Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Im_notsupposedtobehere    30/06/2023    1 recensioni
Reiner e Leda erano cresciuti insieme nel quartiere d'internamento di Liberio.
Due bambini costretti a diventare adulti presto e a separasi a causa degli orrori di una guerra senza fine.
Dopo cinque anni in missione finalmente Reiner rientra in patria acclamato da tutti: l'eroe, lo Scudo di Marley, il gigante Corazzato ma Leda aspettava semplicemente il ritorno del suo amico.
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“Tutto quello che riuscivo a pensare era che Marley guadagnava il suo Scudo ed io perdevo il mio migliore amico.
Tu credevi che ti servisse essere qualcun altro per farti amare dal prossimo ma per me è sempre bastato che tu fossi te stesso. “
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Pieck, Porco Galliard, Reiner Braun, Zeke Jaeger
Note: Lime, Missing Moments, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Leda

 

"Lo sapevo che avrei finito per fare tardi!"

Leda correva a perdifiato verso la caserma tenendo tra le braccia le tre cartelle contenenti i profili dei tre cadetti che sarebbero stati esaminati da lì a poco e prestava incredibile attenzione al non perdere neanche un foglio.

Non era passato molto tempo da quando aveva esitato prima di incamminarsi verso la caserma, indugiando qualche secondo in più tra le braccia di Reiner, secondi che poi erano diventati minuti e, successivamente, un'intera ora di ritardo sulla sua tabella di marcia.

Non poté nascondere il sorriso che improvvisamente le aveva increspato gli angoli delle labbra, ripensando all'espressione imbarazzata sul viso di Reiner quando, dopo essere scesa in strada, lo aveva sorpreso a guardarla dalla finestra della camera; il modo in cui il ragazzo aveva sussultato, preso alla sprovvista, spalancando gli occhi come se non si aspettasse che lei potesse realmente voltarsi nella sua direzione, per poi alzare appena la mano per salutarla accennandole un sorriso a metà tra il soddisfatto e lo spaesato, la fece ridacchiare tra sè e sè come una ragazzina, quello che, di fatto, lei avrebbe dovuto essere se solo non fosse nata Eldiana.

La sensazione di gioia che l'aveva inondata fino a quel momento quasi la spaventò, quando improvvisamente si rese conto della realtà dei fatti.

Quella gioia era solo fittizia: a persone come loro non era concesso di ottenere realmente la felicità o realizzare i loro sogni.

Tutto quello che potevano fare era strappare momenti, rubare secondi al tempo che scorreva, illudersi di poter essere altrove, di poter sconfiggere qualsiasi maledizione con la sola presenza dell'altro, per poi, un giorno, essere costretti a svegliarsi ancora nello stesso mondo crudele, nello stesso grigio quartiere, con ancora quelle fasce al braccio che da sempre li avevano condannati a vivere la propria vita come animali in trappola e rendersi conto che uno dei due non sarà più al fianco dell'altro ad alimentare la fiamma dell'illusione di una vita futura da condividere.

E lei non poteva illudersi di essere semplicemente una ragazza che finalmente aveva trovato la sua strada nel cuore della persona che per tanti anni aveva atteso; perché lei ora aveva una causa più grande per la quale combattere.

Molti anni prima aveva preso una decisione in cuor suo, quando la polizia di Marley era entrata in casa sua rovesciando e distruggendo tutto quello che gli era capitato a tiro, per una soffiata che avevano ricevuto e che aveva condannato la sua intera famiglia.

Di fronte alla furia e allo spregio di quegli uomini lei aveva capito perfettamente il suo ruolo in quel mondo: era un rifiuto, uno scarto, qualcosa che poteva essere disprezzato e maltrattato.

In quel momento lei aveva compreso realmente come Marley vedeva la sua gente, la stessa gente che però mandava a morire in suo nome, gente che era felice di immolarsi per elemosinare un po' di considerazione, come i figli non desiderati che farebbero di tutto per l'amore di un genitore.

