Storie originali > Soprannaturale > Angeli e Demoni
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Autore: FreDrachen    06/07/2023    0 recensioni
[prima storia della trilogia Half-Blood]
Seth è un Mezzo Demone, figlio di un'umana e di un Demone Purosangue, ed é il Principe Ereditario della Landa della Paura, uno dei regni dell'Inferno. All'apparenza dimostra la sua indole feroce e sarcastica, ma in realtà nasconde in sé un animo buono che lo rende ben diverso dai suoi simili.
Ma qualcuno lo vuole morto e per questo sará costretto ad abbandonare l'inferno per nascondersi sulla Terra.
E sarà proprio lí che intreccerà la sua esistenza con quella di Margherita, una ragazza dai genitori separati, timida e introversa, e con il grande sogno di diventare un giorno una scrittrice.
Nulla sarà più come prima.
Riuscirà Seth a scegliere tra l'amore puro e innocente di Margherita e le tenebre annidiate da sempre nel suo cuore?
Ma soprattutto sará capace un Mezzo Demone andare contro la sua natura, e rinunciare a tutto per amore?
Copyright © 2016― È severamente proibito copiare, pubblicare e/o utilizzare in alcun modo i contenuti della storia senza l'espressa e formale autorizzazione da parte dell'autrice.
[trovare la storia anche su Wattpad, nickname FreDrachen]
Genere: Dark, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Triangolo, Violenza
Capitoli:
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Capitolo 4

 

Seth
Landa della Paura, Inferno

La porta in legno d'ebano, che si trovava nella penultima posizione a sinistra del lugubre corridioi rischiarato solo da grossi acciaini posti vicini ad ogni porta, si aprì lentamente con uno scricchiolio. Da essa emerse il proprietario della stanza in cui conduceva, un ragazzo che dimostrava diciotto anni, i capelli castano scurissimo che creavano piccoli riccioli che incorniciavano un viso un poco olivastro. I suoi occhi verdi intenso saettarono veloci verso la figura seduta sul letto. Una mano corse a uno dei pugnali che portava con sé, mentre l'altra scattò verso il collo della figura che lo fissò sorpresa dalla sua reazione.

Lo inchiodò con presa ferrea al letto, poggiandogli un ginocchio sul petto ansante ma non appena lo riconobbe, lasciò la presa, sbuffando infastidito mentre rotolava via.

L'altro si rimise seduto, e si massaggiandosi il collo, laddove le unghie del ragazzo avevano lasciato dei segni abbastanza profondi. Unghie che si erano trasformate in artigli, mostrando una trasformazione parziale tra la sua forma umana e demoniaca che Seth usava di rado. Il vantaggio di essere un Principe Ereditario era che si poteva non ricorrere a quella forma ogni volta per tenere testa ai Dannati oltre che i suoi parenti abbastanza invadenti come in quel caso.

«Cazzo Seth. Dovresti migliorare il tuo interagire con gli altri. Non puoi ogni volta fracassarmi le ossa del collo»si lamentò il malcapitato.

Seth lo incenerì con lo sguardo.«E tu dovresti smetterla di entrare in camera mia quando non ci sono. Intesi?»

L'altro annuì brevemente gettandogli un'occhiata scocciata, che però Seth ignorò volutamente.

«Cosa sei venuto a fare Nathan? Come puoi ben vedere sono tornato dalla Caccia tutto intero»gli fece notare Seth, cominciando a spogliarsi delle armi. Con mani esperte slacciò la cintura a cui erano assicurati: la frusta, una magnifica spada dalla lama d'ossidiana tagliente come il rasoio eppure stranamente sottile e leggera, e dall'elsa vermiglia particolareggiata da arabeschi incisi fin nei minimicissimi dettagli che in quel momento era adagiata in un robusto fodero in pelle, due semplici pugnali di ferro e una pistola, che gettò sulla panca ai piedi del letto.
Poi si avvicinò alla finestra, chiudendo le imposte, impedendo così all'odore intenso e abbastanza nauseante di zolfo di entrare ancora di piú nella stanza.

