mi sbattessero fuori.
Feci un leggero sorriso a quelle parole. Dentro di me, sperai con tutto il cuore, che i loro poteri non funzionassero, in modo tale che non potessero ascoltare nulla di quello che sarebbe successo. Avrei tanto voluto proteggerli, almeno da questo.
_
 
Mi trascinarono con forza all’interno della sala del Consiglio. La prima cosa che mi colpì come uno schiaffo fu la forte luce che veniva dalle finestre, ampie e alte. Centinaia di banchi in legno scuro erano posizionati ordinatamente, ma diciamo che il pavimento di marmo era diventato il mio diversivo preferito da guardare, dopo che avevo effettivamente notato quanti Cacciatori erano lì, a presenziare per il mio processo. Tutti quegli sguardi, che emanavano soltanto vendetta e giustizia, e che erano pronti a vedermi morire per questo.
Quando entrai in quella grande sala, dal primo momento, cominciarono a mormorare. Purtroppo o per fortuna, non li potevo sentire, ma sicuramente non ci voleva un indovino per sapere che cosa stessero dicendo.
La strada dalla porta d’ingresso al palchetto dove il processo avrebbe avuto inizio, sembrava un percorso ad ostacoli, eppure si trattava solamente di una cinquantina di metri, non di più. Ma in quel momento, mi sembrava che tutto intorno a me si muovesse a rallentatore.
Ad un certo punto il marmo era finito e, le guardie, mi fecero salire un paio di gradini di legno e si fermarono poco dopo. Decisi che forse, era arrivato il momento di alzare lo sguardo, trovandomi davanti tutti i membri del Consiglio, seduti dietro il loro banco, sulle loro sedie preziose. L’unica in piedi, davanti a tutti gli altri, era quella che riconobbi come Imogen Herondale, l’Inquisitrice, la carica più alta dei rappresentanti del Conclave.
Appena il mio sguardo venne ricambiato dal suo, freddo e distaccato, mi sentii mancare la saliva in bocca. Avrà avuto una sessantina di anni, i suoi capelli erano biondi pallidi, quasi incolori, e i suoi occhi grigi, la rendevano ancora più asettica. I capelli erano racconti in uno chignon molto stretto e indossava un abito scuro lungo abbinato ad un mantello nero che aveva l’aria di essere molto antico. Accanto a lei, ad attendermi, c’era anche la Spada Mortale, chiamata anche Maellartach, custodita in una teca di vetro, sicuramente protetta da qualche runa.
Le guardie mi lasciarono lì, davanti all’Inquisitrice e alla massiccia platea di persone che non avevano smesso di bisbigliare. A Imogene bastò lanciare uno sguardo freddo al suo pubblico, che subito si ammutolì, e fece segno alle guardie, prima che se ne andassero, di togliermi le manette.
Quando mi liberarono i polsi non potei fare a meso di rotearli per scioglierli, ma improvvisamente me li sentii ghiacciare, insieme al resto del mio corpo, quando l’Inquisitrice si avvicinò a me, con il suo terrificante sguardo algido. Il cuore mi esplodeva nel petto e cominciai a sudare freddo. Era come se il mio corpo avesse realizzato solo in quel momento di essere sotto processo.
- Isabella Durwood – disse, con un tono di voce rugoso e calcolato – Oggi siamo tutti qui per esercitare il tuo processo. Sei stata accusata di diversi crimini, ma quello più grave è Alto Tradimento -.
Dopodiché, l’Inquisitrice si voltò, cominciando ad allontanarsi, a passo lento ed elegante. Nel frattempo, diedi un altro sguardo alla folla e mi venne quasi un mancamento quando notai che fra la terza e la quarta fila, erano seduti Mary con Will, George e Stephan. I loro sguardi erano terrorizzati da quello che sarebbe potuto succedere da lì nell’arco di un’ora, se non meno.
Mi soffermai di più su quelli che, per tutta la mia vita, avevo considerato dei fratelli e gli mimai con le labbra un “vi voglio bene”. L’ultima cosa che volevo era farli soffrire o creare disonore al loro nome di famiglia. Se avessi potuto tornare indietro avrei agito diversamente, anche e soprattutto per salvaguardare loro. Sperai anche di riuscire a scorgere il viso di Sebastian fra tutte quelle persone, ma non lo trovai. Questo mi dispiacque più di quanto immaginassi anche se, dopo tutto quello che era successo e la sofferenza che stava già affrontando, era meglio così.
