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Autore: moira78    17/07/2023    6 recensioni
Candy e Albert partono per il viaggio in Africa che sognavano da tempo di fare insieme. Ma l'imprevisto, tragico e inaspettato, è dietro l'angolo e si ritroveranno immersi in un'avventura tra cielo e mare.
Genere: Avventura, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Candice White Andrew (Candy), William Albert Andrew
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Chicago, Villa Ardlay

Georges Villers pensava che si trattasse di un sogno vivido, vista l'ora antelucana nella quale il maggiordomo aveva bussato, ancora in pigiama, alla sua stanza, scusandosi profusamente e dicendogli che Vincent Brown lo cercava con urgenza al telefono. Lo aveva visto solo al funerale di William e Candice e aveva ricevuto alcune parole sconvolte di conforto, quasi fosse stato il padre di entrambi e non solo il braccio destro del patriarca e un

cavaliere Bianco

conoscente affezionato della signorina.

Il capitano parlava con voce urgente e Georges dovette farsi ripetere quello che stava dicendo perché era certo di aver capito male.

"La rotta che abbiamo seguito per mesi era sbagliata! Non ero a conoscenza delle correnti in quella zona e io stesso non mi sono spinto più a Sud". Il senso della frase gli era chiaro, ma ancora non aveva realizzato appieno.

"Mi sta dicendo che il naufrago che avete raccolto dalla zattera era un suo collega esperto di quell'area e non è stato mai coinvolto nelle ricerche?". Non sapeva come mai si stesse focalizzando su quel particolare invece di fare la domanda più importante. Magari gli aveva già dato la risposta ma il suo cervello semplicemente non l'aveva registrata. Sarebbe stato troppo per il suo povero cuore. Troppo dopo tanto dolore e tanto lutto. Troppo dopo tante settimane a riprendere le fila del clan con un silenzioso Archibald Cornwell e un'insolitamente accondiscendente signora Elroy.

"Non sappiamo le motivazioni, ma quell'uomo ci ha dato le coordinate e stiamo organizzando una spedizione per...".

"Vi raggiungo", disse senza esitare, l'adrenalina che entrava in circolo facendogli stringere la cornetta da un lato e un foglio sulla scrivania dall'altro. Un contratto importante? Un bilancio? irrilevante.

"Ma... ci vorranno giorni e noi...".

"Prenderò un aereo". Di nuovo, le parole avevano lasciato le sue labbra senza che lui si fermasse a riflettere. Stava succedendo una cosa strana: non era affatto passato dalla negazione di una realtà che poteva essere troppo bella per risultare vera all'emozione dell'accettazione. Si trovava direttamente nella fase irrazionale che forse aveva sperimentato solo da ragazzo, prima di incontrare William Ardlay senior nei sobborghi francesi.

E, diamine, non si era mai sentito tanto vivo!

"Un aereo?!". Vincent Brown aveva lo stesso tono di un uomo cui avesse appena confessato che sarebbe arrivato volando come Icaro. Cosa non troppo lontana dalla realtà, in effetti. Le industrie che si occupavano di velivoli a scopi civili e commerciali erano appena nate e una di queste era finanziata proprio dagli Ardlay, in onore al giovane Alistair che li amava tanto. A parte un paio di pionieri avventurosi, nessuno si era mai spinto attraverso l'Atlantico e Georges aveva notizia solo di qualche servizio postale tra New York e la California.

"Mi accerterò con gli ingegneri delle nostre aziende che sia sicuro e potrei arrivare... in capo a due giorni, se tutto va bene".

"Beh, è proprio il tempo che ci vorrebbe per organizzare la nave e raggiungere le coordinate indicate da quell'uomo", borbottò Vincent come se stesse riflettendo.

"Bene, mi lasci suo recapito, la richiamo tra qualche ora", disse cercando freneticamente in un cassetto i numeri di telefono che gli servivano, la mente che lavorava ormai a pieno regime.

"Il fuso orario...".

"Sono quasi le sei del mattino, non sarà un problema". Vincent si stava già congedando, quando si ricordò che non gli aveva ancora detto la cosa più importante. "Grazie", mormorò e finalmente le lacrime di sollievo e nuova speranza si affacciarono ai suoi occhi stanchi.

 
- § -
 
 
Due settimane prima

Albert spinse assieme a Luìs la zattera finché non fu in acqua e lanciò un'esclamazione di gioia e vittoria assieme a lui e Candy quando la vide galleggiare. Sua moglie gli saltò fra le braccia e la sollevò quasi fosse una piuma, mentre il vecchio marinaio si univa in una sorta di goffo abbraccio collettivo che sarebbe stato quasi sconveniente se non si fossero trovati in una simile situazione di emergenza.

"La cima!", gridò Candy dimenandosi contro di lui finché non la mise giù e corse a recuperarla, come se temesse che la zattera potesse andare alla deriva nel giro di pochi minuti.

Rise con Luìs e batterono le mani sulle rispettive schiene quasi si trovassero in un locale a condividere una birra e stessero decidendo la prossima meta. Per Albert era stato abbastanza semplice cominciare a dargli del tu come avrebbe fatto con Georges.

