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Autore: FlawlessDiva    16/06/2023    2 recensioni
STORIA PENSATA CON UN CAST VIRTUALE:
Lucy Lawless: RUBY EVANS
Gal Gadot: DIANA BITTON
In un modesto appartamento di Manhattan, vivono Diana e Ruby.
Diana svolge un lavoro in cui è a contatto con molti uomini influenti, e spesso tradisce Ruby andando a letto con qualcuno di loro per ottenere favori e droga. Ruby è una giornalista che sta svolgendo un’inchiesta in cui è coinvolta anche Diana. Ma chi è Diana? O meglio, chi era stata, un tempo? E cosa lega le due donne ai misteriosi omicidi seriali di giovani ragazzini?
Genere: Azione, Drammatico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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1
La nostra vita
 
 
Era incredibile la sua capacità di stupirmi.
Sapevo che ogni notte tornando a casa, lei, nuovamente, non ci sarebbe stata.
Ovviamente sono ironica. Non c’era quasi mai. 
Perciò, entravo. Controllavo che realmente non ci fosse, e uscivo nuovamente. Per non pensare. Ma camminare per i vicoli desolati di Manhattan mi faceva solo pensare di più. Diverse volte ho rischiato di essere rapinata. Che poi, per una donna che gira sola, la rapina è il male minore. 
Raramente, come stanotte, la trovavo lì ad aspettarmi: nuda dentro al letto, tra fresche lenzuola scomposte e con il mio cuscino tra le braccia. 
“Dove sei stata?” odio quel tono ironico e di sfida, quasi fastidioso, a cui aggiunge un sorriso sornione e irresistibile.
“E tu, invece?” Non ottengo riposta.
É uno di quei momenti in cui non mi fa nemmeno spogliare, che me la ritrovo di fronte con il lenzuolo bianco che avvolge il suo corpo fino alla prossimità del seno, e che contrasta con i suoi capelli neri, per poi vederlo cadere a terra.
“Allora? Devo spogliarti io, Ruby?”
Le sue braccia intorno al collo e i suoi occhi scuri che guardano insistentemente le mie labbra, stanno ammorbidendo le mie difese. Eppure, non merita le mie attenzioni.
“Non puoi ogni volta fare così…cos’è questo profumo? Non è tuo” conosco il suo odore, e ciò che si mette addosso per essere ancora più appetibile.
“La smetti di fare domande? Goditi il momento…” cerca di baciarmi, sento la morbidezza dei suoi capelli ondulati sul mio sterno. Sto per cascarci, quando decido di metterla alla prova.
“Odori di uomo, Diana. Puzzi come uno di quei bavosi con cui lavori. Per così dire.” Non é vero: sto mentendo, ma lei non può saperlo.
Le sue braccia intorno a me, stanno abbandonando la presa. Il calore del suo respiro sulla mia bocca mi sta lasciando. Poi, un breve dolore sulla mia guancia. Cerco di non perdere il controllo, mentre stringo forte il polso della mano che mi ha schiaffeggiata.
“Lasciami, Ruby! Non sarei dovuta tornare questa notte. Non sono venuta qui per farmi umiliare nuovamente da te!”
“Umiliarti? Io? Stai scherzando, spero!”
“Se non ti piace ciò che sono, possiamo anche finirla qui!”
“Non mi piace quella che sei diventata! È diverso!”
“Sono sempre stata così.”
“Non dire cazzate, sai benissimo che stai dicendo una marea di stronzate!”
“Ho sempre avuto una predisposizione per le dipendenze…del resto…se non fosse stato così, non starei con te.”
“Facile girare la frittata in questo modo!”
“Perché? Vuoi forse convincermi che non è così?” 
Lei che si crede dipendente da me…lei! Lei! Capito? 
Ho un ricordo così bello di lei e del nostro primo incontro, che se solo ci penso il fiato si spezza, ma allo stesso tempo provo rabbia e nausea, come se il mio amore per lei mi avesse tolto tutto quello che avevo quando ho preso coscienza di amarla.
Non dice più nulla. Indossa la mia camicia che avevo appoggiato sulla sedia la notte scorsa e allaccia solo il bottone di mezzo. Ma è proprio mentre la guardo sistemarsi i lunghi capelli all’insù che capisco cosa sta per fare.
“Diana…ti prego…”
“E perché no? Non ho niente da fare qui.”
Si avvicina al letto, si siede e apre il cassetto del comodino.
La sta tirando fuori…sta tirando fuori quella merda…!
Se ora dovessi avvicinarmi e buttargliela sul pavimento so già che finirebbe a schifo. Ormai siamo arrivate anche alle mani.
Così la guardo…guardo quella roba che dal naso le sale al cervello, e che me la sta portando via…
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 2
Due anni prima dell’oblio 
 
