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Autore: moira78    29/05/2023    6 recensioni
Candy e Albert partono per il viaggio in Africa che sognavano da tempo di fare insieme. Ma l'imprevisto, tragico e inaspettato, è dietro l'angolo e si ritroveranno immersi in un'avventura tra cielo e mare.
Genere: Avventura, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Candice White Andrew (Candy), William Albert Andrew
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Non vi sarà sfuggito che ho cercato di rendere realistici gli avvenimenti e ogni capitolo in cui parlo della vegetazione, delle tecniche per accendere il fuoco, raccogliere l'acqua, pescare o qualsiasi altra cosa, è stato frutto di ricerche più o meno lunghe, per non parlare delle volte che ho aperto Google Maps per controllare latitudini, isole e distanze. Questa quindi è sì, una storia in cui Albert e Candy sono soli su un'isola deserta, ma è soprattutto una storia di sopravvivenza che ho cercato di rendere più plausibile che ho potuto, guardando anche film sul tema come "Cast Away" con Tom Hanks. Se nonostante questo qualcuno più esperto notasse che ho scritto alcune stupidaggini, me ne scuso. Ho fatto del mio meglio.

 
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Candy si svegliò con la sgradevole sensazione di aver dormito su un letto molto scomodo. Era abituata alle stalle, al fieno e all'erba, ma la schiena dolorante le indicò che doveva trovarsi di certo altrove. Albert. La sua proposta di tornare in Africa insieme. Il viaggio in nave. L'incidente. La confessione tra i flutti. Il risveglio su un'isola in apparenza deserta. Candy si rizzò a sedere, i sensi all'erta, riconoscendo al caverna che avevano usato come rifugio per la notte. Il fuoco era quasi estinto e d'impulso cercò di ravvivarlo gettandovi qualche foglia secca che avevano tenuto da parte, soffiando forte.

Uscì fuori e fu inondata dal sole e dal profumo del mare, il rumore delle onde in sottofondo: se non fosse stata una situazione critica, avrebbe detto di trovarsi in un Paradiso terrestre. C'era un altro fuoco acceso e riconobbe la struttura che avevano costruito il giorno prima per asciugare i vestiti: alcuni pesci e persino un grosso granchio erano stati infilzati su dei bastoncini fatti di legno e il suo stomaco brontolò rumorosamente. Il profumo le invase le narici man mano che si avvicinava.

Eppure... dov'era Albert?

Si vergognò che fosse riuscito a pescare e a cuocere il pesce mentre lei dormiva, chissà da quanto era alzato! Notò anche che il pesce sembrava cotto e lui doveva averlo scostato un poco perché rimanesse in caldo senza bruciarsi. Un gabbiano volò proprio in quella direzione, seguito da un altro e un altro ancora.

"Ehi, voi! Non mangerete la colazione che ha preparato Albert con tanta fatica!", protestò avvicinandosi e agitando le braccia. Prima che potesse raggiungerli, però, qualcosa colpì la sabbia vicino agli uccelli, spaventandoli. Mentre volavano via, Candy alzò gli occhi alla parete rocciosa, cercando di capire se quello che pareva un piccolo proiettile venisse da lì.

Ciò che vide le bloccò il cuore in gola.

Albert era una specie di puntino lontano, di cui riconobbe la sagoma e i capelli biondi al vento e stava facendo saltare in mano quelle che potevano solo essere delle pietre. Come era arrivato sin lassù da solo, dopo che le aveva promesso di stare attento? Di colpo, parve voltarsi verso di lei e alzò il braccio per salutarla.

"Ehi, Candy! Tutto bene laggiù? Non ti ho colpita, vero?".

Candy si mise le mani a coppa ai lati del viso e marciò verso di lui quasi potesse raggiungerlo in pochi passi: "Perché sei salito da solo?! Da dove sei passato?". Era abbastanza arrabbiata.

Albert indicò un punto alle sue spalle: "Candy attenta!".

Si volse di scatto e notò che i gabbiani erano tornati all'attacco, così si dedicò a scacciarli: "Via, via! Sono certa che troverete dell'ottimo pesce crudo altrove!".

"Tienili lontani tu mentre riscendo!".

