L’Isola
dei Dannati
A.o.T.
Mission-almost-Impossible
33
Catch Me
If You Can
«Non fare la guasta feste, stasera c’è un
evento davvero irripetibile ed è quasi due mesi che te ne stai rintanata in casa.
Da quando la missione è ufficialmente finita e siamo in stand by, sei diventata
un’ameba!».
«E tu da quando in qua sei diventato un viveur per giunta nottambulo, Armin?».
Il ragazzo guardò l’amica e sorrise: «Ultimamente ho capito che nella vita non
c’è solo il lavoro e il dovere e poi solo gli sciocchi non cambiano idea, dai
andiamo, vedrai che ti divertirai, ci siamo quasi tutti».
Era quel quasi tutti che le faceva da deterrente, ma per una volta decise di
fregarsene.
«Va bene, vengo» si risolse a dirgli, in fondo non poteva starsene sempre rintanata
in casa.
«Vestiti carina» le consigliò Armin.
Mikasa lo guardò storto.
«Si va a ballare non a fare una penitenza, voglio essere l’uomo più invidiato
della sala».
«Smettila scemo!» si schernì lei arrossendo. Avrebbe voluto chiedergli di
Annie, ma tra loro era stato come stipulato un tacito patto, non si parlava di
questioni sentimentali, per nessuna ragione.
Tutti e due avevano la loro bella gatta da pelare in tal senso, quindi ignorare
l’argomento era decisamente la cosa più saggia da fare.
Qualche ora più tardi Armin arrivò puntuale e Mikasa era già pronta. Aveva
indossato un top e un paio di jeans a vita bassa, sneakers comode e il viso era
ravvivato da un velo di trucco leggero, molto naturale. Il ragazzo la guardò
storto.
«Sarebbe questo il tuo modo di farti carina?» le chiese una punta polemico.
«Senti io voglio ballare, mi voglio sentire libera e a mio agio. Ho l’ombelico
in bella mostra mi pare abbastanza, quindi vedi di non fare il guastafeste e
andiamo».
Il biondino roteò gli occhi e poi le sorrise complice «Va bene e vediamo di
divertirci!» la esortò prendendola sottobraccio.
Erano diretti all’area industriale della
città dove in un magazzino dismesso era stato organizzato un Dj set a cura di
un disc-jokey emergente di nome Claptone(1), la cui identità era celata da una maschera bizzarra, assai
simile a quelle che usavano i monatti della Firenze del 1300. Non la toglieva
mai, nascondendosi e accrescendo così la curiosità intorno a lui, dando linfa
al suo fascino, grazie al quale aveva conquistato in breve tempo un gran numero
di ammiratori e una discreta fama.
L’evento prendeva il nome dalla canzone remixata di Troye Sivan: You Know What
I Need(2), in pratica si teneva per il
suo lancio, dato che il giovane cantante australiano era alla sua prima
collaborazione con Claptone.
Mikasa non appena mise piede nell’ampio loft si sentì quasi subito un pesce
fuor d’acqua, quegli eventi non erano cose per lei, anche se qualche volta non
disdegnava di andare a fare quattro salti. Armin invece stranamente sembrava
molto a suo agio. Le
luci soffuse e discrete vertevano sui toni delicatamente bluastri, l’atmosfera non
ancora in modalità disco, piuttosto sembrava più di essere in un lounge bar.
In fondo al magazzino c’era un palco con vari mixer in cui campeggiava il
famoso Dj vestito con pantaloni e maglia nera, guanti bianchi, con in testa una
mezza tuba, anch’essa nera, tatticamente calata sulla maschera da monatto color
oro. Aveva la testa inclinata di lato e le cuffie sulla nuca di cui una copriva
un orecchio e l’altra poggiava sulla mandibola. Si destreggiava sicuro con le mani sui vinili,
si muoveva a tempo, mixando fluidamente musica disco dagli anni 70 a oggi,
tanto per scaldare la situazione. Ai lati del loft erano sistemati una serie di
tavoli, che delimitavano un’area che sarebbe servita per chi avesse voluto ballare.