 
“Cos’abbiamo qui?”
“Omicidio per arma da fuoco, detective” dal tono della voce, il poliziotto non sembrava poi così convinto. 
“Levati e fammi vedere!”
Il ragazzo a terra aveva un foro nel petto, ma ai lati della bocca si poteva vedere bene della schiuma bianca mischiata a sangue.
“Arma da fuoco, eh?”
“Detective, io…”
La discussione venne interrotta dall’arrivo di un’auto.
“Chi ha avvisato i giornalisti?”
“Io non…”
“Certo, tu non ne sai nulla.”
Dall’auto scese una donna piuttosto attraente, alta, capelli lunghi. Sulla quarantina, ma sembrava più giovane.
Vestita di tutta pelle, giacca aperta e una maglietta bianca che non lasciava spazio all’immaginazione.
Al suo seguito, un paio di fotografi.
Ruby Evans, piacere” la donna allungò la mano verso il detective, che però non rispose con altrettanta cortesia.
Diana Bitton. E le assicuro che non è un piacere. Qui è morto un ragazzo di appena 15 anni”.
“Può dirmi di più di questo ragazzino?”
“Cosa dovrei dirle? Senza documenti, come gli altri tre prima di lui”.
Diana chiuse la cerniera del telo che conteneva il cadavere, poi fece cenno a uno dei poliziotti di portarlo via.
“Povero ragazzo…si può ipotizzare la causa del decesso?”
“Le pare che io sia un anatomopatologo o un medico legale? Per ora ciò che sembra evidente, è che la ferita da arma da fuoco sia solo un espediente.”
“Che cosa intende esattamente?”
A questa domanda Diana si stizzì, ponendosi di fronte alla giornalista a pochi centimetri dalla sua faccia. 
“Mi ascolti bene, Miss Evans, per lei questa è un’occasione di fare uno scoop e alzarsi di un gradino verso una carriera gloriosa, ma per me è ben altro! Perciò, si tolga dai piedi! Con una spallata cercò di congedarsi, ma Ruby la afferrò per un braccio.
Per un attimo Diana rimase senza fiato: era un tocco deciso, ma allo stesso tempo delicato. 
“Le consiglio di togliermi le mani di dosso! Sa che potrei piantarle una pallottola in uno dei suoi punti vitali?”
Ruby mollò la presa, era divertita e al contempo affascinata, poi tirò fuori dalla sua borsa un biglietto da visita.
“Mi chiami, quando sarà più ragionevole. So che lo farà.”
Diana rimase molto sorpresa dalla calma con cui Ruby si era rivolta a lei nonostante i suoi modi bruschi, così prese il biglietto con supponenza, quasi strappandolo dalla mano della giornalista, e si allontanò di fretta. 
 
Il mattino seguente, Ruby entrò in ufficio di buon’ora. In redazione era stata la prima ad arrivare, in modo da poter dedicare parte del suo tempo a qualcosa che non riusciva a togliersi dalla testa: la reazione del tutto anomala e fuori luogo di Diana. In realtà a un giornalista basta poco per fare accendere la miccia della curiosità, ma Ruby sentiva che dietro c’era molto di più del semplice fastidio di un poliziotto verso la sua categoria. L’intento era di cercare informazioni su Diana: un detective deve essere abituato a certe cose, no? E perché non sembrava essere così? Iniziò quindi a fare una ricerca in archivio degli articoli dei vari casi di omicidio degli ultimi anni, ma era tutto piuttosto regolare, tranne che per un fatto: quelli legati alla morte di ragazzini erano stati tutti assegnati a Diana. Non del tutto soddisfatta, decise di inserire solo il cognome: “Bitton”. Quello che ne venne fuori le raggelò il sangue, ma non fece in tempo a pensare lucidamente che squillò il cellulare: era un numero non presente in rubrica. 
“Sì?”
“Miss Evans? Sono Diana…Diana Bitton.”
In realtà Ruby non si aspettava che Diana la chiamasse, pensava sarebbe rimasto un vano tentativo, ma al di là di questo, si sentiva molto lontana dalle prime intenzioni per cui glielo aveva lasciato.
“Buongiorno Miss Bitton, a cosa devo…”
“Possiamo vederci?” tagliò corto.
“Beh, ecco…”
“La aspetto fuori dalla redazione alle venti in punto” la chiamata si interruppe. 
 
