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Autore: Pinca    02/07/2023    1 recensioni
-Sai Ari....- oramai l'attenzione, nonostante il nuovo arrivato, era completamente catalizzata sul rosso che sembrava finalmente tornato serio, ma un sorrisetto lo tradì.
-In vita mia credo di non averti mai voluto così tanto...-
Oramai Boris e Sergey lo fissavano increduli con gli occhi sgranati. Kai si sentì come investito da una doccia fredda.
-...ma così tanto bene come in questo momento.-
La cosa bella era che era stato talmente convincente che Ariel stessa non riuscì a pensare che la stesse prendendo per il culo perché, in effetti, era stato sincero. Per la prima volta da quando Yuri la conosceva, Ariel Mayer aveva fatto, anche se inconsapevolmente, qualcosa per il suo personale piacere: rendere Kai Hiwatari vulnerabile.
Kai si portò una mano alla fronte massaggiandola compulsivamente, gli altri due erano rimasti a bocca aperta, forse troppo sconvolti e preoccupati.
-Si può sapere chi cazzo è che l'ha rotto?- chiese brusca Ari completamente disgustata e seccata dalle buffonate del capitano. Cielo, Yuri era un sentimentalotto, era vero ma non in modo così ripugnante!
-Fino a ieri sera funzionava normalmente!- continuò nervosamente pretendendo una risposta da Sergey e Boris.
-Non ne ho la minima idea!- biascicò Sergey. -Stamattina sembrava normale....-
Genere: Azione, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Boris, Kei Hiwatari, Nuovo personaggio, Takao Kinomiya, Yuri
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Return of revange'
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49 il cerchio Ciaooooo! eccomi di nuovo qui.
Vi avverto subito: questo capitolo è "diverso". Diciamo che volevo sperimentare. Inizialmente volevo pubbliccarlo anche con una seconda parte più "standard", ma i giorni passavano e ho elaborato diversamente perchè questa prima parte ha "un'identità" ben definita. Quindi prendetevi di coraggio e fatevi avanti e spero di rivedervi a fine capitolo xD.
Consiglio come accompagnamento alla lettura, per rendere tutto molto più immersivo, di mettere come sottofondo la soundtrack di Stranger Things.
ps: mi scuso come sempre per gli eventuali errori di battitura e simili. Purtroppo anche se leggo e rileggo mille volte il capitolo prima di pubblicare, io non li vedo. Anzi, più leggo e meno li vedo xD.



49. Il cerchio.  

Aprì gli occhi. La stanza di Takao era in ordine, immersa nella luce pallida e fredda che filtrava dalla finestra. Era ancora notte.  
Si tirò su. Doveva controllare le email, doveva esserci la relazione di Kappa sul collaudo di Seaborg. Si alzò e attraversò la stanza fino all’interruttore della luce. Lo schiacciò ma la luce non si accese.  
Osservò la stanza, provò di nuovo. Niente. La luce non si accese.  
Uscì nel corridoio, lo percorse al buio diretta al salone. Lì c’era il pc di Takao, avrebbe usato quello per controllare la posta. Doveva assolutamente vedere come erano andati i test su Seaborg.  
Quel buio iniziava a darle fastidio, se lo sentiva premere addosso. Entrò nella stanza alla sua sinistra e si fermò. Era in cucina.  
Cercò con la mano l’interruttore della luce lungo la parete. Schiacciò ma di nuovo niente. La luce non si accese.  
Takao era ancora lì con la divisa scolastica addosso che sminuzzava le verdure. Le dava le spalle.   
-Non ti sei accorto che manca la luce?- gli chiese seccata.  
Lui si strinse nelle spalle indifferente.  
Come riusciva a cucinare al buio?  
Uscì da lì dall’altra porta che portava direttamente nel salone. Doveva controllare le email. Nella sua mente però iniziò a insinuarsi la strana consapevolezza che la disposizione delle stanze non fosse giusta.  
Avanzò nella stanza.  