"No, aspetta! Voglio venirti incontro! Dov'è il sentiero? Albert!". Ma lui era già sparito dalla sommità e ora vedeva solo le rocce. "Oh, accidenti!".

L'attesa di Albert le parve durare ore invece che una manciata di minuti e quando tornò tirò un respiro di sollievo. Portarono l'acqua vicino al banchetto a base di pesce e mangiarono in silenzio, godendosi il pasto dopo un giorno intero quasi a digiuno.

"Devo dire che con la pancia piena si pensa più lucidamente", disse Albert massaggiandosi lo stomaco. "Mi è appena venuto in mente che non ho ancora scritto un segnale sulla sabbia".

"Ma hai fatto un mucchio di altre cose e io dormivo! Perché non mi hai svegliata?!". Albert la guardò con un leggero sorriso che le parve un po' forzato.

"Dormivi così bene che non volevo svegliarti. Ho... trovato alcune cose a riva e ho pensato di usarle subito".

Con suo sommo stupore, Albert le mostrò una bottiglia di vetro e un rasoio. "Albert! È come quella che ti ho mandato io a Lakewood! Sicuro che non ci fosse un messaggio dentro?".

Lui scoppiò a ridere in modo così contagioso che si ritrovò a emularlo. Era incredibile come potessero sempre trovare il modo di stare bene insieme anche quando erano disperati. Eppure, la sera prima, sfiniti com'erano, non avevano neanche affrontato il discorso della confessione tra i flutti, quasi avessero fatto un tacito accordo di trovare il momento più adatto, con la mente lucida. Non perché non si trattasse di un argomento meno importante della loro stessa sopravvivenza, ma perché meritava uno spazio tutto suo.

"Di messaggi non ce n'erano, ti assicuro, ma almeno avremo qualcosa che ci aiuterà a riflettere meglio il sole per accendere un fuoco, nonché un contenitore in più per l'acqua. E io non sembrerò un uomo delle caverne", concluse mostrandole il rasoio.

Candy lo prese in mano e lo soppesò, chiedendosi se avrebbe mai avuto il coraggio di chiederglielo in prestito per non sembrare lei una donna delle caverne, quindi lo guardò seria: "Pensi che queste cose vengano tutte... dalla nave affondata?".

Albert sbatté le palpebre, guardando verso il mare, quasi si aspettasse di trovarvi qualcos'altro. "Non so, ma è molto probabile. Dai, ora sistemiamo tutto e proviamo a fare quell'SOS, casomai qualche aereo sorvolasse la zona in cerca di superstiti. Poi voglio vedere se riusciamo a capire dove diavolo siamo finiti azzardando una mappa sulla sabbia".

"Cosa hai visto da lassù?", gli chiese cominciando a raccogliere i resti del pesce perché non ci si avventassero i gabbiani.

"Un'isola senza alcun segnale di altri fuochi e neanche troppo grande, a occhio e croce". Il tono era neutro, tuttavia Candy avvertì un brivido.

"Vuoi dire... che potrebbe davvero essere deserta e noi qui da soli?".

Albert annuì lentamente: "Temo proprio di sì".

 
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DUE ORE PRIMA

All'inizio aveva pensato che fosse il rumore delle onde del mare o persino qualche uccello che si lamentasse. Ma il dubbio gli aveva attraversato la mente alla velocità della luce e, prima ancora di svegliarsi completamente, Albert era corso fuori dalla caverna sperando che Candy continuasse a dormire. Il fuoco che avevano acceso lì dentro era quasi spento, ma ormai la temperatura era già gradevole, quindi non lo aveva ravvivato.

Ed eccolo, il proprietario di quei lamenti, che si trascinava carponi sulla spiaggia con ancora il giubbotto di salvataggio addosso. Ad Albert si fermò il cuore. Corse da lui e si rese conto che non doveva essere molto più grande di Candy.

"A... Amina... chiedetele di... perdonarmi...". Il viso era arrossato e le labbra screpolate, il che gli indicò che molto probabilmente l'uomo era vittima di un'insolazione.

"Devi bere, ti porto dell'acqua". Stava per voltarsi e correre di nuovo nella caverna, ma un rumore che doveva essere una risata lo bloccò.

