Anime & Manga > Inuyasha
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Autore: Never_alone20206    09/07/2023    1 recensioni
Rin Yoshida, ragazza ventenne, orfana e sorella di due fratelli pasticcioni, passa la sua vita a lavorare come cameriera per arrivare a fine mese. Cosa succederà quando un giorno, nel ristorante in cui lavora, si presenta Sesshomaru Taisho, uno degli uomini più ricchi del Giappone, che durante un'appuntamento con Kagura Yamamoto, organizzato dalla madre, dichiara di essere già impegnato con lei e la bacia ?
Rin si ritroverà costretta ad accettare la proposta di Izayoi Taisho, madre di Sesshomaru, di ammagliare e sposare il figlio in cambio di denaro per suo fratello maggiore, il quale rischia di essere ucciso a causa dei debiti.
Tratto dal prologo:
Ho la sensazione di aver preso un palo in pieno e che questo sia uno dei miei tanti sogni che riguardano Taisho, senza, ovviamente, la parte erotica.
Aspettate, da quando ci frequentavamo? E perché si stava alzando? E perché si sta avvicinando? E perché mi stava prendendo il viso fra le sue fantastiche mani? E perché il suo volto privo di imperfezioni era così vicino al mio? E perché l'uomo più desiderato di tutto il Giappone mi stava baciando?
Cosa diavolo stava succedendo?
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Rin, Sesshoumaru | Coppie: Rin/Sesshoumaru
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Fissai il mio riflesso cadaverico allo specchio. Nonostante l’ambiente ancora caldo sentivo delle piccole scosse lungo tutto il corpo. Ad intervalli controllavo l’ora, il tempo scorreva e non riuscivo a capacitarmene di come sia effettivamente finita in questa situazione così tragica. Qualche mese fa l’idea di mentire continuamente mi avrebbe fatto ribrezzo eppure attualmente era la cosa che mi riusciva meglio, non nego che la piega ridicola che questa storia aveva preso mi faceva tristemente sorridere. Si, non ho più una morale, i soldi alla fine comprano tutto. Sono certa che qualsiasi donna, a trovarsi nei miei panni, non si definirebbe sfortunata, in fin dei conti a fine di questa serata io sarò la ragazza dello scapolo più ambito, il classico belloccio sfacciato che ispirerebbe sesso pure ad un tronco d’albero. Lo schermo del mio telefono si illuminò, inutile dire che il mio cuore perse un battito per poi nel secondo successivo iniziare a tamburellare incessante nel mio torace. Spostai lo sguardo lentamente, le mie iridi si muovevano freneticamente da sinistra a destra scandendo e imprimendo ogni parola nella mia mente, c’era una frase di poche parole “sono di fronte alla porta”, insomma un dolce invito a muovermi. Peccato che i miei arti non si trovassero in sintonia con il messaggio, ero convinta che le miei mani continuassero a tremare, seppur non visibilmente. Diedi un ultima pettinata alla piccola coda stretta fortemente alla mia testa e poi feci un lungo respiro,non ce l’avrei fatta. Uscì velocemente dal bagno, il mio istinto mi suggerì di velocizzarmi, non avevo alcuna intenzione di incrociare i miei fratelli. E così fù, anche se serbavo dentro di me la consapevolezza del fatto che nessuno dei due voleva vedermi uscire con un uomo. Di fronte alla mia entrata, a qualche metro, una scia di fumo si dissipava ininterrottamente nell’aria a causa del motore accesso di una macchina. Ciò che mi fece affrettare ulteriormente non fu il rozzo e fastidioso suono della mustang del mio capo, ma la sua stessa figura appoggiata leggermente sul lato del passeggero. Le sue pupille erano rivolte e fisse nella mia direzione, aveva un’espressione seria, a tratti seccata, con la mano destra portava il cellulare verso la tasca, aveva appena chiuso la chiamata. Non rimasi nemmeno stupita di fronte alla sua eleganza, gli occhi color miele puntati ora nei miei. 
 
“Ciao” fu l’unica cosa che riuscì a dire. Il saluto fuoriuscì dalla mia bocca quasi come se fosse un sussurro ,e io stessa ne fui infastidita. 
 