Daichi era seduto sul divano davanti al televisore acceso. Quel riquadro luminoso sembrava non bastare ad illuminare l’intera stanza immersa in un buio sempre più opprimente.  
Cercò il pc, doveva essere lì sul tavolino ma non c’era.  
Continuò a fissare il tavolino confusa, perché ne era sicura, il pc era lì ma non lo vedeva.
-Non dovresti essere qui!- disse Daichi all’improvviso senza nemmeno voltarsi a guardarla. Continuava immobile a fissare il televisore acceso senza audio.   
Aveva ragione, non avrebbe dovuto essere lì. Doveva scendere nel seminterrato, era lì in computer.
Tornò nel corridoio. Iniziava a darle profondamente fastidio quell’oscurità. Cercò di nuovo l’interruttore tastando con impazienza lungo la parete ma non lo trovò.  
Alzò lo sguardo. Takao era in fondo al corridoio. Con sé aveva una katana.  
-È da questa parte!- le disse con la sua solita voce rassicurante. Si voltò e si incamminò.
Lo seguì. Entrarono nel dojo. In fondo c’era una porta che non aveva mai notato prima. Takao la aprì, dava su un giardino, un giardino nascosto che non aveva mai visto prima, simile a quello dove di solito si allenavano, solo più piccolo e chiuso tra delle alte mura di pietra.
Avanzò guardosi attorno. La luce della luna illuminava ogni angolo di quel giardino. Si fermò al centro perplessa. Dal cielo cadevano leggeri e brillanti fiocchi di neve.
Quello non era il seminterrato!  
Si soffermò su Takao. Le stava sorridendo, vedeva solo parte del suo viso ma era certa che le stesse sorridendo. Non capiva.  
-Non era questo quello che cercavi?- le chiese.  
-No! Sto cercando il seminterrato!- rispose più infastidita di quanto pensasse di essere. -Te l’ho detto!-
Si fece più vicino di qualche passo.
Non è Takao.
Perché, se riusciva a vedere chiaramente tutto il giardino, ogni angolo, lui sembrava sempre immerso nell’ombra?  
Le fu di fronte. Stava ancora sorridendo.  
Non è Takao.
Una voce molto lontana in fondo alla sua mente la mise in allerta.
Cercò di guardarlo negli occhi. Il suo viso era strano, sbagliato.  
Non è Takao.  
-Ho detto che voglio andare nel seminterrato!- ribadì imperiosa, ignorando quella sensazione.
-Sì...- continuava a sorriderle. -…certo.-
Ari lo guardò ancora e finalmente vide i suoi occhi.  
Quello non era Takao!
Ne aveva l’aspetto, ma non era Takao.  
Non doveva reagire. Se avesse reagito.... ma lui sapeva che lei sapeva. Era consapevole.
Fulminea la mano di lui si strinse in una morsa intorno al suo collo.  
Una pressione lenta, costante, inesorabile. Le tolse il respiro.
Si sentì soffocare, afferrò il suo braccio cercando disperatamente di allentare la presa.
Il suo viso finalmente allo scoperto. Due occhi neri come la pece, malevoli si inchiodarono nei suoi.  
La neve continuava a depositarsi sul terreno tutt’intorno sempre più alta.
Le mancava l’aria. Si dimenava, provava a liberarsi a scacciarlo ma più ci provava e più si sentiva inerme, indifesa e debole.
Poi il rumore di una lama e in un attimo la katana la attraversò da parte a parte mozzandole il fiato e il sangue imbrattò la candida neve per terra.  
Si svegliò di soprassalto, col respiro mozzato, gli occhi sgranati.
Si mise a sedere. Era solo un sogno. Stava sognando!
Era solo uno stupido incubo ma il sangue rosso vivo sulla neve candida era ancora impresso vivido nella sua mente, così come la sensazione della lama nelle viscere era dannatamente reale.  
Si passò le mani sul viso e poi tra i capelli riprendendo fiato. Si calmò.  