"Ho... bevuto... ho già bevuto tanto. Ma la mia sete... era inestinguibile. Sono... fuggito dalla mia famiglia per lei... e ora m...". Il conato lo scosse in maniera così violenta che Albert dovette sostenerlo perché non finisse con il volto nella sabbia. Vomitò una discreta quantità d'acqua e ricadde sdraiato quasi fosse svuotato di ogni energia residua.

"Hai bevuto acqua di mare?", gli domandò, preso dal panico.

Lui rise di nuovo, un suono gracchiante e scomposto che poteva solo essere dettato dal delirio. Toccandolo, Albert si rese conto che bruciava di febbre. "Non avrei... dovuto, vero? Che idiota... il temporale... poi il sole... la gente che urlava... la nave...".

"Ho dell'acqua dolce sterilizzata, vado a prenderla, non cercare di muoverti, capito?", gli disse valutando se lasciargli la camicia per ripararsi dal sole. Rinunciò, considerando che ancora non faceva troppo caldo e lui era ancora zuppo.

"Tu mi traghetterai all'Inferno, vero? Per tutto quello che ho fatto a mio padre... e a mia madre...".

"Non ti traghetterò da nessuna parte, ho intenzione di salvarti", disse correndo nella caverna, versando un po' d'acqua in una delle ciotole e tornando fuori. Ma quando lo raggiunse, chiamandolo a gran voce, si rese conto che forse, tutto sommato, qualche altra entità lo aveva portato altrove. Sperava in Paradiso. Posò la tazza improvvisata sulla sabbia e gli pose due dita sul collo, cercando le pulsazioni, appoggiò un orecchio sul torace, ma tutto rimaneva silenzioso, nessun cuore batteva più. Tentò persino di rianimarlo per alcuni minuti, ma fu tutto inutile e si arrese.

"Forse se non avessi bevuto l'acqua salata non ti saresti disidratato così velocemente. O forse sarebbe stato lo stesso...", mormorò sentendosi, assieme a Candy, un privilegiato. Al posto suo poteva esserci uno di loro due o entrambi. Restò lì, per non seppe quanto, con un ginocchio sulla sabbia e l'altro su cui poggiava un braccio e il capo, dicendo una preghiera a bassa voce. Quindi si riscosse: Candy si sarebbe svegliata di lì a poco e non voleva che lo vedesse.

Con tutta la cura di cui fu capace, gli tolse il giubbotto di salvataggio, sentendosi strano: nonostante gli anni di vagabondaggio era la prima volta che si ritrovava a dover fare una cosa simile. Tuttavia, cercò di mantenere la mente lucida e razionale e si predispose a cercare nelle sue tasche qualcosa che potesse perlomeno indicargli come si chiamasse quel ragazzo sfortunato.

Incredibilmente, nella tasca interna della sua giacca trovò un portafogli in pelle e una piccola scatola che non lasciava dubbi sul suo contenuto: chiunque fosse Amina, l'uomo aveva intenzione di sposarla. Immaginò un ragazzo ribelle come lui, che decide di rinunciare alla propria famiglia per amore e prendere una nave per raggiungere l'Africa e trovare la felicità. E incontrare invece la morte. La similitudine con la propria storia lo fece rabbrividire e Albert si sentì ancora più vicino allo sventurato che ora giaceva immobile sulla sabbia. Anche se l'anello e le altre carte contenute nel suo portafogli c'erano ancora, l'acqua doveva essere penetrata abbastanza da cancellare ogni scritta e rimase stupito nel rendersi conto che riusciva ancora a riconoscere dei dollari, una carta d'identità illeggibile e una foto. Forse la foto di lei.

Costernato, addolorato quasi fino alle lacrime, Albert lo trascinò in un angolo remoto in direzione del sentiero che aveva intrapreso per arrampicarsi sulla cima e si sentì davvero un traghettatore infernale. Si fermò per un attimo a riposare e comprese, con sommo orrore, che doveva seppellirlo. E non aveva nulla per scavare nella sabbia. Si accontentò così di farlo con le mani, arrivando fin dove poteva, ricordando con dolore quando aveva provveduto, in parte di persona, a scavare nella terra per piantare i fiori nel luogo dove era morto Anthony.

