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Autore: luvsam    18/06/2023    2 recensioni
Non era la prima volta che i Winchester mettevano piede all’Excalibur Hotel a Las Vegas, ma Sam proprio non ricordava di esserci stato prima nonostante il fatto che Dean avesse provato nelle ultime tre ore a riportargli alla mente la precedente permanenza avvenuta quando aveva più o meno sei anni.
Genere: Avventura, Azione, Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro Personaggio, Bobby, Famiglia Winchester
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Prima stagione
Capitoli:
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Mentre percorrevano la Strip, Sam non poté fare a meno di pensare che il piano di Dean era un non piano e che, se il loro padre fosse stato lì, lo avrebbe preso a calci in culo. Purtroppo però, dopo aver mandato le coordinate, John si era eclissato come al solito e quindi avrebbe dovuto provare da solo a far cambiare idea a suo fratello, prima che i 5 km della strada più famosa di Las Vegas terminassero.
Dean era sovraeccitato, lo era sempre quando si trattava di toccare con mano i miti americani, e proverbiale era rimasto lo stop lungo la Route 66 qualche anno prima.
John aveva tentato in quell’occasione di resistere alle suppliche del figlio maggiore, era convinto che fosse una perdita di tempo fermarsi a Glenrio, ma il suo primogenito aveva insistito per visitare quello che rimaneva del Longhorn, First stop in Nevada, Last stop in Texas. Visto che il ragazzino dall’aria furba raramente chiedeva qualcosa per sé, lo aveva accontentato e aveva cambiato itinerario. Si erano fermati davanti all’edificio diroccato di quello che una volta era un locale di successo e giusto per essere tranquillo, aveva fatto una rapida ricognizione prima di permettere ai suoi ragazzi di scendere dall’Impala. Una volta concesso il nullaosta , aveva ascoltato la storia del posto dal maggiore dei suoi figli e aveva sorriso davanti alla faccia scioccata di Sam, che per una volta era stato cacciato dal trono di sapientone del clan Winchester.
Dean aveva spiegato che Glenrio era diventata famosa perché coloro che volevano andare in un bar negli anni ‘70 dovevano spostarsi dal Texas al New Mexico, visto che nella contea di Deaf Smith era vietato servire alcolici. Aveva portato padre e fratello ad ammirare da vicino la Pontiac di Roxanne Travis e non aveva resistito alla tentazione di entrare nell’auto, nonostante fosse in cattive condizioni. Aveva raccontato anche il motivo della presenza dell’auto in quel posto in particolare e John aveva pensato a tutte le volte in cui aveva dovuto ascoltare dagli insegnanti che il suo ragazzo era patologicamente svogliato. Non che dubitasse dell’intelligenza di suo figlio maggiore, aveva sempre saputo che dietro l’aria strafottente c’era un cervello pensante, ma quella sosta gli aveva dato la certezza di avere ragione.
Sam sorrise al ricordo e si voltò a guardare il fratello, che stava canticchiando Danger degli AC/DC tenendo gli occhi sulla strada. La intonava sempre quando stavano per affrontare l’essere sovrannaturale di turno e il cacciatore più giovane la riteneva una scelta piuttosto ironica.
Pensò di nuovo a come intavolare il discorso per convincere Dean a desistere, ma ogni inizio gli sembrava debole e facilmente smontabile.
Cavolo, non era andato a Stanford per diventare avvocato? Non avrebbe dovuto saper metter giù un’arringa per dimostrargli l’assurdità del suo piano?
Inspirò rumorosamente come faceva da bambino per attirare l’attenzione di suo fratello quando voleva qualcosa, ma stavolta non ottenne il risultato sperato, e si chiese se Dean non lo stesse ignorando di proposito. Guardò di nuovo attraverso il finestrino e la sua attenzione fu attirata da un cartello, che annunciava l’uscita per Winchester. Aveva poco più di tre anni quando l’avevano incrociata la prima volta, mentre tornavano da Carson City, ed aveva spalancato gli occhi quando suo fratello maggiore gli aveva letto il nome della città, che stavano attraversando. Nella sua innocenza aveva pensato che fosse tutta sua e aveva chiesto al padre se era il re del posto. L’abitacolo dell’Impala si era riempito di risate e si era offeso a morte per la reazione di John e di Dean. Aveva messo il broncio e si era rifiutato di parlare ai due fin quando un milk-shake al cioccolato non aveva fatto la magia e aveva accettato con dispiacere la spiegazione sul non essere i proprietari di Winchester.
“Stai pensando alla città di papà?”-chiese di punto in bianco Dean sorridendo.
Sam si voltò verso il fratello e rispose:
“ Come diavolo fai a saperlo?”
“Sei un libro aperto, Sammy boy, so tutto di te”
“Questo è quello che credi tu”
“Hai qualcosa da confessare, figliolo? Padre Dean e qui per assolverti da ogni peccato”
“Ma sta’ zitto”
“Quante volte hai avuto pensieri impuri?”
