Il
giorno seguente Morgana si recò alle porte della cittadella;
picchiettando
impaziente il tacco degli stivali sul terreno aspettò che
qualcuno la ricevesse,
le vie ufficiali, pensò con sufficienza, erano
più lunghe e farraginose
rispetto ai risultati immediati che avrebbe ottenuto introducendosi con
la
magia. Alla fine, qualcuno venne ad ascoltarla, di fronte a lei si
presentò un
uomo alto in uniforme scura, che la portò dentro un ufficio.
Morgana decise
allora di fare il nome di Liliana Solimar.
–
Chi è che mi cerca? – chiese una donna ben
vestita e dallo sguardo arcigno che si era fatta avanti da dietro una
scrivania.
– Sono Morgana, Signora Solimar. Grace mi ha personalmente
detto di riferirle che
ancora tiene da parte quella tazza sbeccata. – a quelle
parole l’espressione
della donna mutò e sul suo volto comparve una mezza smorfia
– Nessuno, a parte
Grace, sa di quella tazza - sussurrò guardando Morgana per
alcuni secondi, poi
il suo volto tornò severo e ad un cenno della donna
l’addetto al personale si fece
da parte e le seguì a un passo di distanza da loro.
–
Dato che è Grace a mandarti, seguirò
personalmente il tuo inserimento. Sarai
assegnata al mio settore. – Liliana proseguì con
una serie di spiegazioni
mentre camminava - Devi sapere che Grace è stata una
preziosa risorsa fino a
quando quell’incidente nelle cucine non l’ha quasi
uccisa - commentò con una
nota di sincero dolore per ciò che era accaduto
all’amica. - Anche tu come lei sei
di aspetto grazioso. La regina desidera solo il meglio per
sé e per coloro che
la circondano. – dopo ulteriori precisazioni
sull’importanza di essere sempre
pronte e impeccabili, la donna diede a Morgana la sua uniforme quindi
le mostrò
le stanze di cui si sarebbe occupata e iniziò spiegarle
quello che avrebbe
dovuto fare ed eseguì le mansioni per lei passo per passo.
Liliana era stata
molto puntigliosa nelle dimostrazioni su come doveva muoversi per
sistemare e
pulire le stanze, ma quando Morgana provò a interromperla
per chiederle di
ripetere un particolare passaggio Liliana scuoteva una mano e con non
curanza
andava oltre – Imparerai i dettagli con calma, ora seguimi
– le diceva passandole
accanto. Alla fine della giornata la testa di Morgana era
così piena di
informazioni che quasi le scoppiava.
La
prima settimana di lavoro non fu diversa da quella primo giorno, ma i
sacrifici
di Morgana vennero presto ricompensati. Come gli aveva annunciato
Grace, dalla
sua nuova posizione fu presto in grado di seguire anche gli altri
dipartimenti
della servitù. Dopo qualche giorno, venne a sapere che ne
esisteva uno assegnato
alla sezione della caserma. Tra loro una signora di nome Polonia, era
l’unica addetta
a riordinare la stanza di colui che chiamavano “il
maestro”.
Con
discrezione, una sera,
Morgana si avvicinò alla donna. Aveva preparato una pozione
di erbe che
casualmente fece scivolare dentro la sua tisana della sera.
Quell’erba, se
ingerita in quantità moderate, le avrebbe causato un leggera
intossicazione che
sarebbe durato dalle due alle tre settimane.
Impossibilitata
a lavorare, qualcuno
sarebbe stata chiamata a sostituirla. Morgana aveva fatto in modo farsi
conoscere
tra le altre donne che lavoravano con Polonia iniziando a fornire loro
pozioni
d’amore e piccoli oggetti porta fortuna. Rimedi banali alle
afflizioni della
vita che non avrebbero attirato l’attenzione de maghi ma
abbastanza appetibile a
persone semplici. In cambio Morgana aveva chiesto loro solo di essere
proposta
come loro sostituta. Nessuno le aveva avanzato dimostranze o aveva
sospettato della
sua onestà, Morgana era stata molto brava nel premere i
tasti giusti sfruttando
a suo piacimento le loro debolezze e i loro piccoli vizi. Alla fine,
tutte erano
state ben liete di accettare la sua richiesta pur di ottenere i suoi
rimedi
miracolosi.
