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Autore: Dreamer47    14/07/2023    1 recensioni
È il 2005.
Sam e Dean sono ancora all'oscuro dei piani di Azazel.
Le loro giornate sono intrise di mostri e di streghe, vogliono ancora trovare John ed uccidere l'assassino di Mary, quando una ragazza incontrata per caso entrerà a far parte della loro vita.
Hunters' legacies non è solamente la storia dei fratelli Winchester, ma anche quella di Abby Harrison, una giovane ragazza dal cuore spezzato e dal destino turbolento il cui unico scopo è la vendetta.
Insieme, riusciranno ad ottenere ciò che vogliono più di ogni altra cosa.
Genere: Erotico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Nuovo personaggio, Sam Winchester
Note: AU, Soulmate!AU, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Più stagioni
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Hunters' legacies
Capitolo 84

5 anni dopo

 
Fece scivolare con delicatezza la spazzola attraverso i lunghi capelli della bimba seduta davanti a lei sul piccolo letto della stanzetta, ed Abby sorrise mentre osservava la chioma mogano della sua terzogenita, del tutto identica alla sua.
Audrey se ne stava chinata su di un foglio stringendo con la mano destra un pastello viola con cui creava un disegno molto colorato e acceso: Abby le sfiorò la testa e fece un largo sorriso perdendosi ad osservare i suoi occhi nocciola, identici a quelli di suo padre. "Che stai disegnando, amore?". 
Audrey sorrise leggermente rimanendo molto composta e ordinata, voltandosi verso la madre che smise di spazzolarla per guardarla in viso e sfiorarle la testa con delicatezza. 
"È la nostra famiglia, mamma".
Con orgoglio Abby sfiorò il foglio con le dita, osservando il modo in cui Audrey avesse ritratto tutti i componenti della famiglia; sfiorò il disegno, soffermandosi su tutte le figure rappresentate ed il suo cuore si colmò di felicità. 
Si chinò a baciare la fronte della piccola Audrey guardandola con aria profondamente innamorata: per Abby non c'era nulla che avrebbe potuto competere con l'amore che provasse per ciascuno dei suoi tre figli. 
Le sfiorò la guancia morbida con dolcezza rimanendo al suo fianco per ancora qualche altro lungo istante, osservando Audrey smettere di disegnare e avvicinarsi alla madre per stringerla in un grande abbraccio. "Perché non vai a giocare con i tuoi fratelli? Sono al piano di sotto con i vostri cugini". 
Audrey annuí divertita ed i suoi occhi si illuminarono all'idea, così strinse appena di più la madre e poi si allontanò per uscire dalla stanza e raggiungere le scale. 
Abby rimase seduta sul bordo del letto della stanzetta piena di giocattoli ad osservarla muoversi con quei modi aggraziati che senza dubbio non avesse ereditato da lei, e aggrottò le sopracciglia quando la vide esitare sulla soglia per qualche istante. 
Audrey si voltò verso la madre e si tenne allo stipite della porta giocando nervosamente con una ciocca di capelli rossi, guardandola con un grosso sorriso felice. "Hai dimenticato di dirmi una cosa, mammina". 
Abby la guardò con aria confusa aggrottando le sopracciglia iniziando a riflettere su ciò che intendessero le sue parole e strinse le labbra in un'espressione confusa. 
Presto però si sciolse in un sorriso molto ampio quando capí cosa volesse dire la sua piccola e Abby le fece l'occhiolino mentre la guardava. "Va' a giocare tranquilla, amore: ci sono tre angeli che vegliano su di te". 
Audrey emise un ridolino elettrizzato e si divincolò dallo sguardo della madre, uscendo dalla stanza e scendendo al piano di sotto con velocità.
Abby rise divertita e scosse la testa, alzandosi poi dal letto ed iniziando a raccogliere dal letto i pastelli ed i disegni della figlia con cura, spostandoli al centro della scrivania che Audrey condividesse con la sorella maggiore Mary. 
Diede una sistemata ordinando i giocattoli con velocità e per qualche istante Abby sentí il suo cuore battere più velocemente nel petto, commossa davanti alla foto che Mary tenesse sul suo comodino.
Era il suo quindicesimo compleanno e tutta la famiglia si era riunita per festeggiarla. Nella foto Mary dai lunghi capelli biondi e con i suoi occhioni di un verde brillante se ne stava dietro ad un tavolo con una grossa torta poggiata sopra, mentre teneva sulle gambe il fratellino Richard di ormai sette anni e la sorellina Audrey.
Abby e Dean sbucavano dietro ai bambini e stringevano Mary, mentre Edward se ne stava chino su un ginocchio per aiutare la ragazza a sorreggere la piccola Audrey.
Sui visi di tutti vi erano dei sorrisi felici ed indubbiamente rilassati. 
I loro occhi esprimevano la felicità per cui avessero lottato per anni. 
Avevano finalmente ottenuto tutto ciò che avevano sempre desiderato.
O quasi.
Il campanello suonò ed Abby ricacciò indietro le lacrime: quello era un giorno felice, uno di quei giorni dove niente potrà andare storto.
Non avrebbe pianto, non importa che fossero lacrime di felicità.
Uscí dalla stanza e si chiuse la porta alle spalle avviandosi per le scale, udendo distrattamente i modi maldestri con cui Dan e Matt stessero provando ad accendere il barbecue in giardino con scarsi risultati, mentre Silver ed Eileen si prendevano gioco di loro schernendoli bonariamente.
Osservandola muoversi nel corridoio in direzione della porta, Sam si affrettò ad avvicinarsi ad Abby sbucando dalla sala da pranzo, mentre teneva fra le braccia il piccolo Dean che agitava il suo caschetto dorato mostrando il suo sorriso fenestrato.
Abby sorrise divertita e osservò il bambino muoversi fra le braccia del padre, allungarsi fino a sfiorarle il viso. "Zia Abby..". 
La donna si lasciò commuovere da quel faccino tenero e si sporse a baciargli le guanciotte morbide, mentre il piccolo Dean giocava con i suoi capelli.

