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Autore: Hisae Nihil    27/06/2023    1 recensioni
“Udite udite, è giunto il Bazar di Notte Ombra, dove se vieni catturato, il buio ti divora”
Dal testo: In quel mondo la notte era temuta, non aveva niente di speciale, la luna sorgeva e spariva senza nemmeno brillare, tutto pareva spingersi e protrarsi in un costante bilico tra una normalità costretta e la paura, in una vuota esistenza senza uno scopo apparente se non quello di sopravvivere.
Ma vi era ugualmente un motivo di giubilo tra le trame di vite che a stento volevano esistere, c'era qualcosa in grado di far dimenticare a chiunque quel timore del buio o la propria vita.
-Forse da questo racconto potrei ricavarci una storia, non ne ho idea.-
Genere: Angst, Dark, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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«Presa» Una voce distorta che portava con sé tutto il gelo delle tenebre, prima che il suo mondo venisse oscurato in quella ch'era una caccia silenziosa, di merce rara già marchiata in partenza.
La ragazza gridò, si dibatté, graffiò l'aria e prese a gomitate chiunque vi fosse dietro di lei. Nessuno l'avrebbe aiutata, perché era così che funzionava: ogni volta una preda designata, giusto per un divertimento passeggero.
In quel mondo la notte era temuta, non aveva niente di speciale, la luna sorgeva e spariva senza nemmeno brillare, tutto pareva spingersi e protrarsi in un costante bilico tra una normalità costretta e la paura, in una vuota esistenza senza uno scopo apparente se non quello di sopravvivere.
Ma vi era ugualmente un motivo di giubilo tra le trame di vite che a stento volevano esistere, c'era qualcosa in grado di far dimenticare a chiunque quel timore del buio o la propria vita.
Quando arrivava pareva quasi un evento, probabilmente lo era.
Il Bazar di Notte Ombra compariva e si allestiva senza dar nell'occhio, riempiendo di luce ogni anfratto una volta che le sue porte s'aprivano, al suo interno vi erano forse persino più colori di quelli esistenti, l'aria brillava quasi non fosse reale, il soffitto pareva fatto di materia celeste, irraggiungibile ed apparentemente infinito, di strumenti non ve n'erano ma la musica di strumenti ad arco accompagnava i visitatori di quel luogo che pareva un mondo a parte.
La moneta i scambio per comprare gli oggetti al suo interno era a dir poco becera, qualche spicciolo abbandonato tra le tasche e qualcos'altro, qualcosa che i volti nascosti da maschere per restar nell'anonimato non s'accorgevano nemmeno di cedere.
Il Bazar di Notte Ombra portava il sole e la magia, gioielli, stoffe, oggetti dei più disparati presenti solo nelle fantasie, spettacoli di acrobati e giocolieri, danze di un'eleganza mai vista e creature maestose che passeggiavano tra i visitatori.
Portava una distrazione passeggera, portava un'illusione sbagliata, non donando quasi niente e prendendo fin troppo, ma nessuno se ne accorgeva che, mentre due misere monete di scarso valore abbandonavano la loro mano per comprare una sciarpa di velluto scintillante, dalla loro mente dei ricordi se ne andavano.
Dare e Avere in quel tendone avevano un significato distorto in un regno dove le regole appartenevano solo a chi viveva lì. Perché i mercanti, gli acrobati, i danzatori erano abitanti del Bazar, di quel luogo che da fuori appariva molto più piccolo di quanto non figurasse all'interno.
C'era qualcosa di sbagliato in tutto ciò, ma nessuno vi faceva caso, nemmeno al fatto che alcun “dipendente” di quel luogo avesse un'ombra, ai clienti bastava esser allegri, bastava poter respirare aria meno malata e pesante, come in un sogno ad occhi aperti tutto era possibile e surreale là dentro.
Così luminoso e festoso.
Come l'ombra luminosa che cala ad abbracciare un incubo fatto di drappi di seta.
