Il giorno
della cerimonia era arrivato. La cittadella era gremita di
personalità e di
soldati presenti per il grande evento.
Per
l’occasione
era starà ingaggiata un’orchestra per suonare e la
compagnia dell’Orsa, dei
mastri Adalia e Feha. Arrivate appositamente in città,
approfittando
semplicemente dell’evento era stata chiamata a presentarsi a
palazzo per
alleviare l’animo gli ospiti con uno spettacolo.
Tutti i regni alleanti, erano stati richiamati nella lotta contro il
popolo
degli Elfi Oscuri
A suo tempo, Isobel, si era fatta forte della sua
superiorità al Consiglio dei Regni
Uniti, per porre il veto nei confronti di Artea e del suo te Arold.
Aveva fatto
in modo che il suo sovrano rimanesse isolato contro una coalizione
compatta,
composta dai più ricchi regni conosciuti. Ora che la
coalizione aveva iniziato
a sfoltirsi di alcune frange occidentali per Isobel era arrivato il
momento di
ritirare le redini dopo aver fatto nuovo pressione attraverso
l’arma persuasiva
della paura.
Assisa sul suo trono, stava ora ricevendo le diverse delegazione. Era
molto
importante che in quel giorno venisse data loto un'immagine del suo
governo di
massima solidità e forza. A tale proposito Isobel aveva
apprezzato il nuovo
aspetto di Oliviana.
Mentre il banditore annunciava i nomi dei vari ospiti, che al loro
ingresso le
sfilavano avanti per porgerle il loro saluto, tutti gli occhi andavano
alla
nuova figura che quella sera la affiancava.
Più dei tatuaggi e del pallore del suo volto, era il rosso
ardente dell'iride a
colpire gli ospiti. Sembravano scavare infondo alle loro anime, come a
carpire
i loro pensieri più intimi, le loro intenzioni
più recondite.
Nessuno aveva idea da dove venisse quella donna, ma presto in tutta la
sala non
si parlò d'altro che del suo sguardo.
**
Eragon era
di fronte allo specchio, allacciandosi la giacca sopra una candida
camicia
bianca. Con cura saggiò la fasciatura che Morgana gli aveva
cambiato da poche
ore. Continuava a dolergli ma era in via di guarigione. Una delle
guardie gli
annunciò l'arrivo di Rebekha.
Eragon diede
in ultimo sguardo allo specchio. Le tre serve che quel giorno lo
avevano
aiutato nel vestirsi se ne erano andate molto contrariate. Eragon si
era
rifiutato di radersi la barba e, a loro dire, la sua scelta stava
rovinando
tutto il vestito, dandogli un aspetto trasandato. Per Eragon, il suo
rifiuto
voleva essere un messaggio chiaro sul fatto che fosse un prigioniero in
quella
reggia.
- Ebrithil, io sono pronta. - gli fece eco Rebekha,
Eragon si lasciò
scappare un sorriso nel notare come la ragazza fosse impaziente per
l'evento.
- Arrivo. - risposto il cavaliere. Eragon si allacciò
l'ultimo bottone e si
avviò verso la porta.
Varcata la soglia il Cavaliere rimase a bocca aperta di fronte alla sua
allieva.
Rebekha era semplicemente splendida.
Abbandonati i comodi abiti degli allenamenti che la rendevano goffa, la
ragazza
aveva indosso un candito vestito color perla. Lo stretto corpetto, che
le
sottolineava i seni ancora acerbi, era completato da una gonna molto
ampia,
impreziosita da un morbido pizzo. Delle scarpette di stoffa, dello
stesso
colore del vestito, per finire, delineavano i piccoli e delicati piedi
della
ragazza.
Rebekha dovette accorgersi del suo sguardo, perché divenne
subito rossa e
istintivamente si sistemò una ciocca di capelli dietro
l’occhio.
- Stai molto
bene stasera. – si complimentò lui. La ragazza lo
guardo sottecchi.
- Anche tu Ebrithil.
– rispose.
- Come sta il tuo braccio? – chiese subito dopo per togliersi
da
quell’imbarazzo. - Dopo il duello con Olivina avrei voluto
venire a trovarti, ma
Isobel non ha voluto. -
Quelle sue premure fecero scappare un sorriso ad Eragon, che alzato un
sopracciglio, mosse con cautela il braccio fasciato.
- Sta molto
meglio come vedi - ma Rebekha non sembrò dello stesso parere
– Non ha permesso
che ti guarissero con la magia? – chiese incredula e delusa -
Perché? – il suo
sguardo si era incupito. Era la prima volta che Eragon sentiva la
ragazza
esprimere un dubbio sull’operato della regina.
-
Permetterà
a Oliviana di farti ancora del male? – gli chiese allora
spaventata. Tra lei e
il sicario c’era stata sempre una certa rivalità.
