Il tiepido
sole di primavera stava cedendo lentamente il passo
all’estate. Presto il caldo
avrebbe indorato i campi con la sua torrida afa. Nonostante la
popolazione
fosse consapevole che presto la guerra si sarebbe nuovamente abbattuta
su di
loro, ognuno di loro faceva di tutto per tenere lontana la sua ombra
cercando
si mantenere una parvenza di normalità.
Tipico della città di Antàra erano state le
grandi tende, tese dalle pareti di
un palazzo a l'altro, che coprivano con le sue vele le grandi vie,
offrendo
ombra e frescura ai passanti.
Dal terrazzo della sua camera Jill stava ammirando l'arcobaleno di
colori che
la città iniziava a mostrare con orgoglio; ma se i suoi
occhi erano stati
rapiti da quello spettacolo, il suo cuore come la sua mente erano
rivolti verso
il mare; lì da qualche parte oltre la linea dell'orizzonte
Murtagh stava
lottando per liberare il fratello.
L’eco
della
grande adunanza che si era tenuta ad Abàlon per volere di
Isobel aveva
raggiunto le orecchie di re Arold e del consiglio degli elfi. Il nome
di Eragon
da Alagaësia si era presto affiancato a quello di Rebekha
Coleman. Solo il
ritorno di Arya e Reafly con Castigo e Gleadr era riuscito a mettere a
tacere
in parte le voci che volevano il minore dei fratelli al servizio della
regina.
Arold avrebbe preferito che Murtagh lo avesse informato delle sue
intenzioni ma
continuava ad avere fiducia in lui e nelle sue decisioni. Dopotutto
Castigo era
tornato dalla missione diplomatica riportando Arya e confermando il
loro
impegno a stare a loro fianco. Se c’era qualcosa che il re
aveva imparato in
quei mesi passati con loro era che un drago e il suo cavaliere mal
volentieri
si dividevano. Murtagh avrebbe fatto di tutto per tornare dal suo
compagno.
E poi
c’era
Jill ad attenderlo. La giovane donna si destò dai suoi
pensieri quando uno
stormo di rondini passò di fronte alla sua finestra, il loro
cinguettio riempì
per un attimo l'aria rendendola satura del loro suono. Stanca di
rimuginare decise
di uscire all'aperto a prendere una boccata d'aria.
Scivolò silenziosa attraverso la porta di ingresso e si
diresse verso i giardini
del palazzo.
Passeggiò per un tratto poi vide Castigo volare sopra di
lei, disegnando gradi
cerchi nell'aria. Le sue squame rubino riflettevano la luce del sole in
bagliori vermigli, che estasiarono Jill a tal punto da farle scappare
un
sorriso.
Dopo altre piccole evoluzioni il drago rosso le atterrò di
fronte maestoso e
terribile.
Salve Jill. Tuonò nella mente
della giovane.
Come ogni abitante di Antàra, Jill aveva visto il ritorno
del drago rosso e di
quello dorato tra moti di gioia, ma era stato solo suo il tuffo al
cuore provato
quando dal dorso di Castigo vide scendere Arya e non Murtagh.
Era passato
un giorno da allora e questa era la prima volta che la ragazza rivedeva
il
drago rosso.
La voce della ragazza risuonò piena tristezza.
Murtagh ti deve mancare terribilmente gli disse la
ragazza attraverso le
loro legame.
Castigo chiuse con un movimento fluido le sue ali, per chinarsi con il
suo muso
verso la ragazza.
Ogni singolo giorno, ma dobbiamo avere fiducia in lui.
A quelle
parole la ragazza lo accarezzò con affetto; le sue dita
sottili lo stuzzicarono
sotto il mento, e Castigo inarcò il collo per il piacere.
Quando infine si ritrasse indietro, un senso di gratitudine
sprigionò dalla
mente del drago.
Non ti ho cercato per avere consolazione. Sali sul mio dorso.
Facciamo un
giro. Ti voglio mostrare qualcosa gli disse mirando
con lo sguardo al
cielo.
I raggi del sole erano ancora tiepidi e nemmeno una nuvola adombrava il
cielo
limpido.
La ragazza lo guardò nei suoi grandi occhi rubino poi si
issò con agilità sul
suo dorso. Quando ebbe preso posto Castigo si alzò in tutta
la sua altezza, e
aprendo le ali, salì in volo. Sotto di lei Jill sentiva solo
il calore del suo
corpo. La sua potenza si esprimeva attraverso ogni battito di ali, e
per un
momento, la ragazza sentì di essere vicina al drago rubino
più di quanto non lo
fosse mai stata.
