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Autore: Ladyriddle    29/05/2023    6 recensioni
Evan Loki Rosier aveva smesso da tempo di collezionare persone, profili.
Il giovane che voleva cambiare il mondo e piegarlo alle sue regole aveva trovato un nuovo modo per soddisfare la sua sete di potere e conoscenza, per combattere la noia.
Del resto, qualcuno, una volta, gli aveva detto che fosse straordinario, non il migliore.
Spoiler e sequel Vaiolo di Drago,
NON leggibile singolarmente
[Loki Rosier/Nuovo personaggio]
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuova generazione di streghe e maghi
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Nuova generazione
- Questa storia fa parte della serie 'Foglie di magnolia e fiori di ciliegio'
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Disclaimer: i personaggi di Harry Potter non mi appartengono
Rating: Verde
Generi: Introspettivo, Silence Of Life
Note: Spoiler 
Vaiolo di DragoNon leggibile singolarmente
Ambientazione: Nuova Generazione

N.d A 
Ho questa Os nella testa da tanto, ma stava cominciando a tamburellare insistentemente da una settimana. Ma con un'insistenza tale che ho dovuto scriverla e se scrivo, posto e pubblico. Chi non segue la mia Long non capirà niente. Chi segue la Long, ma non vuole avere uno spoiler grande quanto una casa dovrebbe evitare la lettura. Per il resto, le note alla fine. 

 
A Giungla che ha il fegato con le crocette per colpa mia
e a O Alba, con vocativo, sì, perché nota. Ella Nota.
E Mint dovrei citarla ma tanto, ormai, tutti sanno che la colpa è sempre sua

 

The Collector – Il Creatore di Bacchette
 
    «Parla delle bacchette come se provassero dei sentimenti»
osservò Harry, «come sepotessero pensare da sole»
HP- I Doni della Morte