"Mi hai sempre messo prima di tutti, persino prima di te stesso. Voglio che tu sappia che io ed Eileen aspettiamo il nostro primo figlio e abbiamo deciso che si chiamerà come suo zio: il fratello che ha vegliato su di me da quando aveva quattro anni e ha faticato molto per tenermi sulla retta via". 
Abby ricordava il modo commosso con cui Sam avesse messo a conoscenza la famiglia e Dean della sua prossima paternità e del modo con cui avrebbe onorato il legame con suo fratello. 
La ragazza ricordò il modo in cui Dean avesse cercato così duramente il modo di non dare a vedere come quel gesto e quelle parole lo avessero toccato nel profondo, ma non fu in grado di dire neanche una parola.
Si avvicinò al suo fratellino con le lacrime agli occhi e lo aveva stretto in uno dei suoi abbracci più sentiti, mentre silenziosamente gli ricordava quanto fosse importante per lui chiudendo gli occhi ed un nodo si stabilizzò alla gola per l'emozione. "Sei sempre la solita spina nel fianco, non è vero fratellino?".


Il campanello suonò nuovamente e Abby sgranò appena gli occhi distogliendoli da quelli chiari del piccolo Dean, sollevando lo sguardo fino ad incrociare quelli di Sam.
L'uomo le sorrise ed annuí silenziosamente, ricambiando quell'occhiata mentre teneva suo figlio fra le braccia. "È arrivato".
La donna annuì ed accennò un sorriso più ampio mentre si voltava verso l'ingresso. 
Si mosse fino alla porta di ingresso ed aprì la porta con calma, sollevando gli occhi fino ad incontrare quelli verdi di Dean che accennò un sorriso più dolce quando la vide, agitando delle bottiglie a mezz'aria. "Ho portato da bere, ragazzina. Spero di essermi guadagnato un posto al tuo tavolo". 
Abby sorrise divertita quando lo vide sollevare a mezz'aria il suo vino preferito e scosse la testa, pensando che nonostante gli anni trascorsi, Dean non dimenticava mai ciò che amasse di più.
Istintivamente l'uomo si chinò in avanti per avvolgere Abby in un caloroso abbraccio e la donna gli avvolse le braccia attorno alle spalle sollevandosi sulle punte dei piedi per essergli più vicino; chiuse gli occhi mentre sentiva dentro di sé la grande tranquillità che lui fosse solito trasmetterle. 
Sciolse l'abbraccio e gli passò la mano sul braccio, sfregandola sul suo giubbotto nero di tela. 
Come sempre, non c'erano bisogno di parole fra di loro, un solo sguardo era sufficiente a comprendersi. 