Se il loro amore verso Murtagh li avesse sempre uniti, quel contatto
più intimo
sarebbe stato qualcosa di diverso. In quel momento il drago rubino si
stava
offrendo a lei come non aveva mai fatto prima. Castigo le stata
mostrando una parte
dei suoi ricordi e delle sue sensazioni.
Come mio cavaliere Murtagh ha sempre condiviso tutto con me.
Come sua
compagna è arrivato il momento che anche tu conosca la parte
di lui che risiede
in me. Jill non ebbe il coraggio di dire nulla ma si
limitò a
rilassarsi e aprire la sua mente a quello che il drago le stava
offrendo.
Prese una boccata d'aria, quando avvertì la mente di Castigo
espandersi nella
sua con delicatezza.
Quello che lei percepì fu un’esplosione di colori
e profumi e un’infinità di
sensazioni, poi ad un altro sussulto del drago la ragazza rinvenne.
Jill
sorrise, stavano volando sopra una vasta pianura; sotto di loro gli
steli del
grano si piegarono sotto la folata improvvisa di vento provocato dal
loro
passaggio. Rientrarono provando entrambi una grande gioia nel cuore. Da
parte
di Jill c’era la consapevolezza di avere condiviso
un'esperienza unica.
Grazie Castigo. Gli disse con sincera gratitudine.
Le giornate
continuarono a susseguirsi frenetiche per Jill e per tutti i suoi
compagni. Le
risposte positive dei due principi di cui Arya e Reafly erano stati
latori avevano
dato a tutti grandi speranze ma anche molto su cui lavorare. Sia i
Kallen che i
Von Mack avevano confermato le loro intenzioni di appoggiare gli elfi.
L’unica clausola
che entrambi i principi avevano posto era di non coinvolgere
direttamente i
loro regni. Non avrebbero sottovalutare le minacce di Isobel nei
confronti
dell’impegno di non belligeranza firmato da tutti loro.
Nessun soldo
proveniente dalle casse pubbliche di Gelko e Nihel sarebbe stato
toccato. Frederick
e … avrebbero usato le risorse finanziarie private delle
loro casate. Queste,
infatti, erano tali da poter sostenere da sole l’aiuto
promesso agli elfi ed
Isobel non avrebbe potuto presentare le sue dimostranze al consiglio.
Una sera
Jill, Arya e Reafly ricevettero tutti e tre un invito da parte di
Aglaia e
Faramir. La famiglia di quest’ultimo possedeva una villetta
appena fuori dalla
città. Appena arrivati i tre ospiti respirarono una
piacevole aria famigliare molto
diversa da quella formale di palazzo.
- Vi ringraziamo per aver accettato l’invito – li
avevano ringraziati i genitori
di Faramir - gli attimi di tregua sono talmente pochi, che ogni
occasione che
possiamo passare con mio figlio e i suoi amici diventa preziosa
– conclusero i
due anziani elfi.
Grazie alla presenza del vino, e dall'idromele, l'atmosfera della
serata si
fece subito allegra. Reafly fu contento di poter raccontare molti
aneddoti
divertenti del loro viaggio cosa che non gli era stato possibile fare
alle
lunghe riunioni con il re.
Un altro argomento della serata fu il suo aspetto fisico. A tutti era
stato
evidente l’enorme cambiato dal giorno della partenza; Reafly
era nella piena età
della crescita, ma se parte di queste trasformazioni erano imputabili a
quello,
altri non potevano che essere legati al fatto di essere un cavaliere. I
suoi
lineamenti si erano affinati in maniera sorprendente, e anche le
orecchie
avevano assunto ora una forma più allungata vicina a una
punta.
Reafly con un po’ di imbarazzo raccontò loro la
sorpresa nello scoprire questi
cambiamenti solo al suo ritorno, e confessando con aria contrita di
avere
trovato poco tempo per specchiarsi durante il viaggio. Ci fu una risata
generale,
poi le domande continuarono sul viaggio. Reafly si mise allora a
raccontare in
particolar modo del regno di Nihel
e
dell’accoglienza del suo principe, il giovane e aitante
Frederick. La capitale
del piccolo regno era una
cittadina dell'interno, arroccata su un basso pendio roccioso. Le case
a un
solo piano, o massimo due erano state costruite su terrazze, e le
strade
sfruttavano i pendii naturali del monte. Dei terrapieni frutto
dell’antica
ingegneria degli elfi ancora oggi connettevano i diversi livelli su cui
si
sviluppava la cittadella.