Si guardò attorno. Era ancora notte e lei era ancora tanto stanca, poteva e voleva dormire. Si soffermò sulla sveglia sul comodino. Non riuscì a leggervi l’ora ma sapeva di potersi rilassare e continuare a dormire.
Anche sé.... Kappa, la relazione!
Aveva lasciato tutta la parte dei collaudi in mano a Kappa!  
Si alzò dal letto immediatamente.  
Aveva dei dubbi sul disco di zavorra di Seaborg. Ne aveva preparati tre e doveva vedere i risultati del collaudo su campo.       
Si vestì distrattamente continuando a rielaborare nella mente i dati e le statistiche dei tre anelli di zavorra di Seaborg. E se avesse sbagliato a calcolare le proporzioni? O ancora peggio, se avesse sbagliato lega?  
Doveva andare al laboratorio.  
Aprì la porta, uscì nel corridoio buio continuando a ripetersi che la lega era quella sbagliata, non avrebbe retto agli urti, sarebbe andata in mille pezzi dopo qualche incontro. Doveva rifarlo da capo, avrebbe dovuto contattare di nuovo i fornitori e farsi spedire tutto entro i tempi!
Uscì nel giardino.    
C'era Max che giocava con un gattino che teneva stretto tra le braccia.  
Che diamine ci faceva lì a quell’ora?
-Dove vai?- le chiese mentre lei attraversava il giardino verso l’uscita secondaria.  
-Al laboratorio. Devo fare di sana pianta l’anello di zavorra di Seaborg. Ho sbagliato i calcoli....-  
-Ok!- rispose lui continuando a giocare col gattino.
Anche se si trovava all’aperto la sensazione di trovarsi al chiuso era palpabile. Aprì il portone. Doveva andare o avrebbe sforato coi tempi. Attraversò il cortile e entrò nel laboratorio.  
Era tutto spento, tranne i monitor. Dove stavano i suoi assistenti? Stavano oziando?! Lo sapeva che non doveva fidarsi di Kappa, li aveva sicuramente rimandati a casa a riposare.  
Si sedette davanti a uno dei computer e guardò lo schermo.  
Non riusciva a leggere.  
Sforzò la vista provando a decifrare i simboli sullo schermo, ma lettere e numeri continuavano a cambiare, a muoversi e ballare.
Maledizione! Non aveva tempo!
Cercò ancora di leggere le parole sullo schermo, ma queste continuarono a muoversi finché finalmente non si fermarono. Le lesse, ci provò ancora e ancora. Si accostò di più provando a mettere a fuoco.  
Perché non riusciva a leggere?  
Non erano nella sua lingua. Erano una serie di simboli che non conosceva.   
Si allontanò e si alzò lentamente. Un senso di angoscia torno a schiacciarle il petto. Il buio attorno a lei sembrò avvolgerla come un mantello sempre più pesante.
Si guardò attorno scrutando la stanza buia illuminata solo dalla fredda luce dei monitor accesi.
Quello non era il laboratorio della BBA.   
Abbassò lo sguardo. Aveva addosso la sua enorme e incolore uniforme.  
Doveva coprirsi, doveva nascondersi. Il Dottore voleva che lo tenesse nascosto, non voleva che Vorkof lo sapesse. Poteva lavorare solo di notte quando non c’era nessuno. Doveva analizzare gli incontri dei gironi preliminari della squadra estone, aveva delle scadenze da rispettare. Ma non riusciva a leggere....
Non aveva senso.
Guardò ancora le parole indecifrabili sullo schermo, poi una porta in fondo al laboratorio attirò la sua attenzione.  
Era lì, immersa nell’oscurità. Un riquadro nero nella parete di pietra.  
Al di là di quella porta c’era l’ambulatorio del Dottore.  
Al di là di quella porta c’era qualcosa di terrificante.
Ma non poteva trovarsi davvero lì. Lei era in Canada adesso. L'avevano trasferita, l’avevano curata. Era andata via!
Quella porta....
Dietro quella porta....
Era come un buco nero che risucchiava la sua attenzione e lei.