“La pianti di scherzare? Non è proprio il momento”
“Rilassati, è tutto sotto controllo”
“Cosa sarebbe esattamente sotto controllo? Non sappiamo nulla di concreto, non…”
“Ti verranno le rughe, principessa, ti preoccupi troppo. Vedrai che la biondina mi noterà e scoprirò che cosa è successo a Theo ”
“Ci sono troppe falle  nel tuo cosiddetto piano. Tanto per cominciare, non capisco perché debba fare tu la parte del giocatore incallito, per non parlare del fatto che il demone potrebbe aver cambiato tramite e non apparire più come la ragazza del video”
“Davvero non capisci? Ti facevo molto più intelligente !Non sei credibile come maniaco del poker e in secondo luogo sono il più bello, quindi il demone mi abborderà di sicuro”
“Dean, sono serio, ho una brutta sensazione”
“Ti preoccupi troppo, Samantha” 
“E tu non ti preoccupi per niente”
Dean fece il giro dell’isolato e si fermò sul retro del casinò. Spense il motore e studiò il suo aspetto nello specchietto retrovisore, poi si abbassò verso il vano portaoggetti e lo apri stendendosi provocatoriamente sulle gambe di Sam. Iniziò a rovistare nel cassetto, sorridendo per il fastidio evidente del fratello minore, e dopo una manciata di secondi trovò quello che stava cercando. Si tirò su e gli mostrò due tesserini:
“Martin Penton, o Phil Mundord?”
“Dean, ascoltami, ti prego, non puoi fare lo zuccherino per un demone senza copertura “
“Ti ripeto che sei rimasto indietro, college boy, quattro anni sono tanti nel bagaglio di un cacciatore”
“Mi stai rinfacciando anche tu che sono andato via?”
“Non ti sto rinfacciando nulla, sto solo dicendo che sono un cacciatore molto più esperto di quello che puoi ricordare, quindi adesso lascia che Phil entri in scena. Ma prima,  svuota le tasche, ho bisogno di contanti”
Sam tirò fuori i suoi magri averi e tentò ancora di fermare il fratello lanciandogli una profonda occhiata.
Dean però lo ignorò, infilò soldi e il documento falso nel portafogli e mise la mano sulla maniglia dello sportello. Stava per abbassarla, per uscire dall’abitacolo, quando sentì una pressione all’altezza del bicipite e si voltò.
“Lasciami andare, Sammy”
“Vengo con te, mi fingo un altro cliente”
“Non se ne parla! Se qualcuno ci ha notato prima, troverebbe molto strano che entrambi siamo schiavi del gioco. Resta qui, poi, se avrò fortuna e il demone mi abborderà, ci seguirai e vedremo…”
“E chi ti dice che uscirete da qui, Dean? Non posso sorvegliare tutti i varchi”
“ Ovviamente la spingerò a farlo”
“E se non si lasciasse spingere? È troppo azzardato”
“Sei stato una valanga di no dall’inizio di questa storia, hai un piano migliore?”
Sam si morse un labbro colto alla sprovvista dalla domanda e Dean sorrise per il punto segnato.
“Appunto, quindi si fa a modo mio”
“Ma…”
Il resto delle parole rimase a mezz’aria perché il giovane scese dall’auto e si avviò verso l’ingresso del casinò. Si diresse con passo sicuro verso la cassa e con piacere notò che non c’era una fila eccessiva. Si mise in coda dietro un ometto di circa un metro e sessantacinque, jeans e camicia a quadri, che teneva bloccata la mano sinistra in tasca. Evidentemente proteggeva il suo gruzzoletto e Dean scosse la testa già immaginando il destino dello sfigato. Dopo qualche minuto di attesa arrivò allo sportello e dopo aver incassato le sue fiches, si avviò verso i tavoli ostentando il malloppo. Aveva dovuto ricorrere al poker innumerevoli volte nella sua giovane vita per racimolare dei soldi e aveva imparato che, mostrare la mercanzia, era un usato garantito, faceva immaginare ai potenziali avversari che stava arrivando un pollo da spennare. Il let motiv era sempre lo stesso: fai vedere i soldi, fa finta di perdere e poi colpisci basso, colpisci duro. Nei bar di mezza America aveva sempre funzionato e questo espediente aveva dato spesso da mangiare alla famiglia Winchester.
Dean si ritrovò a pensare a quante volte aveva rischiato una sonora lezione da bande di motociclisti incazzati e a come aveva dovuto inventare di tutto, quando Sam era piccolo, per non fargli capire da dove arrivavano i soldi per i suoi amati Lucky Charms. Non aveva mai voluto caricarlo prima del tempo del peso del vivere sulla strada, aveva voluto che fosse il più a lungo possibile un bambino felice, al sicuro dalla merda del  mondo .