Isobel aveva riversato su
entrambe grandi responsabilità ed ognuna di loro ambiva a
primeggiare
sull’altra. Nella mente di Rebekha si era creata la certezza
che fosse proprio per
la loro rivalità che l’altro giorno il sicario lo
aveva attaccato in quella
maniera così violenta. Eragon cercò di
tranquillizzarla.
- So badare
a me stesso Bekha, il tuo addestramento non è ancora
terminato. Isobel non
permetterà che io vada da nessuna parte.
Mi è
difficile ammetterlo, ma la regina sa quello che è meglio
per te. – Eragon era
consapevole che quello che le aveva appena detto era solo in parte la
verità. Non
era necessario che sapesse tutto, non ora.
Dall’altra
parte Rebekha rimase colpita quando con gentilezza le posò
il braccio sano
sulla spalla per placare i suoi dubbi.
- E per te?
Qualcuno
si occupa di quello che è meglio per te? – chiese
alla fine. Eragon le sorrise
accondiscendente.
- Io non
sono così importante. Andiamo adesso o faremo tardi
–
Incapace di
ribattere
Rebekha annuì solo e insieme percorsero i corridoi che della
caserma conducevano
agli edifici della reggia.
Girato l'ultimo corridoio, prima di introdursi nell'anticamera,
l’attenzione di
Eragon venne attratta da una testa che scivolò furtiva
dietro una delle
colonne. Non era riuscito ad osservarlo bene in viso, ma Eragon avrebbe
giurato
di aver riconosciuto Murtagh.
- Cosa c'è? - gli fece Rebekha, vedendolo esitare per un
attimo.
- Credevo di avere visto… qualcuno. - le rispose, accigliato.
Eragon diede solo un ultimo fugace sguardo a quella direzione, poi
raggiunse
nuovamente Rebekha.
Da dietro la
colonna Murtagh e Par trassero un profondo respiro.
- C'è mancato molto poco. Maledizione, anche Eragon
parteciperà alla festa. Ora
sarà più difficile avvicinarci a lui. -
Affacciandosi nuovamente da dietro una colonna, Murtagh
seguì con lo sguardo le
due figure che entravano insieme nella grande sala gremita di gente.
- Io devo raggiungere gli altri della compagnia per lo spettacolo
– lo informò
Par – tu te la caverai da solo? –
Dei nuovi
rumori costrinsero i due a nascondersi, appiattendosi contro una parete.
- Stai giù - gli sussurrò Murtagh, mentre due
paggi apparvero improvvisamente
nel corridoio, per sparire subito dopo dietro una porta di servizio.
- Credo di potercela fare. Continueremo ad attenerci al piano. -
**
Intanto, dentro
alla sala alla vista dei nuovi arrivati la musica si attenuò
appena e le voci
si placarono fino a diventare un impercettibile brusio.
Eragon sentì tutti gli occhi puntati su di loro. E
stringendo una mano sulla
spalla di Rebekha la invitò ad andare avanti.
Come avevano fatto tutti gli altri invitati prima di loro, anche Eragon
e
Rebekha si avvicinarono alla regina per rivolgerle il saluto ufficiale.
Dietro di lei lo spettro lo fissò con sguardo ardente.
Sgomento Eragon constatò
come la sua trasformazione fosse completata adesso.
Oliviana non c'era più. Il suo volto aveva assunto un
aspetto pallido e bianco,
oltre ogni dire.
E la sua pelle, un tempo olivastra era ora diafana, e aveva lungo il
profilo,
sul mento e sugli zigomi, degli strani disegni neri che le marchiavano
la pelle
come tatuaggi. I suoi occhi, infine, erano diventati di un rosso
ardente, come
pure i suoi capelli, che ora le cadevano liberi sulle spalle.
- Potete alzavi Eragon di Alagaësia e Rebekha Coleman - fece
loro Isobel
porgendo la mano a entrambi.
- Vorrei presentarvi a qualcuno – disse prima di girarsi
verso l'ombra alle sue
spalle.
- Olivina? - fece Rebekha riconoscendo a malapena le sue sembianze.
- Non più. Adesso il mio nome è Verschna. - gli
rispose lo spettro con un
sibilo finale. Lo sguardo di Eragon, lo sapeva, non l'aveva mai
abbandonata, e
così quando la regina diede finalmente loro le spalle, lo
spettro gli si
affiancò, rapida e sinuosa come un serpente.
- Non mi sembri sorpreso nel vedermi. -
- Sono sorpreso che tu abbia deciso di servire una regina. - fece
Eragon di
rimando. Lo spettro rise sommesso.
- Le apparenze a volte ingannano, Ammazzaspettri. -
- Verschna? - gli fece eco la regina.