Poi dopo tre giorni svaniva, lasciando dietro di sé unicamente una nebbia leggera dal dolce odore di zucchero.

 

Le maschere non servivano ora che non vi era più anima viva attorno a quelle ombre dalle fattezze umane, con zanne in sorrisi crudeli di un divertimento unicamente passeggero per quanto eterno.
Loro erano cacciatori invisibili anche a chi ce li aveva dinnanzi, affamati si nutrivano dei ricordi di chi ignaro li cedeva per meri beni materiali di futile utilità se non per mero vanto.
Erano ombre distorte, vestite di buio ed al contempo di colori, non avevano occhi, non gli servivano, ali spezzate abbellivano la loro forma di niente, sei dita artigliate per mano e risate gutturali li accompagnavano nel loro pasto.
Si prendevano gioco degli stolti, avevano imparato a sopravvivere con un buco sanguinante all'altezza del cuore, laddove quell'ultimo gli era stato sottratto. Erano esseri incompleti, né buoni né cattivi, semplicemente esistevano... Come incubi vestiti a festa. 

 

Rinchiusa in una gabbia dorata sospesa tra il niente e l'illusione, una creaturina dormiva lontana dall'orrore. Tremava e non lo sapeva, stava correndo dacché le pareva di ricordare; non sognava, stava scappando ed era stata morsa...
«Ohi! Sei ancora viva?»
Una voce improvvisa la scosse, facendole spalancare gli occhi come se di sonno non ne avesse mai avuto; nel vedere le sbarre che l'attorniavano sobbalzò avvicinandovi una mano per cercar di capire se fossero reali, sentendole fredde e dannatamente vere. Il suo respiro si strozzò così come il cuore prese a palpitarle a mille, iniziò a guardarsi freneticamente attorno alla ricerca di una via di fuga, aveva paura, quella faceva presto a rapire l'animo di chiunque
«Dove... Mi trovo?» La voce le uscì come un flebile alito di vento, rotta dalla sua paura che anche il respiro potesse mancarle. Non era certa che quella voce che l'aveva ridestata fosse reale, non riusciva a vedere quasi niente nel luogo ove si trovava, solo ed unicamente una strana luce che avvolgeva la gabbia come una nebbia d'avorio, ma a dirla tutta, quella domanda non l'aveva posta per trovarvi risposta
«Benvenuta dietro alle quinte del “Bazar di Notte Ombra”» Era suonata come una battuta ironica e ben poco entusiasta, ma a parte ciò per un istante l'animo della ragazza venne attraversato da una scintilla di meraviglia unicamente nel sentir nominare quel luogo così surreale quanto magico, però fu solo un istante passeggero come il tempo di un respiro, c'erano delle cose che non tornavano: perché si trovava lì? Aveva forse vinto qualcosa? Sentì un movimento provenire da un luogo non ben definito, cosa che la portò istintivamente ad arretrare spaventata, rintanandosi contro le sbarre come se dei meri pezzi d'oro avrebbero potuto ipoteticamente proteggerla «Quanto timore eccessivo» Si sbagliava, non lo era od almeno non per lei «Non mordo mica» Non era comunque rassicurante, dacché ne sapesse quella voce poteva ancora appartenere a chissà cosa
«Perché sono chiusa in gabbia?» La voce ridacchiò amaramente
«Perché sei speciale chikara» “Speciale” sentiva che quella parola stonava tantissimo con lei
«Non ha senso...» Aveva un senso di smarrimento che faceva da contorno a quella paura che stava cercando di soffocare
«Stai parlando con ciò che molto probabilmente definisci solo come la voce di un brutto scherzo della tua fantasia, il voler tener al “sicuro” qualcosa di prezioso affinché non fugga non mi sembra qualcosa di così privo di senso» “Fuggire”... Come una secchiata d'acqua delle immagini confuse presero a farsi strada tra le trame della sua memoria