Imogene, ritornò da me in tutta la sua eleganza e professionalità e, fra le mani, aveva la copia originale dei Libro Grigio. La copertina antica verde era rilegata a mano, un tomo che emanava potere e saggezza da tutte le sue pagine.
- Giura sul tuo nome, su quello della tua casata e della tua famiglia, sul loro onore e sulle tue origini, sull’Angelo Raziel e sul Libro Grigio, di dire solo ed esclusivamente la verità per lo svolgimento di questo processo -.
Sapevo cosa dovevo fare anche senza averlo mai fatto. Alzai la mano destra e la appoggiai delicatamente sulla copertina verde di quel libro estremamente importante, evitando appositamente lo guardo diretto con l’Inquisitrice.
- Io, Isabella Durwood, appartenente alla casata Durwood… - ma la donna mi interruppe.
- Devi dire il tuo nome completo – mi spiegò – Quello con cui sei segnata all’anagrafe -.
E improvvisamente l’idea che i Cullen, o meglio, che Emmett, mi potesse sentire mentre pronunciavo il mio nome completo, mi faceva più paura del processo stesso.
Sperai con tutto il cuore che nessuno di loro stesse riuscendo ad ascoltare. Non sapevo quanto effettivamente fosse distante la sede del Conclave dalle prigioni. C’erano troppi cunicoli e passaggi segreti per capirlo con certezza. Ma di una cosa ero sicura, non avrei mai voluto che ricevesse la conferma ai suoi dubbi in quel modo. Purtroppo, non avevo altra scelta.
Più preoccupata per le conseguenze di quello che mi sarei trovata una volta tornata in cella, che dall’esito del processo che già sapevo come sarebbe andato a finire, pronunciai il mio giuramento, con la gola secca, gli occhi lucidi e il cuore che mi rimbombava nelle orecchie.
- Io, Isabella Marie Durwood Swan, appartenente alla casata Durwood, figlia dei defunti Charlie e Renée Swan, giuro sul mio nome, sull’onore, sulle mie origini, sull’Angelo Raziel e sul Libro Grigio, di dire solo ed esclusivamente la verità per lo svolgimento di questo processo – riuscii a dire, ma non senza che la voce tremasse verso la fine.
Questo giuramento era solo una formalità per identificarsi al pubblico di Shadowhunters che mi stava guardando. L’unica in grando di estorcere la verità da qualcuno era la Spada Mortale che, giusto in quel momento, un fratello Silente stava estraendo delicatamente dalla teca, per porgermela fra le mani.
- Fratello Geremia – annunciò, rispettosamente l’Inquisitrice, invitandolo a proseguire.
Quando fu abbastanza vicino per porgermi la Spada, deglutii a fatica. Non per il suo aspetto. Mi ero abituata sin da piccola a vedere i segni delle mutilazioni sui loro corpi, la bocca cucita, la loro altezza impressionante e la tunica sgualcita che li copriva da capo a piedi.
“Sei pronta?”
Domandò fratello Geremia nella mia mente. Annuii impercettibilmente, sempre più a bocca asciutta. Era la Spada a preoccuparmi. L’avevo sempre e solo potuta ammirare dalla teca in cui era protetta, non avevo mai avuto il consenso sfiorarla, per quanto mi attraesse l’idea. Ed ora eccomi qui, come conseguenza delle mie miserabili azioni, davanti a questa Spada che mi avrebbe estorto dolorosamente ogni briciolo di verità risieduta nella mia coscienza. Non che comunque avessi intenzione di mentire ulteriormente, con o senza Spada.
Fratello Geremia mi porse la reliquia fra le mani, con la delicatezza, attraverso le sue lunghe dita affusolate e scheletriche, dalle strane sfumature grigiastre. Si assicurò che fosse ben salda fra le mie mani, dopodiché si allontanò lentamente, posizionandosi sotto un arco di marmo antico del Consiglio. Accanto a lui c’era Clary, che cercava di non tradire alcuna emozione.
Il peso del potere della Spada mi penetrava nella pelle, quasi come se fosse un’energia incandescente ma non troppo dolorosa. Per adesso.
Sentivo gli occhi di tutti, della platea e del Consiglio, addosso, ma per ultimo lasciai quello dell’Inquisitrice, che mi studiò a fondo, con i suoi freddi occhi grigi.
- Cominciamo – ordinò, dando così l’inizio ufficiale al mio processo.
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POV EMMETT
 
