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Autore: Eevaa    01/07/2023    2 recensioni
Vegeta è pieno di scheletri nell'armadio. Anche se sono passati anni dalla sua vita da mercenario, gli incubi di quei giorni continuano a tormentarlo.
Oramai è abituato a quella catena attorno alla caviglia che lo tiene agganciato al passato.
Non si sarebbe mai immaginato, però, che quei fantasmi un giorno potessero assumere consistenze di realtà.
Lo sai e lo percepisci: questa volta non hai via di scampo. D'improvviso hai di nuovo sei anni e Freezer sta per portarti via tutto, tutto quello che hai, anche quello che credevi di non avere più.
[Post-Dragon Ball Super] [No Spoiler al manga]
Genere: Angst, Avventura, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Broly, Goku, Nappa, Radish, Vegeta
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©.
Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se con i crediti all'originale.
L'immagine di copertina è stata realizzata da Giosuè Graci.


 


- GHOSTS -
/how can I move on/


CAPITOLO 8
Grandi responsabilità



 
La notte successiva riesci finalmente a dormire, ma lo fai nel modo in cui sei consueto fare: male.
Incubi variopinti degni di un Oscar per l'horror, associazioni di idee senza senso e, soprattutto, dramma. Sogni che gli Dei del potere vi si rivoltano contro e distruggono tutto, sogni che tu e Kakaroth siete costretti a tornare indietro nel tempo, sogni che finite insieme su Vegeta-Sei sotto falsa identità. Tuo padre, tua madre. Radish che è solo un bambino, e Nappa che ha ancora i capelli.
Quando ti svegli sei più stanco di prima, e la nuova riunione col consiglio di Re Sadala prosciuga le ultime forze a te rimaste. C'è ancora tanto lavoro da fare, tante persone da informare, specialmente c'è da vedere se Freezer non saprà sorprendervi in negativo con qualche trucchetto del mestiere.
Mancano tre giorni al suo ipotetico arrivo, senti il suo Ki sempre più vicino, insieme al voltastomaco che ti procura.
Mentre girovaghi per le strade di Ichi, la gente ti guarda con aria terrorizzata, qualcuno pensa che sia colpa tua che stia accadendo tutto questo. Un po' lo è. Non lo sopporti, quindi a metà giornata pensi bene di prendere quel concentrato di energia e buon umore di Cabba e portartelo in giro per il pianeta a cercare un posto adatto per la battaglia.
Alla fine, devi ammettere che quello che diceva la presidente Negi era il vero: il luogo più adatto sembra essere il deserto nella regione di Shi. Lunghe distese di sabbia rosa pastello che terminano su un mare mosso e freddo, la spuma delle onde sembra panna montata. Un panorama che toglie il fiato, nonché posto perfetto per sedersi a ricaricare le energie e gustarsi un panino con carne di buta che avete rubato dal buffet della colazione.
Affondi le dita dei piedi nella sabbia rosa mentre accartocci il sacchetto del sandwich e lo metti in tasca. Il vento ti sferza in faccia e ti scompiglia i capelli, porta i tuoi pensieri lontano, oltremare, oltre il cielo. Guardi in alto e sai che sopra le nuvole e l'atmosfera c'è una flotta di astronavi in esercitazione che non riesci a scorgere.

Stai evitando di parlare chiaro con Radish perché pensi di non meritare perdono”.