"Visto che ti ho detto tutti i miei segreti più intimi e scottanti pretendo che non mi tratti come un vecchio signore. E se non avete perso le rispettive fedi in mare sostituendole con quella cordicella, credo di doverne mantenere uno anche io", gli aveva detto pochi giorni dopo la sua confessione. Albert non aveva negato che avesse ragione, ma gli aveva lanciato uno sguardo eloquente e aveva sorriso. Luìs sapeva che condividevano l'isola da mesi, nonché la stessa grotta e persino il medesimo giaciglio, tuttavia non li aveva giudicati, anzi. Non perdeva occasione per lanciargli brevi battute allusive che, a dirla tutta, lo mettevano alquanto in imbarazzo.

Raggiunsero Candy alla palma sul tronco della quale stava assicurando la robusta corda intrecciata a mano assieme a tutte le altre che legavano tra loro le canne di bambù e l'aiutarono affinché fosse ben stretta. Se tutto fosse andato bene e non avesse piovuto, come da previsioni azzardate da Luìs, la mattina dopo all'alba sarebbero partiti.
"Anche se ho cercato di aiutarvi devo farvi i complimenti per quanto siete stati bravi a costruirla così bene in soli venti giorni", disse Candy guardandola ondeggiare vicino alla riva.

Albert seguì il suo sguardo annuì: "Devo correggerla, signora Ardlay", le disse sentendola già tale e scambiando uno sguardo complice con Luìs che di certo aveva capito le ultime due parole. "Lei ha intrecciato foglie per giorni fin quasi a farsi sanguinare le dita, quindi se ce l'abbiamo fatta in così poco tempo il merito è anche suo".

Tradusse per il capitano mentre lei scuoteva la testa: "Ma il grosso del lavoro lo avete fatto voi, notte e giorno e persino mentre io dormivo!".

"Però lei ci ha rifocillato cucinando il pescato del giorno e raccogliendo frutta", le fece osservare Luìs. "E comunque sono d'accordo con suo marito". Gli si avvicinò all'orecchio sussurrandogli: "Godetevi l'ultima notte qui da soli, una volta tornati in America forse dovrete aspettare il matrimonio per starvene un po' per conto vostro".

Albert sentì il rossore salirgli al viso, anche perché gli occhi spalancati di Candy gli dicevano che aveva cominciato a imparare il portoghese, a forza di sentir parlare il loro amico.

"Aspetta, non dirmi nulla!", disse sventolando le mani e serrando le palpebre come per concentrarsi. "Ha detto che la frutta era buona e che questa è l'ultima notte che passeremo qui prima di tornare in America".

"Beh, più o meno sì...", ammise mentre Luìs prorompeva in una risata e Candy alzava un pugno in aria, soddisfatta.

Quando furono certi che la zattera non sarebbe andata alla deriva nelle ore successive, cominciarono a predisporre le provviste da portare con loro, proteggendole dal sole assieme all'acqua dolce grazie alla copertura con rami intrecciati simile a quella del rifugio nel bosco. Notò che Luìs guardava con orgoglio la vela che avevano realizzato con le foglie di palma e ringraziò ancora un volta il Cielo che fosse arrivato fino a loro per istruirlo al meglio anche da quel punto di vista. L'imbarcazione che avrebbe dovuto portarli fuori di lì misurava poco più di tre iarde quadrate, ma era stato necessario decidere se stare un po' stretti o costruirne una più grande perdendo altre settimane preziose che avrebbero rischiato di farli partire a settembre, quando la temperatura poteva diminuire molto di notte e le piogge sorprenderli più spesso.

Luìs li aiutò a sistemare il pesce essiccato e la frutta nella loro caverna, dove sarebbero stati al riparo fino al giorno dopo. La bottiglia di vetro era già piena di acqua dolce precedentemente bollita. Per il resto, la loro riserva di liquidi era conservata nelle noci di cocco che erano riusciti a raccogliere contando di stiparle togliendo un po' di spazio al cibo, soprattutto al pesce, che li avrebbe di certo nutriti di più ma fatto venire loro più sete della frutta. Avevano stimato, a occhio e croce, di poter navigare verso nord e quindi Madeira per circa una settimana prima di rimanere senza nulla da bere. Quella era la finestra della loro sopravvivenza, che avrebbero cercato remando con dei robusti rami cui avevano assicurato delle pietre piatte trovate nella caverna dopo il bosco. Una delle ultime scosse, seppure leggera, ne aveva fortunatamente staccate alcune perfette per lo scopo.

"Bene, coniugi Ardlay, mi ritiro al mio rifugio boschivo per la notte", disse facendo una sorta di inchino. "Ma vi avviso che se quando l'ultima stella comincerà a sparire in cielo non sarete alla zattera, entrerò qui senza bussare". L'occhiolino che fece indusse Candy a chiedergli cosa avesse appena detto.

"Dobbiamo essere puntuali o verrà a svegliarci", spiegò con un sospiro.

"No!", quasi gridò, veemente. "Digli di dormire qui, è inutile che faccia tutta quella strada anche stanotte".

Albert ripeté per lui, ma Luìs scosse la testa: "Non so se e quando mi ricapiterà di nuovo di dormire in mezzo alla natura selvaggia come piace fare a voi. E poi... ricordati il mio suggerimento, ragazzo", aggiunse a voce più bassa.

"Ma... ma...".