Loki fissava il ceppo poggiato sul bancone da lavoro. Un ciliegio rosso del Tibet dalle venature intense. Se lo rigirò tra le mani con uno sguardo soddisfatto: era grosso e pensante, compatto. Era appena tornato dal Buthan e aveva portato con sé diversi pezzi, ma quello era l’unico che gli piacesse davvero. Se avvicinava l’orecchio al legno riusciva a sentire un tamburo pulsante, come se avesse assorbito la magia della terra da cui proveniva. Avrebbe scartato tutti gli altri, – forse, o forse li avrebbe tenuti, come le altre centinaia di legni da bacchetta che aveva ammassato da qualche parte nel Manor –, ma quello sarebbe diventato sicuramente una Bacchetta. Forse.
    Loki postò lo sguardo dal ceppo all’ambiente della soffitta. Il suo studio era un’unico enorme spazio senza pareti, illuminato da lucernari che bucavano il tetto in più punti. Era ingombro di tutto ciò che amava.
Accarezzò con lo sguardo la tenda di crine di unicorno che drappeggiava una parte, le casse dentro cui erano ammassate centinaia di scaglie di drago; in altre, artigli della stessa creatura e, ancora, decine e decine di piume di fenice scendevano dal soffitto e si muovevano lente, catturando la luce, mandando bagliori di fuoco tutt’intorno. 
    Su degli scaffali c’erano file e file di barattoli con peli di Demiguise, una cesta con decine di uova di Occamy pietrificate, foglie di Asticelli essiccati, scarti di legni da Bacchetta, pezzi di ogni genere di pianta magica, e radici, migliaia di radici, piante, polveri preziose e semipreziose.
Tutto era disposto secondo una logica precisa – ovvero che non vi fosse nessuna logica e nulla era catalogato: non c’erano etichette né segni di riconoscimento, ma Loki avrebbe saputo riconoscere ogni elemento magico. Persino individuare quale fosse la piuma del Tuono Alato che lo aveva quasi ucciso. 
    E registrando tutto quello, Loki cominciò a creare. 
    Ciliegio rosso, Pungiglione di Billywig, foglie di papavero, menta. Azzardato, interessante, ma non funzionava.
    Qualcosa attirò la sua attenzione. Un’emozione curiosa, di cristallina impertinenza accarezzò la coscienza di Loki prima ancora che sentisse i passi leggeri del suo ospite grattare il legno delle scale. Chiuse le difese attorno la sua mente per non sentirlo. Aveva smesso da anni di collezionare persone, profili, ormai non lo interessavano più – storia vecchia, pensò–  e aveva affinato se stesso per irrobustire le sue difese mentali.
    “Cosa ci fai tu qui?” chiese, quando il bambino fu a portata d'orecchio.
    Il piccolo sembrò catturato da uno scacciapensieri di piume di Occamy. “Mi ha fatto salire zio Laurent. Ha pensato che volessi salutarmi.” L’ironia era appena accennata nella voce, ma Loki la sentì benissimo.
    Si corrucciò. Laurent aveva sempre avuto un pessimo senso dell’umorismo e mandargli il ragazzino sopra era il chiaro tentativo di punirlo per qualcosa di sgradevole che aveva dovuto dirgli. Peccato che non ricordasse quando fosse successo. 
    Lui sfiorò con le piccole dita le piume. “Domani parto, torno a casa con papà. Tu sei stato via fino a ieri. Non ci siamo visti, peccato.
” Ancora ironia, forse sapeva di non piacergli. Ma a lui non piaceva nessuno. “Com’è la Cina?”
    “Sono stato in Tibet, non in Cina.” 
    “É più o meno la stessa cosa, no?”
    “No.” 
    “È sempre in oriente.”
    Loki stava per replicare, ma il bambino si avvicinò e, nonostante tenesse il viso piegato potè osservare quanto fosse cresciuto dall’ultima volta – qualche mese, sei, forse sette, un anno scarso, ripensò, ed era cambiato moltissimo. Non riusciva a capire a chi somigliasse perché sembrava aver preso qualcosa da ogni membro della famiglia.
Lui gli sorrise, arrogante. Sapeva di essere grazioso, probabilmente glielo ripetevano continuamente. E lo era. La pelle dorata, i capelli folti e castani erano del padre; gli zigomi alti e il taglio degli occhi, allungati, da gatto, erano del nonno. Non c’era l’azzurro dei Flint nel suo sguardo. L’iride era verde – non quello stinto dei Selwyn, ma di un colore intenso...
    “E non mi hai portato nulla.” Non era una domanda. Un’affermazione perplessa, come se fosse più sorpreso anziché scontento che lui, come tutti, non s’impegnasse a dimostrargli affetto, cura e attenzione. 
    Non che avesse qualcosa contro: era solo un bambino la cui unica colpa, se colpa poteva chiamarsi, era che fosse troppo amato.