Le parole che ti ha detto Kakaroth ieri sono ancora pesanti, quindi scuoti la testa e lasci che il vento si porti via anche quelle. Ritorni con lo sguardo sul ragazzino seduto accanto a te, e ammetti che il tuo piano di circondarti di buon umore non sta funzionando. Cabba oggi non blatera, non straparla, non saltella qua e là combinando pasticci e portandoti allo stremo. Se ne sta lì zitto zitto, con mezzo panino ancora tra le mani e lo sguardo che carezza le increspature del mare.
Decidi che, se non vuoi concentrarti sui tuoi problemi, spostare l'attenzione sugli altri potrebbe essere una buona idea. Giusto perché fatichi ancora ad ammettere che ti preoccupi davvero, per gli altri. Ogni tanto.
«Pianeta Sadala chiama Cabba!» schiocchi le dita vicino al suo volto e lui scatta come una molla. Il panino gli salta due o tre volte tra le mani, non riesce ad afferrarlo e casca tra granelli di sabbia.
Si volta verso di te e da seduto si inginocchia con le mani unite in preghiera. «Chiedo scusa, sensei! Ero distratto!»
Fai roteare gli occhi e ti domandi quando la smetterà di comportarsi con te con questo eccessivo rispetto.
«Sta' un po' buono» borbotti e lo costringi a sedersi di nuovo composto. «Cos'è che ti preoccupa? La battaglia?»
Cabba scuote la testa con vigore e gesticola, come sempre.
«No. No, davvero. Anzi, combattere mi piace, sono anche quasi contento di poterle mostrare tutti i miei miglioramenti. No, no, non ho paura della battaglia! In fin dei conti ho già affrontato un Torneo... ma... beh, a dire il vero... non è che sono preoccupato per me eh, sensei, lo giuro».
Ti ricorda tuo figlio mentre tergiversa, quando vuole nasconderti qualcosa. Un brutto voto in filosofia, ad esempio, o quando combina qualche guaio insieme al suo inseparabile compagno di merende. O quando tenta di giustificarsi sul perché chiudono a chiave la porta, e tu non sei nato ieri.
«Sputa il rospo, Cabba, e smettila di cianciare» sbuffi.
Lui abbassa il volto e arrossisce. «È solo che stavolta... è diverso» ammette, un po' ti preoccupa perché sembra fin troppo serio. Tuttavia, dopo qualche secondo di esitazione, esibisce un sorrisetto e due occhi furbi nascosti dietro il ciuffo. «Perché stavolta ho una persona da proteggere».

Bingo. Ecco cosa diamine c'era dietro. Ti viene da sorridere, ma alzi solo le sopracciglia fingendo disinteresse.
«Ah sì?»
Ovviamente lui attacca la pantomima di entusiasmo. In fin dei conti eri qui per questo, no?
«Sì! Ecco, cioè non è nulla di serio, eh, ci stiamo solo vedendo, ma io... ahhh! Sensei, vorrei davvero che la vedesse... è bellissima! Ma che dico, è stupenda! Dolce, gentile, intelligente, ironica, ha due occhi così trasparenti e... ahhh, sensei, credo di essermi innamorato!» cinguetta e si butta indietro. Solleva una nuvoletta di sabbia rosa e, per tutte le stelle, quasi puoi giurare che sia a forma di cuore. Potresti vomitare o scoppiare a ridere seduta stante, ma poi Cabba torna un poco più serio. «Non voglio che le accada niente di male, vorrei riuscire a proteggerla e il solo pensiero che potrebbe accaderle qualcosa mi fa tremare dalla rabbia! E poi.... beh, vorrei sopravvivere, quello sì, perché vorrei chiederle di diventare a tutti gli effetti la mia ragazza! Quindi non vorrei deluderla, vorrei riuscire a combattere e vincere, per questo. È solo questo che mi preoccupa» ammette infine. Ti accigli, puoi comprenderlo. Ultimamente durante le grandi battaglie il tuo unico pensiero è vincere per far sì che i tuoi figli, Bulma e le persone che ami sopravvivano.
Di solito non dai consigli a nessuno, né sei bravo a rincuorare, a conversare. Ma se lui ti chiama “maestro” c'è un motivo: si fida ti te, del tuo parere, dei tuoi consigli. Non ne conosci il motivo, ma non vuoi deludere le sue aspettative.
«Sai, Cabba... ho capito davvero troppo tardi che combattere e cercare di migliorare per vendetta non mi stava portando da nessuna parte» riveli. Stai imparando a essere sincero con gli altri, e questo di conseguenza comporta anche essere sincero con te stesso. Tirare fuori qualcosa che non riesci a comunicarti. «Sai quando ho iniziato ad avere dei risultati? A ottenere dei veri miglioramenti? Quando ho iniziato a combattere non solo per me stesso, ma per proteggere gli altri. Quindi, sì, ragazzo... penso che con questo spirito riuscirai senza dubbio a farti valere. Non la deluderai. E tutti insieme riusciremo a proteggere lei e tutto questo pianeta».