"Quindi hai deciso: lasci il bunker". 
Abby gli riservò una breve occhiata con aria quasi accigliata e confusa, come se si aspettasse che in qualche modo lui le sarebbe sempre rimasto accanto, nonostante la sua scelta. 
Dean serrò le labbra e la guardò con aria più seria mentre Abby se ne stava appoggiata al bancone di quella tavola calda con gli occhi bassi a rigirarsi la tazza di caffè fumante fra le dita. "Pensavi che sarei rimasto a vivere lì?". 
"Certo che no". Mantenne lo sguardo sul liquido fumante che continuasse ad agitare, e serrò la mandibola mentre il cuore le batteva forte nel petto. "Dove andrai?".
Dean sospirò appena e prese qualche sorso del suo caffè, inumidendosi le labbra prima di tornare a guardarla.
Si schiarí la gola e sospirò, bevendo ciò che rimanesse del suo caffè allontanando poi da sé la sua tazza. "Non troppo lontano, ragazzina".
Abby sollevò lo sguardo ed incrociò i suoi occhi udendo quello che era diventato il suo soprannome, ed accennò un sorriso amaro. "Bene. Perché non puoi sparire dalla vita di Mary e di Richard".
Dean sorrise compiaciuto udendo quelle parole ed annuí in silenzio mentre la osservava negli occhi azzurri: sapeva che Abby si sentiva in colpa perché credeva che la decisione di Dean di trovare una casa tutta sua ed iniziare davvero la sua vita fosse dovuta al pancione che presto avrebbe sfoggiato.
Ma la verità era che Abby non c'entra nulla con quella scelta.
Dean si schiarí la gola mentre la guardava e fece spallucce. "Ho incontrato una persona sei mesi fa, Abby". 
La osservò sollevare le sopracciglia in modo sorpreso nella sua direzione e avrebbe giurato che la donna fosse pronta a dire qualcosa, ma presto la vide accennare un sorriso più sereno e rilassato mentre lo guardava. "Si chiama Rebekah; penso che ti piacerebbe: è molto divertente, ha studiato arte e lavora in una casa d'aste. Odia i classici rock che ascolto in auto e cerca sempre di nascondermi le cassette, ma adora la musica jazz e crede di potermi fare ballare. E.. credo che mi ami davvero".
Strinse le labbra in un sorriso compiaciuto e felice mentre ascoltava le qualità che avesse la nuova donna che avesse conosciuto; guardò nei suoi occhi verdi e si chiese se forse la vita sarebbe andata in maniera diversa, eppure dentro di sé Abby sentiva che non ci fosse nulla di sbagliato nelle loro vite. 
Sospirò in silenzio e si grattò distrattamente la nuca, per poi guardarlo con aria più tranquilla e serena. "E tu la ami?". 
Per dei lunghi istanti rimase a guardare nei suoi occhi azzurri che attendessero una risposta sincera alla sua domanda, e accennò un sorriso debole mentre si passava indice e pollice agli angoli delle labbra, per poi grattarsi la nuca con un gesto che tradiva il suo nervosismo.
Abby osservò i suoi occhi verdi e vide che non vi era alcuna traccia di indecisione o di paura: c'era una grande sicurezza ed un barlume di felicità che fosse destinato a diventare sempre più grande. 
Sorrise con aria serena e annuì, distogliendo lo sguardo e annuendo mentre avvicinava la sua tazza alle labbra per bere qualche sorso abbondante di caffè. 
Sentiva ancora lo sguardo penetrante e pesante di Dean su di sé nel tentativo di capire cosa stesse provando in quel momento.
Quando lo guardò di nuovo, trovò Dean al suo fianco sorriderle e non riuscì a far altro che ricambiare. 
L'uomo allungò una mano fino a stringere la sua sopra al bancone, perché sapeva che ne avesse più bisogno lei in quell'istante. "Andare a vivere con Rebekah non mi porterà via dai nostri bambini, Abby. Te lo prometto".
Sentí uno strano calore attorno al cuore quando fu sicura che finalmente Dean avesse trovato il suo equilibrio e stesse finalmente per ricevere tutto ciò che la vita avesse in serbo per lui: aveva iniziato a lavorare in una delle officine più rinomate della città conquistando il cuore del capo che gli permetteva di lavorare su delle auto più speciali e non delle semplici utilitarie.
La convivenza con Rebekah era l'ultimo anello che avrebbe completato la catena ed Abby non poteva che esserne entusiasta. "Sono contenta per te, Dean. Sono davvero felice".
Dean strinse la sua mano un po' più forte ed accennò un piccolo sorriso. "E io sono felice per il nuovo bambino in arrivo".
"In realtà è una bambina" lo corresse Abby accennando un sorriso ed abbassando lo sguardo per qualche momento, per poi tornare a guardarlo. 
Mentre ancora si stringevano la mano, i due si resero conto di come il loro rapporto fosse destinato ad evolversi e trasformarsi in qualcosa di più forte: continuavano ad essere una famiglia e quell'amore nessuno avrebbe potuto spezzarlo.
Dopo aver salutato Dean con uno stretto abbraccio ed aver lasciato quella tavola calda da sola, Abby aveva pensato che se c'era qualcosa che avesse imparato dalla sua vita era proprio che non sempre l'anima gemella corrispondeva all'amore romantico. 
Ecco perché si rifiutava di lasciare andare Dean nonostante fosse più che felice ed innamorata insieme ad Edward.
Perché erano una famiglia e mai nessuno avrebbe potuto cancellarlo.