Alla luce fievole prodotta dagli acciaini assicurati al muro, si spogliò, liberandosi dei vestiti umidi di sudore e imbrattati del sangue dei Dannati.

«Ma ti devi spogliare proprio adesso?» si lamentò Nathan con una smorfia disgustata.

Non appena rimase solo in boxer, si voltò verso il fratello.«Sono in camera mia, e ho tutto il diritto di fare ciò che voglio. Se quello che vedi è troppo per te, quella è la porta»ribatté seccato, indicandogliela con un cenno del capo.

Nathan lo fissò ancora per un attimo accigliato, ma alla fine si alzò dal letto e si avviò verso l'uscita.

«Nat, aspetta»lo fermò Seth, non appena il fratello poggiò la mano sulla maniglia.«Non mi hai ancora detto il motivo per cui sei venuto. Lo sai che mi dà fastidio che controlliate ogni mia mossa. È snervante».

Nathan si voltò lentamente verso di lui. «Hai centrato in pieno il punto fratello. Nostro padre voleva essere sicuro della tua incolumità».

Seth sorrise maliziosamente.«Bé, di pure a papà che sto benone, e che non c'è alcun bisogno di sguinzagliarmi dietro nessuno».

Nathan contrasse la mascella, e uscì dalla porta, chiudendosela dietro di sé silenziosamente.

Seth sospirò gettando un'occhiata all'orologio appeso alla parete.

Stando alla prassi, mancava ancora un po' all'ora di cena. Aveva giusto il tempo di farsi una doccia e di prepararsi. E fu proprio quello che fece.

Il bagno era piccolo, ma c'era abbastanza spazio per muoversi. La doccia era incastrata nella parete opposta alla porta. Aprì il rubinetto, e subito l'acqua cominciò a scendere. La toccò con il dito. Calda. Calda come l'Inferno che lo circondava.
Represse un moto di stizza.

Quanto avrebbe pagato per una doccia gelida, si ritrovò a pensare.
Inspirò. E che non puzzasse di zolfo.

Seccato e infastidito, si sbrigò a darsi una sciacquata. Non appena uscì dalla doccia si avvolse un asciugamano attorno alla vita e con un altro stropicciò i suoi riccioli per eliminare l'acqua in eccesso.

Neppure sentì la porta aprirsi per poi chiudersi lievemente.

La nuova arrivata fece scivolare le sue mani fredde ed affusolate sui suoi fianchi da dietro, facendolo subito irrigidire.

Ma quella non demorse e cominciò a strusciarsi contro la sua schiena come un gatto, emettendo dei mugugni che parevano fusa.

Seth contrasse la mascella, aspettando pazientemente che la smettesse.

«Dovresti scioglierti un po' ed assaporare il momento, fratello»gli sussurrò la ragazza avvicinando le labbra ad un soffio dal suo orecchio.

Seth si girò completamente verso sua sorella Charlotte. Era una ragazza dai capelli neri lisci tagliati in un caschetto serio, occhi freddi come il ghiaccio. Un vistoso trucco nero spiccava sul suo incarnato pallido da bambolina dark, accompagnato anche da un vestito nero provocante con la scollatura a V che lasciava immaginare non poche scene erotiche, e vertiginosi tacchi a spillo che la facevano sembrare piú alta.

«E tu dovresti smetterla di provarci con me ogni singola volta che vieni qui».

Lei di tutta risposta si alzò in punta di piedi e gli mordicchiò il lobo, stuzzicandolo come il gatto fa con la sua preda.