Lui ti guarda con quegli occhioni spalancati, dedicandoti un'attenzione esclusiva, come se gli stessi dispensando le più grandi verità del cosmo. Invece sei solo un vecchio – si fa per dire – incompetente emotivo che predica bene e razzola male. Quasi sempre.
«Sensei, è sempre così saggio! Vorrei davvero essere come lei!» trilla, rinvigorito. L'unica cosa di cui sei felice è di avergli regalato un po' di serenità.
«Non ti conviene...» borbotti. Non augureresti nemmeno al tuo peggior nemico di essere come te.
Cabba scuote la testa e si sgranchisce le nocche, soddisfatto. Monta un'aria sognante e tu sai che sta pensando a lei. «Se dovesse andare tutto bene, ci terrei tanto a presentargliela!» dice infatti.
Ha gli occhi innamorati e invidi quella spensieratezza. Non pensi di aver mai avuto quegli occhi, perché anche quando hai amato hai voluto celarlo nel peggiore dei modi.
Lo invidi. Sei tu che vorresti essere come lui, ma non glielo dici.
Annuisci e ti alzi: è ora di tornare in città.

 
 

 

Gli allenamenti per sopprimere il Ki vanno sorprendentemente bene. Nappa e Radish stanno iniziando ad apprendere l'arte e non puoi fare a meno di domandarti quando entrambi riusciranno a trasformarsi in Super Saiyan. Perché lo faranno, di questo ne sei certo. Il loro livello combattivo è già piuttosto alto, quello che gli serve è solo la spinta giusta.
Dal tuo canto, ti sei rassegnato a non poter accedere al livello dell'Ultra Istinto. Al contrario di prima, te ne frega anche poco. Hai raggiunto la consapevolezza che tu e Kakaroth siete su due strade diverse e, anche se il vostro livello combattivo sarà sempre simile, tu accederai ad altri tipi di trasformazioni. L'Ultra Istinto è per i puri di cuore, gli Angeli, e tu non lo sei. Sei pronto a scommettere che la tua prossima trasformazione sarà più vicina alla Distruzione: Lord Beerus ti sta allenando apposta per questo. Non hai fretta, però. I tuoi problemi ora sono altri.

«Il padre del Re è morto di una grave malattia, non di certo in combattimento. Si è sempre tenuto lontano dalle guerre. Il popolo ha sempre apprezzato questo spirito pacifista. I Saiyan non entrano in un conflitto dalla grande guerra civile contro i Vegeta, non sono preparati al combattimento. Mi domando cosa verrà narrato nei libri di storia, di Re Sadala VII e noi parlamentari, se dovessero esserci dei morti in questa battaglia...» dichiara Oribu, mentre passeggiate fianco a fianco sulle mura del grande palazzo. Il cielo è terso, spruzzato di stelle luminose.
Quando ti ha invitato a passeggiare insieme dopo cena, sapevi già che avreste parlato di questo. Anche durante l'incontro mattutino ha mostrato preoccupazione. Ne hanno mostrata tutti. Si può dire tutto dei presidenti, ma non che non ci tengano al bene del loro popolo.
«Faremo in modo che non ce ne siano» mormori, ma non prometti niente. Sai che, anche se siete più forti, Freezer è più subdolo. «E, da quello che mormora la gente, nessuno ve ne sta facendo una colpa. Siamo noi al centro delle ire del popolo, perché è dal nostro universo che viene il pericolo».
Comunque andrà questa battaglia, dubiti che sarete ancora troppo i benvenuti su Sadala. C'è addirittura chi dice che portiate iella. Da questo punto di vista, questi Saiyan non sono molto diversi dai terrestri – che, oramai lo sai bene, si comporterebbero allo stesso modo.
«Non penso sia colpa vostra» dichiara Oribu, continuando a camminare lungo la balconata del palazzo. Con le mani inanellate accarezza le piante rampicanti sul muro, le foglie frusciano e i fiori emanano un profumo dolciastro.
«Io penso di sì» sei costretto ad ammettere. «Avremmo dovuto uccidere Freezer dopo il Torneo del Potere, quando ne abbiamo avuto occasione».
Certo, non avresti mai pensato che si sarebbe spinto fino a tanto – fino a rompere le scatole persino in universi non suoi. Non è colpa tua che Freezer è un bastardo, ma è colpa tua perché non lo hai frenato quando ne hai avuta la vera occasione. Colpa tutta tua quella di non aver convinto Kakaroth che lasciarlo in vita non fosse una grandiosa idea.
«Lei è molto umile, Principe Vegeta».
Tutt'altro. Sei egocentrico. Così egocentrico che pensi che tutto quello che accade nell'universo dipenda da te, ti direbbe Radish.
Arricci il naso. Una volta hai visto un film con tuo figlio – e non era nemmeno malaccio – in cui a un supereroe vestito da cretino veniva detto “da grandi poteri derivano grandi responsabilità”. Fin troppo vero!