- Vi raggiungo, maestà. -
- Ora se me lo permetti Eragon devo andare. -
Eragon scrutò lo spettro con preoccupazione. Più
esile di quanto la ricordasse,
lo vide muoversi con disinvoltura tra gli sguardi della gente, e non
poté fare
a meno di notare la soddisfazione sul volto di Isobel, nell'osservare
le loro
reazione. Anche Rebekha osservava lo spettro con sguardo pieno di
orrore e ribrezzo
ma cercava di nascondere i suoi veri sentimenti ogni qual volta la
regina le rivolgeva
la parola. La ragazza non avrebbe mai fatto nulla che potesse arrecarle
dispiacere alla sua regina ma Eragon sapeva che quella sera qualcosa
nella sua
fiducia aveva iniziato a incrinarsi.
La serata
proseguì
ed Eragon si trovò a parlare con diversi alleati desiderosi
di scambiare una
parola con lui. Molte più persone di quanto credesse avevano
sentito parlare di
Alagaësia e tutte erano desiderose di farsi conoscere. Eragon
ascoltava
soprattutto, ma divenne presto evidente come, la costante presenza di
Isobel, impediva
a tutti potersi esprimere con libertà. Le poche informazioni
che riuscì a
carpire gli fecero capire che esisteva un generale malcontento tra
tutti gli
alleati. Una diffusa paura di essere i soli a non condividere le sue
idee. Solo
la paura teneva uniti tutti.
La regina
dovette
accorgersi del pericolo rappresentato dalla presenza di Eragon,
così iniziò monopolizzare
le varie conversazioni indirizzandole con maestria verso argomenti
più futili. Vennero
serviti anche cibo e bevande, e a metà serata venne
finalmente annunciato il
tanto atteso discorso.
Tutti gli ospiti si adunarono nella sala dove avrebbe avuto luogo il
discorso
di Isobel.
La regina salì sulla pedana che ospitava il trono, visibile
a tutti
- Amici e Allenati di Zàkhara. - pronunciò con
voce solenne.
- Ho il gravoso compito di interrompere questo momento di festa per
riferirvi
della nostra attuale situazione.
In questi
ultimi mesi si sono verificati degli avvenimenti straordinari. Il fato
ha
voluto che al nostro fianco comparissero due importante alleati. I
cavalieri Eragon
da Alagaësia e Rebekha Coleman, figlia dell’eroe di
guerra Phil Coleman. –
Accompagnati
dallo sguardo della regina, Eragon e Rebekha salirono gli scalini della
pedana,
dove presero posto al suo lato.
- Ma non può esserci trionfo senza qualche sacrificio.
Eragon ha perso la sua
dragonessa ma si è offerto di istruire il nostro campione
Rebekha. Lei e il suo
drago hanno grandi responsabilità sulle loro spalle, ma
è giunto il momento che
anche voi alleati, teniate fede alle promesse fatte e scendete al mio
fianco,
al fianco dei popoli liberi, contro il nostro comune nemico. - Il
discorso,
continuò con pomposi riferimenti alla magnificenza e potenza
del loro esercito equipaggiato
con le nuove armi da guerra.
Sul finale uno scroscio di applausi accompagnò il passaggio
della regina e dei cavalieri.
Lo spettacolo
della compagnia dell’Orso stava per essere inscenato sul
palco della sala
accanto.
Eragon rimase un poco indietro rispetto a tutti gli altri. Dalla sua
posizione
arretrata vide chiaramente Isobel e Rebekha, prendere poste tra le
prime file,
mentre non riuscì a scorgere da nessuna parte lo spettro.
Improvvisamente nella confusione che regnava, una mano lo
afferrò per il
braccio, trascinandolo lontano in una piccola stanza adiacente alla
sala.
- Chi è che…- iniziò a protestate ma
dovette interrompersi quando girando il viso
intravede un ricciolo scuro.
- Shhh, non gridare così forte, o finirai per farci scoprire
- Eragon riconobbe
immediatamente quella voce - Vedo che ti sei fatto crescere la barba
fratellino. Ti dona sai? – continuò il maggiore
girandosi verso il fratello.
- Murtagh. Come hai fatto a sapere che mi trovavo qui, e come sei
riuscito a
entrare? Il palazzo è gremito di soldati e Isobel
è qui! -
Il moro gli sorrise con affetto - Sono venuto per tirarti fuori da qui.
Per la seconda
volta. – puntualizzò - Sono con Par e con una
maga, hai già avuto modo di conoscerla.
-
- Morgana? – Eragon si accorse di non essere affatto sorpreso
di quella
scoperta.
- È
una
storia lunga, che ti racconterò volentieri una volta che
saremo usciti. Avanti
vieni via con me. Dobbiamo essere rapidi lo spettacolo non
durerà in eterno Par
ha preparato un finale a sorpresa offrendoci un diversivo. -
- Ma io non posso venire con te Murtagh. - lo fermò Eragon,
svincolandosi con
delicatezza dalla presa del fratello - Non posso andarmene
così e lasciare
l'allenamento di Rebekha. -
- Che cosa dici Eragon? Hai sentito cosa ho appena detto? - fece lui,
afferrandogli di nuovo il suo braccio.