"Oh, niente ma. Se avessi trent'anni in meno non lascerei mai andare Dorotea senza prima averla resa mia moglie. Era italiana, sai? E i suoi occhi avevano il tuo stesso colore. Chissà se si è risposata dopo avermi detto di no...". Luìs sembrava perso nei suoi ricordi di gioventù e Albert tacque.

Candy si rassegnò quando le disse che il capitano voleva godersi un'ultima notte nel verde e lo videro andare via con una torcia in mano mentre il sole si tuffava nell'oceano.
"Imprimiti bene negli occhi questo panorama, perché non so quando lo rivedremo", mormorò circondandole le spalle con un braccio.

Candy tacque per lunghi istanti prima di dire con voce tremante: "Pensi che ce la faremo? E se andassimo alla deriva e finissimo le scorte d'acqua senza aver toccato terra?".

Senza rendersene conto, la stretta della sua mano aumentò: "Non accadrà. Remerò notte e giorno per riportarti a casa sana e salva". La guardò e si rese conto che le lacrime stavano già lasciando i suoi occhi. Le asciugò con un dito. "Ehi, nervosa per la nuova avventura?".

Lei sorrise un poco inclinando il capo: "Un po', ma soprattutto sono felice".

"Quindi anche tu credi che ce la faremo".

"Sono felice perché in ogni caso sarò accanto a te. E questo mi basta".

Forse fu quella frase piena di significato che lo scosse nel profondo, ma d'improvviso Albert sentì l'impulso di abbracciarla forte, mentre un nodo gli si stringeva in gola. Non era mai stato fatalista, né pessimista. Tuttavia erano sfuggiti alla morte già una volta e non era ancora certo che nonostante tutte le accortezze e l'esperienza di Luìs ce l'avrebbero fatta davvero. Poteva coglierli una tempesta improvvisa. Potevano esserci degli squali. Potevano persino sbagliare direzione a causa delle correnti o di un orientamento sbagliato, visto che si sarebbero regolati solo con il sole e le stelle. Molte cose potevano andare storte eppure, mentre Candy ricambiava il suo abbraccio cercandogli le labbra, Albert si disse che non doveva pensarci.

Era meglio concentrarsi sul bacio che diveniva sempre più esigente e affamato, sulle gambe che li portarono al loro giaciglio come per un muto accordo, quasi cercassero la vita nella sua espressione più forte per scacciare l'idea della morte. Alla fine, perdersi nella morbida e profumata pelle di Candy era quello che desiderava da giorni, visto che per prudenza avevano evitato di amarsi a lungo. Luìs aveva ragione, dopotutto. Fare l'amore con lei fu il modo migliore per impiegare quell'ultima notte sull'isola deserta.

 
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Luìs non credeva che gli sarebbe successo di fare un sogno simile alla sua età, ma quando si svegliò fu costretto a immergersi nelle acque fresche del fiume che scorreva lì vicino per calmare i bollenti spiriti che si erano accesi nel sonno. Come capitano di pescherecci e imbarcazioni minori gli era capitato di trovare delle donne consenzienti, durante i suoi viaggi, ma la verità era che quella che aveva sempre desiderato non era mai stata sua.

Dorotea.

La donna italiana sbarcata alle Azzorre con la sua famiglia che non aveva voluto legarsi a un uomo errante che sognava di capitanare grandi navi da crociera. Colei che aveva corteggiato in quella maniera forse un po' goffa e che non era della sua stessa estrazione sociale. Quella che aveva i lunghi capelli castani raccolti in una crocchia che mai aveva potuto vedere sciolti come anelava. E che aveva due laghi azzurri nello sguardo. Aveva provato le sue labbra una sola volta, in un bacio rubato che l'aveva fatta fuggire via. Il suo ultimo messaggio, prima di sparire dalla sua vita, ce l'aveva marchiato a fuoco nei propri.

Non sei tu ad essere destinato a me. Non ho abbastanza coraggio da fuggire dal matrimonio combinato che i miei genitori vorrebbero per me.

Chissà se non era davvero mai fuggita da quel destino, neanche per un altro uomo! Di certo non aveva mai capito se lui avesse una speranza o meno. Ma non aveva più importanza, ora che usciva gocciolante dal fiume dopo aver sognato di amarla completamente come avrebbe tanto voluto. Sperava che almeno William e la sua compagna lo stessero facendo davvero, mandando per l'ennesima volta al diavolo le regole e i canoni di quella società che aveva sempre faticato ad accettare anche lui. Matrimoni combinati, rigidi dettami che imponevano ai ceti di stare opportunamente separati: sciocchezze enormi che forse avevano contribuito a indurlo a fare quella vita da lupo solitario. Se solo Dorotea gli avesse dato la minima speranza forse avrebbe anche trovato un lavoro diverso, per lei.

Ora era troppo tardi. Gli conveniva vivere gli ultimi anni che gli restavano in maniera retta e responsabile, aiutando la sua famiglia e pregando che non diminuissero fino a diventare pochi giorni. Guardando la luna che sembrava farsi grasse risate davanti a un uomo della sua età che sognava di possedere la donna amata affondando le mani nei capelli infine sciolti, Luìs prese una decisione improvvisa che non aveva nulla a che vedere con Dorotea. O forse sì. Perché in quella coppia che ora forse si stava abbracciando su una grotta in riva all'oceano, gli parve di vedere quello che sarebbero potuti diventare.