- Non avevo visto nulla del genere fino ad ora - ammise infine Reafly,
mostrando
a tutti di una
intensa passione per l'edilizia.
- Il principe Frederick è
stato molto generoso nel
spiegandomi ogni cosa - disse infine, quasi per giustificarsi.
Rimasero ancora a parlare, e i loro discorsi iniziarono a saltare da un
argomento all'altro.
La luna, immersa nel suo pallido bagliore era ancora alta nel cielo,
quando uno
alla volta, ognuno di loro iniziò a congedarsi per ritornare
alle loro camere.
Reafly e Gleadr furono i primi a lasciare la compagnia, seguiti subito
dopo da
Jill ed Arya.
Jill accompagnò Arya nella sua stanza. La ragazza non poteva
fare a meno di
pensare come fosse stata taciturna l'alfa. Durante tutta la serata
l'aveva
sorpresa spesso a guardare la luna con occhi languidi, per poi
rivolgersi
nuovamente ai presenti, sorridendo, come se non fosse successo nulla.
Jill non riusciva a immaginare cosa stesse turbando il suo animo, e si
ripromise di andarle a parlarle nei giorni seguenti.
Passò
un’altra settimana prima che Jill riuscisse a trovare il
tempo e il modo di
tenere fede alla sua promessa. Nel frattempo, Arya era entrata in quei
giorni
nel quinto mese di gravidanza, la pancia continuava a crescere. Cinque
mesi
durante i quali molto era cambiato dentro e intorno a lei.
Gli elfi di Antàra erano stati molto gentili e premurosi nei
suoi confronti. Le
premure erano aumentate anche da parte di Arold. Il re era stato
particolarmente attento affinché dal suo rientro
l’elfa non si affaticasse o
preoccupasse per ciò che stava accadendo fuori
dall’isola. Anche fin
troppo, era il pensiero costante di Arya.
Lei era pur sempre una principessa elfica, non sarebbe stata capace di
rimanere
in disparte per troppo tempo.
Delle voci all'estero e il picchiare alla sua porta che
seguì subito dopo,
destò Arya dai propri pensieri.
- Chi è? - chiese
- Sono Alicia mia signora. -
- Entra pure Alicia. - la donna fece il suo ingresso nella stanza con
passo
titubante.
- Arya Svit-kona. C'è qui fuori Lady Jill che chiede di
poter parlare con te. -
- Falla entrare. Cosa aspetti? - le chiese mentre alzandosi si
sistemava la
veste.
- Ma il re… - ci fu un attimo di esitazione nella sua voce.
- Il re cosa? – la incalzò Arya
Alicia si fece piccola, piccola poi rispose
- Si è personalmente raccomandato di non farvi stancare
troppo. - aggiunse
infine come a trovare le parole adatte.
Arya scrutò a lungo il volto di Alicia, che d'istinto
abbasso il capo.
- Il re non ha alcun motivo di preoccuparsi per la mia salute Alicia.
Jill può
entrare. Parlerò io con re Arold. -
Quelle ultime parole furono un sollievo per Alicia, che come liberata
da un
pesante fardello, prese un respiro per andare in seguito a chiamare
Jill, che
si trovava ancora fuori dalla porta.
- Jill ti prego entra pure. Alicia, puoi andare, grazie. -
- Sempre a suo servizio signora. - disse Alicia facendo un frettoloso
inchino.
Jill attese che la dona uscisse dalla camera, prima di far scorrere
rapido il
volto su quello di Arya.
- Ti è molto affezionata. Ma se si ostinava a tenermi fuori
ancora un'altra
volta, giuro che non avrei risposto delle mie azioni - quella sua
improvvisa
manifestazione d'impeto fece scappare ad Arya una sonora risata
- Lo terrò presente - aggiunse seriamente appena si ebbe
ripresa.
- Dicevo sul serio Arya, l'avrei fatto veramente. È tutta la
settimana che
quella donna inventa scuse su scuse. -
- Non è colpa sua. - Jill si fermò, e
corrucciando la fronte aggiunse
- È Arold - gli disse indovinando quello che l'elfa non
voleva dire ad alta
voce.
Arya si limitò ad annuire.