 
 
 3
Risveglio nell’abbandono 
 
 
“Ma cos’è questo casino…? Accidenti…” Pensavo di avere programmato la sveglia alle otto, ma si è stranamente attivata prima. Io e la tecnologia a volte non ci capiamo. Prendo il cellulare e reimposto tutto inserendo il silenzioso, poi lo ributto sul comodino.
Mi sento totalmente rincoglionita. Mi ero addormentata piangendo, con Diana al mio fianco completamente fatta…ma…
“Diana…? Cazzo! Cazzo!”
Se ne è andata. Ha aspettato che mi addormentassi per uscire.
“Maledetta stupida!”
Sono stanca di sentirmi impotente e di continuare a lasciarla fare. Sono stanca di rifiutarla perché mi schifa quello che fa e con chi. Vorrei uscire e andarla a cercare, ma sono anche stanca fisicamente.
Al lavoro arrivo sempre tardi, e se non fosse stato per gli articoli che a stento consegno puntuali, mi avrebbero licenziata da tempo. Mi nutro perlopiù di crackers e yogurt, che sono le uniche cose commestibili che trovo al distributore sotto casa. Non ho tempo e voglia di cucinare. Non ricordo nemmeno l’ultima volta che ho cucinato, men che meno quando lo ha fatto Diana, so solo che in cucina non c’è nemmeno una padella fuori posto e i piatti hanno cm di polvere sopra. 
Questo appartamento è molto diverso dal giorno in cui lo avevamo affittato per la prima volta. Sapeva di fresco, di pulito. E non solo perché lo tiravamo a lucido. Rispecchiava ciò che eravamo, e che con il tempo abbiamo perduto. Era luminoso, ogni angolo parlava di noi e del nostro amore. Adesso le serrande sono sempre abbassate, ed entra una penombra ostile, che non ha nulla di romantico; l’aria è viziata, alternata solo quando stendiamo i vestiti ad asciugare. Il sole non entra più dalle finestre e nella nostra vita.
Fare questo viaggio a ritroso in quello che era stato di noi, non mi aiuta a decidere di alzarmi dal letto e andarla a cercare. Dopotutto manca ancora qualche ora, così decido di chiudere gli occhi e di riposare quel tanto che mi consentirebbe di andare al lavoro lucida il giusto. Ma ormai il sonno se ne è andato, rimanendo solo quella stanchezza che non ti fa dormire.
Con la coda dell’occhio noto il telefono lampeggiare e mi sembra di intravedere il suo nome che batte sullo schermo.
Prima se ne va e poi chiama? Muori! 
Cazzo! Anche se il cellulare non suona, quel continuo brillare mi dà noia e decido di rispondere.
“Cosa vuoi?”
“Amore, ho fatto un incidente.” 
Ma da quando ha ripreso a chiamarmi amore esattamente? Non pensavo che la droga inacidisse e addolcisse la gente alla velocità della luce. 
Un incidente…ci sarà davvero da crederle?
“Ti prego…non so nemmeno dove mi trovo…”
“Mandami la tua posizione…cazzo, Diana!”
Ed ecco che comincia a piangere come una fontana e a non capirsi più nulla di quello che dice, tra singhiozzi e voce impastata dall’alcool. Ormai conosco tutte le fasi di questo delirio.
“Diana, ti ricordi come mandare la posizione dall’applicazione? Ti ricordi quando dovevamo vederci la prima volta e non riuscivamo a trovarci?”
“Sssì, me lo ricordo…”
“Ecco, brava. Ora metti il vivavoce così hai le mani libere”.
Fortunatamente si è calmata e mi ha mandato questa dannata posizione. Vediamo…Central Park! Beh, pensavo peggio!
“Ti è arrivata?”
“Sì. Non muoverti da lì”.
 