Attualmente era ancora vuota. Dal lato opposto al palco c’era un lungo bancone d’acciaio,
con ben quattro bartender che shekeravano con rapidità cocktails, che poi
servivano ai numerosi avventori assiepati davanti a loro. Nonostante ci fosse
molta gente era comunque un evento esclusivo in quanto si entrava solo su
invito. Mikasa si chiese come avesse fatto Armin a procurarseli dato che non
era certo tipo da cose del genere, ma i suoi pensieri furono interrotti da
Sasha che si stava sbracciando da un tavolo, facendo loro segno di
raggiungerli.
Con lei scorse l’immancabile Niccolò, poi vide anche Gabi, Falco, Piek e
Galliard, stranamente mancava Connie, ad ogni modo rimase sorpresa ma anche
felice di trovarli lì, si avvicinò e salutò tutti con calore.
«Vuoi qualcosa da bere?» le chiese Armin.
«Sì, grazie, ma analcolico per favore» rispose Mikasa.
«Ma dai! Sei seria?» le chiese Sasha.
«Ho già dato in tal senso, l’acool mi fa un brutto effetto».
«Ma nemmeno un prosecchino?» aggiunse Piek con aria innocente.
«E va bene, ma solo quello!» si arrese Mikasa «gli altri dove sono?» non poté fare a meno di chiedere.
«Dove sia ultimamente Jean non lo sa nessuno» rispose Sasha con una notevole
faccia di bronzo.
Mikasa s’indispettì «Veramente io intendevo Connie, Reiner e Annie» rispose
acidula.
«Boh, io non li ho né visti, né sentiti» le rispose Sasha facendo spallucce.
Nel frattempo era sopraggiunto Armin con il suo cocktail e il prosecco per lei.
Le luci si abbassarono di colpo e partì in sottofondo un pezzo house degli ani
90: Show me love di Robin S., un grande classico.
Tutti, compresi i ragazzi, seppur restando seduti, cominciarono a muoversi a
tempo di musica continuando a bere. In breve tempo la pista cominciò a
popolarsi.
Mikasa stava centellinando il suo vino quando, dalla parte opposta in cui si
trovava vide arrivare Jean per mano a quella tizia che aveva trovato quella
volta a casa sua.
Per la inaspettata sortita le andò a traverso il prosecco e cominciò a tossire
sguaiatamente.
*
Erwin si girò su un fianco facendo molta attenzione a non svegliare Marie. Si tirò su appoggiandosi sul proprio
avambraccio e si mise ad osservarla. Era anche lei stesa di lato, respirava
regolarmente mentre il lenzuolo le fasciava languidamente la curva del fianco per posarsi leggero sul seno, in un morbido vedo-non vedo. Era così serena e così bella. Improvvisamente si sentì totalmente appagato. La vita era così dannatamente semplice, bastava davvero poco per stare bene pensò quasi stupito.
Avevano ripreso a frequentarsi. Si erano detti di andare con calma senza
fretta, ma dopo la sua operazione i loro buoni propositi erano andati a farsi
un giro e avevano finito per ritrovarsi uno nelle braccia dell’altra a fare
l’amore, fu come se tutto quel tempo non fosse mai passato.
Era stato strano e molto bello, come riprendere un discorso importante interrotto da tempo, ma con una consapevolezza diversa. Erwin si promise che questa volta non se la sarebbe fatta scappare per nessuna ragione al mondo. Certo c’erano un sacco di cose da affrontare, come la questione del suo lavoro, ma Marie era una donna intelligente per questo era abbastanza sicuro che avrebbe capito e non le avrebbe procurato problemi. Smise subito di pensare al futuro perché in quel momento voleva solo godersi quell’attimo così perfetto. Quasi inconsapevolmente le scostò quel suo ciuffo ribelle dal viso per posarlo dietro l’orecchio, come faceva sovente anche lei. A quel tocco Marie sospirò appena, sorrise e ancora con gli occhi chiusi si stiracchiò pigramente.