- Come puoi permettere che ti ordini cosa fare o chi devi incontrare? -
- Jill, noi Elfi abbiamo avuto secoli per affinare le nostre
capacitò
diplomatiche, posso sopportarlo. Sono convinta che Arold sta agendo
così perché
pressato dal consiglio. Bisogna essere pazienti con lui. -
- Io non ho la pazienza leggendaria di voi elfi, non chiedermi di
seguirti in
questo. – Le rispose Jill con sentimento.
- Lo capisco - le rispose Arya con altrettanta enfasi, poi
l’elfa fece qualcosa
di completamente inaspettato per Jill, le andò vicino, e le
strinse
delicatamente le mani
- Ascoltami bene, anche se molto diversi, questa gente rimane sempre il
mio popolo.
La guerra contro Galbatorix è abbastanza vicina da
ricordarci come eravamo noi.
- Jill la guardò per un istante, colpevole, poi il suo viso
si addolcì, e anche
se senza troppa convinzione le fece un cenno con la testa, che Arya
ricambiò
con un sorriso.
- Ma adesso
raccontami un po’ di te. Tu e Castigo avete passato molto
tempo insieme. -
Presa
alla sprovvista, con
quella domanda improvvisa, Jill si divincolò dalla sua presa
per dirigersi alla
finestra, dandogli le spalle. Era stato così inatteso la
scoperta di quel nuovo
legame, che fino a quel momento non ci si era mai soffermata a
ragionarci.
-
È un drago eccezionale -
disse dopo un poco, mentre i suoi occhi si posavano su un albero di
pesco in
fiore.
Arya le
sorrise, e non poté
fare a meno di pensare al suo rapporto con Saphira. Lei e la dragonessa
erano
state sempre molto unite; e se inizialmente lo furono soprattutto in
virtù del
fatto che lei era stata per molti anni la portatrice dell'uovo; era
stato solo
in seguito, grazie al tramite con Eragon, che la loro unione si
è evoluta
divenendo, se possibile anche più profonda.
Continuarono
a parlare ancora fino
a quando Arya non interruppe la loro conversazione. I giovani maghi la
attendeva per la sua lezione. Jill insistette per accompagnarla.
- Ricordati
quello che ti ho detto, e fai saper a Castigo e a Gleadr che gli
andrò a
trovarli presto. – le disse l’elfa prima di
salutarlo.
Jill le
annuì, ed Arya sospirò
nel vederla allontanarsi; era giovane e impulsiva, ma sapere che
Castigo le era
a fianco la tranquillizzò. Scrollandosi quei pensieri da
dosso, Arya aprì la
porta dell'aula ed entrò dai suoi alunni.
Quella
notte Arya andò a letto
con una strana sensazione. Sentiva le membra pesanti e senza
accorgersene cadde
sulle lenzuola in un sonno profondo.
Il suo
campo visivo fu
improvvisamente invaso da una luce accecante, che si dissolse piano
piano per
lasciare il posto all'immagine di Eragon.
Lo vide
chiaramente piegato
sopra il dorso di un drago dalle scaglie color ambra, i capelli
scompigliati dal
vento, come se stesse volando a grande velocità, una corta
barbetta gli
incorniciava ancora il viso, che era tirati. Il cuore di Arya si
fermò.
L'immagine era stata talmente reale, che poteva sentire quasi il suo
respiro,
ed Arya lo si sentì improvvisamente vicino e lei. Arya
sentì il desiderio
ardente di stabilire un contatto. Senza rendersene conto aveva
già allungato la
mano verso la sua guancia, per sfiorarla con la punta delle dita. A
quel
contatto Arya venne scossa da un leggero brivido, e per un brevissimo
istante
credette di sentire il suo volto flettersi sotto il suo
tocco. Poi la
visione iniziò ad affievolirsi e l'Elfa si
ritrovò nel suo letto con il cuore
che le batteva fortissimo.
Arya
stava riprendendo a
respirare adagio, cercando di calmare il tumulto di emozioni che la
stavano
scuotendo, quando dentro di lei sentì lo scalcinare del
bambino.
Allarmata
si tirò a sedere e posando
istintivamente una mano sul suo ventre scoprì qualcosa di
sconvolgente; per la
prima volta Arya poté sentire distintamente che si
trattavano non di uno ma di
ben due cuori che battevano all’unisono e che si trattavano
di due bambine.
Arya sentì anche la loro paura. Quindi si
affrettò a concentrarsi e raggiunte
le loro giovani menti, e iniziò a cantare una antica nenia
elfica. Le parole
nell'antica lingua iniziarono subito a creare una calda coltre di magia
che le
avvolsero e tranquillizzò.
