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Autore: stefy_81    26/05/2023    1 recensioni
"Era l’alba di un nuovo giorno quando tre piccole imbarcazioni raggiunsero la spiaggia dorata sotto il promontorio dove si trovava il giovane Reafly. Era un ragazzo di appena tredici anni, i capelli rossi incorniciavano un volto delicato sostenuto da penetranti occhi verdi e uno sguardo vivace di chi è in cerca di rivalsa."
Eragon e Saphira hanno lasciato Alagaesia per sempre come aveva predetto Angela. Nuove ed emozionanti avventure attendono il giovane caliere !
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Arya, Eragon, Murtagh | Coppie: Eragon/Arya
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Il giorno seguente Morgana si recò alle porte della cittadella; picchiettando impaziente il tacco degli stivali sul terreno aspettò che qualcuno la ricevesse, le vie ufficiali, pensò con sufficienza, erano più lunghe e farraginose rispetto ai risultati immediati che avrebbe ottenuto introducendosi con la magia. Alla fine, qualcuno venne ad ascoltarla, di fronte a lei si presentò un uomo alto in uniforme scura, che la portò dentro un ufficio. Morgana decise allora di fare il nome di Liliana Solimar.

 – Chi è che mi cerca? – chiese una donna ben vestita e dallo sguardo arcigno che si era fatta avanti da dietro una scrivania. – Sono Morgana, Signora Solimar. Grace mi ha personalmente detto di riferirle che ancora tiene da parte quella tazza sbeccata. – a quelle parole l’espressione della donna mutò e sul suo volto comparve una mezza smorfia – Nessuno, a parte Grace, sa di quella tazza - sussurrò guardando Morgana per alcuni secondi, poi il suo volto tornò severo e ad un cenno della donna l’addetto al personale si fece da parte e le seguì a un passo di distanza da loro.

– Dato che è Grace a mandarti, seguirò personalmente il tuo inserimento. Sarai assegnata al mio settore. – Liliana proseguì con una serie di spiegazioni mentre camminava - Devi sapere che Grace è stata una preziosa risorsa fino a quando quell’incidente nelle cucine non l’ha quasi uccisa - commentò con una nota di sincero dolore per ciò che era accaduto all’amica. - Anche tu come lei sei di aspetto grazioso. La regina desidera solo il meglio per sé e per coloro che la circondano. – dopo ulteriori precisazioni sull’importanza di essere sempre pronte e impeccabili, la donna diede a Morgana la sua uniforme quindi le mostrò le stanze di cui si sarebbe occupata e iniziò spiegarle quello che avrebbe dovuto fare ed eseguì le mansioni per lei passo per passo. Liliana era stata molto puntigliosa nelle dimostrazioni su come doveva muoversi per sistemare e pulire le stanze, ma quando Morgana provò a interromperla per chiederle di ripetere un particolare passaggio Liliana scuoteva una mano e con non curanza andava oltre – Imparerai i dettagli con calma, ora seguimi – le diceva passandole accanto. Alla fine della giornata la testa di Morgana era così piena di informazioni che quasi le scoppiava.