«No, non sono umile, ma sono purtroppo consapevole delle mie responsabilità. Tuttavia con i se e con i ma non si va da nessuna parte. Non mi può importare niente che la popolazione di Sadala ci veda come dei portatori di guai. Siamo qui per risolvere un problema intergalattico, non di certo per farci acclamare» dichiari.
Di farti acclamare non te ne è mai importato un gran che. Sai bene che il ruolo del supereroe in calzamaglia non fa per te, anche se il tuo fine ultimo è quello di salvare le persone, proprio come Spiderboy o come diavolo si chiama quel tizio che piace tanto a Trunks.
Ti torna in mente la conversazione con Cabba. A cosa serve tutto il potere che hai, se non a proteggere la gente - e, soprattutto, chi ami?
Oribu ferma il suo cammino e incrocia le braccia, i suoi occhi scuri luccicano come il firmamento, o forse sono tutti quei brillanti che si appiccica sugli occhi e tra i capelli raccolti. Veste con una tunica brillante color blu notte e delle scarpe col tacco rosa indiano, stesso colore delle unghie smaltate e le grosse perle sulle orecchie, oltre alla pietra incastonata sul piercing sotto il labbro inferiore. Sulla Terra ai presidenti e alle presidenti non è concesso essere così appariscenti. Decoro, lo chiamano. A te non fa né caldo né freddo e ti sembra una grandissima stronzata. Hai smesso di giudicare le persone in base all'abito oramai da parecchio tempo.
«Pragmatico al punto giusto» ti dice, indossa un sorriso affabile e si appoggia con un braccio al muro, proprio di fronte a te. «Apprezzo molto il suo modo di fare». Non sei bravo a ricevere complimenti, non sai nemmeno ringraziare. E, quando Oribu capta il rossore sulle tue guance, fraintende le tue intenzioni. «Le andrebbe di passare dalle mie stanze per un drink?»

Deglutisci e fai un passo indietro, nel più completo imbarazzo. In passato hai sempre evitato certe situazioni come la peste e, se proprio avevi bisogno di compagnia, pagavi. E uccidevi la suddetta compagnia il giorno dopo – ma a questo non vuoi ripensare.
Bulma è stata l'unica a cui hai concesso di più, e ce ne è voluto di tempo per accettare di provare dei sentimenti! A tal proposito, se lei sapesse che sei andato a cacciarti in una simile situazione, ti farebbe vedere i crisantemi dal basso. Così dice sempre lei. Non sai nemmeno cosa siano i crisantemi.
L'immagine di Bulma con gli occhi indiavolati e un coltello affilato in mano ti costringe a prendere la situazione per le redini.
«Eh-ehm» balbetti, ti senti così ridicolo da volerti buttare di sotto. «Sono sposato – ehm, legato. Ho una compagna sul mio pianeta» farfugli. Oribu spalanca gli occhi e arrossisce a sua volta, poi ridacchia.
«Le chiedo scusa, Principe Vegeta» dice, con una squisita calma. Affabile, è certamente una descrizione perfetta. Non neghi che sia una persona affascinante, ma sei del tutto fedele a tua moglie. «Allora le auguro una buonanotte!» conclude e, voltando i tacchi, ti lancia un'ultima occhiatina e se ne va. Scopri che il profumo dolciastro non era affatto dei fiori.
«S-sì» blateri, non riesci nemmeno ad augurare lo stesso. E ti maledici.