«Scusa non volevo svegliarti» le disse Erwin con aria colpevole.
Lei sorrise apertamente e gli carezzò il viso «È colpa di questo maledetto ciuffo, nessuno resiste alla tentazione di domarlo!» sdrammatizzò amabilmente.
A quel punto anche Erwin sorrise e annuì, poi le lisciò una ciocca di capelli e molto serio le disse: «Sei davvero bellissima Marie» e il suo tono di voce
faceva intendere chiaramente che non si trattava solo del suo aspetto meramente estetico.
«Anche tu sei niente male sai?» gli rispose sorniona.
«Perché abbiamo buttato via tutti questi anni? È stato come se non ci fossimo mai lasciati… senti lo so che avevamo detto di andare con i piedi di piombo, ma io sono sicuro di amarti e di non volere un’altra donna che non sia tu. Ci ho messo un sacco di tempo a capirlo adesso vorrei solo che ci dessimo un’altra occasione. Vorrei provarci seriamente Marie» le confessò accorato.
La donna si tirò su accomodandosi il cuscino dietro la schiena. Il suo sguardo fu subito velato da un lampo di malinconia. Fu un attimo, ma lui se ne accorse sentì una specie di morsa alla bocca dello stomaco.
«Non mi fraintendere, sono felice di averti ritrovato e sono felice di aver
fatto l’amore con te, non mi pento di nulla. In questo momento mi sento leggera e serena, ma io continuo a voler andare con i piedi di piombo. Voglio che ci frequentiamo e che ci conosciamo
davvero, non siamo più i ragazzi di allora. Dobbiamo capire se questa Marie va bene per questo Erwin e viceversa» puntualizzò sincera.
«È per via di questo?» le chiese mortificato indicando il suo braccio di
adamantio.
«Mio Dio, no! Non ci pensare nemmeno!» si affrettò a dirgli «il braccio non
c’entra niente Erwin, ma non possiamo riprendere da dove abbiamo lasciato come se questi anni non fossero mai passati. Potrei essere io a rivelarmi sbagliata per te, ci hai mai pensato?».
«Hai ragione e ce l’avresti anche se fossi ancora arrabbiata con me per come mi sono comportato. Neppure io sono sicuro che mi perdonerei al posto tuo» le rispose davvero mogio, non poteva certo sfuggire ancora una volta alle sue responsabilità.
«Con il tempo riflettendo ho capito che non eri pronto, che hai avuto paura. Ci sta, sei un essere umano come tutti, se proprio devo farti un appunto è quello di averci messo tutti questi anni a farti vivo. Anche io ti ho pensato spesso, ma ho finito con il credere che non mi avessi mai amata veramente, altrimenti saresti tornato da me e io ti avrei perdonato. Quando sei improvvisamente ripiombato nella mia vita sono stata presa letteralmente in contropiede. Non ti nascondo che la prima reazione è stata di felicità, poi però sono stata assalita da mille dubbi e paure. Neanche io vorrei perderti di nuovo, ma è necessario che facciamo le cose con maturità, almeno questa volta. Diamoci tempo e impariamo di nuovo a stare insieme, a fidarci, a costruire un rapporto
su basi solide. Poi discuteremo del futuro, di che cosa potremmo essere l’uno per l’altra e che tipo di strada potremmo fare assieme. Se intendi iniziare una relazione seria, o addirittura una convivenza, così, da un giorno all’altro, allora io mi tiro indietro, non sono pronta Erwin ho davvero bisogno di tempo».
«Ricevuto» le disse con un sorriso abbozzato. Non era del tutto convinto,
infatti aggiunse: «Ho intenzione di rispettare i tuoi tempi. Non ti forzerò la
mano in alcun modo, ma sappi che io faccio sul serio. Non puoi impedirmi di impegnarmi per questa relazione, tu poi valuterai quando sarà il momento e deciderai cosa fare. Qualunque cosa sia ti prometto che la rispetterò».