- Murtagh quella ragazza ha bisogno di una guida. -
- Eragon - lo interruppe con vigore Murtagh
- Anche Saphira ha bisogno di te ed anche Arya. -
Gli occhi di Eragon si allargarono per un breve attimo, per poi
abbassarsi
rapidamente:
- Murtagh Saphira è morta! -
- No Eragon. Lei è ancora viva. -
- Che cosa dici? – chiese mentre sentì un groppo
salirgli dallo stomaco e
bloccarsi alla gola. Un rumore di passi dietro di lui
riportò Eragon alla
realtà, ricordandogli dove si trovava.
- Nasconditi. Presto - disse, spingendo Murtagh dietro la tenda.
Il più giovane dei fratelli si girò lentamente
verso l'ingresso, per trovarsi
come aveva temuto, di fronte a Verschna.
- Chi c'è lì con te? - chiese lei fredda.
- Nessuno. Sono venuto qui per prendermi una pausa da tutto il
trambusto. -
Dietro alla tenda dove era nascosto, Murtagh non poteva vedere il volto
della
persona che era entrata, perché il pesante tessuto del
drappeggio glielo
impediva, ma avvertì distintamente la sua
malvagità. Lentamente il cavaliere
estrasse un corto pugnale, pronto a reagire.
- Vedo - gli
ripose lo spettro di rimando. Passò lentamente intorno ad
Eragon poi fece un leggero
piegamento con la testa in direzione del nascondiglio di Murtagh prima
di
allontanarsi.
- Sei ben sorvegliato fratellino. - disse Murtagh uscendo dal
nascondiglio, il
tono ironico, nel tentativo di alleggerire la tensione che si era
creata.
- Chi era? Mi sembrava… -
- Era Oliviana. - Murtagh fu sorpreso nel notare una nota di
apprensione nella
voce del fratello.
- Oliviana? Non è possibile. L’avrei riconosciuta.
-
- Non avresti potuto Murtagh Olivina è uno spettro ora. Il
suo nome è Verschna adesso
e temo ti abbia visto. Non tarderà a ritornare con delle
guardie. Devi andare
via, subito, prima che ti scoprano qui. Io non posso venire con te per
ora. -
gli rispose abbassando la voce, e spingendolo nuovamente con forza
verso la
finestra. Il gesto gli costò più fatica del
previsto.
La stanza si
affacciava su un piccolo parco, attraverso cui Murtagh sarebbe potuto
fuggire.
Il maggiore non poté far altro accettare la
verità dei fatti: e cioè che
avevano perso un'occasione di fuga. Ma mai e poi mai avrebbe
abbandonato il
fratello, per nessuna ragione.
- Eragon, quello che ti ho detto su Saphira è vero. Cerca
nel tuo cuore. Tu lo
sai che è ancora viva. Mi metterò presto in
contatto con te attraverso Morgana
-
- Devi andare adesso Murtagh - fu la sola risposta di Eragon.
Murtagh guardò ancora un attimo il fratello. C'era stato
qualcosa di
tremendamente sbagliato in lui. Per tutto il tempo che avevano parlato,
Eragon
non lo aveva mai guardato negli occhi per più di qualche
secondo. Sopprimendo
la propria delusione, Murtagh si dileguò tra la vegetazione
sotto lo sguardo
vigile di Eragon, che rimase a seguire la sua ombra fino a quando
scomparve.
Poco dopo
delle guardie entrarono nella piccola anticamera, le spade in mano.
- Capitano, non c'è nessuno qui. - gli dissero dopo aver
frugato in tutti gli
angoli
- Ispezionate il giardino - fece loro lo spettro in tono secco, posando
i suoi
occhi su Eragon.
- Dimmi chi è stato qui con te. -
- Ti ho già detto, che non c'era nessuno - le rispose Eragon
facendo cenno di
voler tornare nella sala. Ma lo spetro gli si parò davanti
con un sorriso
- Non ti permetterò di sfuggirmi. - gli disse posando le
esili dita sulla sua
guancia. Poi passando ad accarezzargli una ciocca dei capelli, aggiunse
con un
sussurro:
- Isobel ti ha consegnato a me, Ammazzaspettri, e prima che questa
guerra abbia
fine, io avrò la mia vendetta. E' una promessa. -
Eragon serrò la mascella con trepidazione, le parole dello
spettro lo avevano
gettato un profondo sconforto.
- Non riferirò questo episodio alla regina, sarà
il nostro piccolo segreto. - continuò
melliflua. Poi ritirando la mano lo spettro lo lasciò andare.