“Sali” 
 
Il suo era un ordine, si spostò aprendomi la porta, dando quasi la sensazione di essere una vera coppia, se solo non fosse che nell’istante dopo la sbatté con talmente tanta forza che sussultai. Quando la sua presenza mi affiancò una vampata di calore mi invase le guance. Partì in un silenzio tombale, non sembrava avesse qualcosa da ridire o addirittura criticarmi, sembrava più indifferente, assente, come se io non ci fossi,mi stava ignorando. Le labbra erano incollate in una linea dritta, gli occhi puntati sulla strada, anche se in realtà pareva più un gesto meccanico il suo, era totalmente assorto dai suoi pensieri. Era bello. I miei ormoni non si sarebbero fatti problemi a spingermi in una tresca sessuale occasionale e non fosse per il fatto che sia la persona più eccitate del paese. Ovviamente non mi avrebbe mai considerata da quel punto di vista in quanto si è portato a letto qualsiasi modella respirasse, e io non sono una modella.
 
“Smettila di fissarmi” disse con un tono alquanto irritato, o almeno, così parve al mio udito. Era anche deducibile dalle sopracciglia incurvate verso il basso. 
 
“Ti fa sentire a disagio?” mi resi conto che dietro la spontaneità di questa domanda si celasse una sfacciataggine che non sapevo mi appartenesse. Non feci in tempo a scusarmi, perché mentre analizzavo qualsiasi tratto della sua faccia eravamo arrivati. Ero curiosa di scrutare il magnifico posto dove mi sarei sentita fuori luogo per tutta la serata, ma il mio volto venne artigliato prima di poterlo fare.
 
“Ascoltami bene piccola Rin, fai la tua parte e saremo entrambi contenti, quindi vedi di tenere quella bocca chiusa o te la chiudo io” 
 
Era talmente vicino che smisi di respirare. Fu in quel momento che un flash raggiunse il mio sguardo forzandomi di conseguenza ad abbassare le palpebre. Non ci credo, l’aveva fatto apposta, che bastardo. Corrucciai la fronte e lui ghignò suscitando in me la voglia di cancellarglielo e colpirlo, ma soprattutto scappare.
 
“Andiamo”
 
***
 
“E quindi vi siete conosciuti sul lavoro?” 
 
Inu Taisho si diceva che fosse l’uomo più fortunato al mondo. Oltre al suo enorme patrimonio, era sposato con una donna bellissima, altolocata, aveva due figli che lo rendevano orgoglioso attraverso la loro intelligenza e devozione. Era una persona raffinata, elegante, possedeva lo stesso maledetto sguardo affilato di Sesshomaru, più gentili a mio avviso, non che ci voglia molto. Il suo modo di gesticolare che accompagnava le sue parole era ammagliante, era particolarmente pacato con un’espressione serena, non sembrava urtato dalle foto che ogni tanto venivano scattate. 
 
“Sì signore, la gentilezza di suo figlio conquisterebbe ogni persona” dissi sorridendo falsamente. Sentivo le pupille di Izayoi inchiodate su di me, francamente credo che abbia assunto troppa caffeina, almeno speravo fosse quello. Giocavo nervosamente con lo spacco del vestito, nemmeno i tre calici di vino mi aiutarono a sciogliere la tensione.
 
“Dovrebbero assegnare il premio Nobel a chi riesce a definire mio fratello gentile”
 
E questo a parlare non era altro che Inuyasha, fratello minore del mio innamorato. Era un tipo divertente, esuberante, la sua ragazza invece era più tranquilla, dovevo ammetterlo che li trovavo veramente adorabili. Più lo guardavo più riuscivo a notare le differenze tra loro due, mi davano la sensazione di essere due poli opposti, uno dalla personalità introversa e azzarderei crudele, l’altro un cucciolo. Era proprio quella la parola giusta per descrivere Inuyasha, due occhi grandi con delle iridi placcate in oro che tramettevano solo calore e affetto contrastati dal classico ghigno infantile. 
 
“Tesoro non parlare così di tuo fratello” ero convinta che le sarebbe scoppiata una vena a quella donna” Ma dimmi Rin, cosa ne pensi del matrimonio?” Continuò e quasi non mi strozzai con un grissino. Le mie dita strinsero ancora di più con forza quel maledetto abito rosso che avrei voluto strapparmi volentieri di dosso. Rivolsi uno sguardo in cagnesco ad Izayoi, la mia mascella si serrò da sola, improvvisamente le mie ghiandolare salivari non funzionarono più. 
 