«Io stavo... Scappando...?» Si portò le mani alla testa, accucciandosi a terra a causa di ripetute fitte di dolore che la stavano colpendo nel suo cercar di ricordare «Perché?» Le domande non erano risposte, quelle immagini confuse nemmeno
«Uhhh, quindi stai iniziando a ricordare, complimenti chikara» Ricordare? Non aveva mai dimenticato, giusto? Agitata si toccò il collo e tutta la pelle lasciata scoperta dalla maglietta che indossava, cercò dov'era sicura d'esser stata morsa da qualcosa, non trovando assolutamente alcun segno, che se lo fosse immaginata? Qualcosa le aveva fatto male però, un dolore che aveva attribuito ad un morso, ma che forse morso non era
«Però...» Iniziò dopo aver racimolato qualche idea dolorante «Il Bazar mi ha salvata-»
«Non è una persona» Una cosa non poteva salvare nessuno
«Lo so, però ora sono al sicuro... Credo. Dietro alle quinte del luogo più magico che possa esistere.» Pareva che si stesse arrampicando sugli specchi per cercar una spiegazione logica dietro a ciò che le stava accadendo
«Certo che c'hanno ricamato parecchio su questo posto» Quelle parole furono atone, quasi stanche «Quante parole d'oro hanno speso per rendere un mostro qualcosa d'acclamare?»
«Cosa?» Non capiva ed aveva tutto il diritto di farlo
«Sei chiusa in gabbia chikara, non ti basta?» La ragazza deglutì
«L'hanno fatto per proteggermi, l'hai detto tu-» Schioccò la lingua in rapida successione
«Per impedirti di fuggire. Se sei già nel ventre della bestia, da cosa mai dovresti essere protetta?»
«Perché dovrei crederti?» Negava la logicità dei fatti, era in trappola e non aveva nemmeno idea di come ci fosse finita, in più come se non bastasse stava parlando con qualcosa che nemmeno esisteva
«Hai ragione. Perché dovresti?» La ragazza sentì di nuovo qualcosa muoversi, era un suono leggero, come di vesti che strusciavano sul pavimento «Crogiolati pure nelle tue illusioni, forse è meglio così, perdona il disturbo» Era una voce nella sua testa, no? Quindi sarebbe sparita, lasciandola sola con sé stessa.
Aveva paura, la meraviglia passeggera non era riuscita a scacciarla, le sbarre d'oro e la nebbia d'avorio attorno a lei parvero volerla soffocare senza nemmeno toccarla...
«A-aspetta!» Scattò verso la direzione ove aveva udito quel leggero suono, allungando istintivamente la mano oltre le sbarre come a voler afferrare il niente e di fatti fu quello ad accarezzarle le dita: un freddo ammasso di niente oltre quella nebbia ch'era riuscita ad oltrepassare, un gelo che parve capace di ferirla, ciononostante la ragazza cercò d'afferrarlo un altro paio di volte «Non voglio-»
«Stare da sola?» L'altra annuì anche se nessuno poteva vederla. Seguì un attimo di silenzio, una stasi non richiesta per quanto breve «Ritrai la mano chikara» 
«Non te ne andrai?» Un sospiro appesantito da qualcosa di cui lei era ignara
«No, ma smettila di cercar d'afferrare il buio, non puoi riuscirci, lui sì. E, fino a prova contraria io sono una voce dentro alla tua testa, dico bene?» Perché lei aveva deciso così, a prescindere da quale potesse essere la realtà. Così con un po' di titubanza la giovane ritrasse la mano, stringendosela al petto, ora con il dubbio nella mente, leggero ed appena abbozzato, dacché tutto era iniziato nel modo sbagliato senza concludere niente, con becere supposizioni che volevano spacciarsi per verità, perché probabilmente così si sarebbe protetta, non sentendosi persa laddove era ormai smarrita
«Lo sei?»
«Cosa?» Lo sapeva benissimo
«Una voce nella mia testa» A seguire vi fu un silenzio improvviso, come se il dubbio a quel luogo non piacesse
«Abbiamo iniziato nel modo sbagliato, chikara» Era una specie di gioco? Dove se qualcosa non andava si ricominciava daccapo?