«So per certo che non lo pensi veramente. Lasciarti andare per una volta. Credimi». La sua voce flautata e suadente gli scivolò sulla pelle, mentre le sue mani percorsero il suo corpo fino ad arrivare al suo punto sensibile, causandogli un leggero brivido. Non tanto per il piacere, cazzo non era cieco ed era consapevole che Charlotte fosse davvero una bella ragazza, bensì per il ribrezzo che provava. Era un individuo ferreamente contrario ai rapporti incestuosi seppur nel loro caso fossero solo imparentati da parte di padre.

Seth si scostò di scatto.«Non se ne parla Charlotte».

Charlotte mise su il broncio, come una bimba viziata. «Cazzo Seth! Non ti va mai. Quando me la darai, eh? Quando ti deciderai a fare sesso con me? Quando sarò alla fine dei miei giorni?»

Seth non si scompose alle volgarità della ragazza. Ormai ci si era abituato.
La fissò di sottecchi. «Fammici pensare. Mai. Puoi anche scordartelo».

Charlotte non prese bene le sue parole. «Sei uno stronzo Seth!»gli urlò in faccia, mentre come una furia lasciava la stanza, sbattendosi dietro di sé la porta.

Seth scrollò le spalle, come uno che si era appena liberato di un'enorme seccatura. Lasciò che l'asciugamano scivolasse ai suoi piedi, permettendo alla luce di colpìre senza pudore il suoi fianchi stretti e il petto tonico e muscoloso, ma non come quello di un lottatore di wrestling.

Era piuttosto alto per la sua età, e questo lo considerava un pregio. Almeno, poteva guardare la maggior parte dei suoi compagni dall'alto in basso. In confronto agli altri sembrava allampanato, ma ciò non gli dava fastidio.

Andò verso l'armadio da cui estrasse una maglia nera e un paio di bermuda militari. Si sedette sul letto per indossare ai piedi le sue amate sneaker nere ormai mezze distrutte, che non aveva intenzione di cambiare per nulla al mondo.

Gettò un'occhiata all'orologio a pendolo lugubre appeso sopra al letto. Lì, all'Inferno, il tempo scorreva in modo diverso che sulla Terra, senza razionalità, un modo per far impazzire i Dannati lì condannati. E per non far impazzire anche loro, per non perdere la ricognizione del tempo ogni Mezzo Demone disponeva di un orologio che cambiava ora in base a che stato si trovasse sopra le loro teste, in superficie. Il suo era sintonizzato con l'Europa e in particolar modo con il Bel Paese.
Avendo origini italiane da parte di madre, era davvero contento di essere sintonizzato con la sua amata Italia.
Con rassegnazione notò che si era fatta ora di scendere per la cena.

Uscì dalla stanza, chiudendosi dietro di sé la porta, e percorse l'ampio corridoio che lo conduceva allo scalone principale, che l'avrebbe poi indirizzato in un ulteriore corridoio che sfociava nel salone, dove consumava la cena assieme ai suoi innumerevoli fratelli e sorelle. Suo padre si era dato parecchio da fare con innumerevoli donne.

Quando finalmente giunse a destinazione, buona parte dei suoi fratelli era già seduta ai tavoli e stava già aggredendo il cibo che era stato servito loro dai dannati che fungevano da camerieri.

Seth incrociò lo sguardo con quello di Charlotte, che dopo avergli regalato un'occhiata velenifera si girò dall'altra parte, facendo finta di interessarsi a ciò che le stava dicendo la sua vicina di posto, una certa Camilla che, se non ricordava male, era l'attuale fiamma di Nathan.

Non si fermò ad alcun tavolo, e andò spedito verso quello dove sedeva suo padre Abaddon.

Nella sua forma umana, che assumeva in quel momento, assomigliava moltissimo al suo figlio prediletto. Stessi capelli castano scuro, stessi tratti volitivi e stesso fisico asciutto da guerriero. Dimostrava si e no trentacinque anni al massimo, ed era vestito in modo ricercato:camicia bianca, giacca e pantaloni in velluto nero e ai piedi un paio di scarpe lucidissime.