Rientrato
nella sala, Eragon attese che lo spettacolo finisse. Nessuno fece caso
a lui, mentre
il gran finale aveva luogo, spettacolare come gli aveva promesso
Murtagh. Erano
tutti presi dalla rappresentazione e la sala era piena delle loro
risate. Lo
spettro, notò Eragon, era ritornato silenziosamente accanto
alla regina, come
se nulla fosse successo,
mentre veniva raggiunto da Rebekha.
- Ebrithil,
finalmente! - gli disse lei con voce squillante. La ragazza
era entusiasta.
Il suo malumore di prima era stato già dimenticato. Nel
guardarlo la ragazza si
fermò subito - C'è qualcosa che non va? Hai una
faccia. - gli disse allora Rebekha.
- Gli spettacoli comici non mi sono mai piaciuti molto. -
mentì lui, cercando
di fare un sorriso. –
- Sarà - gli disse circospetta - ma poco fa mi sembravi
felice di essere qui -
- Sono solo stanco, credo mi ritirerò. -
- Così presto? Volevo farti conoscere mia madre - Gli
rispose lei guardandosi
intorno, evidentemente in cerca della donna. –
…aspetta, era accanto a me fino
a un attimo fa. -
disse imbronciata.
- Sono
davvero stanco Rebekha, sarà per un’altra volta -
fece allora lui, baciandole
la fronte con fare protettivo. Delusa la ragazza rimase a guardalo
mentre si avvicinava
a Isobel che lo congedò. Stranamente la festa non le pareva
più tanto
eccezionale adesso.
**
Rientrato
dentro l'edificio della caserma, Eragon venne accompagnato fino alle
sue stanze
dai soliti maghi che non lo lasciavano mai solo.
Nella stanza
da letto si tolse adagio il prezioso abito per indossare delle vesti
più
comode. Poi si stese sul letto, nel tentativo di sbrigliare la matassa
di dubbi
e domande che affollavano al sua mente.
Non aveva idea di come Murtagh avesse saputo della sua presenza a
Abàlon, ne
perché Par non lo avesse informato di quello che era
successo a lui e Saphira a
Gratignàc.
Di una cosa era certo il Murtagh non gli avrebbe mai mentito su una
cosa così
importante come Saphira. Non ne avrebbe avuto motivo. A meno che non
fosse
stato ingannato.
Saphira. La sua Saphira era davvero viva? Il pensiero lo inebriava e
terrorizzava allo stesso tempo, e uno strano senso di nostalgia e
rabbia si
erano venuti a formare dentro al suo animo, impedendogli di ragionare
lucidamente.
Improvvisamente, a pugni chiusi, Eragon colpì con forza il
materasso sotto di
se, crollando poi su se stesso. Perché in tutto quel tempo
Saphira non era
venuto a cercarlo, o non aveva tentato di raggiungerlo? Respirando
adagio
Eragon si rivoltò nel letto, mentre un sonno agitato lo
accompagnò per tutta la
notte.
***
L’invito
a
partecipare attivamente alla guerra, aveva scosso gli animi degli
alleati, e la
regina venne impegnata in molti consigli di guerra con i vari delegati
per
discutere sulle linee di azione e strategie da mettere in atto, da
riferire poi
ai loro sovrani.
Verschna era stata sempre accanto alla regina, consigliandola o
trattando lei
stessa con alcuni alleati più tenaci.
Nelle giornate che seguirono Eragon non ebbe più modo di
rivedere lo spettro, e
fu nello stesso tempo un sollievo e una pena.
Le sue lezioni con Rebekha erano riprese con la solita
regolarità ma l'atteggiamento
della ragazza nei suoi confronti era radicalmente cambiato.
Anche se Isobel aveva attenuato molto i sospetti della giovane nei
riguardi
dello spettro, Rebekha si era fatta particolarmente curiosa nei
confronti del
maestro.
Non aveva
mai abbandonato l’idea di farlo conoscere alla madre. Nei
pensieri della
giovane, infatti, si era piantato il seme della curiosità e
la ragazza aveva
iniziato ad indagare per conto suo.
Eragon si
era trovato a rispondere a domande sulla sua vita, sulla terra da dove
veniva.
Rebekha sapeva che Alagaësia era anche la patria della madre e
aveva iniziato
fargli domande anche su Saphira.
– Se
sei un
nostro alleato perché non ti vedo mai al di fuori della
caserma? – le aveva
chiesto un giorno dopo una lunga sessione di allenamento.
- Tu sei il
solo motivo che mi lega a Abàlon, Bekha – le
rispose scherzosamente Eragon, sapendo
che a quella domanda ne sarebbero seguite altre. Rebekha
alzò un
sopracciglio scettica. Era solito farlo sempre anche con Xavier quando
si
accorgeva che il capitano le mentiva.
- Quando
crescerai
capirai che non è sempre possibile fare ciò che
si vuole. – aggiunse alla fine nel
guardare l’espressione insoddisfatta del suo volto.
- Anche per
un cavaliere come te? – lo incalzò la ragazza per
nulla intenzionata ad
abbandonare il discorso.