 
 4
Segreti 
 
 
Ruby uscì dall’ufficio alle 19:30, pioveva e non voleva assolutamente arrivare in ritardo. 
Diana al telefono era stata ermetica e frettolosa, così pensò che una donna di quel tipo ottimizzasse su tutto e che fosse il caso di anticipare l’uscita. 
Sistemò il manico dell’ombrello sotto al braccio, in modo tale da poter tirare fuori dalla borsa uno specchietto tascabile e controllare che trucco e capelli fossero ordinati, poi si spruzzò un po’ di profumo sui lati del collo e sui polsi, in seguito prese in mano il cellulare per passare il tempo che restava prima dell’incontro. 
Pensò di rimanere in attesa nei dintorni della redazione, in modo da farsi trovare subito, ma qualcosa andò decisamente storto, in quanto alle 20 in punto Diana ancora non era arrivata, e proprio in quel momento squillò il cellulare.
“Si può sapere dove si trova?” domandò seccata.
“Esattamente fuori dal palazzo, davanti all’ingresso.”
“Ma è sicura?”
“Certo, ma posso sapere in che zona è? Mi mandi la sua posizione.”
“D’accordo…”
Ruby scoppiò a ridere.
“Detective Bitton, io lavoro per il New York Times, ha completamente sbagliato strada!”
“Mer..! Mi dispiace tantissimo!”
“Non si preoccupi, continuerò ad aspettarla qui, purtroppo la mia macchina è fuori uso, altrimenti l’avrei raggiunta.”
“Ma con questo tempo potrebbe…” Ruby anticipò la risposta di Diana e tagliò corto.
“Non mi piace attendere nei locali da sola, preferisco stare qui. La aspetto.”
 
Diana arrivò con la sua Ford accanto al palazzo del Times, poi, sostò. La pioggia piuttosto fitta e i tergicristalli non consentivano una visuale nitida, e proprio mentre stava cercando di capire dove la stesse aspettando Ruby, sentì bussare al finestrino dalla parte del passeggero: era lei.
Diana fece cenno con la mano di salire, e Ruby si affrettò a chiudere l’ombrello e ad entrare in macchina. Nonostante l’attesa e il maltempo, la giornalista le sorrise. 
“Alla fine ce l’abbiamo fatta!”
“Già, mi dispiace molto…ho la testa altrove, non era mia intenzione farla aspettare così tanto…”
“Non si preoccupi, ora sono qui tutta per lei! Di cosa voleva parlarmi?”
“Ecco, io…” 
Diana sembrava imbarazzata per la frase di Ruby, e al contempo il profumo fresco della donna e il blu intenso dei suoi occhi, la fecero distrarre per un momento, poi si riprese guardandola con espressione dolcemente interrogativa.
“Tu…Lei…” si corresse subito “…vuole mangiare qualcosa?”
 
Il fast food in cui Diana invitò Ruby era molto distante dalla sede del Times. Si poteva notare una forte affluenza di giovani di età scolastica superiore che pagavano, aspettavano il loro turno alle casse e mangiavano avidamente.
Ruby non poté non notare che Diana li stava osservando con interesse.
“Perché siamo qui esattamente? Forse è arrivato il momento di parlarne.”
“Sto svolgendo delle indagini in questo quartiere. Il ragazzo che abbiamo trovato morto l’altro giorno aveva in tasca uno scontrino del locale e qualche dollaro.”
“L’autopsia è stata fatta?”
“Sì, ma nello stomaco non c’era traccia di cibo, e lui è stato ritrovato un’ora dopo che era uscito da qui.”
“Quindi ha comprato cibo da asporto.”
“Esattamente.”
“Probabilmente nemmeno era per lui…”
“Probabilmente. Anche perché nei dintorni non c’era altro. Credo sia stato portato sul luogo del ritrovamento e che non ci sia arrivato con i suoi piedi.”
Diana sembrava molto preoccupata, di una preoccupazione che andava ben oltre delle semplici indagini, e Ruby lo percepì.
“Posso farle una domanda?”
“D’accordo…” la donna stava pizzicando un hamburger. 
“Che cosa la turba realmente? Non mi dica che è per il fatto che siano coinvolti dei ragazzini. Lei ne vede a bizzeffe di questi casi, anche più cruenti. Insomma, è abituata… Io credo, e mi corregga se sbaglio, che ci sia un legame personale con questa vicenda…”
L’ultima frase per Diana fu determinante per farle perdere il controllo, tanto da non riuscire a deglutire, poiché il boccone si incastrò nella trachea impedendole di respirare: Ruby, rendendosi conto della gravità della situazione, si alzò di scatto verso la donna iniziando a comprimerle l’addome, fino a farle sputare il pezzo di cibo.
“Diana, tutto bene?
“Sì…ora sì…sto…sto bene…”
Come se fosse la cosa più naturale del mondo, la donna si strinse a Ruby.
Portami fuori da qui…”
 