Solo quando arrivavano alla canna del gas, ricorreva al gioco d’azzardo perché non era mai contento di doversi infilare in un bar e barare, non tanto per il fatto di fare qualcosa di disonesto in sé, quanto per la paura di non tornare da Sammy. Tutte le volte che aveva fatto scattare la serratura della porta della stanza di turno, aveva dovuto far affidamento a tutto il suo self-control per impedire al suo cervello di restituirgli immagini di un fratellino, che si risvegliava da solo, e di che cosa gli sarebbe potuto accadere in sua assenza. Per questo ad un certo punto gli aveva ficcato nel cranio il decalogo” cosa faccio se mi sveglio e Dean non c’è “ e aveva dovuto essere molto duro perché little boy all’inizio si era rifiutato anche solo di immaginare una simile possibilità. Il piccoletto aveva in un certo senso metabolizzato l’assenza quasi costante di John, ma l’idea di restare senza il fratello maggiore aveva scatenato un vero e proprio attacco di panico. Lacrime, braccia strette intorno alla vita e una serie interminabile di non mi lasciare, che Dean non avrebbe mai dimenticato, ma aveva fatto la voce grossa e lo aveva obbligato a memorizzare il piano. Gli aveva fatto imparare il numero di Bobby e gli aveva ripetuto fino allo sfinimento che non avrebbe dovuto aprire la porta a nessuno. Lo aveva tartassato, pur sapendo che lo stava traumatizzando, ma meglio un ragazzino traumatizzato che un ragazzino nelle mani di qualche pedofilo.
“Gioca,signore?”
La voce del croupier riportò Dean alla realtà e concentrò lo sguardo davanti a sé.
“Certo”-rispose accomodandosi su uno sgabello in pelle nera. Mise le fiches sul tavolo e osservò gli altri giocatori, due uomini e una donna dal classico aspetto di turisti alla ricerca di emozioni forti. All’inizio, fedele al piano, Dean si impegnò nel gioco riuscendo ad accumulare un discreto bottino, poi entrò in scena Dean, lo sfigato, e un po’ alla volta perse tutti i suoi soldi. Mentre lo faceva, tenne gli occhi aperti cercando di individuare il demone, ma nessuna figura sospetta si avvicinò al tavolo.
Il cacciatore ad un certo punto sbuffò infastidito perché già immaginava la versione te l’avevo detto di Sam Winchester e si chiese se fosse il caso di battere in ritirata. Si sentì abbastanza frustrato e la vocina dell’orgoglio gli disse di dare fondo ai suoi ultimi averi e rivincere quanto perso, in fondo dovevano pur mangiare, poi una domanda si affacciò nel suo cervello: e se nel bel mezzo della sua performance il demone si fosse fatto avanti? Non lo avrebbe di certo trovato interessante se le loro supposizioni sulla scomparsa di Theo Walkins erano giuste. Non sapendo bene cosa fare, decise di ascoltare per il momento il suo corpo e fare un pit stop in bagno. Si alzò e attraversò la sala osservando i giocatori presenti. Erano tutti drammaticamente soli e Dean scaricò parte della rabbia dando una manata alla porta della toilet, che sbatte’ più del dovuto contro la parete.
“Signore, sa che qualsiasi danno alle proprietà del casinò le sarà addebitato, vero?”
Il cacciatore imprecò interiormente notando all’interno del bagno un vigilante e si chiese se quello fosse il suo giorno fortunato.
“Mi scusi, non volevo”
“Immagino di no, ma, sa, devo fare il mio lavoro”
Dean annuì, poi si avviò verso un orinatorio aspettandosi che il vigilante si levasse dai piedi. Quando però si voltò verso il lavandino per lavare le mani, lo trovò ancora all'interno del bagno e i suoi sensi da cacciatore cominciarono a vibrare.
“È rimasto a controllare che non smonti qualche rubinetto?”- chiese con un sorriso tirato.
“No, sto solo tirando qualche minuto in più sulla pausa”
“Lavoro pesante?”
“In realtà non è male e sicuramente è meno rischioso del suo, agente Fielding”
Dean non si scompose e rispose con un sorrisetto:
“Beccato”
"Come mai sta usando un nome falso? Non è contro il regolamento?"
"Non sono qui in veste ufficiale,lei mi capisce"
“Il suo collega sa che ha un problema con il gioco d'azzardo?”
"No e le sarei molto grato se la cosa rimanesse tra noi"
"Certo, non si preoccupi. E dov'è l'altro agente?"
“In albergo a cercare di capire che fine ha fatto Theo Walkins”
“Per me è a divertirsi con la bionda, era un vero schianto”
“Li ha visti andare via?”
“Solo un cieco non l’avrebbe notata e io modestamente ho occhio”
Il vigilante sbattè in modo plateale le palpebre e subito dopo Dean sbiancò.
“Oh, merda”
 
 
 
 
   
 
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