"Abby!!".
La ragazza sbatté le palpebre e si affrettò a tornare al presente, osservando la donna alle spalle di Dean che stesse salendo i pochi gradini del portico di legno per poi avvicinarsi nella sua direzione muovendosi su dei vertiginosi tacchi.
Rebekah fece oscillare i suoi capelli biondi lisci e dritti come spaghetti, prima di scavalcare Dean e abbracciare Abby in uno stretto abbraccio.
"Bekka, sono felice di vederti!".
Ed era vero. 
Abby lo pensava davvero mentre stringeva in un forte abbraccio la bionda, che la prese per mano e la portò dentro casa iniziando a dirle che avrebbe dovuto raccontarle tante di quelle cose che non sarebbe bastata l'intera giornata.
In quei lunghi anni, Abby era diventata sinceramente molto amica della donna di Dean che presto sarebbe diventata sua moglie, scoprendo con felicità che fosse davvero come lui l'avesse descritta. 
"Mi accomodo da solo, non preoccuparti ragazzina!". Dean allargò le braccia ed entrò in casa alzando la voce con tono ironico, notando la linguaccia che Abby e Rebekah gli avessero riservato contemporaneamente mentre attraversavano il corridoio per giungere in giardino. "Ma quanti anni avete, dodici?".
Le donne riservo divertite mentre continuavano a parlare tra di loro e Dean si tolse la giacca, appoggiandola all'attaccapanni.
Osservò Sam giocare con il piccolo Dean, ed un sorriso nacque spontaneo sul suo viso mentre osservava suo nipote sorridere nella sua direzione.
L'uomo sospirò di felicità perché finalmente avevano ottenuto ciò che avessero sempre voluto durante quei lunghissimi anni di caccia, guerra, ossa rotte e sangue.
Non ci sarebbe stato più dolore, nessuna sofferenza, solamente tutto l'amore ed il calore che una famiglia potesse offrire.
Insieme tutti i presenti prepararono la tavola per il pranzo, sistemando i bicchieri, le posate e tutto ciò che sarebbe servito loro; Sam e Dean si occuparono di accendere il barbecue mentre i bambini scorrazzavano liberi nel giardino e gli adulti parlottavano fra di loro.
Abby diede un'ultima occhiata alla sua Mary seduta sul dondolo esterno che tenesse sulle ginocchia il fratellino Richard, entrambi ad ascoltare le storie di Henry, ormai quasi maggiorenne, su come fosse l'Inghilterra e ciò che avesse imparato a scuola, insieme a Nathan che ormai fosse un undicenne piuttosto intraprendente. 
Il cuore le si scaldò e si sentí ancora più felice quando vide il piccolo Dean e la piccola Audrey giocare in maniera innocente fra loro con delle vecchie macchinine. 
Si congedò da Rebekah e si recò in cucina ormai vuota per organizzare gli ultimi preparativi per il pranzo, e nel farlo passò davanti ad una parete colma di foto: alcune ritraevano i suoi due figli insieme a Nathan ed Henry, Silver e Dan, altre in cui vi fossero Sam, Eileen ed il piccolo Dean. 
Alcune ritraevano Bobby insieme ad Ellen e Jo, alcune Castiel, Anael e Jack; quelle più rovinate e ingiallite dal tempo ritraevano i genitori di Abby. Altre invece erano foto della famiglia di Edward, del fratello minore e del bambino di cui Edward si prendesse cura dopo la sua morte.
Era stata una bella vita la sua, si era ritrovata a pensare molte volte Abby. 