La prima settimana di lavoro non fu diversa da quella primo giorno, ma i sacrifici di Morgana vennero presto ricompensati. Come gli aveva annunciato Grace, dalla sua nuova posizione fu presto in grado di seguire anche gli altri dipartimenti della servitù. Dopo qualche giorno, venne a sapere che ne esisteva uno assegnato alla sezione della caserma. Tra loro una signora di nome Polonia, era l’unica addetta a riordinare la stanza di colui che chiamavano “il maestro”.
Con discrezione, una sera, Morgana si avvicinò alla donna. Aveva preparato una pozione di erbe che casualmente fece scivolare dentro la sua tisana della sera. Quell’erba, se ingerita in quantità moderate, le avrebbe causato un leggera intossicazione che sarebbe durato dalle due alle tre settimane.
Impossibilitata a lavorare, qualcuno sarebbe stata chiamata a sostituirla. Morgana aveva fatto in modo farsi conoscere tra le altre donne che lavoravano con Polonia iniziando a fornire loro pozioni d’amore e piccoli oggetti porta fortuna. Rimedi banali alle afflizioni della vita che non avrebbero attirato l’attenzione de maghi ma abbastanza appetibile a persone semplici. In cambio Morgana aveva chiesto loro solo di essere proposta come loro sostituta. Nessuno le aveva avanzato dimostranze o aveva sospettato della sua onestà, Morgana era stata molto brava nel premere i tasti giusti sfruttando a suo piacimento le loro debolezze e i loro piccoli vizi. Alla fine, tutte erano state ben liete di accettare la sua richiesta pur di ottenere i suoi rimedi miracolosi.
Il giorno seguente Morgana venne chiamata d’urgenza dal comandante della caserma del palazzo.
- Una della servitù assegnata alla caserma, si è improvvisamente ammalate e tutte hanno fatto il tuo nome. Non è mia abitudine prendere persone che non conosco, ma date le tue ottime referenze, farò un’eccezione.
Dovrai prestare servizio da subito. – Morgana annuì poi il comandante si alzò con sguardo serio. – Dovrai seguire due regole fondamentarli. Prima regola: non possono essere introdotti né fatti uscire oggetti di nessun genere. A tale scopo verrai perquisita quando entri e quado esci da uno dei nostri soldati. Seconda regola: è molto importante la discrezione. L’ospite che stai servendo è molto riservato e non gli piace che gli si rivolga la parola. -
- Non si preoccupi Signore. Parlerò solo se necessario. -
- Lo spero bene. Anche una sola infrazione sarà severamente punita. E non ti basterà l’appoggio della padrona Liliana. – l’ammonì alla fine l’uomo.
Morgana sapeva di doversi mostrare remissiva di fronte all’uomo e chino la testa come richiesto. - Certo, Signore -

**

Era pomeriggio inoltrato quando Eragon rientrò nelle sue stanze con un senso di inquietudine addosso. Aveva terminato da poco un intenso duello con Romualdo, una recluta con cui si era trovato spesso a incrociare le spade, ma non era stato il duello a agitare il suo animo; per tutto il giorno il ragazzo non aveva fatto altro che parlare della grande cerimonia che si sarebbe tenuta tra breve a palazzo.

Isobel stava per radunare nella capitale tutti gli alleati contro gli Elfi Oscuri. Era la prima volta che avveniva un evento di tale portata. Per l’occasione ogni soldato, dalla giovane recluta al veterano, era stato chiamato a partecipare alla sicurezza del palazzo e dei suoi ospiti. Ognuno farà la sua parte. Gli aveva detto Romualdo con orgoglio, fiero di fare parte della grande macchina da guerra organizzata da Isobel.

Eragon non poteva certo biasimare la passione e l’entusiasmo del giovane, ai suoi occhi anche lui doveva apparirgli come parte integrante di quella macchina.

Spogliandosi della tunica umida e sporca di sudore e polvere Eragon passò di fronte a un lungo specchio soffermandosi ad osservarne l’immagine riflessa. Quello che poteva vedere era un fedele alleato della regina che, in cambio dei suoi servigi, usufruiva di una delle sontuose stanze del palazzo. Nessun abitante di Zàkhara poteva sospettare che quell’immagine non lo rappresentava affatto.

Non c’era specchio, infatti, che potesse mostrare l’inferno che viveva ogni giorno. Con le mani raggiunse il sottile collare che gli cingeva il collo e con le dita ne percorse lentamente il profilo. Se solo avesse trovato un’incrinatura in quella sua superficie liscia e perfetta, avrebbe potuto forzarla e liberarsi, ma nel momento in cui lo pensò un doloroso sfrigolio lo costrinse a lasciare la presa.  