 
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Candy sentiva freddo e si svegliò cercando il corpo di Albert, trovando solo il logoro giubbotto di salvataggio. Colta da un vivo senso di allarme, per un solo, incredibile istante, pensò che aveva dormito troppo e rischiava di rimanere sull'isola da sola. Ma si diede subito della stupida, perché sapeva benissimo che Albert non avrebbe mai fatto una cosa simile. Non era molto lucida e forse in parte era dovuto alle poche ore di sonno che erano seguite alla passione che li aveva travolti dopo aver evitato di toccarsi per settimane.

Solo ripensarci le accendeva le guance come se il fuoco quasi spento vi si fosse trasferito: non ricordava un tale impeto neanche durante le loro prime volte e non fu complicato per lei capirne il motivo. Quella poteva essere l'ultima notte che condividevano in quel modo. A breve, sarebbero stati in tre su una zattera che li avrebbe portati incontro a un destino ignoto. Ricordava le lacrime sul proprio viso, mentre si stringeva di più a lui. E ricordò quelle di Albert, un attimo prima di lasciarla andare. Le emozioni li avevano travolti, ma non avevano detto una parola sui timori che condividevano rigorosamente in silenzio. Perché se si fossero semplicemente amati senza esprimerli, forse non si sarebbero avverati, come in un sortilegio alla rovescia che doveva funzionare a ogni costo.

Candy vide che mancavano molte provviste e capì che doveva portare sulla zattera quelle mancanti. Quasi si scontrò con Albert che rientrava: "Buongiorno dormigliona! I primi raggi del sole stanno schiarendo il cielo e Luìs sostiene di aver aspettato fuori per un'ora prima che io mi degnassi a uscire. Ha preferito non bussare alla nostra porta, alla fine", concluse con aria complice facendola ridere.

"Oh, Albert, mi dispiace aver dormito troppo! Credo che fossi solo molto stanca...". Non appena pronunciò quelle parole, si portò una mano alla bocca, imbarazzata.

Lui scoppiò a ridere rovesciando la testa all'indietro. Non c'era più traccia di quell'ombra fatalista che aveva oscurato persino lui la notte precedente, quasi fosse stata spazzata via dal sole nascente. "Le chiedo perdono, mia signora, temo di essere in parte responsabile della sua stanchezza", le disse facendole un inchino simile a quello di Luìs della sera prima.

Ridacchiò anche lei: "Bene, messere, andiamo a caricare gli ultimi bagagli e poi spegniamo il fuoco?".

Albert annuì e, nel giro di pochi minuti, la zattera era pronta per partire. Luìs salì per primo, guardando verso l'orizzonte che andava schiarendosi con i colori dell'alba: sembrava un dipinto e Candy seppe che gli sarebbe in parte mancato.

"Pare che il cielo prometta bene e anche la brezza è a favore. Il mare aperto potrebbe essere raggiungibile con qualche buon colpo di remi".

Candy prese la mano che Albert gli stava porgendo mentre traduceva le parole di Luìs per aiutarla a salire: "Vai avanti, io vado a sciogliere la cima e vi raggiungo".

D'improvviso, la paura irrazionale che Albert restasse indietro le fece stringere forte quella mano e trovò impossibile sciogliere la stretta, guadagnandosi da lui un'occhiata perplessa.

"Scioglietela insieme la cima". Non capì cosa dicesse il capitano, ma il gesto che fece indicandoli fu inequivocabile. E Candy gliene fu grata, perché doveva aver compreso il suo diniego da dove si trovava.

I nodi erano stati fatti fin troppo bene e lei ringraziò il fatto di aver lasciato le unghie solo appena più corte del solito, perché fu in grado di aiutare Albert con un cappio particolarmente ben fatto. La cima si sciolse e ricadde sulla sabbia e subito iniziò a scivolare via, come se...

"Ehi, ehi Luìs! Cosa stai facendo?!". Albert stava correndo verso l'imbarcazione, sulla quale l'uomo aveva iniziato a remare come se avesse uno squalo che lo inseguisse.
Candy entrò in acqua con lui ma Luìs alzò un braccio per imporre loro un 'alt' che la sconvolse. Possibile che, dopotutto, avesse loro mentito e desiderasse salvarsi da solo? E perché Albert titubava alle sue parole che continuava a non comprendere, specie a quella distanza? Cosa diamine gli stava rispondendo sembrando di colpo rinunciare a seguirlo tra le onde?

Colta dal panico, lo afferrò per un braccio, tirandolo. "Albert, Albert andiamo! Si sta allontanando velocemente! Rimarremo qui se...!".

"Infatti rimarremo qui. Luìs vuole andare da solo", disse a bassa voce prima di urlargli qualcos'altro portandosi le mani ai lati del viso.

Lacrime di frustrazione le scesero dagli occhi e Candy non capì se era più dispiaciuta di non averlo salutato o se doveva esserlo di non averlo rimproverato aspramente. Confusa, udì il nome di Georges nello scambio di battute fra i due. Accanto a lei, Albert era teso e guardava la zattera allontanarsi lottando contro le onde che cercavano di portarla a riva. Anche lei poté scorgere la sagoma di Luìs che manovrava i remi con movimenti energici anche quando sembrava che stesse per ribaltarsi. Udì il mormorio di Albert che lo incitava con dei "Forza!" tra i denti e comprese che quell'uomo stava rischiando tutto al posto loro.