Molto spesso si era ritrovata a terra, debole e insanguinata, senza la forza per andare avanti, eppure la vita l'aveva ricompensata con un'amore sconfinato ed una famiglia unita ed Abby non poteva esserne più felice.
Sentí una presa imponente sul suo fianco destro ed Abby non ebbe bisogno di voltarsi, perché sapeva a chi appartenesse il braccio che si stesse stringendo attorno alla sua vita. 
La donna sorrise felice e appoggiò il capo sul petto dell'uomo dietro di lei, che doveva essere appena tornato a casa dal lavoro.
Come al solito si era avvicinato a lei in modo furtivo senza che Abby potesse sentirlo; lo sentí ridacchiare al suo orecchio mentre la stringeva più forte. "Ciao rossa". 
Si voltò silenziosamente e sollevò i suoi occhi azzurri fino ad incrociare quelli nocciola di Edward, che le sorrise ampiamente. 
Come potesse amarlo in quel modo e come potesse farle battere il cuore così forte nel petto dopo gli anni passati insieme, Abby non era ancora riuscita a capirlo. "Ciao bartender".
Rimase ad osservarlo per qualche istante con il sorriso di chi stese osservando ciò che amasse di più al mondo, mentre l'uomo sorrideva e si chinava per baciarla: portava la barba ed i capelli leggermente più lunghi rendendolo più affascinante di quanto pensasse, mentre i suoi occhi brillavano con una nuova luce che Abby non pensava di aver mai visto in lui. 
Adesso Edward portava un anello all'anulare sinistro così come facesse Abby da quando avevano radunato amici e parenti per dirsi di .
Edward continuava a gestire il suo locale con l'aiuto del giovane Andrew, ed aveva iniziato a tenere dei corsi per aiutare i veterani affetti da traumi e ptsd, mentre ad Abby era stato offerto un posto di lavoro in un luogo abbastanza familiare per lei. 
Da quando Dan si fosse trasferito a Londra insieme ad Henry, aveva iniziato a gestire la nuova sede degli Uomini di Lettere britannici ed aveva assunto Abby come sua ricercatrice nella nuova sede americana a Louisville: dopotutto era stata lei a trovare la cura per il vampirismo.
Non avrebbe mai più dovuto cacciare, eppure avrebbe potuto continuare a contribuire a lasciare un mondo meno pericoloso ai suoi figli ed ai suoi nipoti. 
Si allontanarono di qualche centimetro e Edward le sorrise profondamente contento, sfiorandole il viso con una carezza dolce e delicata. "I bambini stanno giocando in giardino?". 
Abby annuì e sorrise facendo scivolare le mani sui suoi polsi, intercettando le dita con cui Edward le stesse toccando le guance. "Si. Ma preparati perché fra meno di qualche ora si alleeranno tutti contro noi poveri adulti".
"Tutto ciò dovrebbe spaventarmi, eppure non potrei desiderare una vita migliore di questa". 
Ridacchiò divertito per poi chinarsi a baciare le sue labbra con dolcezza e con amore ancora una volta e sentí il cuore battere più forte nel petto. 
Si, tutto ciò che avessero adesso valeva quanto duramente avessero lottato e sofferto per ottenerlo. 
"Andiamo dalla nostra famiglia, rossa". 
Abby sorrise ed annuì felicemente, intrecciando la mano alla sua e dirigendosi verso il loro giardino dove la loro famiglia li attendesse'. 