Eragon lasciò cadere pesantemente le braccia lungo i fianchi e si fissò ancora una volta allo specchio. Doveva smetterla di illudersi, si disse prima di dare le spalle alla sua immagine e dirigersi nella stanza del bagno. Cercando di scrollarsi di dosso i cattivi pensieri riempì il catino con acqua calda e iniziò con gesti lenti a lavare via dalla pelle sudore e sporcizia. L’acqua colò giù dal collo e andò a bagnate le spalle come argento vivo, rinvigorendo i suoi muscoli indolenziti.

Mentre l’acqua scorreva lenta l’umore del giovane cavaliere non migliorò. La sua mente non riusciva a liberarsi da pensieri negativi. Se Isobel stava mobilitando i suoi alleati la guerra era più vicina di quanto immaginasse. Quante altre cose stavano accadendo in quel momento fuori dalla sua prigione dorata. Di quante cose non era a conoscenza? Eragon si permise allora di pensare a coloro che si era lasciato alle spalle.

Che cosa penserebbero di lui Arya e Murtagh se lo vedessero ora. Cosa direbbero delle sue scelte?

Chiudendo gli occhi Eragon vide il volto preoccupato di Murtagh mentre gli chiedeva di non partire. Negli ultimi tempi si era ritrovato spesso a pensare a cosa sarebbe successo se avesse dato retta ai consigli del fratello.

Saphira sarebbe ancora viva. Pensò con una fitta al cuore. Di certo al suo posto Murtagh non si sarebbe lasciato travolgere così dagli eventi e avrebbe dominato la situazione.

Ripercorrendo a ritroso le tappe si quella missione disastrosa, Eragon si rese conte di aver intrapreso una strada di cui non conosceva né lo scopo né la fine

La sola cosa che sapeva era gli mancava terribilmente Saphira. La sua morte aveva segnato la sua vita per sempre. Solo ora poteva comprendere a pieno il dolore di Brom, gli sguardi furtivi che il suo vecchio mentore lanciava spesso alla sua Saphira, gli stessi sguardi che ora lui si trovava a dare a Kima.

Tornò nella sua stanza da letto e si diresse verso l’armadio per indossare una camicia. Mentre finì di infilare l’ultimo bottone nell’asola si rese conto di non essere più solo.

- Stasera sono molto stanco Oliviana, vorrei riposare – disse rivolgendosi alla donna poggiata allo stipite della porta; Oliviana indossava la sua divisa ufficiale segno evidente che si trovava li per compiere un incarico in nome della regina.

Con un movimento fluido Oliviana si raddrizzò e gli venne in contro fermandosi al bordo del letto. Eragon ebbe la sensazione che stesse girando come una falena intorno alla luce di una torcia, con la paura costante di bruciarsi.

- Non ci vorrà molto. La regina vuole semplicemente che tu partecipi alla cerimonia con tutti gli alleati. –

La risposta del sicario lasciò Eragon confuso ed Oliviana sorrise - Non avrai mica pensato che la loquacità di Romualdo sia stata casuale? – gli chiese – Era un preciso volere di Isobel che tu venissi a conoscenza della sua prossima mossa. Ormai sei qui da diverso tempo e stanno iniziando a girare troppe voci intorno al tuo ruolo. Voci non ufficiali, nella maggior parte dei casi. –

- E la regina vuole mostrare a tutti che non hanno nulla temere dalla mia presenza – concluse Eragon con voce il più possibile calma e controllata.

- Hai afferrato il concetto – gli rispose Oliviana. Eragon sentì lo sguardo della donna indugiare su di lui.

