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Autore: Nina Ninetta    13/06/2023    1 recensioni
Questa storia partecipa alla "To Be Writing Challenge 2023" indetta da Bellaluna sul forum "Ferisce la Penna"
Raccolta di storie dedicate al mondo di Tekken e ispirate a tematiche ben precise e diverse ogni mese, scelte dai partecipanti della challenge.
1. Տai chi sei? [Gennaio - Sisterhood - Nina&Anna]
2. La mamma è sempre la mamma [Febbraio - Motherhood - Steve&Nina]
3. Ⱥngel&Ðevil [Marzo - GrumpyXSunshine - Jun&Kazuya]
4. Come un abbraccio [Aprile - Domestic Fluff - Jin&Jun]
5. Coinquiline Diverse [Maggio - Roommate! AU - Xiaoyu, Asuka, Lili, Jin, Hwoarang]
6. Un Amore di Macchina [Giugno - ForbiddenLove - Lars&Alisa]
7. La Tomba dei Ricordi [Luglio - Childhood Friends - Heihachi&Kazumi]
8. Տole o Ҏianeta? [Settembre - Unrequited Love - Anna/Nina&Lee Chaolan]
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shoujo-ai | Personaggi: Lars Alexandersson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Questa storia partecipa alla To be Writing Challenge indetta da Bellaluna sul forum di Ferisce la Penna.
Mesegiugno
Tema: FORBIDDEN LOVE/STARCROSSED LOVE, un amore impossibile. Perché?
Per questo mese ho scelto di raccontare un amore impossibile e quale amore è più improbabile se non quello tra un cyborg e un essere umano?
Buona lettura,
Nina^^
 



Un amore di macchina
 

Alisa osservava Lars di soppiatto mentre questo le stava seduto accanto, provando una strana sensazione alla bocca dello stomaco.
Erano in viaggio ormai da giorni sulla Jeep che quella bella e gentile ragazza bionda aveva lasciato loro in dotazione per scalare le dune del deserto e sperare di trovare Jin Kazama, prima che lo facesse qualcun altro.
Lars teneva gli occhi puntati sul nulla che si dipanava dinnanzi a loro: un’immensa distesa di sabbia color ocra, i cui granelli a volte sembravano scintillare, sfiorati dai cocenti raggi del sole. Ogni tanto si asciugava la fronte umida di sudore con il dorso della mano destra, in un gesto fugace, distratto e istintivo, poi tornava ad avvinghiarsi allo sterzo dell’auto.
Alisa conosceva a menadito ogni sua ruga, ogni sua espressione o smorfia. Sapeva perfettamente a ciò che stava pensando, quando era preoccupato, arrabbiato o triste. Lo percepiva anche dalla temperatura del suo corpo che mutava, dai battiti del cuore che acceleravano o diminuivano a seconda della situazione. Avrebbe saputo descrivere a memoria e con gli occhi chiusi il colore della sua pelle, quello dei capelli, ogni sfumatura delle iridi. Dal primo momento che si erano incontrati aveva riconosciuto in lui i classici caratteri dell’etnia caucasica a cui apparteneva. E aveva notato anche una certa somiglianza, in alcuni tratti somatici, con Heihachi Mishima. Ma non gli aveva mai chiesto nulla, giacché si era accorta di come lo sguardo di Lars s’incupisse e la mascella si serrasse anche solo nel sentir pronunciare quel nome.
Lars si voltò appena per guardarla e accennò un sorriso:
«Lo troveremo, stai tranquilla» disse, con il suo solito tono calmo, rassicurante.
Alisa distolse lo sguardo con uno scatto del capo, balbettando un sì.
In realtà, per quanto fosse preoccupata della sorte toccata a Jin Kazama e nonostante sapesse che trovarlo e proteggerlo era l’ordine impostale dal suo padrone, avrebbe voluto continuare in eterno le ricerche per restare al fianco del suo amato Lars.
Quel pensiero la fece arrossire, o meglio: provò una specie di vampata di calore, dal momento che lei non poteva fisicamente arrossire.
Era un robot!
Un cyborg progettato dal dr Boskonovitch per salvaguardare e preservare l’esistenza di Jin Kazama. Anche quell’altro umanoide, un certo Bryan Fury, le aveva confermato che non era umana, eppure lei non riusciva a concepirsi in maniera diversa. Provava sentimenti ed emozioni. Poteva sentire la tristezza squarciarle il petto a volte, e avere voglia di piangere (ne sentiva quasi la necessità, ma non aveva lacrime nel suo corpo metallico); provava gioia e perciò sorrideva. O essere innamorata. Ed era proprio quest’ultimo il sentimento più bello e insieme avvilente che avesse mai percepito. Sebbene Lars fosse uno dei pochi a trattarla con rispetto – forse l’unico dopo lo scienziato che l’aveva creata – e non come un oggetto e basta, Alisa era conscia del fatto che lui non si sarebbe mai innamorato di lei.
Era una macchina, santo cielo!
Aveva letto intere saghe di uomini e donne innamorati che per mezzo di motivi di ogni genere non erano potuti stare insieme e godere del loro amore: famiglie nemiche, etnie o religioni avverse, ceti sociali troppo differenti. Ma mai di un uomo che perdesse la testa per un robot o viceversa.
Il loro destino non sarebbe stato quello di condividere la vita insieme, poteva solo sperare di restargli accanto il più a lungo possibile, di accompagnarlo nelle missioni che gli sarebbero state affidate e proteggerlo da chiunque cercasse di fargli dal male.
Sì, aveva deciso: lo avrebbe protetto anche a costo della vita.
 