Henry si passò una mano fra i capelli che portasse lunghi, facendo oscillare il suo ciuffo mentre si allontanava dalla sua famiglia di molti passi: erano ancora tutti seduti attorno al lungo tavolo posto sulla veranda sul retro, mentre lui si muoveva nella direzione del giardino. 
Henry li sentiva ridere divertiti, scherzare fra loro e raccontarsi buffe storie di vita quotidiana. 
Sorrise con finta spensieratezza, mentre il suo unico pensiero continuava ad essere sempre sua madre Toni.
L'aveva persa quando era solamente eun bambino e suo padre Dan gli aveva sempre detto che fosse stato un incidente.
Una disgrazia. Una sciagura.
Una tragedia che aveva colpito la loro famiglia.
Concretamente Dan non gli aveva mai spiegato cosa fosse accaduto a Toni ed Henry non si era posto nessuna domanda.
Si fidava ciecamente di suo padre e poi erano passati tanti anni.
Ma ormai non era più un ragazzino, tra un paio di mesi avrebbe raggiunto la maggiore età, e in più in Inghilterra aveva visto suo padre uccidere un uomo con una delle tante armi tecnologiche che provenissero dal laboratorio di altissima sicurezza in cui lavorasse. 
Henry avrebbe voluto chiedere spiegazioni, eppure aveva preferito intrufolarsi all'interno del laboratorio di nascosto, riuscendo a passare inosservato poiché aveva ereditato da entrambi i suo genitori la tecnica della distrazione. 
Aveva spulciato il database del pc di quella strana organizzazione chiamata Uomini di Lettere Britannici e aveva fatto lo stesso una volta giunto in America, hackerando i fascicoli top secret sul computer di lavoro di sua zia Abby, bloccando tutti i sistemi di protezione ed avendo accesso a tutti i dati. 
Così Henry aveva scoperto un mondo del tutto nuovo per lui: demoni, vampiri, licantropi, Djinn. 
Aveva persino ricollegato tutti gli strani episodi accaduti quand'era solamente un bambino e capí quale fosse il vero lavoro segreto della sua famiglia, iniziando a pensare che qualcosa non tornasse sulla morte di sua madre.
Henry aveva provato a mettere in pratica ciò che avesse letto sui migliaia di libri trovati all'interno di un vecchio bunker abbandonato nel Lebanon, Kansas, trovandolo spoglio e disabitato, ma molto ricco di informazioni.
Aveva dato la caccia da solo ad un demone divoratore ed era riuscito a scamparla per un pelo uccidendo quella creatura con una fucilata alla tempia, uscendo da quel combattimento molto malandato. 
"Ma che fai, idiota? Se tuo padre ti vedesse fumare, ti ucciderebbe".
Henry quasi sobbalzò e sgranò gli occhi udendo quella voce, nascondendo istintivamente la sua sigaretta dietro alla schiena, ma presto si rilassò quando vide sua cugina Mary avvicinarsi a lui con un sorriso divertito sul viso. 
Roteò gli occhi e sospirò, allontanandosi di qualche passo per continuare a fumare in tranquillità e non essere visto da nessuno della sua famiglia. "Sei una spina nel fianco, lo sai?". 
"Ricorda che questa spina nel fianco ti ho salvato la vita, una volta!". Mary sollevò le sopracciglia e serrò le braccia al petto, ridendo divertita mentre osservava il cugino fulminarla con lo sguardo. 
Era stata proprio Mary a trovarlo malconcio e sanguinante dopo che avesse affrontato il demone divoratore: aveva disinfettato le sue ferite e lo aveva ricucito alla meno peggio, dopo aver urlato per una buona mezz'ora davanti a tutto quel sangue. 
Henry era stato costretto a raccontarle tutta la verità su ciò che avesse scoperto, poiché Mary aveva minacciato di spifferare tutto ad Abby ed a Dean: non fu un forte shock per la ragazza dover accettare le parole del cugino. 
Henry e Mary erano gli unici due ad aver vissuto un'infanzia di cui avessero davvero pochi ricordi, costellata da così tanti buchi neri e da fatti inspiegabili che non riuscivano a capire e che fino a quel momento avessero considerato parte della propria immaginazione. 