Il capriccio di Scorpius. Tanto desiderato che James Potter non era riuscito a negargli l’ennesimo giocattolo. Nessuno aveva avuto il coraggio di dire che fossero troppo giovani, stupidi e impreparati a prendersi cura di un bambino quando lo erano loro per primi. Ma il cosetto sembrava essere l’unica cura che funzionasse davvero per Scorpius, il centro del suo mondo, tanto importante, che persino il Vaiolo aveva dovuto fare un passo indietro. 
    Rigel Malfoy Potter si era attirato un bel po’ di gratitudine e attenzioni che Loki non credeva gli facessero bene. Non era per nulla intenzionato ad alimentare in quel moccioso l’idea che fosse il centro dell’universo. 
    “L’anno prossimo comincerò la scuola” continuò una conversazione inesistente, lo sguardo attirato dalle rarità del suo studio. 
    “Hogwarts ti piacerà” replicò, cercando un modo per sbarazzarsi della sua presenza senza essere troppo brusco. 
    “Andrò a Illvermory.” 
    Ah, giusto. Prevedibile, pensò, concentrandosi sul suo ceppo, immaginando già dove avrebbe cominciato a tagliarlo, la forma che avrebbe avuto…
    “Mi farai una bacchetta?” Questa era davvero una domanda. “Dicono tutti che le tue sono le migliori, anche se non so come possano dirlo, dato che non le vendi. Sei uno strano fabbricante di bacchette.”
    Loki posò le mani sul bancone. Lo fissò, basito, poi rise. “Io non fabbrico in serie, io creo. E lo faccio per me. Le bacchette le faccio per me.” Non che il moccioso potesse capire, che chiunque potesse farlo, ma per lui era perfettamente logico. 
    “Ma per i miei genitori le hai fatte” ribatté lui col suo nasale accento newyorkese. “Anche se non ho capito perché una te la sei tenuta e l’altra l’hai data. È strano. Tu sei strano. Lo pensano tutti” gli disse sfrontato. 
    Ragazzini! “Un atto di straordinaria e irripetibile generosità. A Scorpius serviva una bacchetta migliore. Con la mia non ha difficoltà negli incantesimi ed è quasi un mago decente.” Il tono falsamente gentile a coprire le parole dure che comunque colpirono il ragazzino, neanche lo avesse schiaffeggiato. Lo vide adombrarsi, la rabbia ben visibile sul viso sottile ma, viste le difese mentali ferree, Loki resistette all'assalto.
    Sorrise soddisfatto, sebbene ancora stizzito all’idea di essersi separato da quella specifica bacchetta. Era unica nel suo genere. Doppio nucleo per una doppia forza: colibrì e zanne di Dentedivipera peruviano; il legno da un millenario olivo cretese, alloro e assenzio come terzo elemento, assurdamente flessibile. Perfetta. Non ne avrebbe mai creata un’altra come quella ed era stato tentato fino all’ultimo di tenerla, ma quella bacchetta aveva cantato per ore, nella sua testa, per congiungersi al suo legittimo proprietario, tanto che poi aveva ceduto. Nonostante ciò, avrebbe volentieri strozzato Scorpius, se avesse potuto, solo per riprendersela. 
    “Tuo padre James ha già una bacchetta buona” fece, riacquistando l’allegria al pensiero di essersi tenuto per sè una più adatta a lui. Una bacchetta con cui James Potter avrebbe fatto magie straordinarie.
    Rigel, lasciata scivolare l’espressione offesa, sembrò confuso. “Perché gliene hai fatta un’altra se era buona? E perché, nonostante tutto, te la sei tenuta?”
    Perché intanto mi ci ero affezionato. “Perché a volte, solo per alcuni maghi e solo se mi ispirano, creo una bacchetta migliore rispetto quella che usa, ma fargliela non significa dargliela.” L’idea era proprio quella: creare una bacchetta perfetta per quel mago, uno strumento magico, unico e irripetibile, fedele fino all’ultimo respiro, imprigionando tutto il potenziale magico in una scatola – tenerla per sè, inutile tra le sue mani, ma sua, sotto chiave. Per Loki, era quello il vero potere. Ad ogni mago a cui impediva la perfezione, lui si sentiva più potente, pur non governando il mondo. Era una promessa e, nonostante i molti difetti, non ne aveva mai mancata una. 
      Del resto, qualcuno, una volta, gli aveva detto che fosse straordinario, non il migliore. Se fosse stato migliore, avrebbe dato via le sue bacchette o forse no. Forse era meglio che le custodisse lui. 
    Scacciò il pensiero. “Generalmente non faccio una bacchetta sperando che quella si unisca a un mago capitato a caso. Prima il mago o la strega, e solo se ritengo che abbiano abbastanza talento, poi la bacchetta. Non prendo un pezzo di legno qualsiasi o un nucleo magico a caso: li seleziono con cura, scartando tra decine e decine, centinaia o migliaia. Ci perdo mesi, a volte anni.”