"Perdonami, amico, non posso proprio fare meglio di così", disse all'uomo che ora sembrava dormire. Si accertò che nella sua tasca ci fosse tutto come lo aveva trovato e, prima di farlo cadere nella piccola buca, si permise di frugargli nelle tasche dei pantaloni, scusandosi ancora come se potesse udirlo. Quello che trovò, per poco non lo fece ridere. Albert non sapeva se si fosse infilato in tasca, nei momenti frenetici che avevano preceduto l'affondamento, altre cose andate perdute in mare. Ma trovò un rasoio da barba e decise che quello poteva tenerlo. Diede un'occhiata ai suoi vestiti e rifletté velocemente che non aveva proprio cuore di spogliarlo, specie considerando che era più basso di lui: neanche le scarpe erano della sua misura. Avrebbe voluto togliergli perlomeno la giacca per usarla come coperta assieme a Candy, ma preferiva che la tenesse per conservare, nella sua eternità, gli oggetti a lui cari.

Al termine di quel compito pietoso, si concesse di recitare un'ultima preghiera e tornò sulla spiaggia per ritirare le strisce di tessuto che avevano teso la sera prima tra gli scogli per catturare i pesci

"Potrebbero servirci per coprirci quando laviamo i vestiti!", protestò Candy.
"Preferisci fare il bucato o mangiare?".

e accendere un fuoco per cuocerli. Fu solo allora che si rese conto che il mare, in un angolo tra gli scogli, aveva restituito una bottiglia di vetro ben chiusa: un piccolo miracolo che gli fece d'istinto volgere lo sguardo in direzione della recente sepoltura. Scosse la testa, cercando di tornare con i piedi sulla Terra o, meglio, sulla sabbia, e si predispose ad accendere il falò. Grazie al vetro della bottiglia messo contro sole, riuscì a farlo molto più velocemente del giorno prima e attese che il pesce fosse cotto prima di scostare un poco i rami affilati su cui lo aveva infilzato.

Era ora di salire sulle rocce.

Passò prima nella caverna, dove Candy dormiva della grossa e si era persino voltata dall'altro lato. Sorridendo, si disse che anche se si trovavano dispersi chissà dove, lei riusciva comunque a essere la solita dormigliona. Bevve un po' d'acqua e uscì.

Il sentiero verso lo sperone di roccia s'interrompeva a un certo punto e Albert si preparò ad arrampicarsi temendo di udire Candy gridargli alle spalle che era un incosciente. Le rocce erano a tratti scivolose, ma lui si sentì abbastanza sicuro. Perlomeno, finché non rischiò di scivolare davvero. In quel momento, mentre cercava freneticamente un appiglio con le mani battendo un ginocchio e trovando per mero miracolo una rientranza col piede destro, il panico lo colse facendogli aumentare il battito cardiaco a livelli intollerabili. Lo sentiva nelle orecchie, contro il petto, nelle viscere, e il timore lo avvolse con dita insidiose e sudaticce.

Per momenti interminabili, Albert rimase bloccato lì, incapace di muoversi, certo che sarebbe morto e che Candy avrebbe dovuto seppellirlo accanto al ragazzo con l'anello che non era mai arrivato dalla sua bella.

Invece, proprio pensare a Candy gli diede la carica necessaria e lui s'impose di proseguire, arrivando fino alla cima in tempo per scorgere il fuoco che aveva acceso e alcuni gabbiani famelici che sembravano interessati alla loro colazione. Cercò a terrà e raccolse una manciata di sassolini, cominciando a lanciarne alcuni per spaventarli, quindi si guardò attorno, tentando di abbracciare con lo sguardo sia la riva che la parte interna più verde. L'isola non sembrava molto grande e da nessuna parte vide salire fili di fumo che indicassero insediamenti umani. E quello non era affatto confortante.

Poi la vide, in lontananza, che si avvicinava al falò sulla spiaggia, e seppe che avrebbe fatto di tutto per riportarla a casa sana e salva. E quando fosse finalmente accaduto, le avrebbe chiesto di sposarlo.

 
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Candy seguì le linee tracciate sulla sabbia da Albert con un bastoncino e corrugò la fronte. "Noi siamo partiti da qui", stava dicendo lui indicando il porto di New York. "E abbiamo navigato per cinque  giorni prima dell'incidente". Tra le due coste che aveva abbozzato, quella americana e quella marocchina, Albert tracciò una lunga linea che si fermò poco prima di toccare terra.

