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Autore: Lella Duke    26/05/2023    0 recensioni
E' più dura la testa dei ragazzi Dukes o di Maudine la mula? Di sicuro zio Jesse saprebbe rispondere a questa domanda.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bo Duke, Enos Strate, Luke Duke
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo undici: ti voglio bene

 

“Di questo passo arriveremo a casa stasera.” Disse Bo in tono ironico.

“Ci metteremo tutto il tempo che serve, non ho intenzione di correre. La strada è piena di buche e avvallamenti, non voglio rischiare che tu dia una testata da qualche parte e che ti si riaprano i punti.” Rispose Jesse in maniera più brusca del dovuto. Diede un’occhiata al nipote e gli regalò un largo sorriso. “Non abbiamo fretta, Bo. Godiamoci il viaggio.” Aggiunse poi.

“Sissignore.” Concluse Bo sorridendo a sua volta.

Jesse era alla guida del suo vecchio pick-up bianco, Daisy gli sedeva accanto. Luke era il più esterno, mentre Bo si trovava al centro protetto e custodito dalla sua famiglia. Daisy gli teneva stretta la mano ed aveva la testa abbandonata sulla sua spalla. La giornata era tranquilla, il clima era mite. Jesse aveva ragione, si sarebbero goduti un viaggio che tutti avrebbero ricordato negli anni a venire.

Giunti alla fattoria fu Luke il primo a scendere. Tenne lo sportello aperto per Bo e Daisy e quando anche Jesse fu sceso entrarono tutti e quattro in casa.

“Tu adesso fili in camera tua e vai a riposarti.” Jesse insisteva col suo tono burbero, ma i ragazzi sapevano che era una farsa. Lo zio voleva che tornasse tutto alla normalità il più in fretta possibile e sgridare i nipoti rientrava nelle sue mansioni quotidiane.

“Vai a riposarti, tesoro.” Si intromise Daisy. “Io e zio Jesse prepareremo la zuppa di gamberi più buona che tu abbia mai mangiato.”

“Va bene, Va bene. Me ne vado a letto.” Disse Bo alzando le mani in segno di resa.

Aprì la porta della stanza che divideva con il cugino da tutta la vita e si sedette sul suo letto. Non lo avrebbe mai ammesso davanti ai suoi famigliari, ma si sentiva effettivamente stanco e affaticato. Almeno non gli faceva più male la testa. Stava per sdraiarsi quando entrò Luke. Si richiuse la porta alle spalle e ci si appoggiò con la schiena. Le mani affondate nelle tasche dei jeans. Bo lo osservò per qualche secondo, continuava ad avere gli occhi bassi. Aveva parlato pochissimo sia in ospedale che durante il tragitto verso casa.

“Hai bisogno di qualcosa?” Chiese finalmente Luke.

Bo era seduto, i gomiti poggiati sulle ginocchia e le mani a sorreggergli il mento. Squadrò il cugino prima di drizzare la schiena e rispondere “si Luke. Ho bisogno che tu ti tolga quell’espressione colpevole dalla faccia.”

Luke sospirò “non posso farci niente, Bo. Mi sento in colpa. Ti ho mandato in banca mentre io sono rimasto con Cooter. Sarei dovuto andare io al tuo posto.”

“Certo, ora saremmo tutti più contenti se fossi finito tu in ospedale.” Il sarcasmo di Bo colpì Luke. “La rapina ci sarebbe stata comunque anche se tu fossi entrato al mio posto. Non hai nessuna colpa, Luke.”

Luke si lasciò cadere sul suo letto, dava le spalle al cugino. Si concesse qualche istante per raccogliere la forza necessaria a mettere a nudo la sua anima: “ho sentito gli spari e ho iniziato a correre. Quando sono arrivato in banca ti ho visto disteso a terra, c’era sangue sul pavimento. Ti chiamavo, ti scuotevo e tu non rispondevi. Poi è arrivata l’ambulanza, il viaggio fino all’ospedale è stato il più lungo della mia vita. E poi l’attesa. Infinita. Eravamo lì in una saletta aspettando che qualcuno ci desse tue notizie. Avevo paura che ti avessero sparato, chissà quali danni poteva averti provocato un proiettile in testa.” Rimase in silenzio e si voltò a guardare Bo “avevo paura di quello che ci avrebbero potuto dire i medici. Potevi essere rimasto invalido per quanto ne sapevo. Peggio ancora potevi essere già morto.” Si sistemò meglio sul letto e si passò una mano tra i capelli. “Avrei dovuto evitare che tu passassi un inferno simile. Avrei dovuto proteggerti e invece me ne stavo al sicuro nell’officina di Cooter.”