Insieme avevano dato la caccia ad un vampiro circa quattro città più a nord, dicendo ai propri genitori che si sarebbero recati ad un concerto rock, ed era stato un grandissimo disastro: per poco Mary non era stata morsa al collo ed Henry non era finito giù dal molo in cui avessero trovato il mostro. 
Mary si schiarí la gola ed osservò suo cugino lanciare la sigaretta molto lontano da sé con un gesto della mano, e si avvicinò a lui con le braccia conserte. "Allora Henry, stai cacciando qualcosa?". 
Il ragazzo roteò gli occhi e sbuffò sonoramente scuotendo la testa, avvicinandosi alla cugina a grandi passi ed abbassando di molto la voce. "Non devi parlarne, Mary. Non con la nostra famiglia tutta riunita: se scoprissero quello che abbiamo fatto..". 
"Non lo scopriranno, Henry. Siamo io e te contro questo nuovo mondo che stiamo conoscendo solamente adesso, lo hai dimenticato? Siamo una squadra". 
Henry scosse la testa con aria seria quando la vide avvicinarsi a lui sbattendo gli occhi come una cerbiatta, ed il ragazzo riconobbe lo stesso modo adulatore che Mary usasse quando erano solamente dei bambini e lo volesse convincere a giocare a fare qualsiasi cosa che andasse contro le regole imposte dai loro genitori. "No, non lo siamo. La zia Abby mi ucciderebbe".
Mary aggrottò le sopracciglia e sorrise divertita, facendo spallucce e mordendosi le labbra con un leggero nervosismo. "Pensavo che avessi paura di mio padre, più che di mia madre".
Henry le fece segno di no agitando le dita e fece una smorfia spaventata. "Oh lo zio Dean mi farebbe a pezzi e sono sicuro che anche mio padre non me lo perdonerebbe mai. Ma tua madre sarebbe in grado di farmi rigare dritto con uno sguardo: trascinare sua figlia in giro per il paese per uccidere mostri mi sembra un modo molto facile di farla arrabbiare". 
Lesse la sua preoccupazione nello sguardo e sospirò, avanzando verso il cugino e mettendogli la mano sinistra sulla spalla, mentre con la destra gli sfiorò il viso con un gesto affettuoso e fraterno. 
Gli sorrise e annuì brevemente, facendo spallucce e sospirando leggermente. "Ho trovato altri come noi, Henry. Ci sono ancora tanti cacciatori in giro per il paese, sono già in contatto con alcuni di loro: conoscono la nostra famiglia, raccontano storie su di loro. Dicono che sono delle leggende". 
Henry guardò a lungo nei suoi occhi verdi scintillanti di speranza e sospirò, notando nel suo sguardo uno scintillio che non avesse mai visto fino a quel momento. 
Lesse la sete di avventura, la voglia di adrenalina e la speranza di fare del bene. 
Tutti sentimenti che descrivessero la personalità della sua cuginetta. 
Henry fece spallucce e si morse la lingua per qualche istante, per poi lasciarsi andare ad un forte sospiro. "Perché ti importa così tanto?". 
Mary strinse le labbra in una smorfia di disappunto e sollevò gli occhi al cielo perché nonostante Henry fosse la persona più intelligente che conoscesse, a volte sapeva essere molto poco perspicace; si lasciò andare ad una risata divertita e fece spallucce, guardandolo con sguardo sereno. "Perché siamo noi, Henry. Io e te, e un giorno anche i miei fratelli ed il piccolo Dean: siamo la prossima generazione di cacciatori. C'è ancora tanto lavoro da fare: è la nostro eredità".



NOTE:

Eccoci qui, giunti al termine di questa storia!
Spero che vi abbia trasmesso le stesse emozioni che ha trasmesso a me mentre lo scrivevo e lo vivevo.
Ringrazio tutti coloro abbiano seguito la storia.
Ahimè, siamo arrivati al termine di quello che per me è stato un viaggio meraviglioso... forse.

Potrei essere già al lavoro su una possibile continuazione, che si discosterebbe un po' dai due Winchester, ma che vede la presenza dei loro eredi.
Chissà un giorno riuscirò a pubblicare anche questa.

Non mi resta che salurvi, sperando di tornare presto a scrivere della serie che ho amato per eccellenza! 
A presto!





 
 
  
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