“Credo sia troppo presto per parlarne” affermò il mio accompagnatore e mentalmente lo ringraziai molto, sentivo come se ci fosse un gioco di sguardi tra noi tre, un continuo stuzzicare al quale mi sarei sottratta volentieri. Più passavo il tempo in compagna di madre e figlio più mi rendevo conto di non voler essere né una spettatrice né tantomeno avere un ruolo in questa guerra tra loro due. 
Chiusi gli occhi e sospirai, desideravo solo sparire.
 
“Oh figlio mio, non è mai presto, invece i bambini ti piacciono?” proseguì facendomi 
maledire la mia vita e le mie scelte. Non riuscivo più a reggere la situazione, sentivo di star perdendo un controllo che non ho mai avuto. 
 
“Ecco, io…” non riuscì a concludere la frase. Improvvisamente la musica partì, ci fu un veloce movimento da parte di Sesshomaru che senza pensarci due volte avvolse la sua mano nella mia tirandomi su, approfittando così di questo momento per scivolare via dall’invadente interrogatorio.
 
“È arrivato il momento di ballare” disse mentre mi tirava verso quella che era la pista. Nell’arco di qualche secondo si riempì, e per quanto fossi sollevata di poter avere una tregua da quelle domande, stare così attaccata a lui mi agitava talmente tanto da farmi desiderare di tornare e compilare il questionario imbarazzante di Izayoi.
 
“ Grazie di essere intervenuto all’ultimo, sembravi particolarmente divertito a vedermi in difficoltà” sputai le parole con una punta d’odio, stringendo la presa dietro al suo collo e avvicinandolo di più verso il mio orecchio.
 
“In effetti lo ero” controbatté scocciato, come se parlare con me gli desse solo e unicamente noia, il che mi fece venir voglia di pestargli i piedi.
 
“ Tu credi che questo sia un gioco ? Hai idea di quanto sia stressante?”
 
 Grazie al sonoro suono della musica il mio tono arrabbiato venne nascosto all’udito delle altre persone, ma non a quello del mio partner, il quale assunse un’espressione, se possibile, ancora più seccata, lo dedussi dalla fronte aggrottata.
 
“Sei tu che hai scelto di farti comprare, le conseguenze sono queste, fattele andare bene” 
 
Al pronunciare di quelle parole piene di disinteresse avrei voluto lasciargli l’impronta del mio palmo in viso. 
Sentì le lacrime pizzicarmi gli occhi dalla rabbia, sospirai sapendo che in fondo fosse la verità. Le sue mani erano strette saldamente attorno  alla mia vita, detestavo e amavo questo contatto, come si desta e si ama la pioggia d’estate e come si ama la neve d’inverno per poi odiarne lo scioglimento.
 
“Io l’avrò anche fatto, ma ho avuto i miei motivi, almeno io non vengo vista come una  manipolatrice priva di una coscienza che ha bisogno della madre affinché possa trovare qualcuno che gli faccia provare un briciolo di amore” dissi tutto d’un fiato tra i denti cercando di creare distanza tra i nostri corpi per poi strapparmi definitivamente da quel contatto, ero sull’orlo di una crisi d’isteria.
 
Sentì il bisogno di stare da sola, di chiarirmi le idee e soprattutto ideare un piano per tirarmi fuori da questo guaio.
Corsi via chiedendo al primo cameriere dove si trovasse il bagno. Dentro c’era un silenzio tombale, finalmente riuscì a sentire il mio respiro irregolare. Tirai su col naso guardandomi: gli occhi lucidi trattenevano al meglio le lacrime, non avrei mai potuto lasciarle andare, come avrei spiegato le scie nere di mascara sul viso? Inalai lentamente l’aria, riempiendo i polmoni fino a provare dolore. Quando espirai sentì il bisogno di crollare e fu in quel momento che lo vidi alle mie spalle, in tutta la sua altezza, a scrutarmi con lo sguardo assottigliato e quasi non urlai. 
 
“Sei bella quando piangi” affermò, e io non ebbi il coraggio di girarmi. Ogni rumore emesso dalle sue corde vocali era sempre una presa in giro, e io ne avevo abbastanza. Ingoiai il groppo di saliva che avevo in gola, sapevo che se non avessi tenuto a bada la frustrazione mi sarei messa a piangere di fronte a lui.
 