Dopo avere impostato il navigatore, si mise alla guida dell’auto di Diana, che per gran parte del tragitto rimase appisolata con la testa appoggiata al finestrino. Ora le appariva estremamente fragile, ed era sicura che dopotutto lo fosse davvero: non riusciva più a vederla come la saccente e scorbutica poliziotta del primo incontro.
Avrebbe voluto parlare con lei, capire cos’era successo di così terribile da farla stare così male, approfondire quello che aveva appreso sul suo conto, ma di cui era all’oscuro. 
La ricerca le aveva fornito un solo e vago risultato, che la soddisfava solo in parte. Sapeva che il succo di ciò che cercava era stato sapientemente e volutamente omesso dalla polizia. 
Quei pensieri tuttavia furono presto sostituiti da un senso di tenerezza, quando il suo sguardo si posò per un istante sul viso di Diana, che ora era completamente avvolta in un sonno profondo. Non si sentiva più Ruby Evans, la giornalista sempre a caccia della verità, ma soltanto una donna assorbita dal turbamento di un altro essere umano. 
 
Il navigatore segnalò l’arrivo a destinazione a casa di Diana, e Ruby cercò di posteggiare delicatamente la macchina.
“Diana? Diana, si svegli…” le scosse leggermente una spalla.
La donna vide Ruby al posto di guida e sul momento non riuscì a capire, poi razionalizzò.
“Cazzo…”
“Direi che a me non resta che chiamare un taxi…ci aggiorniamo domani!” sorrise.
“No…no. È tardissimo. E poi siamo parecchio distanti, ti faresti prosciugare il portafogli per nulla. Domani ti riaccompagno in ufficio.”
“Non mi sembra il caso di disturbarla.”
“Nessun disturbo, sali da me.”
 
L’appartamento di Diana era modesto ma accogliente. Ciò che spiccava sopra ogni cosa, erano le diverse librerie posizionate in più punti dell’alloggio e lampade da parete dalla luminosità soffusa che sembravano mascherare l’ambiente circostante.
Ruby notò che alcuni portafoto erano rivolti a faccia in giù e che il soggiorno presentava una confusione tutto sommato “ordinata”: sul divano c’erano diversi vestiti piegati male ma sicuramente puliti, sul tavolino accanto era appoggiato un bicchiere di vino mezzo pieno, un notebook con adagiati sopra un discreto numero di fogli stampati.
“Mi dispiace per il disordine, sono desolata. Non pensavo avrei avuto ospiti.” disse sorridendo con amarezza.
Diana stava ripulendo il divano, e Ruby per non stare con le mani in mano si avvicinò per aiutarla, notando che tra i vestiti ce ne erano alcuni che sicuramente non appartenevano alla donna.
“Questi li prendo io.” si affrettò Diana, che quasi scappò verso una delle camere con la porta socchiusa, per poi bloccarsi e andare verso la propria camera da letto. Ruby notò immediatamente, ma preferì non sondare il terreno per il momento.
“D’accordo…mi sembra ovvio di non esserle gradita nonostante l’invito.”
Diana si girò verso Ruby con ancora i vestiti in mano.
“Puoi anche smetterla con questi convenevoli e darmi del tu.”
“E allora dimmi cosa ti è successo!”
“Perché, non lo sai? Ti sarai già informata, no?”
“Mi prendi in giro? Cosa credi che abbia trovato?”
“Anche troppo!” Diana diede una leggera spinta a Ruby dandole le spalle, ma non riuscì a fare più passi del dovuto che la donna batté una mano contro la porta della camera, che di riflesso si aprì.
Ciò che si presentò era chiaramente la stanza di un’adolescente.
“Chi vive con te? O meglio, viveva?”
Diana lasciò di riflesso cadere i vestiti, poi portò entrambe le mani sul viso: stava piangendo trattenendone i singhiozzi. Non voleva apparire debole verso chi, alla fine, era solo una sconosciuta.
La mia Noa…”
“Quindi è lei la prima vittima che è stata trovata vicino a Central Park…era tua figlia…”

CONTINUA...

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