Arya
cantò a lungo, anche molto
tempo dopo che le gemelle si furono acquietati; l'elfa
continuò a intonare
quella melodia, sempre più piano fino a quando il suo suono
non si confuse con
il battito dei loro cuori. Fu allora che Arya si immerse completamente
in loro
per essere certa che stessero bene, quindi si ritirò. Quando
rinvenne si portò
stupita le mani al viso per trovarle bagnate dalle lacrime.
Quello
che aveva visto non
poteva essere stata una premonizione, ma un tipo di divinazione, come e
quando
Eragon l'aveva sognata nelle prigioni di Gil'ead.
Se in
quel caso il loro tramite
era stata Saphira, ora dovevano essere state le loro figlie ad aver
permesso
quel nuovo contatto.
Eragon. Arya avrebbe
tanto voluto divinare
e assicurarsi che stesse bene, mai non osava eseguire ora quella magia,
anche
se solo per un breve istante, per paura di mettere a repentaglio la
vita delle
loro bambine. Un solo errore, e per loro sarebbe stato fatale. No, non
poteva
farlo anche se si trattava si Eragon.
Guardò
fuori dalla finestra,
stava albeggiando, c'era ancora tempo prima che il palazzo iniziasse a
svegliarsi, ed Arya si prese la libertà di ragionare ancora
su un particolare della
sua visione che prima aveva trascurato, ma che potevano rivelarsi di
grande
importanza. Eragon sembrava stesse volando su un drago, ma le sue
scagli e non
erano blu zaffiro. In qualche modo Eragon aveva incontrato un altro
drago. Ma
se questo fosse al servizio della regina Isobel o no, non era stato
possibile
attestarlo.
Arya
sapeva che la notizia non
poteva essere celata a lungo alle orecchie del re, ma temeva
conseguenze
drastiche se fosse stata interpretata in modo sbagliato.
***
La
notte era appena passata, e il sole stava sorgendo pigro
dalle pendici dei monti imbiancati, che andavano colorandosi di tenui
tinte
rosa. I due possenti draghi avevano volato per l’intera notte
e un nuovo giorno
stava sorgendo sopra il massiccio roccioso. Le verdi fronde della
Stonewood
comparvero davanti a loro. Alla vista della foresta, Keiron e Guiltar
ritennero
di aver messo abbastanza distanza tra loro e il nemico e atterrarono su
un morbido
manto erboso per una sosta più lunga. Scelsero una radura
nei pressi di un piccolo
lago circondato da basse colline.
Non
appena toccarono il suolo i loro artigli ferirono il
terreno con solchi profondi e sentirono i loro piccoli passeggeri
scendere con
cautela dai loro dorsi. Murtagh aveva spesso dato degli sguardi
preoccupati
verso il fratello che per tutti la tumultuosa fuga a aveva alternato
pochi
momenti di veglia a momenti di totale incoscienza.
I
due draghi si girarono preoccupati verso il ragazzo, che
nel frattempo era stato fatto adagiare sul terreno sopra delle morbide
coperte.
Le
sue condizioni sono gravi? chiese
Keiron a sua figlia, mentre Murtagh si allontanava dal campo in
direzione del lago.
Vespriana
scosse loro la testa.
Non
lo so.
Gravi
o no, dovremmo riprendere presto
a muoverci. Non siamo ancora nei nostri territori. disse
Guiltar in tono grave.
Murtagh
ritornò qualche minuto più tardi con dell'acqua;
sotto lo sguardo incuriosito dei due draghi il cavaliere
pronunciò alcune
parole e l'acqua prese a bollire. Continuando a ignorare gli sguardi
che gli
altri gli rivolgevano Murtagh si avvicinò adagio al fratello
e si accoccolò al
suo lato. Il viso e gli abiti del giovane erano sporchi di terra e
sangue, con
cautela Murtagh gli sfilò la tunica per poter lavare e
medicare la ferita alla
spalla e al braccio. Al tocco del panno umido il suo volto venne
attraversato
da una smorfia,
-
Scusami - gli sussurrò mentre Eragon socchiuse piano gli
occhi in segno di protesta. Il dolore in tutto il corpo fu lancinante
mentre
cercò di mettersi a sedere, ed Eragon chiuse nuovamente gli
occhi in attesa che
il modo smettesse di girargli intorno. Aveva la gola gonfia e secca, e
sentiva
la testa leggera.
-
Non devi fare movimenti bruschi - udì una voce accanto lui.