Aveva impiegato quasi sette mesi per creare quella di James Potter – ricerca del drago da cui prelevare la corda di cuore, inclusa. Molto più per studiare quella di Scorpius. Altre gli capitavano per caso. Un’ispirazione momentanea, fulminea, che a volte necessitava di tempo per essere sviluppata. Utilizzava metodi antichi per creare bacchette moderne, diverse – innovative, pensava lui. Nessuno aveva mai utilizzato bacchette da nuclei doppi, con polveri preziose, con...
    “E questa per chi è?” Rigel interruppe il flusso di pensieri. Indicò col mento il ceppo che aveva tra le mani. 
    “Per nessuno. Questa è un esperimento.” Ammise scontento. Era quello il motivo per cui, nonostante lo avesse già tagliato nella testa, il ciliegio rosso sarebbe rimasto intatto, forse persino abbandonato da qualche parte nello studio. Avrebbe usato qualcuno degli scartati, o forse non avrebbe usato niente e anche quel mese non avrebbe lavorato su nessuna bacchetta. Stava perdendo tempo, ma lui, di tempo da perdere, ne aveva fin troppo. E fantasticare sulle sue bacchette era l'unico modo che gli riempisse i pensieri senza mai annoiarlo.
    Rigel aveva ascoltato con interesse. “Se non stai lavorando a niente, perché non ne fai una per me? Non la sai fare? Sono troppo difficile per te?” domandò, fissando gli occhi nei suoi.
    Un demone dagli occhi verdi. Maledizione.     
    Gli prese il mento tra le dita e sollevò il viso. Sì, nonostante il taglio diverso, il colore era quello di Albus. Gli passò un brivido lungo la schiena e una cicatrice mai del tutto rimarginata prese a pulsare. Stonehenge lo aveva cambiato – aveva cambiato tutti. Ma quegli occhi non avrebbero mai smesso di scuoterlo da una parte all’altra dell'anima. 
    “Non sei difficile. Non da decifrare, almeno.” Arrogante, introverso, restio al contatto. “Legno di ginepro, resistente e profumato. Ho un pezzo di un esemplare dalla Virginia molto bello tagliato a quattro metri dalle radici che sarebbe perfetto per te” mormorò, più a se stesso mentre Rigel fingeva meno interesse di quanto non provasse.
Timido, riluttante a mostrare i sentimenti. “Violetta.” Sì, ma non una qualsiasi. Lealtà, coraggio, impegno, devozione – era pur sempre figlio di Grifondoro, anche se sarebbe finito a Serpeverde, anzi, a Thunderbird. E Il verde degli occhi... “Saintpaulia ionantha.” Violetta africana, perfetta, ne aveva una dal colore molto bello, vivido, che aveva raccolto in Tanzania.
Gli passò un dito sulle labbra, schiudendole, lo sentì irrigidirsi. Respinge con le spine, attira con i colori. “Agrifoglio inglese. E per il nucleo…” Difficile, qualcosa di particolare, insolito. Una creatura rara… Una giovane fenice. No.
    Aveva quell’artiglio di Ippogrifo, no…
    Si staccò, brusco. “Non posso farti una bacchetta!”
    Rigel traballò, deluso. “Ma…”
    Scosse il capo. “Non ho un nucleo adatto. Devo trovarlo, devo trovare quello giusto.” Piume di Qilin. Impossibile, erano rarissimi. E non sarebbe mai riuscito ad avvicinarne uno. Figuriamoci uno perfetto per lui. 
    “Posso aspettare” insistette Riegel e Loki sollevò le sopracciglia. “Posso aspettare tutto il tempo necessario.”
    “Mi ci vorranno anni” mormorò mentre la bacchetta prendeva vita nella sua testa. Avrebbe aggiunto polvere di giada nel manico per darle venature d’argento. Sarebbe stata elegante, allungata, fine, come uno stiletto. 
    Il bambino assottigliò lo sguardo. Sembrò un adulto. “Se mi farai una bacchetta, se poi me la darai, aspetterò tutto il tempo necessario.”
    Quell’immagine gli piacque come non capitava da tempo. “Dovrai usarne un’altra, intanto. Non mia, ovvio, non ho bacchette da buttare. Scommetto che ti venderanno una bacchetta con crine di Unicorno e biancospino, ma andrà bene, per cominciare…”
    Pensava che avrebbe strepitato, pestato i piedi, pianto. Era abituato ad avere tutto e subito. Invece, Rigel sorrise. Un gesto raro per quel ragazzino sempre imbronciato, incontentabile. Un sorriso che lo faceva somigliare più al padre che allo zio. “Per avere una tua bacchetta aspetterò. Ma poi dovrai darmela.”
    Giglio gigante dell’Himalaya, bianco, come i sogni di quel bambino. Forse. Se non si fosse affezionato troppo…
    Rigel assottigliò gli occhi verdi. Ecco, adesso somigliava a suo zio. 
    “Se saprai aspettare, te la darò” concesse.
    Rigel gli tese la mano, solenne. “Allora è una promessa.”
    