Ti appoggi al muro con la testa all'indietro, le foglie rampicanti ti solleticano la nuca. Maledici te stesso, il cosmo, Freezer e per ultimo anche Kakaroth. Perché nella lista delle tue maledizioni lui c'è sempre, anche quando non ha fatto niente. C'è sempre un buon motivo per maledire Kakaroth.
«Bella figura!»
Zompi in aria per lo spavento, anche se sai che non c'è nulla da temere. Nella lista delle tue maledizioni, ora c'è una persona in più. Quella che balza giù dal tetto proprio davanti a te, con la faccia da cazzo più sorniona in repertorio.
«'Fanculo! Che diavolo ci facevi lì?» gli ringhi in faccia, ma Radish ti ignora e si siede sul muretto del balcone, spalle alla città e gambe a penzoloni davanti a te.
«Ero fuori dalla mia stanza, ma poi ho sentito delle chiacchiere interessanti e sono venuto qui. E se non mi hai sentito vuol dire che gli allenamenti per il Ki funzionano, visto che ho provato a nasconderlo» gongola, con le braccia intrecciate dietro il collo.
«Mh. Giusto» osservi. In effetti non avevi percepito proprio nessuno. Sapevi che ce l'avrebbe fatta prima di Nappa: Radish è sempre stato il più svelto ad apprendere.
«Beh, comunque non hai perso il tuo fascino, nonostante la veneranda età» ti sfotte. Nonostante il velato insulto sull'età – sembri davvero così vecchio? - non te la prendi così tanto. Se gli è tornata la voglia di sfotterti, forse le cose stanno iniziando a funzionare. Non te ne illudi ma cavalchi l'onda.
«Se non erro, eri tu quello che aveva fascino – e ci mandava nei guai a causa di esso».
Hai innumerevoli aneddoti a riguardo, ancora freschi nella mente. Il più memorabile rimarrà sempre uno, ed è proprio quello che tira fuori Radish dal cilindro.
«Con la Principessa Kyoka è stato solo un incidente, e lo sai!» puntualizza e alza un dito, come se non aveste già discusso mille volte di questa cosa.
Sbuffi. Sì, un incidente che vi ha quasi mandati sul lastrico, se non diretti all'Inferno. Decidi saggiamente di soprassedere, o ti troveresti costretto a chiamare Nappa e tenere l'ennesimo comizio su questa storia, su “quali sarebbero tutte queste buone ragioni per non uccidere questo idiota? E tu, idiota, perché non ti sai tenere l'uccello nei pantaloni?”

Torni invece ad affrontare la crisi di mezza età. «E comunque... diavolo, sembro così vecchio?» grugnisci e incroci le braccia al petto. Sai di non esserlo: i Saiyan iniziano a mostrare i primissimi segni del tempo intorno ai cento anni di vita. Sei ben lontano da quel traguardo. Ti domandi però se sei davvero cambiato oppure no, perché la prima cosa che ti ha detto Radish quando ti ha visto attraverso il vetro è stata: “Sei... diverso?
«Naah!» scaccia l'aria con una mano. «Sei bene o male lo stesso. Un po' più muscoloso, certo, meno ragazzino...» si interrompe e diventa più serio. Ti scruta con un cipiglio duro, le ombre della notte lo fanno sembrare più spaventoso, anche se non lo è. «Sono i tuoi occhi a essere cambiati». E te lo dice piantandoti i suoi addosso, senza vergogna, senza esitazione.
Ti mordi l'interno della guancia, mentre un insetto simile a una coccinella terrestre ti si inerpica su una spalla. Ti conosci a memoria, sai che ciò che vedi ogni mattina di fronte allo specchio è un uomo diverso, nei tuoi occhi c'è meno smania ma un peso maggiore, ogni tanto c'è soddisfazione, gioia, non c'è più terrore, non c'è più timore, ma c'è rimorso – sempre, sempre, sempre.
«Me lo ha detto indirettamente anche Kakaroth, una volta. Dopo che ho tentato di tornare quello di prima, se non peggio» ammetti, ti perdi oltre la balconata, sulle lanterne fioche di finestre lontane. Ogni volta che ne parli, ti brucia la fronte come se quella M ci fosse ancora, marchiata con l'inchiostro invisibile. «Mi ha detto che i miei occhi gli facevano di nuovo paura, come prima, come la prima volta che sono arrivato sulla Terra». Eri ancora così giovane, ma così spietato, così incazzato. Radish era morto da poco più di un anno, e non avevi rielaborato un bel niente. Eri convinto che non te ne fregasse nulla, invece te ne fregava. Non sapendolo gestire, però, hai incanalato tutto ancora in rabbia – come se già non ne avessi avuta a sufficienza. «Facevo paura?» chiedi infine. Una domanda così stupida!
«Facevi paura a tutti» risponde e stringe le spalle. «Non a me. Non ho mai avuto paura di te». QQQuesto lo sapevi già, ma quello che dice dopo ti fa seccare la lingua contro il palato. «Neanche quella notte».
L'ultima notte. Quando l'hai preso a pugni, quando l'hai umiliato, quando gli hai dato del debole, quando gli hai ordinato di andare a recuperare suo fratello e ucciderlo se avesse opposto resistenza... e quando per ultima cosa ti ha posto una domanda a cui hai risposto nel peggiore dei modi. Distruggendo tutto.
Tuttavia, al contrario di ciò che pensavi, i cocci rotti che credevi persi sono ancora lì, tra le tue mani. Quello che hai distrutto e non hai mai pensato di poter riparare. Ora puoi provare. Tanto mal che vada è già rotto, no? Non puoi fare peggio di così.