Si toccò l’addome e il ventre.
No, non era in Canada, ma non poteva neanche essere al monastero!
Quanto tempo era passato? Cosa era successo?  
Dietro quella porta qualcosa di mosse.
Stava di nuovo sognando. Stava solo sognando! Quello era un sogno!
Non si era neppure alzata dal letto, era rimasta lì!
Doveva svegliarsi. Chiuse gli occhi.
Dietro quella porta....  
Doveva svegliarsi.
...era dietro quella porta e si muoveva!  
Doveva svegliarsi!
Aprì gli occhi.  
Scrutò il buio sopra di lei. Il soffitto. Era sveglia!  
Era... era in Giappone... a Tokyo... nella camera di Takao... era con i Bladebreakers, fuori dalla Borg.  
Respirò a fondo e deglutì mentre il senso di angoscia si dipanava.  
Maledizione, era così stanca! Aveva così tanta voglia di continuare a dormire, avrebbe solo voluto girarsi dall’altra parte e riprendere sonno, ignorare quei sogni, ma sapeva di doversi alzare e sciacquare la faccia con dell’acqua fredda, ne aveva bisogno.  
Si tirò su rassegnata e uscì dalla stanza.  
Entrò in bagno e accese la luce.  
Si impose di non pensare a quello che aveva sognato. Erano solo sogni strani e assurdi. E poi gli anelli di zavorra di Seaborg non avevano niente che non andava! Erano tutti e tre perfetti. Era solo in apprensione perché avrebbe voluto controllare tutto di persona e non poteva.
Aprì l’acqua del rubinetto evitando di guardarsi allo specchio.
Non è solo quello.
Si appoggiò al lavandino.  
Prepotente quella porta tornò vivida nella sua mente.  
La scacciò.  
Mise le mani sotto l’acqua e si sciacquò il viso. Uno, due, tre volte....  
Si appoggiò al lavandino mentre di nuovo un senso di oppressione le stringeva la gola.  
Non era niente!  
Ancora. Mise le mani sotto l’acqua e si sciacquò il viso. Uno, due, tre volte....
Non guardare nello specchio.
Prese l’asciugamano e si tamponò il viso, lentamente. Chiuse gli occhi e prese un profondo respiro.  
Non guardare nello specchio.
Non era niente. Solo stupidi sogni.
Abbassò l’asciugamano.
Aprì gli occhi e nello specchio lo vide.
Nell’angolo alle sue spalle, per terra che ancora di muoveva e urlava, ricoperto di sangue.
Il fiato le si mozzò in gola, forse urlò, forse non ci riuscì. Spalancò la porta e si precipitò fuori, nel corridoio buio in preda al terrore e andrò a sbattere contro qualcuno.  
-Ari! Ari che succede?- Takao la afferrò per le spalle e la scosse allarmato. -Che cosa hai?-  
Provò a parlare ma non le uscì la voce. Provò ancora ma niente. Era terrorizzata. Si voltò verso il bagno.  
Era ancora lì dentro, quella cosa era ancora lì!
Takao la lasciò, la scansò e si fermò davanti la porta del bagno, guardandovi dentro preoccupato.    
-Qua non c’è niente!- le disse perplesso ora guardando lei preoccupato.
Incrociò le braccia davanti allo stomaco. Un nauseante senso di vuoto la avvolse. Non c’era niente lì dentro. Come....
Si sentì accapponare la pelle e qualcosa la distrasse.  
Si guardò attorno.
Avvertiva una presenza, una presenza talmente vicina che poteva sentirsela addosso.  
-Takao, c’è qualcuno in casa!-  disse in un fiato.
-Ari, tu non ti senti bene!- le disse allarmato avvicinandosi. Le poggiò una mano sulla spalla. -Devi sdraiarti!-  
-Ti ho appena detto che c’è qualcuno in casa!- gli rinfacciò spazientita.  
Ma l’aveva sentita o no?
Continuò a stringersi le braccia sullo stomaco, trovando sempre più difficile rimanere dritta.  