Quel giorno, però, proprio uno di quegli indesiderati figli, un ragazzino biondo con i capelli corti, fin troppo gracile per la divisa che indossava, con al braccio la fascia gialla dei cadetti e dall'espressione gentile, era sgattaiolato in casa sua e l'aveva presa per mano dicendole di smettere di piangere e l'aveva portata fuori da quell'incubo che stava vivendo.

Lui la conosceva appena, si erano visti qualche volta dalle finestre delle loro case ma non si erano mai parlati prima, eppure, si era esposto per accorrere in suo aiuto quando lei ne aveva avuto bisogno. Quel bambino si era limitato a portarla fuori casa e impedirle di assistere al momento in cui il corpo di sua madre veniva portato via dalla polizia, un gesto semplice ma che agli occhi di una bambina spaventata, lo resero immediatamente un eroe.

In quel momento, Leda decise che se non avesse potuto riporre fiducia nel paese in cui era nata, lei avrebbe scelto da sola a chi offrire la sua lealtà, a chi offrire il suo cuore.

E lei aveva scelto di offrirlo a quel bambino, a Reiner.
 

Tutto ciò che aveva fatto finora lo aveva fatto per proteggerlo e non si sarebbe fermata di fronte a nulla, neanche di fronte a quello che le sembrava un peccato imperdonabile, fosse stato anche solo per regalargli un giorno in più di vita.

Finalmente, giunse all'ingresso del quartier generale; sulla soglia trovò ad aspettarla Porko, poggiato con le braccia conserte su uno dei pilastri dell'ingresso.

<< Pieck è rientrata poco fa, era preoccupata dopo il tuo incontro con Zeke di ieri. >> le disse bruscamente.

Cercando di riprendere fiato Leda alzò una mano in segno di scuse.

<< Lo so, lo so, scusatemi...come vedi sto bene, Zeke ha capito perfettamente che è stato solo un malinteso! Poi, onestamente, appena sono rientrata a casa ho trovato Reiner ad aspettarmi, era emotivamente a pezzi e... non ho pensato di andare a cercare Pieck per rassicurarla. >>

L'espressione che aveva sul viso dovette essere molto eloquente perché Galliard non aggiunse altro a riguardo. Si limitò a guardare dall'altra parte e le poggiò la mano sulla spalla.

<< Vai a consegnare i documenti a Magath, è furioso. >> poi aggiunse quasi sussurrando:

<< So di cosa hai paura... sappi che non credo lui si meriti che tu ti esponga così ma, per quel che vale, non ho intenzione di essere io la causa della sua morte. Quindi non mi opporrò o protesterò in via ufficiale se non assegneranno a me il suo Gigante. Tu ne soffriresti troppo e... Pieck non me lo perdonerebbe. >>

Leda posò la sua mano su quella di Porco, ancora poggiata sulla sua spalla, e lo ringraziò con lo sguardo, grata di avere amici come lui e Pieck al suo fianco.

<< Tranquillo, Porko, ho tutto sotto controllo. >> Sorrise spavalda drizzando le spalle con convinzione preparandosi ad affrontare il generale Magath e la commissione di Ufficiali che avrebbero deciso delle sorti di Reiner.

Leda entrò nella caserma lasciando Galliard a pensare alla risposta che gli aveva appena dato.

Era davvero convinta della sua affermazione? Credeva davvero con tanta fermezza di avere il controllo della situazione? Aprendo la porta dell'ufficio in cui si erano riuniti gli ufficiali e il dottor Croix, Leda mentì ancora una volta a se stessa e tutti gli altri.

E lo fece nel modo più convincente possibile.

<< Chiedo scusa per il ritardo, rianalizzando i test dei cadetti sono emerse nuove prospettive che vorrei esporvi. >>
Chiuse la porta alle sue spalle.

 

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Reiner
 

Reiner non era sicuro del perché stesse cercando in ogni modo di non uscire dalla stanza di Leda.