"Stai evitando di parlare chiaro con Radish perché pensi di non meritare perdono. Prova a darti una possibilità. Meriti più di quello che pensi".

Le parole che ti ha detto ieri sera Kakaroth ti rimbombano tra le pareti del cranio. E, che Zeno ti fulmini, per una buona volta nella vita decidi di ascoltarlo.
«E cosa hai pensato, quella notte? Cosa hai pensato quando ti ho mandato via dicendo che non mi importava niente di te, di voi?» Domande che ti escono spontanee e sai che non vorresti sentire la risposta, perché ti fa paura, ma prima o poi la devi affrontare. «Quando ti ho detto quelle cattiverie? Quando ti ho detto che non valeva la pena dirti di Freezer, perché non contavi nulla? Cosa hai pensato?»
Te ne penti immediatamente dopo. Speri di venire fagocitato dal muro alle tue spalle, dalle piante rampicanti, invece rimani lì, a pochi piedi da lui che ti squadra come se non si aspettasse niente di simile. Non se l'aspettava lui così come non te l'aspettavi tu, che il momento di questo discorso sarebbe giunto. Si arpiona al balcone con le dita, le vedi diventare bianche per quanto stringe. Il marmo scricchiola, si crepa. Sa di non potersi sottrarre a questo, e lo sai anche tu. Non c'è più spazio per la fuga. Dovete confrontarvi. Devi affrontarlo, devi darti una possibilità.
E, ringrazi il cielo, cede anche lui.
«In realtà all'epoca non ti avevo creduto. Ero certo che stessi mentendo, come facevi sempre» ridacchia in modo terribilmente amaro, perché – come dimenticare – lui captava le stronzate che dicevi a te stesso e agli altri anche a mille metri di distanza. «Poi... poi beh, qualche giorno fa mi sono svegliato dopo ventun anni... e allora ho capito che forse non stavi mentendo. Che davvero per te non valevo niente. E questo mi ha fatto più male che sentirmi dire quelle parole».

Ti colpisce dritto alla bocca dello stomaco. Un dolore così intenso, parole che ti prendono la pelle e te la lacerano, ti si conficcano sotto le costole, sotto la tua dura corazza che ora sembra una lamina di carta di riso.
La sincerità con cui ha detto ciò ti scuote da dentro, soprattutto perché come sempre Radish non distoglie lo sguardo nemmeno quando è vulnerabile, non ha paura di mostrarsi nudo. I cocci di ciò che hai distrutto sono tra le tue mani, la paura che il danno sia irreparabile ti annichilisce.
Ma dentro di te hai una verità incandescente, brucia, e l'unico modo per non morire tra le fiamme di quell'Inferno personale è passarla a lui. Spogliarti di tutte le maschere che hai indossato, anche le più ridicole, anche le più palesi, mostrarti per ciò che sei e per ciò che eri.
«Radish, io... mentivo...»
Lo ammetti con una voce che non sembra nemmeno tua. Hai qualcosa incastrato in gola, una lama d'acciaio appena sotto il pomo d'Adamo.
Lui ti fissa con due occhi come specchi e non c'è più città, non ci sono più lanterne, piante rampicanti, stelle. C'è un buio che vi lambisce, le vostre voci attutite.
«Mentivi...» mormora, non sa nemmeno lui se l'hai detto davvero o no. Non lo sai neanche tu, ma decidi che è il momento.
Ti strappi quella lama dalla gola e le parole escono tutte insieme, una cascata d'acqua bollente.