- Che cosa dovrei fare esattamente? –

Oliviana sorrise ancora. - Tu non dovrai fare nulla. Una sarta verrà da te domani per prendere le tue misure e cucire su misura il modello che la regina ha scelto appositamente per te. – Eragon distolse lo sguardo e serrò la mascella. - Immagino non mi possa rifiutare. -

- Ti risulta così terribile? – gli chiese Oliviana quasi in un sussurro. La sua postura rigida si sciolse improvvisamente e con pochi passi superò il letto per avvicinarsi sempre di più ad Eragon. - Credevo saresti stato contento. Avrai la possibilità di uscire fuori da queste quattro mura e incontrare altre persone –

Eragon la fermò con lo sguardo - Non sono uno dei tanti cortigiani della regina. Non ho ancora dimenticato chi sono e da dove vengo. Come non ho dimenticato il motivo per cui sono trattenuto qui. –

- Sai io non la vedrai sotto questo aspetto. Potresti diventare un pezzo importante della corte di Isobel se solo lo volessi. - gli disse Oliviana guardandolo dritto negli occhi.

La risposta fredda di Eragon non tardò ad arrivare. - Avete fatto uccide la mia dragonessa e mi tenete prigioniero privandomi della magia. Credimi mi riesce difficile vederla in un altro modo! –

- Le alleanze, a volte, si possono raggiungere attraverso strade inaspettate Eragon. - lo invitò a ragionare Oliviana. – Dovresti iniziare a guardarti intorno e cogliere al volo quello che di bello e piacevole ti viene offerto –
Senza esitazioni Oliviana fece la sua mossa. Superando la distanza che la separava da lui avvicinò le sue labbra a quelle su Eragon toccandogli il viso con le mani.

Eragon, dopo la sorpresa iniziale serrò le labbra e prendendole le mani dai i polsi la scansò da un lato.  – Oliviana, no! - Ma la donna non si arrese e ruotando gli avanbracci trascinò entrambi sul il letto. Rotolarono sulla coperta un paio di volte ognuno di loro lottando per avere il sopravvento sull’altro; i cuscini che erano sul letto caddero a terra e la coperta si stropicciò sotto di loro, arricciandosi in tante pieghe.   

Fu allora che Oliviana usò la magia, inviando un sottile maglio che penetrò nella mente di Eragon per avvolgerlo con una insolita delicatezza. Eragon si fermò cadendo con la schiena sul materasso. Oliviana gli stava semplicemente mostrando i suoi veri sentimenti per lui. Eragon chiuse gli occhi con forza sopraffatto dalla loro intensità.

A quel punto Oliviana avrebbe potuto rubargli quel bacio tanto agognato, ma sul punto di farlo si fermò ritirandosi subito dopo, come scottata.
La donna era stata punta sul vivo dalla gelosia.
- Stai ancora pensando a lei, vero? – sibilò tra i denti stretti.

Eragon aprì gli occhi, la mente di novo libera. Si mise in piedi e voltò le spalle a Oliviana per ristabilire una certa distanza – Perciò le tue erano tutte menzogne – continuò lei. A quell’ultima domanda Eragon si rigirò verso la donna. - Di quali menzogne stai parlando? –

Oliviana lo guardò negli occhi e parlò lentamente.

- Che tu fossi l’unico a capirmi – rispose - Ti dirò io adesso una grande verità. Non c'è modo che tu possa rivederla. Anche lei alla fine soccomberà, come tutti i tuoi amici. – aggiunse, la sua voce era carica di una rabbia che non le apparteneva. Oliviana tornò a invadergli la mente. Questa volta, ci mise più forza, violando la sue difese. Gli mostrò una sequenza di immagini di un possibile futuro in cui Isobel vinceva uccidendo Arya e Murtagh di fronte ai suoi occhi.

- Basta! – sibilò Eragon mentre il cuore gli batteva forte nel petto. Una volta certa di aver raggiunto il suo scopo Oliviana ritirò le immagini e il suo volto si fece improvvisamente triste:
- I miei sentimenti per te sono sinceri, so che lo hai visto - la mano di Oliviana si posò titubante sulla sua spalla.
- Non capisci. Io sono qui. Ora. Mentre lei è chissà dove… - Olivina si bloccò di colpo, sentendo Eragon flettere le spalle.
- Oliviana, così stai ingannando solo te stessa -
Eragon si era voltato di nuovo verso di lei adesso. – Ero sincero quando ti ho detto che comprendevo il tuo dolore. Ma questo non ha nulla a che vedere con l’amore. Il mio cuore appartiene e apparterrà sempre ad Arya. E per quanti scenari disastrosi mi mostrerai nulla di questo potrà cambiare. -

Arya! Gli occhi della donna erano colmi d'odio ora. A quel netto rifiuto, Oliviana sentì il suo cuore spezzarsi, e un leggero dolore prese a diffondersi dal petto in tutto il suo corpo.