Non voleva nascondersi dall'esito della riunione di Magath e gli altri ufficiali: era ormai rassegnato all'idea di dover lasciare il suo Gigante al prossimo cadetto e aveva accettato questa evenienza come si accetta il sorgere del sole ad ogni nuova mattina.

La vicinanza di Leda e le parole che gli aveva rivolto prima di uscire, lo avevano messo in pace con il suo destino.

Sarebbe morto con almeno una persona capace di perdonarlo a questo mondo, e se anche solo un'unica persona fosse stata capace di perdonarlo, lui poteva essere salvato.

Certamente, provava rammarico per il tempismo con il quale i suoi desideri più nascosti avessero finalmente trovato compimento: la ragazza che per molti anni era rimasta sul fondo della sua anima ad attenderlo pazientemente, gli aveva offerto un riparo da se stesso come un paese accogliente presta asilo ai profughi in fuga dalla guerra, ed ora, finalmente, sarebbe sopraggiunta anche la Morte a sollevarlo del tutto dalle sue tribolazioni.

Nonostante questo scherzo del destino, Reiner sentiva di poter essere felice.

Vagava per la stanza di Leda, immergendosi completamente, forse per un'ultima volta, in quel calore che lo aveva avvolto.

Seduto sul letto si ritrovò a portarsi al viso la camicetta della divisa della ragazza, respirando profondamente; un vago profumo di gelsomino e violetta aleggiava sul pezzo di stoffa, riportando alla mente i giorni in cui erano solo dei bambini e potevano permettersi di non badare a cose futili come il profumo sui vestiti di una persona cara.

" Sarò in grado di ripensare a questo profumo nell'attimo in cui morirò? "

La domanda gli fece correre un brivido lungo la schiena e di colpo si rese conto di avere paura. Paura di morire.

In fondo al suo cuore stava iniziando a germogliare un piccolo seme di speranza, piantato lì da Leda per puro caso, e adesso Reiner iniziava a desiderare di coltivare questo seme... non era pronto ad accettare il suo destino adesso. Lui voleva essere perdonato.

Perdonato realmente, non solo con le parole di circostanza dopo una notte di intimità, che in cuor suo Reiner temeva fossero state pronunciate per pietà; voleva davvero riscattarsi.

Uscì dal confortevole calore di quella stanza e scese in strada, camminando a passi decisi.

Il cimitero dei caduti di Liberio era poco fuori la zona popolata del quartiere d'internamento. Le centinaia di semplici lapidi, erette con cura in piccoli terrazzamenti l'una accanto all'altra, custodivano e cullavano per sempre la memoria di semplici giovani immolati in nome della guerra.

Tutti Eldiani che per amore, chi della propria famiglia e chi di quella che sentiva come sua patria, avevano scelto il sacrificio ultimo.

Non c'erano fasce bianche o rosse su quelle lapidi, non aveva importanza, nessun guerriero onorario o comune soldato: alla gente di Liberio non importava quelli erano tutti i loro ragazzi, figli, padri, mogli e mariti.

Reiner si fermò davanti una lapide ricoperta di fiori, uno sconfinato bouquet di gardenie e gladioli, e vi si inginocchiò davanti ripulendo con la mano la sommità della pietra e scansando via i petali caduti, scoprendo così il nome inciso su quella tomba.

Rimase a fissare quell'incisione a lungo prima di parlare come se il ragazzo che avrebbe dovuto riposare lì sotto potesse sentirlo.

<< Avrei dovuto venire prima a trovarti, lo so, sono stato un codardo...avevo paura che tu potessi essere in collera con me, temevo di dover affrontare il fatto che sicuramente mi detesterai adesso.

Perdonami se non ho potuto mantenere la promessa di riportarti a casa. Non c'era altro che io volessi di più se non riportare te ed Annie al sicuro, non ho mai voluto lasciarvi indietro e soprattutto...non avrei mai voluto deluderti così. >>

Si afferrò la testa tra le mani con forza.