«Sì. Anche se può risultare difficile crederlo, ma sì. Ho mentito a te, ho mentito a Nappa, ho mentito soprattutto a me stesso. Sempre». Prendi fiato e ti bruciano i polmoni, ma continui. «Posso raccontarti mille stronzate, Radish. Le stesse che mi racconto io per giustificarmi. Ad esempio che sono stato cresciuto da un padre insensibile, che a tre anni mi hanno fatto uccidere un bambino della mia stessa età solo per farmi smettere di provare empatia, che ho perso tutto quando avevo sei anni, che sono stato sotto schiavitù, che ho voluto portare il peso di una scomoda verità tutta per me per potermi caricare meglio di sete di vendetta. Che poi è il motivo per cui non vi ho detto niente di Freezer: non perché pensavo che non foste degni, ma perché pensavo che la rabbia mi avrebbe arricchito. Ma tutto questo non mi giustifica. Non lo fa». Prendi tutte le lame che hai sempre tenuto conficcate nelle costole, le strappi via una ad una e le fai cadere in mezzo a voi. Perché bruciano, non puoi più tenerle addosso. «Tu hai passato la stessa merda e non... non eri come me. La verità è che tutto il male che ho fatto l'ho fatto perché ero una persona orribile. Una persona tremenda, meschina. Una persona che mi vergogno di essere stato. E mi pento ogni giorno, ogni singolo giorno». Altre lame per terra, tintinnano, un frastuono insopportabile. Ti aspetti di vedere Radish tapparsi le orecchie e gridare di smetterla, invece è immobile, ascolta la tua verità come se fosse il canto di una sirena perché, si sa, il canto delle sirene conduce alla dannazione eterna.
«Io non so cosa abbiano visto in me tuo fratello, mia moglie, le persone che ora chiamo "amici". Io non so come abbiano fatto a vedere oltre lo schifo che ero... forse è più facile vedere del buono quando cresci nella bontà. Lo vedi anche dove non c'è. Lo hanno visto persino in una persona orrenda come me. In un mostro che non sapeva cosa fosse l'amicizia, l'amore, la fratellanza. Perché ogni volta che provavo dei sentimenti li reprimevo. Ho detto bugie, ho mentito. Sì, per tutti i motivi che ho elencato, ma in primis perché ero una persona orribile e non ero capace di fare altro se non distruggere, di fare male anche a chi non se lo meritava, anche alle uniche due persone in tutto il cosmo di cui veramente mi importava». Strappi via anche dei pezzi di te stesso che non sapevi ci fossero. Che nemmeno tu sapevi esistessero. «E quando ho capito tutto questo... era troppo tardi. Troppo tardi per rimediare, troppo tardi per resuscitarvi e andare incontro alle mie responsabilità. Sono stato un codardo. Non sto cercando di giustificarmi per tutto quello che ho fatto, ma... se c'è una cosa che posso dirti con certezza, è che io mentivo. Non pensavo nulla di ciò che ti ho detto quella notte».