Ti ha ferito. Ci ha ferito. Deve pagare per questo. Delle voci iniziarono a gridare dentro la sua testa, ed Eragon poté vederla improvvisamente afferrarsi la sua testa tra le mani e stringerla forte.
Oliviana respirò lentamente, aveva riconosciuto in quelle voci. Erano gli stessi spiriti che aveva spesso richiamato a sé per eseguire i suoi incantesimi. Erano entrati con prepotenza dentro di lei, si erano fusi con lei, diventando parte della sua anima. Olivina non conosceva bene le loro intenzioni, ma sentiva chiaramente il loro odio verso Eragon. Lottò per cacciarli via, ma ogni suo sforzo sembrò rivelarsi vano.
Nel momento in cui si era sentita rifiutata, qualcosa dentro di lei si era irrimediabilmente spezzato, lo sentiva, e non era più in grado di mantenere il controllo dei suoi sentimenti.
Gli spiriti approfittarono di questa sua debolezza e attaccarono un'altra volta, e con un grido Oliviana fu costretta a soccombere.
- Questo è quello che tu credi - sussurrò improvvisamente tra i denti.
A rispondere non era stata più Olivina. Il sicario si rivolse nuovamente ad Eragon, ma il volto non aveva più nulla di umano in quel momento, i suoi occhi era diventati di un rosso fuoco, e la sua voce aveva assunto un deciso timbro metallico.
Poi Eragon sentì una forza stringersi intorno al suo collo, che iniziò lentamente a soffocarlo.
Strinse sempre di più, ed Eragon lanciò un grido strizzato cadendo sulle ginocchia. Oliviana o chi la controllava ripeté quella tortura più e più volte asciando la presa per poi riafferrarlo con sempre più cattiveria.
- Ti...ti... pre… go sme....smettila ...- la supplicò Eragon ormai allo stremo delle forze.
Eragon tese la sua mano verso di lei e fu allora che Oliviana riuscì a riemergere. Realizzando cosa stava accadendo, con un gesto estremo richiamò gli spiriti a sé, allentando la sua presa su Eragon.
Il cavaliere giacque a terra boccheggiante, e con gli occhi serrati, nel tentativo di riprendere il controllo sul proprio respiro sotto sguardo sconvolto di Oliviana
- Che cosa mi succede. io devo andarmene - aveva gli occhi pieni di lacrime.
- O... Olivina no aspetta! - Eragon fece un debole gesto per fermarla, stava ancora cercando di riprendere il controllo sui propri polmoni e non avrebbe potuto fare un passo in più. Di una cosa era certo: per tutto il tempo i cui lo aveva torturato Oliviana era stata sotto il controllo di alcuni spiriti maligni, e solo un sottile linea di confine l'aveva separata dal diventare uno spettro. Eragon temeva che questo sarebbe successo molto presto se no si agiva subito.
- Non andartene Oliviana. Hai bisogno di aiuto - tentò ancora con un ultimo appello.
Oliviana si fermò a metà strada, come in attesa che Eragon continuasse, o almeno così il cavaliere aveva sperato.
- No Eragon, non dire altro. Ti prego. Ti devo stare lontano. – poi la donna uscì definitivamente dalla sua stanza.

Non passò molto tempo che Eragon sentì i passi di qualcuno che entrava nei suoi appartamenti. Dolorante, si trascinò sul letto, sperando fosse Oliviana. Rimase deluso nel vedere che era solo una giovane serva, una ragazza sui venticinque anni, venuta per riassettare le camere.
Morgana entrò titubante, non sapendo cosa aspettarsi.