-Non stai bene!- ribadì Takao ora sorreggendola per le spalle.  
Doveva recuperare le armi che aveva nascosto sotto le assi dell’armadio di Takao.  
-Devi sdraiarti!- la stava guidando fino in camera sua.  
Oramai era piegata in due, non riusciva a stare dritta.
-C’è qualcuno in casa!- disse di nuovo allarmata.   
Ma lui sembrava non sentirla e finalmente realizzò: non era lui a non sentire ma lei a non parlare. Dalla sua bocca non era uscito un fiato.  
E la sensazione di quella presenza di fece sempre più forte. Doveva avvertirlo, doveva prendere le armi.  
Takao la fece stendere sul suo letto.
-Sono lì, sotto le assi a destra!- provò ancora Ari sforzandosi con tutta sé stessa di parlare, di fare uscire un suono dalle sue labbra. -C’è un intruso in casa! Prendile!-
-Calmati Ari, calma, andrà tutto bene!- continuò Takao tenendola ferma sul letto. -Respira!-  
Ari provò a prendere un profondo respiro, a calmarsi, ma l’unica cosa che riusciva a fare era pensare che erano in pericolo, che le sue armi erano così vicine ma non riusciva a raggiungerle.  
-Respira!-  
Distolse lo sguardo dall’armadio e si rivolse a Takao.  
-Ti prego lasciami, c’è qualcuno in casa!- cercò di urlare ma ancora non ci riuscirci. -Devo fermarlo!-  
-Respira!- Takao continuava a non sentirla e a tenerla ferma, piantata contro il materasso.  
-Calma, Mayer, calma, andrà tutto bene!-
Non è Takao.
-Respira! Tra poco sarà tutto finito....-
Ari sgranò gli occhi terrorizzata, completamente inerme, paralizzata in balia dell’essere che incombeva su di lei.  
Provò a muoversi, a divincolarsi, la non ci riuscì. Non un muscolo del suo corpo rispose.
Provò a parlare ma si rese conto che nemmeno la sua bocca si stava muovendo.  
-Takao, ti prego!-  
Non è Takao.
Qualunque cosa o chiunque fosse quell’essere, lentamente si stava abbassando su di lei. La pressione sul suo petto, sul suo ventre aumento fino a schiacciarla, a soffocarla.  
Delle mani, tante mani la afferrarono. Le sentiva risalire lungo le gambe, le braccia, le si strinsero intorno alla gola....
Provò ancora ad urlare, ancora e ancora senza riuscirci. La sua bocca era serrata. Le sue urla morivano in lei. Nessuno l’avrebbe sentita. Takao, ovunque fosse, non sarebbe venuto, nessuno l’avrebbe fatto.
Il terrore le attanagliava la mente.  
Inerme, sopraffatta da quelle presenze, sotto quella cosa che aveva solo le sembianze di Takao ma non era lui, completamente paralizzata mentre si abbassava su di lei, il suo fiato sul collo e sfiorarle l’orecchio.... Le sue fauci si spalancarono....  
Vattene!  
Chiuse gli occhi e strinse le dita.
Non si mossero.
Il peso sul petto la stava tritolando. La stava divorando.
Si mosse sopra di lei. Le mani, tante mani la toccavano, attanagliavano, la bloccavano.
Vattene!
Le dita, doveva solo muovere le dita! Concentrati!
E lentamente, una dopo l’altra avvertì quelle mani invisibili lasciarla, quelle presenze allontanarsi. Il peso sul suo petto allentarsi fino a dissolversi e quella presenza su di sé sparire.
Aprì e chiuse il pugno, più volte e il suo corpo lo fece davvero.
Si rese conto che il suo respiro era regolare.
Le labbra si dischiusero lentamente.  
Gli occhi spalancati sullo stesso soffitto buio.  
Mosse anche le gambe e si accorse che rispondevano.  
Ma aveva paura, paura che fossero ancora là nel buio. Aveva paura di vederli lì acquattati nell’ombra, fermi ad osservarla, pronti a tirarla giù di nuovo. 