“Io, Isabella Marie Durwood Swan, appartenente alla casata Durwood, figlia dei defunti Charlie e Renée Swan, giuro sul mio nome, sull’onore, sulle mie origini, sull’Angelo Raziel e sul Libro Grigio, di dire solo ed esclusivamente la verità per lo svolgimento di questo processo”.
 
Mi aveva mentito. Io mi ero aperto con Lei, dicendole la verità, e lei mi aveva respinto, rifiutato, negando il suo vero nome.
Isabella Marie Durwood Swan.
Che poi, “vero nome”. Avrebbe dovuto portare il mio nome di famiglia, il mio cognome, non quello della sua famiglia adottiva e, in aggiunta a quello, dato per convenienza, dal marito di sua madre. Il MIO cognome, quello sì che sarebbe stato il SUO vero nome.
Ero talmente arrabbiato, anzi no, sarebbe stato riduttivo. Ero furioso, amareggiato, deluso, tanto che non ci vedevo più talmente stavo cercando di soffocare queste emozioni. Non vedevo più le sbarre e le grige mura della cella, non vedevo più il pavimento impolverato e sudicio, non vedevo più la mia famiglia, nonostante potessi sentire le loro voci.
- Emmett – era Edward a parlare – So che è un momento difficile, ma cerca di controllarti -.
Riuscii a sentire la sua mano sfiorare la mia spalla, ma continuavo a non vedere niente.
Era incredibile a pensarci: nonostante facessimo fatica a sentire il processo, a causa delle interferenze di Idris, quella parte, dove Isabella ripeteva il giuramento, si era sentita benissimo, forte e chiaro.
Un incredibile scherzo del destino.
- Figliolo – sussurrò Carlisle – Non sappiamo perché si è comportata così. Sicuramente avrà avuto una buona ragione. Ma adesso ti puoi mettere finalmente l’anima in pace, è tua figlia -.
Sì, era mia figlia. La mia prima e unica figlia. Eppure, nel momento in cui avevo aperto il mio cuore, lei lo aveva schiacciato senza neanche darmi il beneficio del dubbio, senza darmi nemmeno una possibilità. Per lei non ero suo padre, non lo sarei mai stato e questo non sarebbe mai cambiato. Potevo comprendere lo sconcerto iniziale la settimana scorsa, quando era fuggita vita dalla stanza degli ospiti, prima di litigare con Edward. Ma i giorni seguenti, con che coraggio era riuscita a guardarmi in faccia senza lasciarsi sfuggire nulla? E in quel momento capii perché tutte le volte aveva evitato di incontrare il mio guardo o di avere una conversazione troppo lunga con me. Non voleva che io scoprissi che lei aveva finalmente capito parte delle sue origini. Era troppo imbarazzante avere un vampiro come padre? Per un Cacciatore sicuramente era inaccettabile, ma considerando la sua relazione con Edward, credevo che lei fosse diversa, o perlomeno ci speravo.
- Amore mio, guardami – sapeva bene di essere l’unica voce a potermi calmare in quel momento – Guardami – ripeté, alzandola di un’ottava, risoluta.
Immediatamente, mi voltai verso di lei, avvicinandomi alle sbarre della cella, per guardarla meglio, bisognoso delle sue cure. Anche Rose si era avvicinata all’altra estremità della cella, cercando di ridurre del minimo possibile le distanze. Avevo ripreso a vedere e, osservare la sua disarmante bellezza e la sua forza, mi abbagliava, sempre. Accanto a lei, Esme e Alice mi guardavano preoccupate, sconvolte e ammutolite.