Il
giorno seguente Morgana
venne chiamata d’urgenza dal comandante della caserma del
palazzo.
- Una
della servitù assegnata alla
caserma, si è improvvisamente ammalate e tutte hanno fatto
il tuo nome. Non è
mia abitudine prendere persone che non conosco, ma date le tue ottime
referenze,
farò un’eccezione.
Dovrai
prestare servizio da subito.
– Morgana annuì poi il comandante si
alzò con sguardo serio. – Dovrai seguire due
regole fondamentarli. Prima regola: non possono essere introdotti
né fatti
uscire oggetti di nessun genere. A tale scopo verrai perquisita quando
entri e
quado esci da uno dei nostri soldati. Seconda regola: è
molto importante la discrezione.
L’ospite che stai servendo è molto riservato e non
gli piace che gli si rivolga
la parola. -
- Non si
preoccupi Signore.
Parlerò solo se necessario. -
- Lo
spero bene. Anche una sola
infrazione sarà severamente punita. E non ti
basterà l’appoggio della padrona
Liliana. – l’ammonì alla fine
l’uomo.
Morgana
sapeva di doversi mostrare
remissiva di fronte all’uomo e chino la testa come richiesto.
- Certo, Signore -
**
Era
pomeriggio inoltrato quando Eragon
rientrò nelle sue stanze con un senso di inquietudine
addosso. Aveva terminato
da poco un intenso duello con Romualdo, una recluta con cui si era
trovato
spesso a incrociare le spade, ma non era stato il duello a agitare il
suo animo;
per tutto il giorno il ragazzo non aveva fatto altro che parlare della
grande
cerimonia che si sarebbe tenuta tra breve a palazzo.
Isobel
stava per radunare nella capitale tutti
gli alleati contro gli Elfi Oscuri. Era la prima volta che avveniva un
evento
di tale portata. Per l’occasione ogni soldato, dalla giovane
recluta al
veterano, era stato chiamato a partecipare alla sicurezza del palazzo e
dei
suoi ospiti. Ognuno farà la sua parte. Gli
aveva detto Romualdo con orgoglio,
fiero di fare parte della grande macchina da guerra organizzata da
Isobel.
Eragon
non poteva certo biasimare la passione
e l’entusiasmo del giovane, ai suoi occhi anche lui doveva
apparirgli come
parte integrante di quella macchina.
Spogliandosi
della tunica umida e sporca di
sudore e polvere Eragon passò di fronte a un lungo specchio
soffermandosi ad osservarne
l’immagine riflessa. Quello che poteva vedere era un fedele
alleato della
regina che, in cambio dei suoi servigi, usufruiva di una delle sontuose
stanze
del palazzo. Nessun abitante di Zàkhara poteva sospettare
che quell’immagine non
lo rappresentava affatto.
Non
c’era specchio, infatti, che potesse
mostrare l’inferno che viveva ogni giorno. Con le mani
raggiunse il sottile collare
che gli cingeva il collo e con le dita ne percorse lentamente il
profilo. Se
solo avesse trovato un’incrinatura in quella sua superficie
liscia e perfetta,
avrebbe potuto forzarla e liberarsi, ma nel momento in cui lo
pensò un doloroso
sfrigolio lo costrinse a lasciare la presa.
Eragon
lasciò cadere pesantemente le braccia
lungo i fianchi e si fissò ancora una volta allo specchio.
Doveva smetterla di illudersi,
si disse prima di dare le spalle alla sua immagine e dirigersi nella
stanza del
bagno. Cercando di scrollarsi di dosso i cattivi pensieri
riempì il catino con
acqua calda e iniziò con gesti lenti a lavare via dalla
pelle sudore e
sporcizia. L’acqua colò giù dal collo e
andò a bagnate le spalle come argento
vivo, rinvigorendo i suoi muscoli indolenziti.