Non seppe per quanto rimasero lì, fino a che il sole infine non li accecò quasi cancellando l'immagine di Luìs sulla zattera. Seppe solo che quando accadde si lasciò cadere in ginocchio cominciando a pregare per lui.

 
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Albert allungò un braccio per afferrare e lasciar cadere la noce di cocco, tenendosi saldamente con l'altro e stringendo la presa sul tronco con le gambe intrecciate. D'istinto, anche se sapeva che Candy non l'avrebbe mai fatto, controllò che non fosse nei paraggi quando la sentì atterrare sulla spiaggia con un suono sordo e attutito.
Era passato solo un giorno e ancora le sentiva risuonare nelle orecchie, quelle parole in portoghese, già tradotte nella mente come aveva dovuto fare con una Candy piangente e sconvolta.

"Sarò più veloce se andrò da solo e avrò il doppio del tempo! Manderò a prelevarvi una nave equipaggiata con servitori e cuochi che servano bistecche anche di notte! E con una cabina doppia solo per voi!". Persino mentre se ne andava remando come se avesse il diavolo alle calcagna riusciva a fare battute.

Per fortuna era riuscito a fargli il nome di Georges e a vedere il suo pollice alzato in lontananza in segno di assenso. Era iniziato il conto alla rovescia. Ogni giorno sarebbe stato buono perché quel fuoco, che lui e Candy cercavano di tenere alto persino di giorno, segnalasse ulteriormente la loro presenza. Le noci di cocco erano finite e Albert scese agilmente con un piccolo salto, passandosi un braccio sulla fronte per evitare che il sudore gli finisse negli occhi.

Trovò Candy vicina al falò, che cuoceva granchi e pesci. La sottoveste era così logora che a malapena le copriva i seni e per lui era diventata quasi una missione non allungare una mano anche solo per sfiorarli e sentirne la morbidezza in ogni momento possibile. Una parte di sé sapeva che Luìs non aveva tutti i torti: se davvero stavano per tornare a casa, gli sarebbe mancata quella vicinanza continua con Candy, a prescindere dalle notti d'amore che avevano cercato di diradare. Sarebbe stato un po' come rinunciare ancora una volta alla vita che conducevano alla Casa Magnolia, quando vivevano solo come fratello e sorella.

Se avessero rivisto sul serio Chicago di lì a breve, sarebbe stato il caos: come minimo li avevano dati per morti e non osava pensare alle pratiche burocratiche che avrebbero dovuto stilare per far tornare tutto alla normalità agli occhi del mondo e del clan. Sperava solo che il cognome servisse ad accelerare il processo. L'equilibrio familiare ne sarebbe stato sconvolto e se avesse aggiunto altra carne al fuoco annunciando che aveva la ferma intenzione di sposare Candy era certo che la zia, ammesso che sopravvivesse all'ennesimo colpo, ne avrebbe rischiato un altro.

Non che gli importasse: era disposto a tornare da dove era venuto, magari con una maggiore organizzazione, pur di stare con lei. Ma le doveva la stabilità necessaria e il riscatto della sua vita. Candy avrebbe voluto rivedere a sua volta tutti gli amici della Casa di Pony e anche a lui mancavano Georges, Archie e persino sua zia Elroy.
"A che pensi?". La voce di Candy e la sua mano che gli porgeva un pesce appena cotto lo riscossero dai suoi pensieri.

"Pensavo a Luìs. Stanotte l'ho sognato", ammise dando un morso e sussultando quando si bruciò la lingua, avendo dimenticato di soffiare.

"Stai attento, Albert! Sì, lo immaginavo... hai fatto il suo nome a un certo punto".

Albert inarcò un sopracciglio: "Davvero?".

Candy annuì: "Era un sogno buono, perlomeno?".

Albert soffiò energicamente sul pesce prima di addentarlo: arrampicarsi sulla palma gli aveva fatto venire una fame da lupi e masticò persino qualche piccola spina. "Non so se fosse un sogno positivo o meno. Ma mi stava dicendo quello che immagino avesse in mente e non ha espresso. Fai rischiare me, non affrontate tutto questo anche voi. Vi salverò per redimermi dai miei errori".

Candy parve colpita da quelle parole e Albert rifletté che c'era stata almeno un'occasione nella quale Luìs aveva detto che voleva cercare di redimere la propria vita dai suoi errori. E d'altronde, non era forse quello il senso di ciò che aveva detto mentre si allontanava? Quando Candy era crollata in ginocchio si era messo a pregare anche lui e lo avevano fatto anche la sera.

"Dove pensi che sarà ora?".

Albert sospirò, guardando l'orizzonte: "Da qualche parte in direzione di Madeira, spero. Oppure su una nave incrociata durante la traversata".

"Io sono certa che ce la farà! Luìs ha navigato tanto nella sua vita e la sua zattera era perfetta, anche se non me ne intendo! Si è allontanato alla velocità della luce, quindi reggerà anche alle onde più grosse".

Le sorrise, attirandola a sé e baciandole una tempia: "Non ne dubito nemmeno io, Candy. Quell'imbarcazione è solida e robusta, un po'... beh, un po' come lui, da quel che ho potuto conoscerlo".