Non si sentì di dirglielo apertamente, ma quelle parole le fecero immenso
piacere. Era felice che lui volesse rispettarla ma al contempo impegnarsi,
sorrise e annuì con un semplice: okay, poi si scostò il lenzuolo di dosso e
lasciò che lui l’accarezzasse con lo sguardo. Quell’azzurro cupo e intenso era più sensuale di qualsiasi tocco, si sentì sciogliere e gli si avvicinò.
«Una cosa è cambiata» le sussurrò all’orecchio mentre i loro corpi si
sfiorarono.
«Sarebbe?» gli chiese lui trattenendo il fiato.
«Non pensavo fosse possibile, ma devo ammettere che sei diventato ancora più sexy Smith!» concluse per poi soffocare una risata nell’incavo del suo collo, fin quando non furono morbidamente pelle contro pelle, pronti a riprendere ciò che avevano fatto la sera precedente, prima che il sonno desse loro una languida tregua.
*
«Ehi ma che ti prende?» domandò Sasha a
Mikasa che li aveva letteralmente annaffiati con il suo prosecchino.
«Niente, scusate…» rispose mortificata diventando rossa come un pomodoro
maturo.
«Suppongo che il niente di cui parli
sia in pista con una tipa» commentò sardonico Galliard finendo il suo drink
alla goccia.
Mikasa non rispose e abbassò lo sguardo, tutti si erano messi a guardare Jean e
quella ragazza in pista. Lui stava davvero bene, così bello non l’aveva mai
visto. Capelli sempre più lunghi ingelatinati all’indietro, barba incolta, la
camicia bianca, che gli fasciava i muscoli del torso ed evidenziava
un’abbronzatura dorata, mentre i jeans gli mettevano in risalto i glutei e le
cosce. Si muoveva molto bene a tempo di musica, in modo naturale e molto disinvolto,
come se stesse alla grande. La tipa era strizzata in un mini abito borgogna che
le scopriva le lunghe gambe affusolate, danzava anche lei abbastanza a ritmo,
ma non senza fatica perché arrampicata su un paio sandali dal tacco molto alto.
Aveva i capelli tirati su, e un bel trucco accurato, forse anche un tantino
troppo carico. Teneva la mano sul petto di Jean e ancheggiava come se fosse
stata una cubista.
«Ma guardatela! Sembra che stia marcando il territorio, che patetica» commentò
Gabi facendo una smorfia.
«Va bene così a me non importa» si affrettò a dire Mikasa.
«Bugiarda!» la redarguì Armin.
«Tu pensa per te e a fatti tuoi!» lo rimbeccò la ragazza contrariata.
«Mi stavo domando una cosa» s’intromise a sorpresa Galliard.
«Cosa?» lo appoggiò subito Falco.
«Come mai una guerriera come te Mikasa, una che ha le palle di affrontare da
sola dei mostri, diventa una colomba quando si tratta di prendersi ciò che
vuole?».
Galliard era un ragazzo intelligente e molto sicuro di sé aveva capito da tempo
come stessero le cose. Ammirava Mikasa era una ragazza forte che però non
credeva abbastanza in se stessa.
Lei non rispose. Tutti si sarebbero aspettati che gliene dicesse quattro, invece
tacque.
«Il punto è questo: sei una guerriera o no? Perché se lo sei non puoi esserlo a
metà. Se davvero non ti importa una mazza di Jean, allora mettici una pietra
sopra e chiudiamola qui, sennò ti posso aiutare a trovarvi».
Aiutare a trovarci? pensò confusa
Mikasa anche se le parole di quel ragazzo si stavano facendo strada nella sua
mente come un tarlo nel legno.
«Andiamo sei una Ackerman tu zio sarebbe già piombato in pista!» commentò
Niccolò.
«Si vede che lo conosci poco» mugugnò la ragazza.
«Allora vuoi partire all’attacco o no?» la incalzò alzandosi e tendendole la
mano.
«Ma che intendi fare?» gli chiese non capendo bene l’antifona.
Il ragazzo alzò gli occhi al cielo piuttosto platealmente: «Eddai è il trucco
più vecchio del mondo! Andiamo in pista e lo facciamo schiattare».