«E come avremmo dovuto iniziare? In tutto questo sto avendo più domande che risposte, probabilmente sono impazzita, ricordo il dolore di un morso ma non ho alcun segno e-» Si stava agitando ulteriormente, non lo sapeva, ma era la vittima di qualcosa di dannatamente errato e disfunzionale
«Con la cosa più basilare? Come il presentarsi?» Domande retoriche «Ho pur sempre un nome, a discapito di ciò che possa essere, quindi: Piacere, sono Dusk» Un nome, solo qualcosa che servì a render più viva quella voce che le teneva compagnia, in fin dei conti se aveva un nome esisteva, giusto?
«Nevet» Un leggero ruggito parve scuotere l'aria, facendola scattare sull'attenti
«Nome singolare, chikara»
«L'hai sentito anche tu?» Le tremò la voce
«Non devi dar peso ai suoni di questo luogo, soffermati solo su ciò che l'illusione ti permette di vedere» Niente, solo nebbia ed oro, non andava bene a priori, lei voleva... Cosa? Si strinse nelle braccia cercando una risposta a quel desiderio che come un fastidio le pizzicava il collo. Scavò dentro di sé, frugò tra desideri passati in un groviglio di sensazioni, ricordi ed emozioni che in quel momento non aiutavano, sentiva ch'era qualcosa di basilare ciò che inconsciamente stava desiderando, ma non vi trovava il nome o qualsiasi altra cosa ad esso collegata.
Solo dubbio e paura.
«Dusk...» Chiamò quella voce che nel silenzio vibrava senza minaccia, ed un mugugno fu la risposta che ottenne come segno che avesse la sua attenzione «Non riesco... A capire cosa voglio... È come se...» Stava piangendo senza rendersene conto
«Ti mancasse qualcosa?» Concluse la voce
«Sì... È strano... Vero?» Le parole tremavano nel venir pronunziate
«No, chikara, non lo è, non qui»
«Cosa...» Temeva a continuare quella domanda, temeva anche sé stessa senza saperlo, ricordava e non ricordava, era come se stesse annegando dentro al suo stesso corpo
«Ti hanno sottratto? La libertà» E con essa anche la capacità del volerla, doveva essere domata in un qualche modo, se non desiderava la libertà non avrebbe cercato di fuggire
«Me l'hanno... Sottratta?» Pareva incredula mentre s'addentrava timidamente in quella spirale oscura abbellita con lustrini e fittizia meraviglia
«Esatto chikara, loro possono farlo, sottrarre qualcosa senza obbligatoriamente dar qualcosa in cambio»
«Perché continui a chiamarmi così?» Domande disconnesse tra loro non l'avrebbero aiutata, ma avrebbe ottenuto comunque delle risposte, poi avrebbe avuto tutto il tempo per riordinarle, come i pezzi di un puzzle che non sarebbe dovuto esistere
«Perché è ciò che sei...» Ma lei non conosceva il significato di quella parola detta in una lingua sconosciuta per le sue orecchie, al che deglutì a secco, attendendo che la risposta si completasse «Energia»
«Io sono-»
«Solo una ragazza umana? Lo so, ma vedi, c'è qualcosa in te d'inusuale, qualcosa che al Bazar ha fatto gola, rendendoti una donatrice involontaria dell'energia che serve a l'illusione per reggersi in piedi... E tu di quell'energia ne possiedi parecchia visto quanto lustro ha donato al tendone qualche sera fa. Ma non ti uccideranno, stai solo venendo sfruttata senza che alcun dolore ti possa sfiorare» Quella era solo una spiegazione approssimativa che ne richiedeva altre, ma ciò che seguitò fu il silenzio, una lunga catena che si sarebbe protratta a lungo, poiché lei doveva cercar d'assimilare quelle poche parole e metter da parte la confusione, almeno per un momento.