"Considerando che mancavano un paio di giorni all'arrivo non dovremmo essere molto lontani dall'Africa, giusto?".

"Giusto", confermò annuendo e battendo il bastoncino sulla sabbia. "E lo conferma il clima tropicale di quest'isola".

"Ed è quindi escluso che siamo finiti vicino al Regno Unito per sbaglio", disse tra il serio e il faceto.

"A meno che non sia stato lanciato un maleficio e siamo entrati in un portale che ci ha trasportati nel tempo e nello spazio". Albert sembrava così serio e concentrato che per un istante il sorriso le scomparve dalle labbra. "Sto scherzando, Candy!".

"Oh, sei proprio impossibile!", lo redarguì colpendolo sulla spalla.

Lui ridacchiò: "Ora, qui dovrebbero esserci le Azzorre e più giù, se non erro, l'arcipelago di Madeira. Purtroppo non so bene che rotta stesse percorrendo di preciso la nostra nave, ma se dovevamo sbarcare a Casablanca l'area incriminata dovrebbe essere questa". Tracciò una sorta di grande cerchio che, nel mezzo dell'Oceano Atlantico, poteva voler dire miglia.

"Sei piuttosto ferrato in geografia", scherzò per mantenere un tono leggero.

"Vorrei avere tre vite per girare tutto il mondo, ma non potendo farlo leggo libri su libri e uso la fantasia. Una volta Georges mi ha detto che con il mio primo viaggio in Africa avevo usato tutte le... ferie cui avevo diritto quale patriarca per il resto dei miei giorni". Rise e lei lo emulò. "Quando gli ho detto che sarei voluto venire qui con te credevo che avrebbe perso la sua compostezza e avrebbe fatto una scenata come la zia Elroy. Invece si è schiarito la voce e mi ha detto: William, se ritieni sia necessario per le nostre aziende, fallo pure".

Albert aveva camuffato la voce per renderla compita come quella del suo Cavaliere Bianco e Candy scosse la testa, divertita: "E in effetti mi hai detto che volevi esplorare nuove opportunità a Casablanca".

Lui inclinò un poco il capo, guardandola, e il suo cuore accelerò. "Sì, l'idea era quella. Ma volevo anche farti vedere i luoghi che mi hanno affascinato: i tramonti, i panorami, le persone... non è come in Kenya, tuttavia non era neanche escluso che decidessi di viaggiare di nuovo sin laggiù". Il tono era serio, quasi vibrante.

Candy chiuse gli occhi, affascinata: "E io avrei scritto al dottor Martin che avrebbe dovuto cercare una sostituta più a lungo. Rischiando che mi facesse lui una scenata al mio ritorno".

Il gesto di Albert fu naturale quasi come il rumore delle onde che s'infrangevano sulla battigia, ipnotiche e ritmiche. Alzò una mano e gliela pose su una guancia con tenerezza, coprendola interamente col palmo: "Candy... voglio che tu sappia...".

Il verso di un gabbiano li riportò alla realtà, interrompendo le parole di Albert, seguito da una raffica di vento più forte delle altre. D'istinto, entrambi alzarono gli occhi al cielo e Candy si rese conto che dal mare provenivano grosse nuvole: entro un paio d'ore al massimo, se non prima, sarebbe di certo piovuto. Il contatto caldo e confortante del palmo di Albert svanì, lasciandola con un senso di vuoto, e anche lui parve contrariato. Ciononostante, si alzò e disse con fare pratico: "Prepariamo dei teli per raccogliere la pioggia. Così avremo altra acqua senza dover tornare al fiume, per un po'".

Candy si alzò per seguirlo con gesti lenti e meccanici, persa in una bolla che era esplosa troppo presto a contatto con la dura realtà: cosa stava per dirle, Albert? Era certa che riguardasse le sue parole in mezzo all'oceano ed era pronta a rispondergli con il cuore in mano. Il suo cervello affaticato dopo tante vicissitudini si rese conto solo dopo che ebbero sistemato i giubbotti di salvataggio nelle rispettive buche che erano tre e non due. Albert ne stava zavorrando uno con delle pietre, mentre lei si rendeva conto che la sua fossa era fin troppo profonda.