«Che cosa stupida! Io non faccio certe scenette e poi guardalo non si è neppure
accorto che sono presente. Ha occhi solo per quella lì» gli rispose
contrariata.
«Senti anche un cieco si sarebbe reso conto che vi morite dietro, ma per
qualche motivo vi tenete alla larga uno dall’altra».
«Credo che il motivo si chiami Eren Jeagear» sentenziò Sasha.
«Ma i cazzi vostri mai eh? Comunque con Eren siamo rimasti in ottimi rapporti,
ma più come fratello e sorella, la nostra storia si è spenta pian piano e…
basta, non vi riguarda, che ve lo spiego a fare?» si trovò suo malgrado a
confessare. Era stufa di essere considerata come quella che si strugge per
Eren.
«Stiamo perdendo tempo prezioso. Io credo che se ti interessa davvero qualcuno
non te lo lasci sfuggire. Se ci tieni fai di tutto prima di arrenderti e
soprattutto metti da parte l’orgoglio. Quindi la domanda definitiva è: vuoi
provare a prendertelo, o lo lasci definitivamente a lei?».
Proprio in quel momento Claptone remixando fece partire You Know What I need e
per un bizzarro caso del destino Jean si voltò e la vide sgranando appena gli
occhi sorpreso.
Come se fosse stata spinta da una forza superiore Mikasa decise e afferrò la
mano di Galliard.
«Sono pronta!» gli disse sicura.
«Ora ci divertiremo!» commentò Piek che fino a quel momento si era limitata ad
ascoltare.
«Vado a prendere da bere e gli stuzzichini» trillò contento Armin.
«Siamo proprio una banda di pettegoli» disse Falco fintamente scandalizzato.
Sapeva bene cosa intendesse Galliard, con lui aveva funzionato seppellire sotto
terra l’orgoglio e dichiararsi a Gabi.
*
Hanji girò la chiave nella toppa e aprì la
porta. C’era uno strano e inconsueto silenzio, di solito a quell’ora Levi era
in modalità casalinga disperata perché si dedicava alle pulizie.
Fece spallucce e si diresse in camera, fu allora che lo vide e ci mancò poco
che non gridasse dallo stupore.
Era supino sul letto, gambe e braccia aperte, indossava solo un paio di
pantaloncini da corsa, aveva le cuffie era molto sudato e… russava!
Era un evento quasi mistico dato che Levi non dormiva che due tre ore al
massimo per notte e assolutamente mai di giorno. Ora una persona normale lo
avrebbe lasciato in pace, ma Hanji era Hanji, ovvero la curiosità incarnata. Si
preoccupò per questa novità inattesa e senza pensarci gli sfilò le cuffie dalle
orecchie e cinguettò allegra «Ma da quando in qua fai la pennica prima di
pranzo, stai male, o cosa?».
«AHH!» fu la risposta di Levi che saltò a sedere e sfoderò dalla mano le lame
di adamantio, che rivolse istintivamente verso di lei.
«Ohi, ma sei matta? Potevo farti del male!» la redarguì non appena si rese
conto chi fosse.
«Scusa ma tu stavi russando Levi e non sono neanche le dodici, senza contare
che è la prima volta in assoluto che ti sento ronfare così, mi è preso un
colpo, pensavo stessi molto male».
Lui ritirò le lame e incrociò le braccia al petto «Ho allenato le gambe e
correre due ore a cinquanta chilometri orari ti assicuro che mette ko anche me».
«Oh bene! Allora forse abbiamo superato una volta per tutte il problema
insonnia, basta fare una corsetta prima di andare a nanna».
«Sì, più o meno» chiosò sbrigativamente Levi «Che schifo, sono tutto sudato e
ho sporcato il letto. Ora faccio la doccia, cambio le lenzuola e pulisco la
camera» sentenziò contrariato.
«Ma non importa» lo rassicurò lei.
«A te no, ma a me sì! Mi fa schifo l’idea dei miei liquidi corporali puzzolenti
che ormai hanno intriso le lenzuola» ribadì indispettito.