Mentre
l’acqua scorreva lenta l’umore del
giovane cavaliere non migliorò. La sua mente non riusciva a
liberarsi da
pensieri negativi. Se Isobel stava mobilitando i suoi alleati la guerra
era più
vicina di quanto immaginasse. Quante altre cose stavano accadendo in
quel
momento fuori dalla sua prigione dorata. Di quante cose non era a
conoscenza? Eragon
si permise allora di pensare a coloro che si era lasciato alle spalle.
Che
cosa penserebbero di lui Arya e Murtagh se
lo vedessero ora. Cosa direbbero delle sue scelte?
Chiudendo
gli occhi Eragon vide il volto
preoccupato di Murtagh mentre gli chiedeva di non partire. Negli ultimi
tempi
si era ritrovato spesso a pensare a cosa sarebbe successo se avesse
dato retta
ai consigli del fratello.
Saphira
sarebbe ancora viva. Pensò con una
fitta al cuore. Di certo al suo posto Murtagh non si sarebbe lasciato
travolgere così dagli eventi e avrebbe dominato la
situazione.
Ripercorrendo
a ritroso le tappe si quella
missione disastrosa, Eragon si rese conte di aver intrapreso una strada
di cui
non conosceva né lo scopo né la fine
La
sola cosa che sapeva era gli mancava
terribilmente Saphira. La sua morte aveva segnato la sua vita per
sempre. Solo
ora poteva comprendere a pieno il dolore di Brom, gli sguardi furtivi
che il
suo vecchio mentore lanciava spesso alla sua Saphira, gli stessi
sguardi che
ora lui si trovava a dare a Kima.
Tornò
nella sua stanza da letto e si diresse
verso l’armadio per indossare una camicia. Mentre
finì di infilare l’ultimo
bottone nell’asola si rese conto di non essere più
solo.
-
Stasera sono molto stanco Oliviana, vorrei
riposare – disse rivolgendosi alla donna poggiata allo
stipite della porta; Oliviana
indossava la sua divisa ufficiale segno evidente che si trovava li per
compiere
un incarico in nome della regina.
Con
un movimento fluido Oliviana si raddrizzò
e gli venne in contro fermandosi al bordo del letto. Eragon ebbe la
sensazione
che stesse girando come una falena intorno alla luce di una torcia, con
la
paura costante di bruciarsi.
-
Non ci vorrà molto. La regina vuole semplicemente
che tu partecipi alla cerimonia con tutti gli alleati. –
La
risposta del sicario lasciò Eragon confuso
ed Oliviana sorrise - Non avrai mica pensato che la
loquacità di Romualdo sia
stata casuale? – gli chiese – Era un preciso volere
di Isobel che tu venissi a
conoscenza della sua prossima mossa. Ormai sei qui da diverso tempo e
stanno
iniziando a girare troppe voci intorno al tuo ruolo. Voci non
ufficiali, nella
maggior parte dei casi. –
-
E la regina vuole mostrare a tutti che non
hanno nulla temere dalla mia presenza – concluse Eragon con
voce il più
possibile calma e controllata.
-
Hai afferrato il concetto – gli rispose
Oliviana. Eragon sentì lo sguardo della donna indugiare su
di lui.
-
Che cosa dovrei fare esattamente? –
Oliviana
sorrise ancora. - Tu non dovrai fare
nulla. Una sarta verrà da te domani per prendere le tue
misure e cucire su misura
il modello che la regina ha scelto appositamente per te. –
Eragon distolse lo
sguardo e serrò la mascella. - Immagino non mi possa
rifiutare. -
-
Ti risulta così terribile? – gli chiese Oliviana
quasi in un sussurro. La sua postura rigida si sciolse improvvisamente
e con
pochi passi superò il letto per avvicinarsi sempre di
più ad Eragon. - Credevo
saresti stato contento. Avrai la possibilità di uscire fuori
da queste quattro
mura e incontrare altre persone –
Eragon
la fermò con lo sguardo - Non sono uno
dei tanti cortigiani della regina. Non ho ancora dimenticato chi sono e
da dove
vengo. Come non ho dimenticato il motivo per cui sono trattenuto qui.