Alzò la mano e si toccò il collo. Avvertiva ancora il suo respiro sulla pelle, come un'impronta.
Si fece forza e si tirò su e un dubbio le si affacciò alla mente.
E se non ti fossi ancora svegliata?
Si alzò. Nonostante dentro si sentisse scossa, scombussolata e terrorizzata, il suo corpo era stranamente rilassato.
Senza guardare altro, si precipitò sull’interruttore della luce vicino alla porta.  
Aveva la soffocante sensazione di essere chiusa in una scatola senza uscita.  
Esitò con le dita ferme sull’interruttore. Se non si fosse accesa....
Premette e la luce inondò la stanza.  
La osservò. La passò in rassegna. C'era tutto, era la solita stanza, non c’era niente di insolito o di strano. Era tutto perfettamente come doveva essere.  
La luce si era accesa.  
Si era accesa e la stanza sembrava reale. Eppure, non riusciva a pensare, aveva come una voragine dentro, un enorme nulla.
Si strofinò la mano sul collo. Era ancora lì.
E se non ti fossi ancora svegliata?
Doveva uscire!  
Aprì la porta e si precipitò nel corridoio buio. Non provò ad accendere la luce. Non voleva cercare l’interruttore. Se non lo avesse trovato....  
In fondo c’era l’ingresso. Doveva riuscire ad attraversarlo. Un passo dopo l’altro, lo aggiunse. Si sentiva le gambe molli.  
Si infilò gli stivali frettolosamente. Poi l’occhio le cadde sulla consolle. Accanto alle chiavi di casa c’era un cellulare. Senza pensarci troppo lo afferrò, aprì la porta e uscì.  
Il giardino era immerso nella luce perlacea della luna, proprio come prima. Ebbe difficoltà a riconoscerlo.  
Solo un paio di metri la dividevano dal portone di legno e dalla strada.
E se non ti fossi ancora svegliata?
Si fece coraggio. Lasciò la porta alle sue spalle, attraversò con una facilità disarmante quei pochi metri e con altrettanta facilità aprì il portone e fu fuori.
Guardò la strada a destra e a sinistra.
Così come la stanza di Takao, le sembrò di riconoscerla, era perfettamente normale, la strada di sempre.
Iniziò a camminare. Dopo qualche metro si accorse di stringere spasmodicamente qualcosa nella mano.  
Era un telefono.
Fece per accenderlo ma qualcosa la fermò.  
E se non fosse riuscita a leggere? E se di nuovo le lettere e i numeri avessero preso a muoversi e a cambiare?
E se fossi ancora lì?
Cliccò il tasto d’accensione e lo schermo si illuminò. Sulla schermata riuscì a distinguere le varie icone. Cliccò sul tasto delle chiamate.
Una lista di nomi apparve.
Si passò una mano sul viso sconvolta, imponendosi di calmarsi.  
Era in giapponese. Lo aveva riconosciuto, era una cosa positiva. Lei lo sapeva, lo sapeva leggere, doveva solo calmarsi!  
Li fissò. Gli ideogrammi non si mossero, rimasero lì fermi ad aspettare che lei li leggesse.
Selezionò un nome, due ideogrammi.  
Il telefono squillò nel suo orecchio, alternando a ogni lungo suono basso e vibrante una pausa altrettanto lunga e vuota.  
Ti prego, rispondi!
A ogni squillo, una pausa, a ogni pausa si sentiva svuotare l’aria dai polmoni.  
E se non ti fossi ancora svegliata?
Se non ci fosse stato nessuno dall’altra parte? Se in verità non si fosse ancora alzata da quel letto, se fosse stata ancora lì, dietro quella porta, dentro l’ambulatorio....
E se non ti fossi mai svegliata?
Un altro lungo silenzio.   
E se non ti fossi mai svegliata?
La strada davanti a lei iniziò a stringersi e a svuotarsi.
La mano che teneva il telefono vicino all’orecchio tremò.