- Permesso, Signore? – Mormorò fermandosi su Eragon per alcuni istanti prima di abbassare lo sguardo. Si trattava dello stesso ragazzo che aveva visto nella foresta della Stonewood, o il traditore di cui parlavano le voci di palazzo?

- Non sei Polonia - constatò Eragon con voce rauca e dolorante.

- Polonia ha avuto un leggero malore ed hanno incaricato me di sostituire – rispose la ragazza con prontezza
- Spero niente di grave. –
- No. Solo una leggera intossicazione. Se la caverà nel giro di poche settimane. - Le rispose Morgana con un enigmatico sorriso. Una persona che si preoccupa per la salute di una semplice serva non poteva essere cattiva pensò Morgana cercando di capire chi avesse davanti.
- Come ti chiami? - chiese allora Eragon. Doveva occupare la sua mente con qualcosa che non fosse Oliviana, e quella donna lo incuriosiva.
- Io Signore? Ma certo, chi altri è nella stanza – si corresse fingendosi ingenua. - Morgana, Signore. Il mio nome è Morgana -
- Per favore chiamami solo Eragon. – le rispose lui con un sorriso stanco.

- D’accordo. Eragon. Ora mi metto subito a lavorare – disse e iniziò a guardarsi intorno rendendosi conto solo ora delle condizioni in cui verteva la stanza. I rumori e le grida che aveva sentito poco fa prendevano una forma.

– Mi spiace per il disordine – si affrettò a giustificarsi Eragon accorgendosi del suo sguardo. Poi il cavaliere si chinò per raccogliendo un cuscino da terra
- Fermati, ti prego. Mi vuoi forse rubare il lavoro? - gli fece Morgana prendendogli il cuscino dalle mani. Eragon non rispose ma quando fece per alzarsi, un improvviso giramento di testa lo fece sbarellare. Morgana lo raggiunse in tempo per sorreggerlo.
- Siediti qui, ora ti porto un bicchiere d'acqua. -
- Sto bene - gli disse Eragon sulle difensive, accorgendosi con orgoglio di essersi appoggiato con tutto il peso sulla donna.

- No, non lo sei. Si vede – lo rimproverò con severità la donna. Eragon arrossì, rivelarsi così fragile davanti a qualcuno lo metteva a disagio. Dalla morte di Saphira si era sentito ogni giorno sempre più fragile sia psicologicamente che fisicamente. E non potendo attingere alla sua magia, il giovane si accorse di essere privo di qualsiasi difesa.
Si distese a letto con un profondo respiro, aspettò l'arrivo di Morgana con il bicchiere d'acqua, provando la sensazione di potersi fidare di quella persona, nonostante la conoscesse appena. Quando Morgana tornò Eragon sorseggiò il liquido che aveva uno strano retrogusto amaro e, prima di accorgersene, si era addormentano già.

Morgana si trovò allora a fissare i lineamenti delicati del suo giovane viso ancora contratti da un leggero dolore. Morgana non poté fare a meno di notare come apparisse più come un elfo che umano, nonostante mantenesse quel tocco di virilità proprio della loro razza. Morgana non avrebbe mai detto che i due cavalieri erano fratelli, se non avesse avuto da Murtagh la conferma della loro parentela.
I suoi pensieri però vennero interrotti da un movimento del giovane, che scosso da un brivido, si era ora girato da un lato.
Morgana lo coprì con una coperta, e nel farlo, notò per la prima volta la sottile e fascia di metallo intorno al collo. Murtagh gliene aveva parlato, non assomigliava a nessun tipo di metallo conosciuto, ma rifletteva la luce attraverso strani bagliori cangianti. Con un sospiro inizio a riassettare la stanza. Era sera quando uscì dalle stanze dopo essere stata perquisita dalle guardie. Morgana doveva parlare con Murtagh.