"Albert, dove hai trovato il terzo giubbotto?", gli chiese cercando di riempirla di nuovo in parte.

"Lo ha portato la marea stamattina", rispose senza guardarla.

Candy si deterse il sudore dalla fronte con un braccio, voltandosi verso di lui: "Oh... chissà a chi apparteneva... spero a qualcuno che alla fine si è salvato su una scialuppa".

"Se fai la buca troppo profonda l'acqua potrebbe penetrare lungo i bordi e finire nella sabbia. Basta una leggera curvatura che consenta al tessuto di raccogliere l'acqua".
Sembrava molto concentrato mentre le si accostava per farlo al posto suo, la camicia ormai intrisa di sudore e la barba incipiente che cominciava e creare un'ombra dorata sulle sue guance.

"Scusami, credo di essere una frana anche in questo. Dovresti raderti, sai? E bagnare i capelli prima di prendere un'insolazione". Lui si fermò nell'atto di sistemare il recipiente improvvisato e le sorrise, sciogliendole le viscere.

"Grazie, Candy". Stavolta, la sua mano indugiò più a lungo sul suo viso e lei si godette il contatto chiudendo gli occhi per qualche istante.

 
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La tempesta non fu forte come la prima volta, ma durò quasi tutto il giorno. Albert aveva valutato che mancavano almeno due mesi alla stagione delle piogge, tuttavia dovevano essere incappati in un momento meteorologico particolarmente sfortunato. L'acqua cominciava a scarseggiare e, nonostante stessero cercando di tenere il fuoco al riparo dal vento e dall'umidità, rami e foglie secche erano quasi esauriti e chissà quando ne avrebbero avuti altri.

"Avremmo dovuto raccoglierne molti di più", disse frustrato, guardando le cime delle palme piegarsi quasi in orizzontale. Il che gli fece venire in mente che poteva raccogliere qualche noce di cocco caduta a terra con la forza del vento.

"Albert, ma ti bagnerai!", protestò Candy smettendo di soffiare sul falò.

"Lo so, ma se rimarremo senza fuoco non potremo neanche sterilizzare l'acqua raccolta e dalle noci di cocco possiamo avere anche cibo".

"L'acqua sta cadendo dal cielo, non potremmo semplicemente berla così?", gli chiese inarcando un sopracciglio.

"Potremmo... ma sarebbe comunque un rischio".

Lei lasciò ricadere il capo, scuotendolo in un gesto di arresa. "Va bene, ma togliti i vestiti. Perlomeno quando ti sarai asciugato puoi rimetterli senza prendere una polmonite".
Lui la guardò, incerto. "Mi volterò dall'altro lato". E lo fece prima ancora che potesse rispondere.

Albert si tolse la camicia e la stese a terra vicino al fuoco, quindi procedette anche con i pantaloni. Fece qualche passo verso l'uscita e si rese conto che la stoffa della sua biancheria ci avrebbe messo molto di più ad asciugarsi e avrebbe dovuto rimanere senza il capo inferiore per un bel po', con Candy che sarebbe rimasta voltata senza poterlo guardare.

Con un sospiro, le spiegò il problema. "Se togliessi tutto potrei asciugarmi e rivestirmi molto prima e potresti aiutarmi a rompere le noci di cocco e a soffiare sul fuoco". Lei parve pensarci un po' su e lui riuscì a comprendere il suo imbarazzo. Neanche a lui sorrideva l'idea di restare nudo a pochi passi da Candy. "In alternativa dovresti sopportare la sgradevole vista di un uomo in biancheria intima, da brava infermiera".

"Oh, non prendermi in giro! E va bene, spogliati pure e fatti la tua doccia sulla spiaggia, ma non prendere freddo!". L'imbarazzo rendeva il tono di voce nervoso e lui dovette fare uno sforzo titanico per non scoppiare a ridere.