- A maggior
ragione per un cavaliere. – le rispose Eragon incrociando le
mani al petto
- Mi sembra
di sentir parlare mia madre. - protestò Rebekha.
- Tua madre deve
essere una persona molto saggia. – rispose con un sorriso.
- Avrei
voluto fartela conoscere alla cerimonia, ma tu te ne sei andato via.
Lei mi
ascolta sempre volentieri quando le parlo di te, sai? Anche lei dice
sempre che
è necessario rinunciare a qualcosa per ottenere un bene
più grande. –
Rebekha
proseguì a parlare un altro po’ della madre poi si
congedò.
Rientrando
nelle sue camere Eragon rimase sorpreso di trovare Morgana ad
attenderlo; non
aveva più pensato all’incontro con il fratello dal
giorno della cerimonia. Polonia
aveva ripreso il suo servizio e la presenza della donna non era stata
più necessaria.
Eragon scattò subito sull’attenti nel vederla. Se
l’avessero scoperta sarebbe
stata arrestata immediatamente.
La donna
dall’altra
parte non sembrava affatto preoccupata di questo e lo guardò
con le mani
incrociate sul grembo e un sorriso serafico sul volto.
Eragon la
squadrò
da capo a piedi - Così sei qui con mio fratello. - gli fece
in un tono quasi
accusatorio.
- Mi dispiace non averti potuto dire nulla prima. Ma Murtagh mi ha
chiesto di
non farlo. Voleva essere lui a raccontarti tutto. -
- Lo so. -
- Eragon. Io, Par e tuo fratello non possiamo rimanere oltre in
città. Ogni
giorno sta diventando sempre più pericoloso per noi. - non
vedendo nessuna
reazione da parte di Eragon Morgana proseguì.
- Abbiamo parlato a lungo. Non c'è modo di farti riuscire
senza che tutta la
guarnigione della caserma ci salti addosso. Così
l’unica maniera che ci rimane,
è che sia tu a venire da noi. Chiedi il permesso di poter
allenare Rebekha fuori
dalle mura. Una volta usciti, passeranno ore prima che la regina scopra
che sei
fuggito, e a quel punto noi saremo già lontani e fuori dalla
sua portata. -
Eragon rimase per un po' in silenzio, riflettendo sulle parole di
Morgana.
- Io non posso andare via Morgana. Non posso lasciare Rebekha
– si giustificò.
- Eragon devi capire, Saphira ha bisogno di te. – Eragon
questa volta reagì – No
– disse con estrema durezza. - Ho sentito il nostro
legame spezzarsi, e il
suo corpo cadere a terra senza vita! Lei è morta
Morgana! Perché mi
tormentate in questo modo! –
Morgana
stette attonita di fronte a quella risposta. Era dunque questo che lo
bloccava?
Morgana poteva solo immaginare il dolore del cavaliere ma si
sforzò di comprenderlo.
- Eragon,
quello che hai sentito, è stata Saphira, che spezzava il
vostro legame, ma il
suo spirito non ha mai abbandonato il suo corpo. – Morgana
doveva scuotere il
suo animo, o lo avrebbero perso per sempre. La maga tornò a
parlargli con voce
calma. - Il mattino dopo che tu sei stato portato via da Oliviana, io e
Par
siamo rimasti al suo fianco, e sanato le sue ferite. Con molta
lentezza,
Saphira ha recuperato le forze, ed è ritornata a volare.
Eragon guardami negli
occhi. Sai che sto dicendo il vero. - Morgana lo scosse con forza,
costringendolo ad alzare gli occhi.
Una sola lacrima scese lungo il volto. Eragon serrò la
mascella la fissò con
sfida. Solo la rabbia gli permetteva di non crollare, adesso. Morgana
continuò
il suo racconto:
- E' stato allora che Lei e Per hanno deciso di proseguire il loro
viaggio. Li hanno
trovati Eragon, hanno incontrato gli altri draghi che vivono al di
là della Stonewood.
Con loro c'era anche Eleonor. Ma perché cedano una delle
loro uova a noi, c'è
bisogno che tu e Saphira dimostriate la forza del vostro legame. - ci
fu attimo
di silenzio mentre sentiva la ferita per la perdita di Saphira
ritornare a
fargli male più di prima. Poi Eragon parlò.
- Ammettendo che quello che dici è vero. – disse
con fatica - abbiamo più di un
problema. C'è un nuovo spettro, al fianco della regina ed
anche se riuscissi a
uscire dalle mura, Isobel non mi permetterà di certo di
allontanarmi senza
un'adeguata sorveglianza. -
- Eragon quello che ti abbiamo detto io e Murtagh è vero.
Saphira è viva.