L'ultima lama cade, si spezza, il frastuono cessa, le luci della città piano a piano riaffiorano. La notte è di nuovo silenziosa. Tutte le tue ferite bruciano, tutte le cicatrici tirano, anche le più vecchie. Hai le dita intorpidite, la pelle imperlata di sudore freddo. Le guance, soprattutto. Senti una goccia scorrere fino al mento, ti infastidisce. Ma, solo quando vedi la stessa goccia staccarsi dalle ciglia di Radish, ti rendi conto che è calda, brucia, non è sudore.
Senti l'impulso di scappare, ma i tuoi piedi sono incollati alla lastra di marmo grigio di quel balcone, mentre la tua testa è inaspettatamente così leggera da poter fluttuare oltre le nuvole. Come se fossi ubriaco.
Ti senti nudo. Non ti sei mai spogliato così tanto, così tutto insieme. Con nessuno, nemmeno da solo di fronte allo specchio. Fa male e fa bene al contempo. Perché, una volta tanto nella vita, sei riuscito a essere sincero. E quasi non ti sembra più importante se quello che hai detto non riuscirà a riparare ciò che hai danneggiato.
Non ti aspetti nemmeno che Radish risponda a tutto quel flusso di coscienza, eppure... eppure lo fa. Non sai per quanto tempo state lì a fissarvi l'un l'altro prima che lui parli, la lacrima che gli rigava il viso oramai si è persa altrove, anche le tue guance sono asciutte, ma alla fine lo fa. Parla. E ti sembra di udire la sua voce per la prima volta.
«Beh... a dirla tutta, anche io lo avevo visto... il buono che c'era in te...»
Di questo, malgrado tutto, non riesci a dubitarne. Perché lui, esattamente come suo fratello, ha sempre avuto il cuore al posto giusto, e un sorriso da scemo che sta tentando di nascondere ma non riesce. Un'espressione genuina, la stessa che ti rivolgeva quando stavate soli sotto le stelle di Vegeta-Sei e parlavate di come sareste diventati da grandi. Un re e una guardia reale devota.
Senti che vorresti piangere di nuovo, stavolta con cognizione di causa, ma ti imponi di non farlo. Hai già dato troppo spettacolo per i tuoi gusti. Non lo abbraccerai, non ne sei nemmeno capace, non sei il tipo di persona adatta a questo.
Eppure c'è ancora una cosa che sai che devi fare, che vuoi fare – qualcosa che hai fatto di rado – ed è chiedere scusa. Anche se non dovesse portare a niente, lo vuoi fare lo stesso.
«... Radish... mi...»


Ciò che hai imparato, però, è che non sempre le cose vanno per il verso giusto. Anche quando ti impegni con tutto te stesso per farle funzionare.
Perché anche stavolta accade l'impensabile, l'imprevedibile.
Il terrore torna a bussarvi alla porta di casa. Con due giorni e mezzo di anticipo.


 
Continua...

Riferimenti:
-Alzi la mano chi ha notato la citazione della mia storia "HAKAI" a inizio capitolo, quando descrivo gli incubi di Vegeta. 
-Ovviamente "da grandi poteri derivano grandi responsabilità" è una citazione di Spiderman. Mi piace mettere riferimenti alla cultura pop anche se nel mondo di Dragon Ball in teoria non esiste Marvel alcuna :D
-Per quanto riguarda la trasformazione in Super Saiyan di Radish e Nappa, mi risulta facile credere che con allenamenti intensivi possano raggiungerlo facilmente, visto che erano più o meno forti come Goku a inizio DBZ e poi Goku si trasforma nella saga successiva. Poi, andiamo, oramai i Super Saiyan saltano fuori come funghi. 
-Oribu è una persona non-binary, come avevo già specificato, quindi non ho mai utilizzato appositamente "lei" o "lui". Spero che il dialogo sia stato lo stesso scorrevole. In inglese riesce meglio :/ 
-L'incidente con la principessa Kyoka (il quale nome è preso da uno dei miei personaggi preferiti di My Hero Academia) è citato nella mia storia "Across the universe".

ANGOLO DI EEVAA GRACE:
Boooom, baby!
Lo sentite questo "ohohoh" che riecheggia troppo vicino? E mica poteva andare tutto come previsto, altrimenti sarebbe stato troppo facile!
Ma non focalizziamoci sul disastro imminente, quanto piuttosto su FINALMENTE il momento di confronto tra Vegeta e Radish. Finalmente Vegeta si è sbottonato - e chi shippa questi due non capisca male xD - e Radish sembra essersi sbottonato a sua volta. Accetterà le sue scuse? Riusciranno a porre le basi per ricostruire il loro rapporto, da ora?
Ci sarà tempo? Ehmehm... oopsy-doopsy. La battaglia è imminente. Vegeta ha da proteggere tutti quanti. Compreso Cabba e la sua nuova fidanzatina.
Questa settimana ho pubblicato con un giorno d'anticipo, mentre settimana prossima potrei pubblicare un giorno in ritardo, perché sarò via per il week-end per un matrimonio.
A prestissimo e grazie come sempre a chi legge!
Grace
  
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