Solo gli occhi tradivano la sua vera natura di Demone Superiore: erano neri, e parevano orbite vuote, profondi come pozzi infiniti.Anche se la somiglianza era solo una farsa, dato che Seth somigliava interamente alla madre, vera donatrice del patrimonio genetico umano.

Abaddon sorrise non appena scorse il figlio avvicinarsi al tavolo.

«Bene, bene figlio. Finalmente mi fai godere della tua compagnia».

La voce era vellutata eppure raschiante come la carta vetro.

Seth strinse le labbra.«Ho fatto tardi dalla Caccia, padre».

Abaddon mosse la mano con fare noncurante.«Poco importa figlio. Ora siediti».

Seth ubbidì in tutta fretta. Non se la sentiva di far adirare il padre.
Neanche lui che era un Principe Ereditario si sentiva affatto al sicuro dai suoi improvvisi scoppi di rabbia.

Fu un dannato a servire loro i piatti cucinati. Quella sera spettava a un profumatissimo minestrone di verdure, una roast beef da leccarsi i baffi e per finire una mega fetta di torta al cioccolato, la sua preferita e che non avrebbe influenzato la sua linea, dato che l'avrebbe smaltita durante la Caccia del giorno dopo.

A differenza dei Dannati, loro Mezzi Demoni erano vivi, e come tali necessitavano di mangiare.
Abbadon, invece, si limitò a sorseggiare del buon vino rosso da un calice di vetro. Piccolo vantaggio di essere un Purosangue.

«Allora figlio, com'è andata la giornata?»

Figlio. Era così che lo chiamava sempre, e questo lo irritava non poco.

Il Boss lo fulminava se lo chiamava per nome? pensò seccato Seth.

Ma sorvolò sul fatto, e annegò lo sguardo nel bicchiere d'acqua che aveva di fronte.

«E non abbassare lo sguardo. Un Principe Ereditario non si deve mai sottomettere, quante volte te lo devo ripetere? Devi fissare negli occhi il tuo interlocutore e mostrargli così con chi ha a che fare»lo riprese duramente Abaddon.

Seth si affrettò a ubbidire, alzando lo sguardo.«Nulla di eclatante. Hugo ha di nuovo tentato la fuga, insieme ad altri cinque».

«Li hai spediti nella Voragine?»

Seth annuì, e Abaddon allungò la mano per dargli una pacca sulla spalla.

«Bravo figlio, hai imparato bene».

Seth rimase in silenzio. Non sapeva come rispondere alle lusinghe del padre.

Con lo sguardo volò sui volti dei suoi fratelli e sorelle, che chiacchieravano tra loro, raccontandosi la giornata.
Quanto desiderava poter stare tra di loro, sentirsi uno fra tanti e non il Principe Ereditario di una Landa dell'Inferno, nascosta alla luce del sole.

Abaddon notò subito il turbamento del figlio.

«Qualcosa non va?»

Seth cercò di esibire un sorriso forzato.

«Nulla». Si alzò.«Con il vostro permesso padre, vorrei ritirarmi in camera».

Abaddon annuì, e Seth si affrettò a lasciare la sala. I suoi occhi incontrarono quelli di Nathan e del suo vicino, Diego. Nat fece per alzarsi e seguirlo, ma Seth gli indirizzò uno sguardo di fuoco che convinse il fratello a rimanere al suo posto.

Uscì dal salone velocemente. Si fermò di colpo, poggiandosi alla parete nera del corridoio, e si lasciò scivolare a terra.

La sua vita, seppur intrigante e iperattiva, gli sembrava vuota e priva di alcun senso. Sentiva che gli mancava qualcosa , un tassello indispensabile nella sua esistenza. Ma più cercava di capire più gli veniva l'emicrania.
Era legato al sogno che faceva ormai da settimane, o era altro?

Quando riuscì a domare le domande nella sua mente, si alzò e si diresse a passi pesanti nella sua camera.
 

 

   
 
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