Per quanto riguarda la sorveglianza, non saranno un problema per tuo
fratello
renderli innocui. Mentre per lo spettro, so per certo che non
è in città. Se
c'è un momento migliore per fuggire è adesso. -
Eragon era rimasto in silenzio, lo sguardo ancora una volta basso.
- Saphira non mi avrebbe mai lasciato solo. - disse infine con voce
rotta, e
lasciando uscire tutto quello che si era tenuto dentro dal suo incontro
con il
fratello.
- Eragon, la sua è stata una scelta molto difficile. Siamo
stati io e Par a
convincerla della necessità di partire. Prima di lasciarci
mi ha fatto
promettere che sarei tornata indietro per liberarti. Ed eccomi qui. -
Il volto di
Eragon era tornato ad essere una maschera di impassibilità,
solo le sue labbra,
trasformate in una sottile linea, tradivano il suo tentativo di
reprimere il
proprio dolore.
- Parlerò alla regina. - disse infine alzando il volto verso
di lei
- Le chiederò di poter allenare Rebekha e Kima fuori dalle
mura. -
- Credimi Eragon. Saphira vi ama più della sua stessa via. -
- Domani vi farò sapere. - fu la sua unica risposta.
***
Ci incontreremo
al limite esterno della foresta a sud-ovest delle mura. Attenderemo di
vedervi
volare fuori dalla caserma, per raggiungervi più tardi. Eragon
ripercorreva
mentalmente le parole di Morgana, mentre Kima e Rebecca volavano sopra
di lui.
C'è uno spiazzo, poco più avanti.
gli riferì mentalmente Rebekha grazie
alla sua visione privilegiata dall'alto.
Vide Kima planare leggera sulla piccola radura, ed Eragon
spronò il suo cavallo
ad avanzare più veloce nella sterpaglia. Dietro al suo
destriero, quattro soldati
e un mago lo seguivano senza perdere le sue mosse. Isobel gli aveva
risparmiato
il guinzaglio ma al suo posto il mago non mancava di ricordargli la sua
presenza usando il collare ogni qual volta lo riteneva opportuno.
- Ripetimi ancora una volta il motivo per cui siamo venuti qui maestro.
- gli
chiese un'altra volta Rebekha una volta scesa dal dorso di Kima.
- Meditazione Rebekha. - rispose Eragon con un mezzo sorriso.
- Trova un luogo qui vicino, che sia abbastanza appartato e siediti.
Poi apri
la tua mente, come ti ho insegnato, e quando avrai sentito la
totalità della
vita che ti circonda, ritorna qui da me. Io intanto
insegnerò a Kima alcune
manovre particolari, da eseguire in volo. -
Rebekha si immerse ubbidiente nel mezzo del bosco, guardando
attentamente
intorno a lei come gli aveva suggerito Eragon, fino a quando non
trovò il luogo
che poteva soddisfare le sue esigenze. Si trattava di un piccolo
spiazzo
avvallato, che le permetteva di essere isolata dal resto della foresta.
Raggiunto il centro della radura, Rebekha si sedette comodamente, poi
chiuse
gli occhi e aprì la sua coscienza. Improvvisamente una
miriade di emozioni e
sensazioni invase la sua mente, lasciandola senza fiato. La sua prima
reazione
fu di chiusura, ma qualcosa la trattenne dal fuggire. Pian piano con
l'aiuto
della calma, e rilassandosi, la ragazza riuscì presto a
controllare il flusso
delle immagini che gli venivano dalla natura che la circondava. Aveva
appena
iniziato ad analizzare le prime forme di vita, accanto a lei, quando
nell'aria
avvertì che qualcosa di sbagliato. L'istante successivo la
ragazza intravvide
Kima planare con un sordo tonfo poco lontano dalla piccola conca. La
dragonessa
la invitò a salire sul suo dorso, e di volata, ritornarono
alla radura.
Eragon era seduto con la schiena contro ad un albero. Non aveva
ricevuto ancora
nessun segnale da parte di Murtagh, e stava iniziando a credere che
quel
tentativo di fuga fosse un atto completamente folle. Non sarebbero mai
riusciti
ad allontanarsi abbastanza in fretta, e poi c'era sempre l'ombra di
Verschna,
Eragon non poteva levarsi la sensazione che lo stesse osservando anche
in quel
momento.
Rebekha e Kima avrebbero avuto da fare ancora per molto, con i compiti
che
aveva assegnato loro, quindi sistemandosi più comodamente,
socchiuse appena gli
occhi e si rilassò.
Eragon non
aveva idea di quanto tempo era passato da quando si era assopito, ma
quando aprì
nuovamente gli occhi seppe che qualcosa intorno a lui era cambiato. Si
rese conto
che il mago aveva smesso di pungolarlo da tempo. Con la coda
dell'occhio il
cavaliere vide i soldati dietro di lui, riunite in un semicerchio che
ridevano
e giocavano a dadi.