- Io ti capisco, Emm – raccontò, cercando di immedesimarsi in me, con lo sguardo ricco di emozione – Io c’ero quando, una volta diventato neonato, ti accompagnavo al confine di Alicante per far sì che tu potessi continuare a vedere tua figlia, senza farle del male. C’ero quando Renée ce la lasciava per dei pomeriggi interi, in modo tale che potessi costruire dei ricordi con lei, facendo delle passeggiate nei boschi e portandole la merenda. C’ero quando credevi che fosse morta, insieme a sua madre, e, distrutto dal dolore, quanto ti sentivi impotente e inutile. Un padre orribile per non essere riuscito a salvarla quando, obiettivamente, non c’era nulla che avresti potuto fare in quella situazione – se avesse potuto piangere, sicuramente adesso la mia Rose avrebbe le guance colme di lacrime – In quegli anni, l’ho considerata la figlia che non ho mai potuto avere e non ringrazierò mai Renée abbastanza per essersi fidata e avermi fatto questo regalo, per avermi permesso di viverla per parte dei primi anni della sua vita – respirò profondamente – Adesso è qui, Emmett. La tua bambina è qui e, finché siamo ancora tutti vivi, si può risolvere tutto! -.
- Non so cosa farei senza di te, Rose – mormorai, con estrema sincerità.
Ed era vero.
Renée l’avevo amata tantissimo, sarebbe per sempre rimasta nel mio cuore. Era stata una relazione difficile, fra amanti, dolorosa e contro le regole. Ma era stata il mio primo amore e, anche se non potevo urlarlo al mondo, mi aveva donato una figlia che, purtroppo, non avevo potuto veder crescere. Ma quello che c’era fra me e Rose era stato fin da subito facile, naturale, come se dovesse essere così e non si potesse fare altrimenti. Non era stato un crescendo, mi aveva colpito come un fulmine e nel corso degli anni, quell’amore, quel fuoco, non si era mai affievolito. Anzi, era esploso.
Ero ancora nervoso, ma grazie a lei ero riuscito a calmarmi, ma questa sensazione di calma apparente durò ben poco. Se il nostro cuore fosse stato vivo, avrebbe smesso di battere, proprio nel momento in cui sentimmo l’Inquisitrice pronunciare la sentenza finale.
“Isabella Marie Durwood Swan, per i tuoi crimini, in quanto Traditrice, ti dichiaro colpevole. La tua pena, sarà la morte”.
E fu così, che il mio mondo si fermò di nuovo, nel momento esatto in cui capii che l’avrei persa per la seconda volta. Per sempre.
 
 

 
Salve! Come state? Spero bene.
Eccoci qua con questo nuovo capitolo.
Se vi è piaciuto, lasciate una stellina e un commento.
L’introduzione di come si svolge il processo dei Cacciatori, l’ho rivisitata a modo mio. Perciò, non aspettatevi che rispetti le note originali della saga.
Mi interessa tantissimo avere i vostri pareri.
Besos :-*
 
Zikiki98
 

Instagram: _.sunnyellow._


 
  
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