E se non ti fossi mai svegliata...

...  
-Takao, dimmi!-  
L'aria rientrò prepotentemente nei polmoni, come se fosse appena uscita da una prolungata e forzata apnea.
Quella voce!  
Aveva risposto.
La sua voce.  
-Takao!- tuonò impaziente la voce dall’altra parte del telefono.
Aprì la bocca e provò a parlare ma le uscì solo un respiro smorzato. Quel vuoto le aveva fatto dimenticare come fare uscire la voce.
Se non fosse riuscita a parlare come avrebbe fatto a chiedere aiuto?
Dall'altra parte, nonostante l’impazienza iniziale, seguì un attimo di silenzio.
Non riusciva a parlare. Guardò davanti a sé la strada buia e deserta, dannatamente vivida e reale, e il cielo nero iniziò a chiudersi su sé stesso, a precipitare e a premere pesante sui tetti delle case.  
-Ariel.-  
Sentire pronunciare il proprio nome da quella voce la destò.
Prese un respiro e deglutì. Aveva la bocca completamente asciutta.  
Come una bolla, quel vuoto in lei si infranse quando la sua voce attraversò flebile le sue labbra.  
-Kai....-








Eccomi!
Spero che vi abbia messo tanta angoscia perchè è quello che volevo fare XD!
Come dicevo a inizio capitolo ho voluto sperimentare, andare fuori dalla classica narrazione e immergermi nella dimensione onirica. Ho voluto creare un labirinto, una specie di spirale, un loop.... per riuscire a scriverlo e entrare nel "mood" giusto ho messo a ripetizione per ore e ore la soundtrack di Stranger Things. Avevo provato pure con quella di Dark (se non l'avete mai visto fatelo, è stupendo) però, anche se più vicino come idea, la sua colonna sonora mette una fottutissima ansia addosso e l'ho dovuta togliere.
Quindi, come mai una scelta del genere? Bene, volevo condividere con voi le mie ansie e i miei attacchi di panico ovvio xD! Soffro da anni di paralisi del sonno, incubi ecc....
Link di approfondimento https://healthy.thewom.it/salute/paralisi-sonno/#:~:text=La%20paralisi%20del%20sonno%20%C3%A8,senso%20di%20paura%20e%20ansia.
Probabilmente anche qualcuno di voi, putroppo, ha questo problema e sa già di che parlo.  
Alle volte anche se la riconosco e so che cosa mi sta succedendo rimango comunque bloccata in un circolo in cui sono convinta di essermi svegliata e invece sono ancora lì bloccata. Sogno di svegliarmi più e più volte senza farlo davvero.
Nel capitolo la parte vera e propria della paralisi del sonno è quella finale dove "Takao" la tiene blocca sul letto e delle mani la toccano, la bloccano e avverte le presenze intorno a lei. Lei lì è effettivamente sveglia. Si tratta di allucinazioni visive, uditive e tattili che si verificano appunto durante il risveglio. Di solito si percepiscolo come fantasmi, demoni, ombre, ma a quanto pare se ti abitui ai classici mostri questi diventano anche figure normali che non ti aspetti (tipo Takao in questo caso) e quindi non ti rendi conto subito che non è reale. In questo caso mi sono ispirata (ahimè!) a quando mi capitò che questo "mostro" prese le sembianze di mia madre. mi sentì la sensazione di quel  respiro sul collo per giorni.
Sono certa che dopo questa mi manderete la neuro a ritirarmi a casa XD!
Anche se può sembrare un capitolo così, fine a se stesso, che non fa progredire la trama ci sono sparsi piccoli dettagli e inizi sparsi qua e là.
Comunque spero che il capitolo vi sia piaciuto lo stesso. Magari è deludente ma spero che leggerlo possa aiutare chi soffre di questi disturbi del sonno (e che non li faccia venire a chi non li ha XD).
Prometto un prossimo capitolo divertente, lo giuro, ci proverò!
Vi mando un bacione!
Pinca <3

   
 
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