Hanji rimase un po’ interdetta. Aveva un comportamento strano, come se fosse stato
pizzicato con le mani nella marmellata e questo non aveva molto senso. Fece di
nuovo spallucce e pensò di precederlo nel cambio del letto, del resto conosceva
bene le sue paturnie in merito, per lei facevano parte del suo fascino tutto particolare.
Distrattamente prese il suo cellulare per appoggiarlo sul comodino, non voleva
certo spiare ma era aperto su un canale youtube che inquadrava due mani, un
microfono e un piumino da cipria. Alzò un sopracciglio interdetta, o che roba
era? La sua curiosità ebbe la meglio sul buon senso di non guardare le cose
altrui e si infilò le cuffie. Con grande sorpresa si accorse che nessuno
parlava, c’erano solo dei lievi e a dire il vero anche piacevolissimi rumorini
causati dal quel piumino che sfregava delicatamente sul microfono.
Il canale si chiamava: Gentle ASMR. La sua curiosità schizzò a livello super.
Dopo una breve ricerca le si aprì un mondo e scoprì che questo fantomatico ASMR(3) era una sorta di metodo di
rilassamento che addirittura conciliava il sonno. Ascoltarlo donava una
piacevole sensazione, simile a quella di quando qualcuno ti massaggia la cute
con i polpastrelli provocandoti dei brividini e formicolii. Dimenticandosi che
stava usando il telefono di Levi e affamata dalla novità si sdraiò sul letto e
si fece cullare da quei delicati fruscii.
Hanji non si addormentò ma andò in brodo di giuggiole rilassandosi, tanto che
quando Levi uscì dalla doccia, istintivamente lo aggredì con il suo entusiasmo.
«Questa roba è una figata assurda!» esordì eccitata.
Lui la guardò, si accigliò e poi le disse: «Da quando in qua frughi nel mio
cellulare?». Non era arrabbiato e non aveva nulla da nascondere, ma quel
comportamento non era da lei.
«Non lo avrei mai fatto se per sbaglio, volendolo poggiare sul tuo comodino,
non avessi visto un microfono, due mani e un piumino. Sai quanto io sia curiosa
e interessata alle novità. È stato come
il canto delle sirene per un marinaio: irresistibile».
Levi trattenne a stento un mezzo sorriso, anche lei a suo modo era
irresistibile, lo sapeva bene, non riuscì proprio ad arrabbiarsi e poi tanto
avrebbe voluto parlargliene, solo che temeva di essere preso per scemo, per
questo non lo aveva ancora fatto.
«Me l’ha consigliato un infermiere in ospedale. Lui adora i mukbang. A me
invece fanno schifo e mi danno sui nervi».
«I mukache?» chiese Hanji che ovviamente era ancora una neofita del genere.
«Gente che fa rumori con la bocca mentre mangia» sentenziò.
«Oddio questo non piacerebbe neppure a me suppongo».
«Ci sono moltissime forme di ASMR ma ero convinto che fosse una gran stronzata,
anzi a tratti mi dava fastidio fino a farmi incazzare, fin quando non ho
scoperto questo canale in cui fanno rumori soft, molto simili a quelli che
potrei fare mentre spolvero. Così immaginando che qualcuno stia pulendo è
calata come una manna dal cielo, pensa riesco a dormire almeno cinque ore di
filato. Un record per me» le spiegò entusiasta, oddio entusiasta alla Levi
maniera s’intende. Di certo con lei alla fine si trovava sempre a suo agio,
anche quando si trattava di stramberie come quella.
«Ma tu pensa! Mi sembra meraviglioso, una scoperta grandiosa».
«Fin che durerà, sai non ho grosse aspettative, temo che a breve l’insonnia
farà di nuovo il suo corso» commentò laconico prima di frizionarsi i capelli e
cominciare a rivestirsi.