Stettero in silenzio per un po', guardando l'oceano quasi potessero scorgervi Luìs sulla sua zattera. Mangiarono il loro pranzo e Candy posò il granchio su una striscia di stoffa per aprirlo: "Dovresti far avere i soldi a sua sorella come prima cosa, non appena saremo arrivati a Chicago. Davvero credi che la tua famiglia abbia predisposto una ricompensa così alta?".

Albert annuì: "Non mi sorprenderebbe e anche se così non fosse sono disposto a dargli il doppio se davvero ci salverà tutti. Una volta mi ha confessato che vorrebbe capitanare una nave da crociera, ma non ne ha mai avuta l'opportunità e si è dovuto sempre accontentare dei pescherecci".

Candy s'illuminò e batté le mani: "Albert! Potremmo organizzare delle visite su quest'isola per far scoprire ai turisti le meraviglie incontaminate! Basterebbe che facessi il tuo nome come patriarca degli Ardlay e tutti verrebbero qui a vedere dove è stato il magnate più famoso degli Stati Uniti!".

Albert sbatté le palpebre, colpito dall'entusiasmo quasi infantile di Candy e, senza poterci fare niente, cominciò a ridere: "Solo a te vengono in mente idee simili, sei proprio unica!".

"Beh, mi sembrava un buon modo per attirare persone e aiutare Luìs e la sua famiglia", ribatté lei imbronciandosi.

Lui le sorrise: "Preferisco trovare altri modi per aiutarlo. Voglio che quest'isola resti... un ricordo solo nostro. Il luogo dove abbiamo sofferto ma anche scoperto quanto ci amassimo".

Ricambiando il suo sorriso, Candy gli gettò le braccia al collo e Albert la strinse vicino al falò che si levava alto nel cielo.

 
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Funchal, Arcipelago di Madeira, porto. Quindici giorni dopo.

Vincent Brown lo stava abbracciando e Georges rimase per un attimo impietrito, non aspettandosi da quell'uomo, solitamente così equilibrato, un gesto così plateale. Ma comprese che le convenzioni non servivano quando accadevano i miracoli, così ricambiò quella stretta chiedendosi quando fosse stata l'ultima volta che ne aveva ricevuto uno simile. Forse proprio dalla signorina Candice, qualche anno prima, mentre lo chiamava Cavaliere Bianco. La signorina Candice, che avrebbe rivisto assieme a William, viva e vegeta. Avrebbe abbracciato anche loro? O sarebbe stato sconveniente?

Georges chiuse gli occhi, pervaso dall'emozione e dall'urgenza di partire per vederli, felice di essere sopravvissuto a quello che aveva creduto il suo primo e ultimo volo. Quando finalmente aveva toccato terra, si era quasi accasciato al suolo, pervaso dal desiderio di baciarne la superficie. Ma non aveva fatto nulla di tutto questo e aveva solo respirato a fondo prima di complimentarsi con i piloti e con il costruttore del velivolo che doveva essere solo un prototipo. E ringraziando il cielo di aver potuto ottenere, grazie al denaro di famiglia e alla posizione del clan, un'autorizzazione lampo per portarlo a sorvolare l'Atlantico in tempi così brevi.

Il suo mondo ondeggiava ancora mentre si imbarcava con la sua piccola valigia al seguito e il capitano Brown gli spiegava come aveva trovato il naufrago sulla zattera. "Ci ha riferito che le ricerche erano sbagliate fin dall'inizio e che anche chi non ha seguito la rotta fino in fondo era a malapena a conoscenza di quelle correnti".

"E nessuno aveva immaginato che in quel tratto di mare ci potessero essere altre isole", concluse per lui ringraziando con un cenno della testa il marinaio che prese in consegna la valigia, scortandolo nella sua cabina.

"Proprio così, Georges. Per fortuna, prima di morire il poveretto ci ha dato un'idea delle coordinate e sappiamo di dover andare molto più a sud di quello che credevamo".

"È un vero peccato che non ce l'abbia fatta. Non aveva abbastanza provviste o acqua sulla zattera?". Georges si rese conto solo in quel momento che al telefono non aveva fatto domande sull'uomo che aveva praticamente riportato in vita William e Candice.

Il viso di Vincent divenne cupo e abbassò lo sguardo sul ponte della nave: "No, è morto dissanguato. Uno squalo lo aveva attaccato due giorni prima".

 
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Oceano Atlantico, una settimana prima.

Tutto sommato le giornate erano andate lisce come l'olio e Luìs era fiducioso che a breve avrebbe avvistato le coste di una delle isole di Madeira. Magari proprio Funchal, se aveva calcolato bene la rotta. Aveva ancora parecchia frutta e persino acqua dolce in abbondanza, oltre alle noci di cocco: non aveva piovuto e il vento era quasi sempre stato a favore.

Troppo bello per essere vero.