-
Murtagh? – lo chiamò piano.
-
Sono qui fratellino. Come ti senti? -
-
Come se mi fosse passato sopra un carro. - gli rispose
Eragon cercando di sorridergli, ma senza molti risultati. Murtagh lo
guardò
accigliato. Poi iniziò il processo di guarigione.
Durò diverso tempo durante il
quale Murtagh dovette fare diverse pause per recuperare le forze
già esigue.
-
Devi mangiare qualcosa anche tu. Vedrai che dopo ti
sentirai meglio. Intanto bevi quest’acqua - aggiunse mentre
gli porgeva una
piccola otre di pelle. Eragon l’afferrò e ne bevve
alcuni sorsi.
Morgana
e Par intanto avevano tirato fuori dai loro zaini le provviste.
Eragon
notò i loro sguardi timorosi mentre consumavano il
loro pasto. Le parole del drago continuavano a ronzargli intesta Saphira ti sta aspettando. Eragon sentiva
un grande peso nel cuore per non aver creduto subito alle parole del
fratello e
della maga pentendosi per essersi comportato in maniera così
egoista. Tutti
avevano rischiato la loro vita per liberarlo e lui si era comportato
come uno
sciocco. Consumò in fretta il proprio cibo quindi si
alzò in piedi.
-
Dove vai? - gli chiese accigliato Murtagh posando a terra
il suo.
-
Ho bisogno si stare un po’ da solo. Vorrei raggiungere il
lago.
Ho udito il rumore di una sorgente, potrei rifornire le borracce - gli
rispose
Eragon con fare evasivo.
–
lasciatemi fare qualcosa di utile – aggiunse. Murtagh ci
pesò un attimo poi lo lasciò andare.
Seguendo
il rumore dell’acqua Eragon raggiunse il ruscello per
riempire l’otre, poi scese un lieve crinale fino ad arrivare
al lago. Nonostante
le ferite erano state guarite, quando raggiunse il lago Eragon si
sentì
esausto, e fu grato di potersi sedere sul terreno, dove si
accoccolò di fronte
alla riva. La superficie del lago era increspata da piccole onde ed
Eragon si
perse per un po’ nell'osservarle. Improvvisamente
avvertì qualcuno avvicinarsi.
Eragon chiuse gli occhi.
Cavaliere? La
voce antica risuonò nella mente del giovane. Eragon
rabbrividì, ma
non ne fu sorpreso.
Di
fronte a lui era planata Keiron.
La
dragonessa piegò il suo collo verso di lui, rimanendo ad
osservarlo con curiosità.
Con
sommo stupore, Keiron percepì distintamente lo spirito
dei draghi nell'anima di quel ragazzo.
Ripetilo
ti prego. Gli
chiese improvvisamente Eragon.
Cosa? Keiron
rimasta colpita dall'intensità di quella voce. Vide le
spalle del
cavaliere piegarsi cercando di controllare le proprie emozioni.
In
quel momento davanti agli occhi di Eragon c'era solo
Saphira; il ragazzo stava afferrando uno ad uno i tanti ricordi della
sua
compagna senza che questi si perdessero nei contorni indefiniti della
sua
mente; quella visione lo fece rabbrividire e una lacrima
scivolò lungo il suo
viso. Keiron era rimasta ferma. Le sensazioni del giovane erano
esplosero in
maniera così inaspettata, che la dragonessa ne rimase
spaventata; mai avrebbe
pensato potesse esserci un legame così forte fra un drago un
essere tanto
piccolo.
Il
consiglio degli anziani e Sigmar si erano sempre vantati
della superiorità
dei draghi, rispetto a
tutti gli altri esseri viventi, ma solo ora, davanti alla sofferenza di
quel
giovane umano, la dragonessa capì quanto potessero essere
stati in errore.
Saphira
è viva Eragon e ti sta
aspettando
le sussurrò Keiron con tenerezza.
Eragon
le sorrise grato, e la dragonessa
poté sentire il suo cuore stringersi.
Istintivamente
si avvicinò di più al cavaliere, tanto che il
suo respiro caldo andò a scompigliare alcuni ciuffi dei suoi
capelli, facendolo
sorridere, per la prima volta.
-
Grazie – le sussurrò.
Keiron
sbatté più volte le palpebre prima di emettere
uno
strano verso che Eragon interpretò come una risata. Sono io che ringrazio te cavaliere dei draghi.
Aggiunse poco dopo.