Lei per quel luogo vestito di maschere e lustro non era altro che una fonte di energia, ma di che genere? Forse solo quell'inferno d'oro lo sapeva. Serviva come sostentamento per una trappola apparentemente innocua, fatta di luci e splendore, era grazie a lei se tutto ciò era possibile e, prima di lei c'erano stati altri “donatori”, quello non vi era bisogno di spiegarlo, ci si arrivava a logica, lei non si era persa, era stata catturata perché serviva, le avevano strappato quel desiderio affinché non tentasse la fuga
«Il buio mi ha catturata?» Non aveva senso ciò che chiese, ma da quando s'era svegliata, il senso aveva smesso d'esistere
«Con una bella maschera sul viso per fingersi tuo amico» Tutto aveva un perché per quella funzione distorta che portava avanti la “baracca”. Nevet si strinse nelle braccia, gli occhi le pizzicavano, ma anche se avesse pianto disperata non sarebbe cambiato niente
«Tu esisti, vero?»
«Perché non te ne accerti coi tuoi occhi? La nebbia non è poi così fitta» Poteva mentirgli, magari ogni singola parola che aveva udito era stata pura menzogna atta solo a soggiogarla e plagiarla ulteriormente per... «Ma non ne vale la pena chikara» Sarebbe dovuta restare nell'illusione, dove ciò che la circondava pareva prezioso e la luce esisteva, perché il buio l'avrebbe divorata, a prescindere, anche se aveva bisogno di lei.
La ragazza sfiorò la nebbia con le dita, era così surreale da sembrarle calda mentre danzava sotto al suo tocco come una carezza, quasi volesse intimarla a lasciarsi abbracciare da essa, come in un dolce sonno. Non era al sicuro a prescindere, il timore che provava anche solo nel respirare era del tutto infondato, quindi aguzzò la vista, scavando figuratamente tra quella coltre dall'apparenza fin troppo preziosa, non sarebbe di certo morta per così poco, giusto? Sarebbe stato controproducente per il Bazar, non si stava dando troppa importanza, aveva semplicemente riflettuto.
Quindi non chiese più niente, concentrandosi sul suo cercar di veder oltre ciò che i suoi occhi si ostinavano a voler abbracciare, prima un velo, poi un altro, lentamente stava riuscendo ad intravedere ciò che si celava oltre, anche se le avrebbe ferito la vista.
La nebbia vibrò nel suo cercar di resistere, oppose resistenza a colei che avrebbe dovuto ingannare, finendo col dissiparsi nel soccombere a quel desiderio di... Era verità?
Il buio le aggredì la vista una volta che il velo si fu dissipato, là dentro era tutto così nero da far male agli occhi, ma non doveva spingersi troppo in là nel cercar ciò che voleva trovare «Sciocca» Risuonò più chiara quella voce che aveva nome ma non un volto, non ancora, perché lei aveva davvero bisogno di sapere che quella non era frutto di qualche pessimo scherzo...
Aveva capelli lunghi ad occhio e croce sino ai fianchi e leggermente ondulati verso le punte, erano bianchi ed andavano a sfumare sino al nero, la pelle diafana spiccava tra le trame dell'oscurità, le iridi bianche la stavano guardando senza un'espressione preponderante, vestiva con un kimono grigio antracite con dei disegni dorati sulle spalle, era oltremodo un uomo di bell'aspetto seduto vicino alla gabbia che la conteneva
«Dusk...?» Fu in parte titubante
«A quanto pare non sono una mera voce nella tua testa, eh?» La ragazza si portò le mani alla bocca, dimentica di dove si trovasse e tutto il resto. Calde lacrime iniziarono a raccogliersi agli angoli dei suoi occhi, prima di rigarle il profilo del viso
«Esisti davvero...» Incredula e sollevata pronunciò quelle parole, sentendo un peso abbandonarle il petto, tanto che inconsciamente allungò una mano verso di lui, vedendola venir sorretta dalla sua; era freddo, ma non fece male, aveva agito con una strana fretta... Perché?