–
-
Sai io non la vedrai sotto questo aspetto.
Potresti diventare un pezzo importante della corte di Isobel se solo lo
volessi. - gli disse Oliviana guardandolo dritto negli occhi.
La
risposta fredda di Eragon non tardò ad
arrivare. - Avete fatto uccide la mia dragonessa e mi tenete
prigioniero
privandomi della magia. Credimi mi riesce difficile vederla in un altro
modo! –
-
Le alleanze, a volte, si possono raggiungere attraverso
strade inaspettate Eragon. - lo invitò a ragionare Oliviana.
– Dovresti
iniziare a guardarti intorno e cogliere al volo quello che di bello e
piacevole
ti viene offerto –
Senza
esitazioni
Oliviana fece la sua mossa. Superando la distanza che la separava da
lui
avvicinò le sue labbra a quelle su Eragon toccandogli il
viso con le mani.
Eragon, dopo
la sorpresa iniziale serrò le labbra e prendendole le mani
dai i polsi la scansò
da un lato. –
Oliviana, no! - Ma la
donna non si arrese e ruotando gli avanbracci trascinò
entrambi sul il letto.
Rotolarono sulla coperta un paio di volte ognuno di loro lottando per
avere il
sopravvento sull’altro; i cuscini che erano sul letto caddero
a terra e la
coperta si stropicciò sotto di loro, arricciandosi in tante
pieghe.
Fu allora
che Oliviana usò la magia, inviando un sottile maglio che
penetrò nella mente
di Eragon per avvolgerlo con una insolita delicatezza. Eragon si
fermò cadendo
con la schiena sul materasso. Oliviana gli stava semplicemente
mostrando i suoi
veri sentimenti per lui. Eragon chiuse gli occhi con forza sopraffatto
dalla
loro intensità.
A quel punto
Oliviana avrebbe potuto rubargli quel bacio tanto agognato, ma sul
punto di
farlo si fermò ritirandosi subito dopo, come scottata.
La donna
era stata punta sul
vivo dalla gelosia.
- Stai
ancora pensando a lei,
vero? – sibilò tra i denti stretti.
Eragon
aprì
gli occhi, la mente di novo libera. Si mise in piedi e voltò
le spalle a
Oliviana per ristabilire una certa distanza –
Perciò le tue erano tutte menzogne
– continuò lei. A quell’ultima domanda
Eragon si rigirò verso la donna. - Di quali
menzogne stai parlando? –
Oliviana lo
guardò negli occhi e parlò lentamente.
- Che tu fossi
l’unico a capirmi – rispose - Ti dirò io
adesso una grande verità. Non c'è modo
che tu possa rivederla. Anche lei alla fine soccomberà, come
tutti i tuoi
amici. – aggiunse, la sua voce era carica di una rabbia che
non le apparteneva.
Oliviana tornò a invadergli la mente. Questa volta, ci mise
più forza, violando
la sue difese. Gli mostrò una sequenza di immagini di un
possibile futuro in
cui Isobel vinceva uccidendo Arya e Murtagh di fronte ai suoi occhi.
- Basta!
–
sibilò Eragon mentre il cuore gli batteva forte nel petto.
Una volta certa di
aver raggiunto il suo scopo Oliviana ritirò le immagini e il
suo volto si fece
improvvisamente triste:
- I miei sentimenti per te sono sinceri, so che lo hai visto - la mano
di
Oliviana si posò titubante sulla sua spalla.
- Non capisci. Io sono qui. Ora. Mentre lei è
chissà dove… - Olivina si bloccò
di colpo, sentendo Eragon flettere le spalle.
- Oliviana, così stai ingannando solo te stessa -
Eragon si era voltato di nuovo verso di lei adesso. – Ero
sincero quando ti ho
detto che comprendevo il tuo dolore. Ma questo non ha nulla a che
vedere con
l’amore. Il mio cuore appartiene e apparterrà
sempre ad Arya. E per quanti
scenari disastrosi mi mostrerai nulla di questo potrà
cambiare. -
Arya! Gli occhi della
donna erano colmi
d'odio ora. A quel netto rifiuto, Oliviana sentì il suo
cuore spezzarsi, e un
leggero dolore prese a diffondersi dal petto in tutto il suo corpo.