Ad Hanji si accese una lampadina in testa e si lanciò in uno dei suoi voli mentali. Se Levi aveva bisogno di questi
rumori per dormire, e le sembrò di capire che questa, o questo Gentle ASMR
faceva video del tipo, solo ogni tanto, forse avrebbe potuto farseli da solo e
su misura, magari con il suo aiuto. Ma sì, chi fa da sé fa per tre e poi
sarebbe stato divertente registrare un video mentre lui puliva con delicatezza
oggetti e pavimenti, del resto era il top gamma nel settore. Già volava alto
con la fantasia, vedeva il canale con quasi un milione di iscritti:
Psychocleaner ASMR. Non era pericoloso, tanto non lo avrebbero mai visto in
faccia, quindi non avrebbe interferito con il loro lavoro e allo stesso tempo,
oltre che per se stesso poteva anche dare una mano a chi come lui soffriva
d’insonnia. Presa dall’entusiasmo si mise al PC a reperire info su girare ed
editare un video ASMR mentre un ignaro Levi si faceva la barba in bagno, molto
rilassato e molto contento di avere una compagna così avanti da poterle
raccontare tutto, anche le cose più strane e imbarazzanti, perché lei era
sempre e comunque sua complice entusiasta.
I monologhi dell’autrice
Buonsalve, come state?
Spero tutto bene e buon fine domenica!!!
Non mi attardo che le note sono lunghe assai!
Note: 1) - 2)
Claptone esiste davvero ed è un disc jockey e produttore discografico
tedesco famoso in tutto il mondo ed è solito indossare una maschera dorata a
forma di becco per mantenere il mistero sulla sua identità. (In realtà si è già
rivelato ma a noi per la nostra fic questo poco importa). Claptone non ha mai
remixato You Know What I need di Troye
Sivan, cantante, attore e youtuber sudafricano naturalizzato australiano,infatti
è solo una mia invenzione. La canzone è stata invece prodotta realmente da PNAU
un trio musicale australiano di musica indie rock e dance-pop
3) ASMR acronimo di Autonomous Sensory Meridian Response,
ovvero risposta autonoma del meridiano sensoriale si riferisce a una sensazione
di rilassamento, spesso sedativa, che parte dal cuoio capelluto e si diffonde
al resto del corpo. I soggetti possono avvertire una profonda sensazione di
rilassamento, uno stato emozionale positivo e di benessere psico-fisico,
associato al rilascio da parte del corpo di neurotrasmettitori come endorfine e
serotonina. In alcuni soggetti l’Asmr contribuisce ad alleviare il dolore cronico,
la depressione, l’ansia, il mal di testa e l’insonnia, riuscendo a conciliare
il sonno, come spiega Sergio Garbarino, neurologo, docente nel Dipartimento di
Neuroscienze dell’Università di Genova e membro del consiglio direttivo Aims,
l'associazione italiana di medicina del sonno.
Posso confermare, essendo fruitrice di
contenuti Asmr da ormai qualche anno, che davvero conciliano il sonno e quindi
mi ha divertito immaginare Levi in una situazione del genere tanto che finita
questa fic credo proprio che scriverò una oneshot sull’argomento Levi-asmr 😁
Di seguito trovate dei link su Claptone, You Know What I need di Troye Sivan e
un approfondimento sull’argomento ASMR se mai vi interessasse.
CLAPTONE
YOU KNOW WHAT I NEED - Troye Sivan
ASMR
Grazie, grazie e ancora grazie a chi segue legge e soprattutto commenta questa
mia fantasia.
Siamo quasi alla fine, ma purtroppo io e la tecnologia siamo ancora in
dissidio, non ho ancora i mezzi idonei
(spero di cuore che la prossima sia la settimana decisiva), per cui temo, mio malgrado, che non sarò in
grado di aggiornare prima di due settimane. Vi sto facendo patire questi ultimi
capitoli, ma la colpa è del fato avverso che mi intralcia.
Come sempre ho parlato più del dovuto, un abbraccio a tutti e a presto!
PS ovviamente Catch if you Can è il titolo di un famosissimo film di Steven Spielberg con protagonista Leonardo DiCaprio