Poi
la dragonessa si issò sulle sue zampe posteriori e
allungò il muso verso il cielo.
Guiltar
la stava chiamando, dovevano al più presto riprendere
il viaggio.
Come
a capire le sue intenzioni anche Eragon si alzò in piedi
e insieme ritornarono dal gruppo.
**
Al
campo, nel frattempo, Murtagh aveva costruito due selle di
fortuna con una serie di pelli scuoiate nel minor tempo possibile,
aiutandosi
con la magia là dove il tempo non permetteva di poter
aspettare.
Quando
Eragon e Keiron ritornarono, vennero collaudate sopra
il dorso dei due draghi.
Questo
ci permetterà a noi di stare
più a lungo in volo disse
loro mentre
stringeva una delle cinghie al ventre
di Guiltar, la cosa non fu di molto gradimento al drago che emise un
piccolo
ruggito di protesta non appena sentì la cinghia aderire con
troppa insistenza
contro i fianchi.
Neanche
a Castigo era piaciuta la
prima volta. Ridacchiò
Murtagh osservando
il muso del grande drago verde arricciarsi alla strana sensazione che
la sella
gli procurava.
Poco
lontano anche Eragon stava montando la sella per Keiron.
Il volto di Murtagh ritornò nuovamente serio nel vedere il
fratello in difficoltà
nel fissare una delle cinghie. Murtagh lasciò Guiltar e gli
si avvicinò per
aiutarlo.
-
Aspetta. Ti faccio vedere, è semplice, ma bisogna sapere
dove far passare i legacci. Ecco. -
Eragon
lo lasciò fare. Volersi scusare e aveva appositamente fatto
finta di sbagliare per avere un minuto da solo con lui. Eragon
aspettò con
pazienza che finisse, poi a volto basso gli si avvicinò.
-
Mi potrai mai perdonare per essermi comportato come uno
sciocco? Per non averti creduto quando mi hai detto di Saphira? - Il
volto di
Murtagh si illuminò con un sorriso. Prendendolo per le
spalle scosse con
delicatezza il fratello, così da spingerlo ad alzare il viso.
-
Guardami Eragon, non hai nulla da farti perdonare. Capito? Ora
la cosa che più conta è raggiungere presto questa
terra dei draghi. -
-
D’accordo - gli rispose Eragon sollevato dalle sue parole.
Raggiunsero
Par e Morgana che stavano caricando i pochi
bagagli che possedevano e tutti e quattro montarono sulle nuove selle.
Di
intesa Keiron e Guiltar si diedero un tacito segnale per
partire.
Siamo
pronti dissero
all'unisono la voce dri due cavalieri
Bene
perché ora ci fermeremo solo per
brevi soste. Disse
loro Guiltar, spiccando un
potente balzo. I loro artigli graffiarono il terreno, lasciando
profondi solchi.
I due draghi piegarono le ali e presero quota.
Dietro
Murtagh, Morgana si strinse forte al busto del
cavaliere; quel primo volo, senza protezioni non era stato dei
più piacevoli, e
sperò di cuore che il secondo potesse andare meglio. Par,
invece, salito dietro
ad Eragon con disinvoltura, si accomodò sul dorso di Keiron,
volgendo di quanto
in quanto il suo sguardo a Vespriana, che da dietro la coda della madre
li
seguiva a una certa distanza.
***
Era
ormai da un giorno e una notte che volavano senza sosta,
e Keiron e Guiltar non davano alcun cenno di stanchezza, solo un
leggero
fastidio dovuto alle selle; Vespriana, nonostante la sua giovane
età, si era dimostrata
presto, al pari dei suoi genitori, una dragonessa tenace e alquanto
orgogliosa;
solo un paio di volte durante la notte si concesse di appoggiarsi al
loro
fianco per riposare un po’.
In
una delle brevi pause concesse dai due draghi Eragon si era
appoggiato al ventre di Keiron per riposarsi, ara da tempo che ormai
sentiva di
aver riacquistato quasi tutte le energie.
Accanto
a lui il cavaliere poté sentire Par masticare con
parsimonia la sua galletta di riso e mele. Non c’erano state
molte occasioni fino
a quel momento di comunicare con l'elfo. Eragon sapeva che Par aveva
viaggiato a
lungo solo con Saphira e nella sua mente c’erano
così tante domande, sia su
di lei che sulle Terre Selvagge,
ma non aveva idea da dove cominciare.