Ti ha
ferito. Ci ha ferito. Deve pagare per questo. Delle voci
iniziarono a gridare
dentro la sua testa, ed Eragon poté vederla improvvisamente
afferrarsi la sua
testa tra le mani e stringerla forte.
Oliviana
respirò lentamente,
aveva riconosciuto in quelle voci. Erano gli stessi spiriti che aveva
spesso
richiamato a sé per eseguire i suoi incantesimi. Erano
entrati con prepotenza
dentro di lei, si erano fusi con lei, diventando parte della sua anima.
Olivina
non conosceva bene le loro intenzioni, ma sentiva chiaramente il loro
odio
verso Eragon. Lottò per cacciarli via, ma ogni suo sforzo
sembrò rivelarsi
vano.
Nel
momento in cui si era
sentita rifiutata, qualcosa dentro di lei si era irrimediabilmente
spezzato, lo
sentiva, e non era più in grado di mantenere il controllo
dei suoi sentimenti.
Gli
spiriti approfittarono di
questa sua debolezza e attaccarono un'altra volta, e con un grido
Oliviana fu
costretta a soccombere.
- Questo
è quello che tu credi
- sussurrò improvvisamente tra i denti.
A
rispondere non era stata più
Olivina. Il sicario si rivolse nuovamente ad Eragon, ma il volto non
aveva più
nulla di umano in quel momento, i suoi occhi era diventati di un rosso
fuoco, e
la sua voce aveva assunto un deciso timbro metallico.
Poi
Eragon sentì una forza stringersi
intorno al suo collo, che iniziò lentamente a soffocarlo.
Strinse
sempre di più, ed
Eragon lanciò un grido strizzato cadendo sulle ginocchia.
Oliviana o chi la
controllava ripeté quella tortura più e
più volte asciando la presa per poi
riafferrarlo con sempre più cattiveria.
-
Ti...ti... pre… go
sme....smettila ...- la supplicò Eragon ormai allo stremo
delle forze.
Eragon
tese la sua mano verso
di lei e fu allora che Oliviana riuscì a riemergere.
Realizzando cosa stava
accadendo, con un gesto estremo richiamò gli spiriti a
sé, allentando la sua
presa su Eragon.
Il
cavaliere giacque a terra boccheggiante,
e con gli occhi serrati, nel tentativo di riprendere il controllo sul
proprio
respiro sotto sguardo sconvolto di Oliviana
- Che
cosa mi succede. io devo
andarmene - aveva gli occhi pieni di lacrime.
- O...
Olivina no aspetta! -
Eragon fece un debole gesto per fermarla, stava ancora cercando di
riprendere
il controllo sui propri polmoni e non avrebbe potuto fare un passo in
più. Di
una cosa era certo: per tutto il tempo i cui lo aveva torturato
Oliviana era
stata sotto il controllo di alcuni spiriti maligni, e solo un sottile
linea di
confine l'aveva separata dal diventare uno spettro. Eragon temeva che
questo
sarebbe successo molto presto se no si agiva subito.
- Non
andartene Oliviana. Hai
bisogno di aiuto - tentò ancora con un ultimo appello.
Oliviana
si fermò a metà
strada, come in attesa che Eragon continuasse, o almeno così
il cavaliere aveva
sperato.
- No
Eragon, non dire altro. Ti
prego. Ti devo stare lontano. – poi la donna uscì
definitivamente dalla sua
stanza.
Non
passò
molto tempo che Eragon sentì i passi di qualcuno che entrava
nei suoi
appartamenti. Dolorante, si trascinò sul letto, sperando
fosse Oliviana. Rimase
deluso nel vedere che era solo una giovane serva, una ragazza sui
venticinque
anni, venuta per riassettare le camere.
Morgana entrò titubante, non sapendo cosa aspettarsi.