“Vai via, dì ai tuoi genitori che sto poco bene e poi riportami a casa” sussurrai.
 
Strinsi forte i margini del lavandino, mi sentivo umiliata. Quando presi coraggio a voltarmi me lo ritrovai a qualche misero centimetro di distanza. Potevo sentire il calore scaturito dal suo petto riscaldarmi la pelle finché esso non diventò un tutt’uno con il mio.
 
“Cos-“ sibilai incredula prima di essere interrotta.
 
“Zitta” fu un flebile bisbiglio detto furtivamente all’orecchio. 
 
Non feci in tempo a capire le dinamiche, sentivo le sue dita accarezzarmi la parte superiore della gamba scoperta, le piastrelle fredde a contatto con la mia schiena creandomi un brivido, e infine le sue labbra gelide sulle mie, più calde del normale a causa del piagnucolio. Nella mia testa frullava solo una domanda “perché non ho bevuto di più? “, già signori miei, il mio problema non era il muscolo estraneo all’interno della mia bocca, ma bensì il dopo, il momento in cui io realizzerò che Sesshomaru Taisho aveva le mani collocate volgarmente sul mio fondoschiena al di sotto dell’abito. Se solo fosse entrato qualcuno nemmeno venti preghiere e tre confessioni mi avrebbero salvato dal finire trascinata nel cerchione dei lussuriosi. 
Il gesto più scandaloso arrivò inaspettato come una nevicata ad aprile quando entrambe le mie gambe finirono avvolte attorno alla sua vita, sentì uno spostamento d’aria e capii che in realtà eravamo finiti in un bagno chiuso a chiave, lui seduto rigorosamente sul pezzo di plastica che solitamente usiamo per appoggiarci l’accappatoio, e io, beh ovviamente sopra al codesto manzo. 
 
“Hai visto che sguardo ?”
 
Una voce femminile estranea echeggiò e io mi paralizzai per qualche secondo, staccandomi controvoglia dal bacio.
Ecco,brava Rin, fatti sentire da delle donne famose che sei in bagno con un uomo.
 
Sincero gli stavo fissando un’altra parte del corpo, ma anche quella avrebbe la sua parte in un’ipotetica scopata”
 
Nel sentire la seconda persona spalancai lo sguardo talmente tanto da pensare che mi sarebbero usciti gli occhi dalle orbite.
 
“Kagura, è fidanzato” contestò l’altra ridacchiando con una punta di gelosia nella voce.
 
“Sarà, prima o poi finirà comunque nel mio letto, si annoierà di lei come si annoia di tutte, e poi onestamente anonima com’ è durerà ancora poco credimi”
 
La risata di Kagura mi investì come un treno facendomi fare una smorfia involontaria di cui non mi curai nemmeno.
 
“Eppure è la prima volta che ufficializza una relazione, detto fra di noi non ha molto senso, una sempliciotta come lei, non capisco cosa ci trovino in lei tuo cugino e Sessh, potrebbero avere qualsiasi donna al loro fianco” 
 
“Forse mia cara Kikyo è proprio questo, il fascino della ingenua, scommetto che sia ancora vergine, chi non si ecciterebbe a riguardo ?”
 
Non avrei mai ringraziato a sufficienza l’architetto che aveva creato le porte di bagno. A parte le coincidenze della vita, forse non serve nemmeno che io vi sottolinei l’imbarazzo creato dalla conversazione che in due abbiamo ascoltato. Per un millisecondo mi ero addirittura scordata di essere attaccata come una cozza a Sesshomaru, se non fosse proprio per quello sguardo di cui le donzelle stavano parlando. Mi stavano scavando dentro all’anima. 
Solo quando ci fu il silenzio più assoluto mi voltai nuovamente verso il suo viso.
 
“Credo di sentirmi già a disagio, non fissarmi proprio così “ dissi tirandogli un leggero colpo sulla spalla, ma lui continuò non curante a tenere le pupille salde su di me
 
“Così come ?”rispose ghignando, senza preoccuparsi nemmeno di nascondere il divertimento che provava a vedermi in questa situazione. 
 
“Come se non ti stesso domandando se io sia veramente vergine” 
 
Esasperata rivolsi gli occhi verso il soffitto del bagno, se lo stava veramente chiedendo ?  
 
“E lo sei ?”
 
Sì, aveva dei dubbi decisamente.
 