<< Bert, cosa devo fare? Perché sono di nuovo così debole? Io...non voglio morire proprio adesso! Lo so che è tutto quello che merito! Lo so che non ho il diritto di illudermi di poter avere pace... Berthold!

Perdonami, ti ho abbandonato su quell'isola e ora sono qui a chiederti pateticamente il permesso di provare a dimenticare cosa è successo, ti prego concedimi di continuare a vivere ancora un po'! Dimmi che a parti inverse tu avresti fatto lo stesso per Annie! >>

Le lacrime iniziarono a rigargli il volto mentre farneticava furiosamente ad alta voce, come se prima o poi la risposta di Berthold potesse giungere da qualche parte.

<< Tu non sei neanche qui...>> si disse in un soffio, cambiando completamente espressione in un battito di ciglia. << E neanche Annie... >>

Reiner giunse alla caserma a pomeriggio inoltrato, con la schiena dritta di chi può sorreggere l'intero mondo sulle spalle e lo sguardo di chi non ha più nulla da perdere. Camminava lungo i corridoi in direzione del quartier generale dove Zeke lo stava aspettando insieme a Magath.

Da una finestra scorse il campo di addestramento, le nuove reclute del progetto dei Guerrieri si stavano esercitando con i fucili sotto lo sguardo degli esaminatori e della equipe medica di Croix.

Individuò su cugina Gabi, che a soli otto anni imbracciava a fatica il fucile, troppo grande per lei. Reiner si rivide nel riflesso di quella bambina e sorrise amaramente.

Stava avendo difficoltà a centrare il bersaglio e l'essere sotto gli occhi degli esaminatori in quel momento, la stava facendo agitare: Gabi voleva con tutta se stessa diventare un Guerriero esattamente come Reiner e avrebbe fatto di tutto per riuscirci.

Anche a quella distanza Reiner poteva vedere che la bambina stava tremando dall'agitazione e che, probabilmente, gli occhi le si fossero riempiti di lacrime. La commissione che la stava esaminando la superò, passando al prossimo cadetto quando una ragazza dai lunghi capelli bruni e con la divisa dell'unità medica si avvicinò alla bambina, posandole una mano sulla spalla e chinandosi a parlarle all'orecchio.

Gabi a quel punto abbassò l'arma e la riportò verso l'altro con gli occhi chiusi, quindi li aprì respirando, inclinò la testa a destra a creare una diagonale con la linea di tiro, smettendo così di guardare il bersaglio ma concentrandosi esclusivamente sulla tacca del fucile, aprì la posizione delle gambe, mettendosi comoda e ruotando completamente l'asse del suo busto, rilassò le spalle per un attimo e contrasse l'addome, premendo sul grilletto.

Il proiettile volò dritto al centro del bersaglio.

Gabi si voltò raggiante verso la ragazza che la guardava con un mezzo sorriso e a braccia incrociate.

Reiner riprese a camminare verso l'ufficio di Magath, senza voltarsi di nuovo.

Vedere Leda insegnare a sua cugina come migliorare la sua tecnica di tiro lo aveva scosso.

Aveva perso di vista il quadro generale delle cose, se lui fosse morto ora sia Gabi che Leda sarebbero finite in mezzo ad una vita fatta di dolori e insensatezze, in mezzo a quella follia della guerra senza avere ancora i mezzi per affrontare cosa si sarebbe parato davanti loro, e se fosse successo sarebbe stata colpa sua. Un'ennesima colpa che lui non avrebbe potuto sorreggere.

Il comandante Magath lo fece sedere al centro della stanza.

Gli ufficiali lo guardavano con disprezzo e lui sosteneva i loro sguardi con una maschera di composta fierezza.

<< Reiner Braun >> parlò Theo Magath. << Sei un fortunato figlio di puttana. >>

 

   
 
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