Più tardi, sulla strada della locanda, Morgana non riuscì a non pensare ancora al suo viso, così bello e così triste. Avrebbe voluto potergli dire tutto su Saphira, e sul fratello. Che erano arrivati per liberarlo, ma si era attenuta al piano. Sarebbe stato Murtagh a parlargli.

**

Quella sera Murtagh sedeva a tavola piluccando distrattamente qualcosa da mangiare. Quella immobilità forzata lo stava rendendo ogni giorno sempre più nervoso. A peggiorare il suo umore si era aggiunto da giorni il silenzio di Morgana. Mentre alla locanda i giorni passavano tutti uguali la maga non gli aveva ancora fatto arrivare notizie sui suoi progressi a palazzo.

Alzando lo sguardo sulla sala, il cavaliere si accorse che Grace si trascinava stanca per i tavoli della locanda. Destandosi dal proprio torpore Murtagh scansò il piatto da cui stava mangiando e andò subito ad aiutare la donna. Se non altro si sarebbe reso utile a qualcuno.

Non era solo Grace ad apprezzare ogni giorno di più il suo aiuto, ma anche Trevor, l’uomo che a mala pena lo aveva tollerato, aveva finito per rivalutare la sua presenza alla locanda.

Anche Murtagh aveva rivisto i suoi giudizi sulla coppia, in particolar modi su Trevor. Si era reso conto che dietro i suoi modi burberi l’uomo amava la moglie più di ogni altra cosa al mondo e che soffriva immensamente ogni volta che la vedeva in difficoltà. L’incendio alle cucine, così era chiamato l’incidente nei loro discorsi, non le aveva portato via solo la sua bellezza fisica ma una piccola parte della sua libertà era andata persa in quelle fiamme.

Murtagh non osava immaginare cosa avrebbe fatto lui al posto dell’uomo con i mezzi a sua disposizione. Nulla di buono concluse tra sé mentre finiva di alzare una serie di sedie sopra il tavolo. In quel momento la porta della locanda si aprì e Morgana entrò abbassandosi il cappuccio sulle spalle per farsi vedere. Sia il Cavaliere che Grace alzarono in contemporanea lo sguardo su di lei.

- Vai ragazzo. Hai fatto abbastanza stasera. – lo invitò Grace con un cenno della teta, vedendo che esitava a lasciarla - Posso finire anche da sola, non preoccuparti – insistete lei. Murtagh ci pensò solo un attimo poi con un silenzioso grazie si diresse spedito verso la maga.  

Murtagh non fece in tempo a raggiungerla che Morgana le tese le braccia al collo e lo abbracciò. - Murtagh ce l’ho fatta! L’ho visto! – gli disse con trasporto. Il cavaliere si ritrovò a ricambiare il gesto con altrettanta forza, poi si staccò da lei e si passò una mano tra i riccioli mori lasciandosi scivolare su uno sgabello accanto.

- Lui come sta? – le chiese una volta seduto. Il volto della donna si rabbuiò. – Non si trova li per sua volontà. Ne sono certa – gli rispose lei per poi poggiare una mano sul collo – Indossa quell’arnese di cui mi hai parlato. – continuò aggrottando la fronte – come è possibile che qualcosa di così piccolo possa bloccare la magia di un cavaliere? -   

- Sono gli alchimisti che hanno creato quell’oggetto, come hanno ideato tanti altri costrutti, tra cui le armi da fuoco - rispose Murtagh corrugando la fronte.

- Sei ancora certo di voler organizzare la fuga il giorno della cerimonia? – Murtagh annuì con la testa. - Tutti gli alleati della regina saranno presenti all’evento. Questo significa che ci sarà un grande dispendio di guardie dentro il palazzo ma non fuori. L'attenzione di tutti sarà puntata sugli ospiti. Quale momento migliore per fuggire? –

- È un piano azzardato Murtagh. Ma potrebbe funzionare. –

Il cavaliere annuì serio - Ne ho già parlato con Feha che mi farà entrare a palazzo con Par e il resto della compagnia.

***

  
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