*
 
L’esplosione avvolse il mercato di polvere gialla e spessa che rimase sospesa nell’aria, oscurando la visuale.
Lars tossì un paio di volte, schermendosi il naso e la bocca con un braccio. Provò a chiamarla, ma la voce gli uscì rauca e un nuovo colpo di tosse gli fermò il respiro nel petto. Gli occhi gli lacrimavano per la sabbia e gli sembrava di udire i rumori ovattati, come se fosse sott’acqua. Intorno a lui la gente che si trovava in quel momento al mercato, quindi venditori ambulanti, commercianti, ma anche donne e bambini, stavano urlando terrorizzati, piangendo e pregando che qualcuno li aiutasse. Ma Lars non poteva fermarsi a dare loro una mano, doveva trovare Alisa e portarla in salvo, al resto ci avrebbero pensato solo in un secondo momento. Tentò di chiamarla ancora una volta e questa volta, finalmente, gli parve di scorgere una ciocca di capelli rosati fra la polvere giallastra che si levava nell’aria.
«Alisa!» La raggiunse, inginocchiandosi al suo fianco e osservandola con gli occhi sgranati. Il corpo della compagna che l’aveva seguito fino a quel momento era quasi completamente schiacciato da un enorme parete di cemento che evidentemente si era staccata dall’abitazione alle sue spalle.
«La-Lars» balbettò l’umanoide con un filo di voce.
Lars abbassò lo sguardo su di lei, mentre calde lacrime gli solcavano il volto sporco di fuliggine. Alisa abbozzò un sorriso e una scossa elettrica le attraverso la guancia fino a raggiungere l’occhio sinistro: una volta di un delicato azzurro chiaro, ora si spense come si spegne lo schermo di un monitor.
«Shh, shh. Adesso ti porto via, ce ne andiamo. Il dottor Boskonovitch saprà cosa fare per… per…» Lars la studiò di nuovo, in preda al panico, senza sapere bene da dove cominciare per liberarla da quel pezzo di cemento che la imprigionava, senza contare l’inferno che li circondava.
Alisa avrebbe voluto piangere, come stava facendo lui, perché provava una tristezza enorme, e anche un’altra sensazione a lei sconosciuta: paura. Paura di morire; paura di lasciarlo; paura di non rivederlo mai più. E stava piangendo per chi? Per lei? Forse, pensò in un ultimo moto di lucidità, quello era il gesto più vicino all’amore che avesse mai potuto desiderare e ottenere da un essere umano. No, non da un essere umano. Da Lars.
«La-Lars» lo chiamò di nuovo, cercando un contatto con lui, il quale strinse la sua mano nelle proprie. «Viaggiare con te è stato bello. Peccato che non sia durato più a lungo. Mi hai trattato come una persona. È stato…» una nuova scossa elettrica attraversò l’unico occhio buono rimasto ad Alisa. «È stato bello.»
Furono le sue ultime parole, poi anche l’altra iride si scurì disattivandosi del tutto, mentre una voce metallica annunciava l’arresto del sistema.
La mano fredda e rigida del robot scivolò da quelle calde e fatte di carne di Lars, il quale rimase qualche altro minuto inginocchiato al fianco dell’amica, la testa china e piangendo lacrime vere, sincere, prima di alzarsi in piedi e mettersi al riparo dai militanti della G Corporetion che avevano teso loro un agguato.
Sgattaiolando fra i vicoli angusti e afosi del paese, con le guance ancora bagnate e gli occhi spenti dell’amica ben impressi nella mente, promise a se stesso che sarebbe tornato a prenderla. Ma quando quella notte lo fece, il corpo di Alisa non c’era più...


 
fine
 
  
  
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