Tuttavia aveva ragione: la doccia gigante lo rigenerò e Albert perse qualche minuto per godersela, lavare via il sudore e la sabbia dal corpo e dai capelli. Fece un paio di viaggi per portare quante più noci di cocco possibili e si fermò dal suo lato del fuoco, che era diminuito drasticamente: sarebbe stato davvero da ridere se li avesse abbandonati proprio ora, mentre lui era zuppo dalla testa ai piedi. Soffiò con vigore alla base e quello riprese un po' di vita.

"Candy, se vuoi puoi fare la doccia tu, ora", disse a metà tra il serio e il faceto.

"Cosa?!", saltò su lei e per un interminabile istante Albert temette che si sarebbe voltata davvero.

"L'acqua non è proprio calda, ma piuttosto tiepida, e immagino che anche tu desideri rinfrescarti". Si avvicinò al fuoco e godette del calore che già cominciava ad asciugarlo.
"Stai insinuando che ho un cattivo odore?", chiese con una vocina che lo riempì di rimorso. Avrebbe voluto dirle che il suo profumo, seppure ormai gli evocasse soprattutto il mare, aveva mantenuto comunque il sentore di rose che tanto amava. Ma si trattenne e cercò solo di rassicurarla.

"No, Candy, ti sto solo offrendo l'opportunità di darti una rinfrescata e togliere via un po' di sabbia, ma la decisione spetta a te".

"Dovrò spogliarmi anche io". Ora era evidentemente tesa.

"Lo so". E lo divenne anche lui. "Per quando sarai tornata io sarò dall'altro lato del fuoco e magari mi starò già rivestendo".

La vide titubare e sperò che decidesse in tempi brevi perché ancora non sapeva quanto avrebbe retto il fuoco.

"Alla Festa di Maggio, mentre mi cambiavo d'abito... credo che Terence mi abbia spiata".

"Che cosa?!", sussultò senza poterselo impedire.

Le spalle di lei si strinsero: "Non l'ho scritto nel diario che hai letto, ma quando avevo indosso il costume di Giulietta lui era là".

Albert prese un respiro profondo: "Ok, non voglio pensarci ora, ma puoi stare certa che io non farei mai nulla di simile".

"Lo so, ti conosco".

"Quindi perché me lo hai raccontato?". Non voleva suonare impaziente o piccato, soprattutto odiò la sfumatura di gelosia che prese il tono suo malgrado, tuttavia il fuoco era davvero al limite.

"Non lo so... forse volevo essere sicura, sai... dopo...".

"Candy, credimi, voglio parlare con te, sul serio. Ma il fuoco è quasi spento e se vuoi fare quella doccia senza dover aspettare di tornare al fiume ti consiglio di sbrigarti".

"D'accordo".

Albert le spiegò con minuzia dove si sarebbe posizionato rispetto al fuoco, portandosi dietro i vestiti, e cercò di rimanere immobile mentre, con il calore del fuoco sulla schiena, la sentiva togliersi gli abiti in un fruscio. Allontanare dalla mente ciò che l'immaginazione gli proponeva fu così arduo che si chiese se per caso il sole non gli avesse dato alla testa.

Candy era completamente nuda a pochi passi da lui. E quasi sospirò di sollievo quando uscì fuori. Ormai il fuoco aveva fatto il suo dovere e cominciò a rivestirsi. Pensò che anche per quel giorno non avevano potuto scrivere nessun SOS sulla sabbia. Pensò che dovevano decidere insieme di darsi un limite di tempo prima di cominciare a costruire una zattera e tentare la fortuna. Pensò a Georges, che sperava si fosse attivato per cercarli e non per celebrare i loro funerali senza corpi, come era successo per il povero Stair. Pensò alla zia Elroy e persino alla sua piccola Poupee, morta in Africa solo un anno prima. Pensò a tutto questo e a molto altro, pur di scacciare dalla testa l'immagine di Candy senza abiti sotto alla pioggia tropicale.

 
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La pioggia era quasi cessata e la caverna, con il calare della notte, divenne fredda. Il fuoco, per quanto avessero fatto, era ormai praticamente spento. Non c'era più nulla ad alimentarlo e per avere legna o foglie asciutte avrebbero dovuto aspettare almeno il giorno dopo: li attendeva una notte gelida.