- Permesso,
Signore? – Mormorò fermandosi su Eragon per alcuni
istanti prima di abbassare
lo sguardo. Si trattava dello stesso ragazzo che aveva visto nella
foresta
della Stonewood, o il traditore di cui parlavano le voci di palazzo?
- Non sei
Polonia - constatò Eragon con voce rauca e dolorante.
- Polonia ha
avuto un leggero malore ed hanno incaricato me di sostituire
– rispose la
ragazza con prontezza
- Spero niente di grave. –
- No. Solo una leggera intossicazione. Se la caverà nel giro
di poche
settimane. - Le rispose Morgana con un enigmatico sorriso. Una persona
che si
preoccupa per la salute di una semplice serva non poteva essere cattiva
pensò
Morgana cercando di capire chi avesse davanti.
- Come ti chiami? - chiese allora Eragon. Doveva occupare la sua mente
con
qualcosa che non fosse Oliviana, e quella donna lo incuriosiva.
- Io Signore? Ma certo, chi altri è nella stanza –
si corresse fingendosi
ingenua. - Morgana, Signore. Il mio nome è Morgana -
- Per favore chiamami solo Eragon. – le rispose lui con un
sorriso stanco.
-
D’accordo.
Eragon. Ora mi metto subito a lavorare – disse e
iniziò a guardarsi intorno
rendendosi conto solo ora delle condizioni in cui verteva la stanza. I
rumori e
le grida che aveva sentito poco fa prendevano una forma.
– Mi
spiace
per il disordine – si affrettò a giustificarsi
Eragon accorgendosi del suo
sguardo. Poi il cavaliere si chinò per raccogliendo un
cuscino da terra
- Fermati, ti prego. Mi vuoi forse rubare il lavoro? - gli fece Morgana
prendendogli il cuscino dalle mani. Eragon non rispose ma quando fece
per
alzarsi, un improvviso giramento di testa lo fece sbarellare. Morgana
lo
raggiunse in tempo per sorreggerlo.
- Siediti qui, ora ti porto un bicchiere d'acqua. -
- Sto bene - gli disse Eragon sulle difensive, accorgendosi con
orgoglio di
essersi appoggiato con tutto il peso sulla donna.
- No, non lo
sei. Si vede – lo rimproverò con
severità la donna. Eragon arrossì, rivelarsi
così fragile davanti a qualcuno lo metteva a disagio. Dalla
morte di Saphira si
era sentito ogni giorno sempre più fragile sia
psicologicamente che
fisicamente. E non potendo attingere alla sua magia, il giovane si
accorse di
essere privo di qualsiasi difesa.
Si
distese a letto con un
profondo respiro, aspettò l'arrivo di Morgana con il
bicchiere d'acqua,
provando la sensazione di potersi fidare di quella persona, nonostante
la
conoscesse appena. Quando Morgana tornò Eragon
sorseggiò il liquido che aveva
uno strano retrogusto amaro e, prima di accorgersene, si era
addormentano già.
Morgana si
trovò allora a fissare i lineamenti delicati del suo giovane
viso ancora
contratti da un leggero dolore. Morgana non
poté fare a meno di notare
come apparisse più come un elfo che umano, nonostante
mantenesse quel tocco di virilità
proprio della loro razza. Morgana non avrebbe mai detto che i due
cavalieri
erano fratelli, se non avesse avuto da Murtagh la conferma della loro
parentela.
I suoi
pensieri però vennero
interrotti da un movimento del giovane, che scosso da un brivido, si
era ora
girato da un lato.
Morgana
lo coprì con una
coperta, e nel farlo, notò per la prima volta la sottile e
fascia di metallo
intorno al collo. Murtagh gliene aveva parlato, non assomigliava a
nessun tipo
di metallo conosciuto, ma rifletteva la luce attraverso strani bagliori
cangianti. Con un sospiro inizio a riassettare la stanza. Era sera
quando uscì dalle
stanze dopo essere stata perquisita dalle guardie. Morgana doveva
parlare con
Murtagh.
Più
tardi,
sulla strada della locanda, Morgana non riuscì a non pensare
ancora al suo
viso, così bello e così triste. Avrebbe voluto
potergli dire tutto su Saphira,
e sul fratello. Che erano arrivati per liberarlo, ma si era attenuta al
piano.