L’attacco
avvenne in pochi secondo. Eragon percepì un suono alla sua
destra, non fece in
tempo ad alzarsi che intravide un luccichio nella boscaglia. Una
freccia gli
sibilò accanto, attraversando tutta la radura, per andare al
colpire uno dei
quattro soldati che erano seduti. L'uomo cadde a terra, morto e i
cavalli
corsero via imbizzarriti. I tre superstiti si accorsero con terrore che
il mago
era già morto da tempo, colpito da due frecce alla gola e al
petto.
Non ebbero nemmeno il tempo di reagire. Con le mani ancora sull'elsa
delle loro
spade e gli scudi appena alzati, vennero raggiunti a brevi intervalli
da altre
tre frecce che li centrarono alla gola.
Come il
primo attacco sembrò terminare, Eragon corse in fretta al
fianco di uno dei
soldati, e prese loro una spada e uno scudo. In quel preciso momento
Kima
piombò nella radura, ponendosi di fronte a Eragon, a
difenderlo, proprio quando
una nuova freccia lo stava per raggiungere.
- Rebekha Kima che cosa fate qui. Dovete andare via, subito! -
Gridò Eragon
mentre altre frecce iniziarono a colpire la dragonessa. Le sue squame
protessero il corpo, che avvertì solo un leggero fastidio.
Rebekha pose subito degli schermi di protezione tutto intorno a loro,
ma nel
momento in cui lo fece, dagli alberi partì un nugolo di
dardi, guidati da una
qualche sorta di incantesimo, che li colpì con una potenza
che superava di
molto le forze della giovane. Uno dei dardi riuscì a passare
la barriera
perforando un'ala di Kima.
Il dolore improvviso, profuso dal loro legame mentale, fece barcollare
Rebekha.
Accanto a lei Eragon gli lanciò uno sguardo preoccupato.
- Chi ci sta attaccando? - chiese la ragazza, mentre una nuova ondata
di frecce
in seguito alla prima, venne lanciata dalla parte opposta.
- Vola via Rebekha. - gli rispose Eragon a denti stretti - Se restate
qui, verrete
tutti e due massacrate -
- E' Verschna, non è così? - la sua non era stata
una domanda, ma Eragon si
girò lo stesso per risponderle:
- Sì, ed è per questo che devi andare. Lei vuole
solo me. -
- Non posso lasciarti Ebrithil -
- Rebekha dovete tornare ad Abàlon! – Eragon, con
scatti fulmini, cercava di
deviare e parare le frecce, che passavano la barriera ormai indebolita
di Rebekha.
La ragazza dovette ammettere che Eragon aveva ragione. Lei e Kima non
avrebbero
retto a lungo in quelle condizioni.
La dragonessa cercava di proteggerli come meglio poteva, facendo scudo
con il
proprio corpo, ma le sue ali arano state già ferite in
più punti. Ad ogni suo
movimento, il suo sangue, caldo scendeva lento, macchiando il terreno
sotto di
lei.
Rebecca annuì grave:
- E va bene.
–
Protetta
dalla spada di Eragon, con uno scatto veloce Rebekha salì in
sella a Kima, e approfittando
dell'attimo di tregua, e ignorando il dolore, la dragonessa
spiccò un potente
balzo per virare in alto. Un'ultima freccia tentò di
raggiungerle, ma venne
fermata in tempo da Rebekha.
Ormai solo, Eragon iniziò a guardarsi intorno.
Una sola freccia sibilò vicino a un suo polpaccio. Eragon
fulmineo abbassò la
sua spada per intercettarla ma subito dopo sentì una forte
fitta al braccio sinistro.
Il primo colpo era un diversivo. Pensò allarmato e girando
il suo sguardo, il
cavaliere vide un piccolo dardo conficcato nella sua spalla.
Estraendolo con
una smorfia, Eragon lo esaminò in fretta: era stata
avvelenata!
Eragon sentì subito le forze iniziare ad abbandonarlo. Le
gambe cedettero sotto
il proprio peso e il cavaliere cadde in ginocchio. In quel momento una
figura
incappucciata avanzò verso di lui.
- Povero Cavaliere, senti le tue forze abbandonarti? - disse una voce
familiare. Lentamente la figura abbassò il cappuccio
rivelando così il proprio
volto, mentre i lunghi capelli rosso fuoco le ricaddero sulle spalle.
- Verschna - mormorò Eragon con voce sprezzante.
- Dormi Ammazzaspettri. - Eragon lottò invano contro l'oblio
che lo stava
soverchiando. Poteva chiaramente sentire, la droga in circolo nel suo
corpo,
eseguire in suo dovere. Ormai del tutto intorpidito, il cavaliere non
poté far
altro che chiudere gli occhi per abbandonarsi al buio che lo attendeva.
Prima
che il suo corpo potesse toccare terra, lo spettro lo prese tra le
braccia, e
caricato sul dorso del suo destriero, si allontanò dalla
foresta.