- Sai avevi
ragione riguardo a
Oliviana. – disse infine per rompere il ghiaccio. Nel sentire
la voce di Eragon
Par abbassò la galletta che stava per addentare e lo
guardò accigliato. Eragon
proseguì.
- Averla aiutata
a guarire ha influenzato
il mio giudizio e ho sottovalutato molti particolari di cui avrei
dovuto tenere
conto. Ho capito quello che volevi dirmi quella mattina solo quando
Oliviana non
si è persa per sempre in Verschna. Gli spiriti che la
possedevano hanno detto
di aver approfittato di quella sua debolezza per soggiogarla.
– Ammettere le
sue responsabilità lo aveva alleggerito di un gran peso. Par
sembrò meditare un
attimo sulle sue parole.
- Era lo spettro
quello che hai
sconfitto alla grotta, non era più Oliviana e, per quanto
possa esserti di
aiuto cavaliere, penso che anche tu avessi ragione – fu il
turno di Eragon ad
accigliarsi.
- Riguardo a
cosa? -
- Non era un
nostro diritto decidere
della sua vita. –
- Ti ringrazio
Par. Anche per essere
stato accanto a
Saphira quando ne ha avuto
bisogno. –
- Per la
guarigione devi ringraziare
Morgana, io non ho fatto altro che aiutarla. Se devo essere sincero,
per la
maggior parte del tempo non avevo idea di quello che la maga stava
facendo! -
Alle sue parole
Eragon scoppiò in una
calda risata che contagiò anche Par - Apprezzo la tua
sincerità. – disse
continuando a ridacchiare per poi tornare di nuovo serio.
– Par
ho bisogno che tu mi dica cosa
importante. Cosa intendono tutti quando dicono che devo dimostrare la
forza del
mio legame con Saphira? –
Par si era
aspettato quella domanda - Non
è facile da spiegare. – disse - ma forse si
può riassumere tutto con un nome
Sigmar. È il loro capo ed è ostile a chiunque non
sia un drago. – concluse Par
per poi addentare la sua galletta. - Quando lo incontrerai –
proseguì
continuando a sgranocchiare - ti renderai conto che è lui
che per primo di
tutto dovrai convincere. –
- Ho come la
sensazione di non avere
questa grande fretta di trovarmi di fronte a Sigmar –
borbottò Eragon in tutta
risposta.
Passarono
altri quattro giorni, e il paesaggio si trasformò
lentamente. Dopo avere passato una serie di grandi affioramenti
rocciosi si aprì
sotto di loro una grande vallata ricoperta da una vegetazione
rigogliosa.
Benvenuti
nella nostra terra
cavalieri dei draghi annunciarono
Keiron e Guiltar
ai loro passeggeri.
Per
la prima volta, da quando erano partiti da Alagaësia, i
due fratelli sentirono come di essere tornati a casa. Qualcosa
nell'aria fece
loro fremere il sangue nelle vene, mentre Guiltar e Keiron passavano
come due
frecce sopra il grande lago, e dirigendosi direttamente verso una
formazione
rocciosa.
Atterrano
su una piattaforma naturale.
Saremo
lieti di mostrarvi le
meraviglie della nostra terra più tardi.
Disse Keiron
una volta che tutti e quattro i passeggeri scesero dai loro dorsi.
Ma
prima c'è una questione urgente
che devi al più presto risolvere Eragon il
suo sguardo
si rivolse allora in direzione dell'alto promontori, che troneggiava su
quella
altura.
Eragon
seguì lo sguardo della dragonessa per intravedere la
sagoma di un drago dalle squame di ghiaccio che ora li guardava
dall'alto.
Per
Eragon non c'erano state bisogno di parole per capire che
si trattava Sigmar.
Sigmar
ti sta attendendo sulla cima,
Cavaliere.
Disse
improvvisamente la voce di un drago, che nel frattempo
era comparso silenziosamente al fianco di Guiltar e Keiron. Il loro
arrivo era
stato avvertito già da tempo nella valle e il giovane
messaggero aveva ricevuto
il compito di condurre il Cavaliere Del Drago chiamato Eragon di fronte
al loro
capo.
Adesso?
Fece
Eragon sgomento.
Il
giovane sentì i muscoli e le ossa del corpo intorpidite
per il lungo volo protestare con vigore quando fece per muoversi verso
il
messaggero che, incurante della sua obiezione, lo spinse con il muso
lungo il
cammino che portava verso la cima. Degli attoniti Murtagh Par e Morgana
lo
videro sparire dietro le rocce senza avere il tempo di poter dire o
fare nulla.