E infatti, quando aveva notato gli squali, si era detto che se l'aspettava già da un po'. Era pronto, non si sarebbe lasciato gabbare. E tuttavia era successo in un modo così assurdo che, mentre la vista gli si annebbiava e cominciava a perdere il contatto con la realtà, Luìs si diede dello stupido. Aveva remato tutto il pomeriggio, deciso a mettere tra sé e quei pesci troppo cresciuti una sana distanza ed era quasi crollato addormentato, conscio di aver preso troppo sole senza essersi neanche bagnato un po' il capo. Si era rintanato sotto al riparo di rami intrecciati quando ormai era quasi il tramonto e un'onda improvvisa doveva aver spostato il suo piede in acqua senza che se ne accorgesse, sfinito com'era.

Il dolore gli aveva ottenebrato il cervello e sospettò che, oltre ad essersi dimenato tanto quasi da rovesciare la zattera, le sue grida avessero contribuito ad allontanare lo squalo. Aveva ritirato a bordo un piede con tre dita in meno e si era detto che se lo squalo fosse stato più grande, forse sarebbe stato mutilato dell'intera caviglia. Come era potuto succedere?! Se lo era chiesto cercando di non svenire, afferrando una striscia di stoffa e cercando di fermare l'emorragia, evitando di sprecare acqua dolce per irrigarla come avrebbe fatto l'infermiera che aveva lasciato sull'isola. Poteva essere stata una ferita tanto piccola che non se n'era quasi accorto ad attirare lo squalo? Possibile: quelle bestiacce sentivano l'odore del sangue a distanze impressionanti.

Ora, mentre la febbre gli divorava il corpo e sentiva pulsare il piede, le tempie e persino lo stomaco, Luìs si ripeté che forse aveva contratto l'infezione per quelle sue mancanze. Oppure la fasciatura non era stata sufficiente e si era semplicemente dissanguato. In bilico tra realtà e dolore, Luìs si era preoccupato di allontanarsi ancora di più da quel luogo, perdendo l'orientamento che tanto aveva decantato e portando il proprio corpo già provato al limite: la benda era così zuppa di sangue che era semplicemente scivolata via dal piede e il miracolo era stato trovarsi in una zona dove probabilmente non c'erano altri squali o non sarebbe rimasto nulla di lui.

Però sapeva di non essere in salvo. Aveva visto il sole sorgere un paio di volte, ma era debole e ricordava confusamente di aver bevuto più del dovuto, al punto che aveva cominciato ad aprire le noci di cocco. Aveva tentato di fermare il sangue con il giubbotto di salvataggio che usava come coperta ma non riusciva a stringerlo abbastanza e, anche se cercava di rimanere idratato, sospettava che la ferita avesse sanguinato così tanto che aveva bisogno di un ospedale perché era certo che si stesse anche infettando.

Con uno sforzo sovrumano, si era imposto di usare una delle ultime noci di cocco per lavare la ferita dopo aver immerso l'arto nel mare salato, nel tentativo disperato di disinfettarlo. Non credeva di avere ancora voce per gridare per il dolore che ne conseguì. E non sapeva più quanto fosse rimasto svenuto, mentre la ferita sembrava non rimarginarsi mai.

Un giorno? Due? Non aveva importanza, aveva fallito.

Perdonatemi, William, Candice. Perdonami Beatriz. Perdonatemi... tutti.

Gli occhi gli si chiudevano, ma ebbe giusto il tempo di avere un'allucinazione, mentre cercava di scaldarsi con il giubbotto di salvataggio: era giorno eppure aveva freddo. La sagoma enorme che si avvicinava poteva essere un corpo nuvoloso molto basso. Oppure una nave.

E quella era indubbiamente una voce.

Anzi, tante voci, una delle quali gridava: "Tiratelo su!". E in effetti sentì il corpo sballottato, lo stomaco che si contraeva e il puzzo del vomito quando voltò il capo scosso dagli spasmi. "Un medico, presto!". Ma Luìs sapeva, sentiva che non ci sarebbe stato tempo e quella era la sua ultima possibilità di salvare gli altri, se non se stesso. Poi, forse, avrebbe potuto riposare in pace.

" Benedita... Beatriz...", articolò a fatica, socchiudendo le palpebre per incontrare gli occhi concentrati di un uomo che doveva essere il capitano della nave. Se la vista non lo ingannava, era vestito come aveva sognato di esserlo lui al comando di un'imbarcazione di tutto rispetto.

"Non si preoccupi, potrà rivederle. Ora arriverà il medico e...". L'uomo accanto a lui poteva essere un marinaio: vedeva ancora i capelli scarmigliati e bagnati, forse era proprio quello che lo aveva salvato.

Colto dall'urgenza, afferrò la mano di quest'ultimo, che gli era più vicino e cercò di bloccarlo quando tentò di allontanarsi. Non aveva ancora fatto i nomi più importanti: "William... C...Candy...".

Il ragazzo si voltò lentamente guardando il suo capitano e l'uomo impallidì in maniera visibile, tornando a guardarlo: "Come ha detto?". Sembrava senza fiato.

"William e Candice... Ardlay... sono vivi. Sull'isola. La rotta... era sbagliata. Dovete cercare più a sud... di Madeira. Le correnti... le correnti hanno trascinato anche me". Come se il destino avesse deciso che era abbastanza, Luìs udì appena l'uomo mormorare "Oh mio Dio", prima di essere colto da convulsioni.

La voce gli sfuggì così come il corpo, che si ribellava alla debolezza, alla febbre, alla probabile infezione. La vita gli scivolava via eppure, ancora una volta, riuscì a pronunciare quelle che furono le sue ultime parole.