“Credo che sia l’ora di tornare prima che io mi rimetta a piangere e prima che tua madre pensi che stiamo copulando “
 
Feci per alzarmi ma le sue mani rimasero ferme sui miei fianchi, anzi, strinse con ancora più forza. Sentì la punta del suo naso sfiorarmi la carotide, prese un respiro profondo, come se volesse inalare tutto il profumo che emanavo. Lasciò una piccola scia di baci arrivando al lobo dell’orecchio, lo morse e le mie 2 corde vocali rilasciarono un gemito che andò a sfumare in aria. È proprio mentre le mie dita stavano per artigliargli i capelli sentì un deciso:
 
“Andiamo, ti riporto a casa”
 
***
 
Dopo aver salutato ogni componente della famiglia con tanto di frecce omicide schioccate  direttamente dalle pupille di Izayoi, entrammo finalmente in macchina.
La mia attenzione di spostava continuamente da un punto all’altro per il via vai di flash.
Sospirai pesantemente, senza rendermene 
conto mi stavo massaggiando le tempie.
Non sapevo bene cosa avrei dovuto dire in momento del genere, nelle mie relazioni passate non mi ero mai sentita così tanto in soggezione, ma forse perché erano veri fidanzati.
La mancanza di una conversazione per quanto fastidiosa in realtà non mi preoccupava molto.
Probabilmente era meglio così, se non fosse stato per il fatto che non riuscivo a voltarmi nemmeno per sbaglio nella sua direzione. Sapevo che nell’arco di una manciata di millisecondi mi sarebbero tornati in mente i momenti rigorosamente poco casti di prima. 
Mi dovevo decisamente confessare, ma cosa avrei dovuto dire al prete? “Ei ciao, sono pagata per farmi il mio capo, anche se potrei tranquillamente farlo gratis, finirò all’inferno?”
Non so perché ma la cosa mi faceva ridere, anche se interiormente.
 
“Siamo arrivati”
 
Sussultai sul posto, non mi ero nemmeno accorta di essere nella via di casa, tantomeno della luce del lampione puntata proprio dov’ero seduta. E ora cosa devo dire ?
 
“Ti ringrazio per il passaggio, e spero di passare sempre meno serate del genere” dissi abbozzando un sorriso tirato e falso, e grattandomi la nuca nervosamente. 
 
“Non mi sembravi cosi dispiaciuta alla fine “ sputò fuori, e non riuscì a non notare la nota sarcastica che marcava le parole. 
La linea delle mie labbra divento ancora più tesa.
 
“Direi che vale la stessa cosa per te, buonanotte” 
 
Non aspettai nemmeno la sua risposta, scappai letteralmente verso casa. Due secondi esatti dopo il rumore di una macchina risuonò in tutto il viale e lo maledissi mentalmente.
Stupido maschio.
 
*****
 
Non chiusi mezzo occhio per tutta la notte. Continuavo a pensare a tutti i dettagli dell’atto osceno che io e Sesshomaru abbiamo praticato meno di 24 ore prima, tanto da essere arrivata addirittura ad una conclusione malata.
Avrei voluto che continuasse.
 
Terra chiama Rin! Dove stai con la testa?”
 
La voce di Tomoe mi colpì come una secchiata di ghiaccio. Mi passai le mani sulla faccia per poi lasciar cadere rovinosamente la testa sul tavolo.
 
“Non mi va di parlarne” farfugliai con una mano per zittirlo.
 
“Non dirmi che è per il tuo capo, credo che ti convenga anche accendere la tv” 
 
Fu come sentire una scossa in tutto il corpo, perché esso decise di muoversi da solo e afferrare alla velocità della luce il telecomando.
Se solo avessi saputo a cosa sarei andata incontro non mi sarei mai alzata dal letto.
 
Dopo un’apparente conoscenza tra la famiglia di Sesshomaru Taisho e la sua misteriosa ragazza, l’uomo d’affari è stato sorpreso subito dopo in compagna della collega Kagura Yamamoto, cugina dell’imprenditore Naraku Yamamoto, entrambi soci nella compagnia più di successo del paese…”
 
I miei timpani si tapparono, se fosse stato possibile dalle mie orecchie sarebbero uscite tonnellate di fumo, perché ero furiosa.
In primo piano c’era la foto del mio capo/ fidanzato e di quella mentre si davano un appassionato bacio.
Mi sarei vendicata. 
 
   
 
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