La strinse. “Una promessa” ripetè, ricordando a se stesso che non ne aveva mai rotto una. Soprattutto non con un Potter. 

 
Fine. 


1) Qualcuno, una volta, gli aveva detto che fosse straordinario, non il migliore –> il concetto è stato espresso, anche se solo a livello introspettivo, nella OS Ali di cera. Ma verrà ripreso nella Long.
2) Stonehenge aveva cambiato tutti. QUI MI STO ZITTA. MUTA IO, MUTA!
3) la Bacchetta di Riegel. 
    Ginepro> arkeuthos” dal verbo arkéo = respingere un nemico.
    Da un punto di vista simbolico le punte che respingono potrebbero essere lette non tanto come rifiuto di contatto, quanto come difesa – in questo senso la pianta è da sempre associata all'idea di protezione e di durata. La pianta si estende dal Canada meridionale al golfo del Messico, ma si trova anche in Europa, Asia ecc..
    Violetta in generale indica la timidezza, il pudore e la profondità di sentimenti anche se tra gli Antichi Greci e Romani veniva anche associato alla morte e alla sofferenza. La Saintpaulia ionantha è una varietà della Violetta africana significa ''io ritornerò per sempre'' un fiore molto delicato che si regala spesso alla persona amata o ad una persona a cui si è legati da un rapporto profondo e particolare;
    Donare un Agrifoglio significa regalare fortuna, serenità, successo, ma è anche una pianta pungente;
   Quilin, l'unicorno cinese. Una creatura Nobile e rarissima che è l'incarnazione stessa dell'armonia, pacifica ma diffidente, generalmente timida, che si inchina solo ai puri di cuore (e so che Mint a questo punto sta piangendo) e che Loki pensa di non poter avvicinare... uu
   Giada, simbolo della dinastia imperiale, rappresenta la ricchiezza, lo status sociale (ed è verde *fischietta*).
     Giglio gigante dell’Himalaya fierezza e cadore, ma anche orgoglio e attesa.
   La bacchetta di Rigel racconta molto della sua personalità spinosa. E ci ho messo cinque ore per delinearla nella mia testa. 
4) Thunderbird, la casa del Tuonoalato a Illvermory, corrisponde a Serpeverde, circa.

Note, di Lady
AdoroHH. Adoroh.
Allora, parliamo di Rigel. Il Nome viene dalla Costellazione di Orione e rappresenta la settima più luminosa del cielo. Significa ''Il piede sinistro'' e giusto per dirlo, il lato sinistro, per gli egizi, rappresenta la vita perché in esso si trova il cuore e dinanzi ai faraoni bisognava camminare sempre col piede sinistro davanti. 
Ora. lo so che nel capitolo 101 vi ho presentato Leon. Ma non ho mica detto che fosse figlio unico XD Ho provato a nascondere Rigel (sì, era previsto già da lì)
A me, e a Scorpius, i figli unici non piacciono. Rigel è più grande (un bel po' direi) di Leon. Biologicamente è il figlio di James e Sam ma è un po' emm il cocco di Scorpius ed hanno un rapporto simbiotico e un po' morbosetto, più in là gli farà bene un fratello con cui dividere giochi e attenzioni. 
Altro punto. E Albus? Dov'è? 
Dove?  
Non ve lo dico neanche morta. Sono stata bravissima a non accennarlo. *ride malignamente* (forse stava facendo le pulizie nello scantinato. Uno in soffitta e l'altro nello scantinato. Chissssssààà).
Ultima cosa. Il Titolo. Non Fabbricante, creatore. Creatore gente. 
Bene. Ora che ho pòubblicato questa OS ho il cuore in pace. Sono felice. Ciao. <3

 
   
 
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