Sarebbe stato Murtagh a parlargli.
**
Quella sera
Murtagh
sedeva a tavola piluccando distrattamente qualcosa da mangiare. Quella
immobilità forzata lo stava rendendo ogni giorno sempre
più nervoso. A
peggiorare il suo umore si era aggiunto da giorni il silenzio di
Morgana. Mentre
alla locanda i giorni passavano tutti uguali la maga non gli aveva
ancora fatto
arrivare notizie sui suoi progressi a palazzo.
Alzando lo
sguardo sulla sala, il cavaliere si accorse che Grace si trascinava
stanca per
i tavoli della locanda. Destandosi dal proprio torpore Murtagh
scansò il piatto
da cui stava mangiando e andò subito ad aiutare la donna. Se
non altro si
sarebbe reso utile a qualcuno.
Non era solo
Grace ad apprezzare ogni giorno di più il suo aiuto, ma
anche Trevor, l’uomo che
a mala pena lo aveva tollerato, aveva finito per rivalutare la sua
presenza
alla locanda.
Anche Murtagh
aveva rivisto i suoi giudizi sulla coppia, in particolar modi su
Trevor. Si era
reso conto che dietro i suoi modi burberi l’uomo amava la
moglie più di ogni
altra cosa al mondo e che soffriva immensamente ogni volta che la
vedeva in
difficoltà. L’incendio alle cucine,
così era chiamato l’incidente nei loro
discorsi, non le aveva portato via solo la sua bellezza fisica ma una
piccola
parte della sua libertà era andata persa in quelle fiamme.
Murtagh non
osava immaginare cosa avrebbe fatto lui al posto dell’uomo
con i mezzi a sua
disposizione. Nulla di buono concluse tra sé mentre finiva
di alzare una serie
di sedie sopra il tavolo. In quel momento la porta della locanda si
aprì e
Morgana entrò abbassandosi il cappuccio sulle spalle per
farsi vedere. Sia il Cavaliere
che Grace alzarono in contemporanea lo sguardo su di lei.
- Vai
ragazzo. Hai fatto abbastanza stasera. – lo invitò
Grace con un cenno della teta,
vedendo che esitava a lasciarla - Posso finire anche da sola, non
preoccuparti –
insistete lei. Murtagh ci pensò solo un attimo poi con un
silenzioso grazie si
diresse spedito verso la maga.
Murtagh non
fece in tempo a raggiungerla che Morgana le tese le braccia al collo e
lo
abbracciò. - Murtagh ce l’ho fatta! L’ho
visto! – gli disse con trasporto. Il
cavaliere si ritrovò a ricambiare il gesto con altrettanta
forza, poi si staccò
da lei e si passò una mano tra i riccioli mori lasciandosi
scivolare su uno
sgabello accanto.
- Lui come
sta? – le chiese una volta seduto. Il volto della donna si
rabbuiò. – Non si
trova li per sua volontà. Ne sono certa – gli
rispose lei per poi poggiare una
mano sul collo – Indossa quell’arnese di cui mi hai
parlato. – continuò
aggrottando la fronte – come è possibile che
qualcosa di così piccolo possa
bloccare la magia di un cavaliere? -
- Sono gli
alchimisti che hanno creato quell’oggetto, come hanno ideato
tanti altri costrutti,
tra cui le armi da fuoco - rispose Murtagh corrugando la fronte.
- Sei ancora
certo di voler organizzare la fuga il giorno della cerimonia?
– Murtagh annuì
con la testa. - Tutti gli alleati della regina saranno presenti
all’evento.
Questo significa che ci sarà un grande dispendio di guardie
dentro il palazzo
ma non fuori. L'attenzione di tutti sarà puntata sugli
ospiti. Quale momento
migliore per fuggire? –
- È
un piano
azzardato Murtagh. Ma potrebbe funzionare. –
Il cavaliere
annuì serio - Ne ho già parlato con Feha che mi
farà entrare a palazzo con Par
e il resto della compagnia.
***