«Rischi di venir divorata chikara» Suonò in parte grave il suo tono di voce e, la ragazza sussultò nel veder una crepa aprirsi sulla propria mano, laddove altre avevano già creato un loro percorso, ma non aveva fatto male. Impaurita ritrasse la mano, arretrando sino a che la sua schiena non incontrò le sbarre, chiunque avrebbe voluto andarsene, scappare in un qualche modo ma ciò che la giovane provava era solo il vuoto della mancanza di tale desiderio, glielo avevano strappato via, anche se quel vuoto l'avesse divorata da dentro, il suo scopo primario non sarebbe stato intaccato ugualmente.

 

Poi accadde, fu solo una leggera scossa simile all'inizio di un terremoto, l'oscurità di contorse e della musica cercò di trovare delle note che non fossero stridi simili ad urla soffocate
«Che sta-» Sgranò gli occhi nel vedere delle sfere di luce che le abbandonavano il corpo per andarsi a disperdere chissà dove
«La bestia è a caccia» Fame, quegli esseri d'ombra erano costantemente affamati di qualcosa che non potevano avere e mai li avrebbe saziati. Le sfere di luce che abbandonavano il corpo della ragazza iniziarono a sfumare in svariati colori, la musica s'accordò e le porte del Bazar s'aprirono, ci sarebbero state altre maschere, altri oggetti, spettacoli e giubilo per una mezz'ora di vanto
«Non riesco... A fermarle...» Provava ad afferrare quelle sfere, erano parte di sé, le stringeva tra le mani ma scottavano nel loro ribellarsi «Morirò!» Serrò gli occhi, lasciandosi cadere a terra in ginocchio, non si sentiva debole, quasi come se quell'energia che le veniva sottratta fosse qualcosa del tutto superficiale... Ma la paura restava. Aveva solo diciassette anni e, tutto il diritto di temere per la sua incolumità; dopotutto lei era ancora qualcosa che doveva esser costruito, trasformata in una centrale energetica vivente.
Era tutto così oscuro attorno a lei.
Alle sue orecchie iniziarono a giungere risate gutturali e stridule, lo specchio contrario di ciò che le vittime del bazar udivano, dietro alle quinte udiva la verità di un miraggio che lei stessa stava aiutando a manifestarsi
«Non morirai chikara» Quelle voci parevano volerle trapanare il cervello, sarebbe impazzita?
«Perché non usi il mio nome?» Un altro pensiero fece breccia nella sua testa, raggelandola sul posto «Non... Non esisto?» La sua sanità mentale ne stava risentendo, forse era quella ciò che l'energia le sottraeva, e se non fosse mai stata reale?
«Se lo utilizzassi se ne approprierebbero, sarebbe come donargli il totale controllo su di te. E, fidati, esisti ragazza dai capelli dell'aurora» Un leggero odore di zucchero iniziò a disperdersi nell'aria «Sei solo persa nel miraggio più antico ch'esista» Fece una breve pausa, addolcendo lo sguardo «Ti piacciono i dolci?» Era così gracile quella ragazza, che timidamente annuì
«P-perché?» Aveva gli occhi arrossati e persi chissà dove
«Perché la tua energia sta dispensando ciò che ti piace alla corruzione, la magia non esiste, ma per crearne un'abbozzo basta dare qualcosa in cambio, anche solo per un battito di ciglia»
«Mi dispiace...» L'uomo piegò il capo da un lato, non aveva niente per cui dispiacersi «... Ho usato il tuo nome... Scusami non-» Una leggera e breve risata amara abbandonò le labbra dell'altro
«Non preoccuparti chikara, gli appartiene già» Nevet gli si avvicinò con qualche titubanza
«Come? Cos'è successo per-» Si zittì da sola, però, se lei era energia, lui allora cos'era? L'aveva ingannata per tutto quel tempo?