“Sei tu che hai passato l’inferno, Luke. Io non ricordo niente, l’unica scocciatura per me è stata quella di svegliarmi in un letto che non era il mio e di non sapere come ci ero finito.” Disse Bo dolcemente. “Mi dispiace che tu abbia provato tutto questo. Mi dispiace davvero.”

Bo si alzò dal suo letto e raggiunse Luke, gli si sedette accanto. “Per fortuna non è successo niente di irreparabile, nessuno si è fatto male. Io sto bene.” Disse mettendo un braccio sulle spalle del cugino. “Non hai fallito in niente, Luke. Mi sei stato vicino, ti sei preoccupato per me. Mi hai dato tutta la protezione di cui ho avuto bisogno.” Continuò Bo.

Luke voltò la testa e guardò il cugino, la sua prospettiva era più che logica e lo assolveva da quelle che riteneva le sue colpe.

Bo non aveva ancora finito “non sono più un bambino, Luke. Non puoi pretendere di dovermi ancora proteggere come facevi quando eravamo piccoli.”

Luke assimilò l’informazione, prese un paio di respiri profondi prima di rispondere “mi stai dicendo che sei diventato un uomo responsabile che sa come usare la sua testa e che non si caccerà mai più nei guai?” Sorrideva mentre parlava.

Bo strinse un po’ di più il braccio attorno alle spalle di Luke “non sono io che cerco i guai, sono loro che sanno sempre dove trovarmi.”

Non potendo più aspettare, Luke si voltò e abbracciò il cugino con tutta la forza che aveva in corpo “mi hai fatto morire di paura. Non è vita senza averti al mio fianco.”

Gli occhi di Bo divennero lucidi quando sentì la voce del cugino rompersi per l’emozione.

“Ti voglio bene, Luke.”

“Ti voglio bene, Bo.”

 

Jesse congiunse le mani e chiuse gli occhi “Signore, ti ringraziamo per aver fatto tornare a casa Bo sano e salvo. E grazie per il cibo sulla nostra tavola. Amen.”

“Amen.” Risposero in coro i ragazzi.

“Bene, adesso mangiamo.” Jesse aveva un sorriso stampato in faccia da ore. Finalmente poteva sedere di nuovo alla sua tavola con i suoi adorati ragazzi.

Bo si avventò sulla sua scodella come qualcuno che non mangiava da giorni “zio Jesse, questa è davvero la zuppa più buona che tu abbia mai cucinato!”

Il pranzo fu consumato tra chiacchiere e risate, quando Daisy fece per alzarsi e iniziare a sparecchiare, Luke la afferrò per un braccio e la invitò a rimanere seduta.

“Che succede, tesoro?” Chiese Daisy.

“Dobbiamo parlare di chi ha tentato di rapinare la banca.” Disse Luke.

“Sai chi è stato?” Domandò sorpreso Bo.

“No, non lo so. È un sospetto di Boss Hogg. Ieri sera mi ha preso da parte e mi ha riferito di aver dato lo sfratto a Samuel J. Stewart e alla sua famiglia perché non sono riusciti a pagare il mutuo neanche questo mese. Boss pensa che Samuel possa aver messo in atto le minacce con cui ha concluso il loro incontro.”

Jesse sembrava scioccato “come ha potuto J.D. fare una cosa del genere? Il povero Jeremiah non è in buona salute ultimamente, come faranno se gli verrà tolta la fattoria?”

“Samuel Stewart dici?” Bo era pensieroso. “Non ricordo niente o quasi di quei momenti in banca, ma sono certo di averlo visto il tizio che ha minacciato Laverne con la pistola. Se solo riuscissi a mettere a fuoco il suo viso.”

“Non ti sforzare, tesoro. Prima o poi ricorderai.” Daisy gli accarezzò dolcemente il viso. “Che cosa dovremmo fare a questo punto?” Chiese poi.

“Non sappiamo se sia stato davvero il giovane Stewart e di certo non possiamo andare a casa sua per accusarlo.” Jesse aveva preso in mano la situazione. “Lasciate fare a me. Andrò a porgere i miei saluti al caro Jeremiah e cercherò di capire che aria tira da quelle parti.” Guardò poi tutti e tre i suoi ragazzi soffermandosi alla fine su Luke “voi non fate niente e non parlate di questa storia con nessuno fino al mio ritorno, ci siamo capiti?”

“Sissignore.” Risposero i ragazzi all’unisono.

Luke si alzò e iniziò a sparecchiare la tavola, Daisy si mise a lavare i piatti.

“Torna a letto, Bo. Voglio saperti riposato e al sicuro in casa mentre sarò fuori.” Disse Jesse.

“Stai tranquillo, zio Jesse. Non ho intenzione di andare da nessuna parte.” Rispose Bo alzandosi dalla sedia e dirigendosi verso la sua stanza.

I ragazzi passarono il pomeriggio aspettando che lo zio tornasse a casa.

 

Continua…

   
 
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