Candy si rannicchiò stringendosi addosso il vestito strappato e rotto in più punti e si domandò come avrebbero fatto di lì in avanti. Sull'isola c'erano animali con la pelliccia? Quasi si mise a ridere da sola per quel pensiero: non solo si trovavano su un'isola tropicale, ma dubitava che avrebbero trovato il coraggio di ucciderne uno, semmai ci fosse stato, men che meno ricavarne una coperta. Le vennero in mente foglie e felci, ma non sapeva quanto calore potessero trasmettere. Quanto poteva scendere la temperatura su un'isola tropicale in piena estate? Sarebbero riusciti a tornare a casa prima dell'autunno? Erano lì da soli due giorni, ma solo ora si rendeva conto che rischiava di non vedere più miss Pony, suor Lane, Annie, Archie, il dottor Martin e tutti i suoi amici. Prima di accorgersene, stava singhiozzando silenziosamente e Albert, che credeva addormentato, le si avvicinò circondandole la vita con un braccio.

"Ehi... che succede?", le chiese con voce calda.

"Io... ho paura, Albert. E se rimanessimo qui per sempre? Se non riuscissimo a tornare e i nostri vestiti si disintegrassero lasciandoci al freddo e alle intemperie? E se...?".

"Oh, andiamo, non credevo che fossi così tragica". La sua mano cominciò a carezzarle i capelli ancora umidi. "Siamo qui solo da due giorni e può ancora accadere di tutto. Sono sicuro che Georges ha controllato la rotta, verificato dove è affondata la nave e avrà mandato delle squadre di ricerca. Potrebbero trovarci fra una settimana o due e qui abbiamo acqua dolce, che è la cosa più importante, e pesce in abbondanza. Dobbiamo ancora organizzarci col fuoco per farlo durare, questo è vero, ma anche i vestiti non sono un problema. Possiamo vedere di intrecciare qualche foglia e un po' di arbusti come gli uomini primitivi".

Ridacchiò e Candy, suo malgrado, fece altrettanto mentre si asciugava le lacrime: "Non so come farei senza di te".

"No, Candy, non so come farei io senza di te". Lo disse con un tono così serio che lo guardò negli occhi. "Tu sei la mia forza, la ragione per la quale voglio uscire da questa situazione ancora più velocemente. E vuoi sapere perché?".

Candy fu sconvolta nel rendersi conto che il cuore aveva preso a martellarle nel petto e che un'emozione ben diversa dalla disperazione di poco prima stava prendendo il sopravvento.

"Perché?", chiese pendendo dalle sue labbra. Le belle labbra di Albert, sul viso ombreggiato dalla barba di un giorno.

"Perché quello che ti ho detto mentre eravamo in acqua, l'altra notte, era vero. Io ti amo, Candy, e quando torneremo a casa voglio chiederti formalmente di sposarmi".

Candy soffocò una risata che era quasi un singhiozzo, sentì altre lacrime scenderle sulle guance e intrecciò le mani al petto: "Davvero? Vuoi...?".

"Solo se lo desideri anche tu, Candy".

Allora capì. Capì che anche Albert aveva bisogno di una conferma e gli carezzò la guancia ruvida mentre lui chiudeva gli occhi. "Certo che lo desidero, Albert. Anche io dicevo sul serio. Anche io... ti amo. Più di quanto avrei mai creduto possibile. Tu non sei solo il mio zio William, il mio principe e il mio ex amico smemorato. Sei molto, molto di più. Sei... il mio Albert".

Con emozione, si rese conto che anche gli occhi di Albert si stavano riempiendo di lacrime e lui la strinse in un abbraccio intenso, baciandole il capo con tenerezza struggente.
"Ti riporterò in America e ti sposerò alla Casa di Pony. Avremo una dozzina di bambini e tanti animali". Disse ridendo, con la voce un po' incrinata dall'emozione.

Candy si staccò di lui per guardarlo: "Una dozzina?!".

"Beh, posso accontentarmi anche di mezza dozzina. Ma con riserva".

Candy rise con lui, poggiò la fronte alla sua e si godette il primo timido sfiorarsi di labbra, così etereo che forse se l'era solo immaginato.

"Scaldami", gli chiese rannicchiandosi contro di lui.

E Albert lo fece, dormendo abbracciato a lei come fossero due ragazzini, felici e col sorriso sulle labbra.
                             
   
 
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