«Tu servi, io sono un mero trofeo»
«Perché?» Il buio stava respirando e rantolando attorno a loro
«A questo posto non piace il dubbio...» Lo disse più che altro tre sé e sé «Sono... Ero una divinità» Vi era dell'amarezza tra le trame della sua voce «Ora ridotto in catene disperso in un mare d'illusione vestita a festa» La ragazza s'intristì, guardando il niente sotto di lei
«Mi dispiace...» Non era stata sua intenzione il fargli ricordare certe cose, però era come se il Bazar stesso richiedesse che le storie venissero esternate
«Ho perso una scommessa, è colpa mia se sono finito qui» Anche lui, come lei aveva perso qualcosa. Appariva così stanco e malinconico...
Una sfera d'energia le fluttuò dinnanzi, al che la prese tra le mani, era qualcosa di suo, le apparteneva quindi, poteva farci ciò che preferiva, no?
«Prendi» Allungò le esili mani fuori dalla sua gabbia dorata, porgendogli quella sfera che pareva esser fatta di fuoco puro. La tenebra cercò di divorarla, Nevet avvertì la pelle spaccarsi quella volta, non vi sarebbe stata più delicatezza per chi non stava al suo posto. Il buio era un guardiano vorace e crudele, anche nel suo esser giusto nello sbaglio.
Dusk afferrò quella sfera luminosa
«A cosa credi che serva?» La stava sprecando
«Pareva che tu ne avessi bisogno, di certo più di questo postaccio» Gli sorrise, ritraendo le mani, il buio ruggì, dibattendosi senza riuscire ad agguantare colui che in passato era stato un dio
«La rovina per entrambi... Oppure, chissà» Gli occhi erano incollati a quell'energia compressa dal dolce profumo di zucchero, prima di schiudere le labbra, divorandola senza morderla.
Nevet aveva seguito le regole, aveva donato in cambio di qualcosa, anche se a dir il vero non si aspettava niente in cambio di un gesto di pura gentilezza.
Dusk sentì una vecchia forza ardere in lui, come una fiammella effimera che riprendeva a divampare simulando un incendio «Non posso radere al suolo questo posto... Però...» La guardò, aveva dei lineamenti così delicati che poteva sembrare una bambola dai capelli che parevano esser stati in grado d'imprigionare l'aurora boreale «Vieni con me» L'oscurità gli procurò un graffio su una guancia, senza scomporlo, era pur sempre un trofeo da non rovinare
«Dove?» Non poteva andarsene, le sbarre la imprigionavano... Eppure trattenne il respiro nel veder la mano dell'uomo allungarsi verso di lei, passando attraverso all'oro come se fosse qualcosa di etereo
«A vedere le stelle»
«Ma non esistono» Le sorrise, attendendo che accettasse la sua offerta
«Una prigione qua dentro la si può piegare, anche solo per poco» Così com'era riuscita a dissipare la nebbia, forse sarebbe riuscita a-
Afferrò la mano dell'ex divinità, serrando gli occhi nel vedere le sbarre avvicinarsi pericolosamente a lei mentre veniva scortata dall'altro verso... Era il cielo quello?
La luna stancamente li guardava dall'alto, le luci del Bazar illuminavano la strada, Dusk torreggiava affianco a lei «Sta' a vedere» La magia non esisteva, l'energia sì, e persino le divinità visto chi aveva di fianco.
Era stato uno scambio equo, l'uomo allungò una mano verso il cielo, muovendola quasi lo stesse accarezzando e...
La meraviglia riempì gli occhi della giovane, miriadi di stelle si affacciarono a guardarli, brillando sul posto come se avessero bucato il cielo «Posso donartelo tutte le sere, da qui all'eternità».
Dare ed Avere, il Bazar li possedeva, ma se si seguivano le regole, magari, il buio non li avrebbe divorati.


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Angolino indiscreto: 
Se in alcuni punti è risultato frettoloso è perché avevo un limite di cartelle da scrivere -sì, questo racconto era destinato altrove ma... Beh... Ho sforato ^^"-.

   
 
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