"Sono vivi... salvateli...".

 
- § -
 
 
L'isola, ultimo giorno

Albert sonnecchiava appoggiato a una palma da cui avevano saccheggiato le ultime noci di cocco il giorno precedente e, nel dormiveglia, sentì Candy appoggiarsi a lui in cerca di riposo. Da quando Luìs era partito, erano tornati solo quattro o cinque volte nella zona più verdeggiante solo per prendere l'acqua: ormai, facevano a turno per alimentare il fuoco e scrutare l'orizzonte in attesa che arrivassero i soccorsi. E di notte non facevano eccezione. Erano tanto sfiniti che ormai capitava loro di addormentarsi brevemente persino di giorno.

Quando sentì il dolce peso di Candy su di lui, Albert pensò che avrebbe dovuto aprire gli occhi e restare vigile al posto suo, ma le membra erano così pesanti, per tacere delle palpebre, che cominciò a sognare. E sognò il loro matrimonio, un matrimonio vero, vicino alla foresta di Lakewood. Vide, emozionato e commosso, Candy con il suo abito da sposa che lo raggiungeva e gli stringeva la mano. Sì, lo voglio, ripetevano insieme, più e più volte. Ed erano nella loro stanza, facendo l'amore dolcemente, in maniera completa, senza restrizioni, con somma gioia di entrambi. Ed erano al molo, attendendo una nave che li avrebbe condotti in Scozia. Una nave da crociera il cui capitano era Luìs che faceva loro un saluto militare sorridendo con un occhiolino compiaciuto. Finalmente poteva condurre l'imbarcazione dei suoi sogni e Albert seppe che quelle accanto a lui erano la sorella e la nipotina.

E lui e Candy stavano salendo sulla nave...

La nave...

Con un verso strozzato, Albert spalancò gli occhi e sentì il cuore accelerare nel petto. La nave era reale e la sua sagoma era tanto vicina che avrebbero potuto arrivarci a nuoto. Scosse Candy, incapace di parlare, e lei si svegliò di colpo guardando a sua volta davanti a sé, senza riuscire a ripetere altro che il suo nome.

Non si fidava molto delle sue gambe, ma ressero mentre la aiutava ad alzarsi e correvano verso riva riconoscendo la seconda sagoma di una piccola imbarcazione a remi che stava arrivando da loro. Chi remava dava loro le spalle, ma Albert avrebbe riconosciuto l'uomo elegante e impeccabilmente vestito di nero persino a quelle latitudini fra mille.
"Oh mio Dio, oddio, Albert, è... Georges!", gridò Candy portandosi le mani alle labbra e scoppiando in un pianto liberatorio.

E, mentre anche i propri occhi si riempivano di lacrime e un sorriso gli nasceva spontaneo sul volto, vide l'uomo che lo aveva cresciuto alzarsi in piedi sulla barca, facendola oscillare, togliersi la giacca con gesti frenetici e scendere in acqua prima ancora che il natante toccasse riva, ignorando i richiami del rematore.

"William, Candice!".

"Georges!", proruppero a una voce e, come nei più banali romanzi, si corsero incontro abbracciandosi fra i singhiozzi, un uomo in completo elegante e due naufraghi con solo la biancheria logora. Le frasi erano incoerenti, colme di lacrime, e le mani di Georges furono improvvisamente ai lati del suo viso come se volesse guardarlo meglio, un gesto che pensava non avesse fatto neanche quando era un ragazzino.

"Sei proprio tu, William!", disse con voce soffocata.

"Sì", soffiò ridendo nel pianto e lo vide lanciare uno sguardo commosso al viso di Candy, alzando una mano quasi volesse toccare anche lei per essere certo che fosse vera.

Lei afferrò quella mano e se la portò alla guancia come se fosse un bene prezioso: "Caro Georges!". E singhiozzava, Georges, sommesso e composto, riprendendo il controllo a fatica e accorgendosi forse solo in quel momento del loro abbigliamento, arrossendo davanti a Candy. "Scusa, non volevo metterti in imbarazzo", disse lei ridendo e asciugandosi gli occhi.

"Sulla nave ci sono abiti nuovi e un bagno caldo. E potete ordinare da mangiare tutto ciò che volete", disse Georges con la voce ancora rotta dall'emozione.

"È stato Luìs, vero? Ha lanciato l'allarme, è riuscito a toccare terra, quel lupo di mare! C'è anche lui o è tornato a casa?", chiese Albert ricomponendosi e posando le mani sulle spalle di Georges, rifiutandosi di interrompere quel contatto come temendo che potesse svanire.

Tuttavia, lo sguardo dell'uomo si oscurò e il sorriso svanì dalle sue labbra. Anche le proprie si rilassarono e comprese che era successo qualcosa. Qualcosa di molto grave al loro amico.

"Purtroppo, quando lo hanno trovato era ferito gravemente. Pare che uno squalo lo avesse attaccato pochi giorni prima".

"Oh, no, Georges... no!", disse Candy, sconvolta, riprendendo a piangere. E stavolta di dolore.

"Sono molto spiacente, è morto poco dopo averci dato le coordinate per trovarvi. E ha nominato anche due donne. Beatriz e Benedita".

Mentre accoglieva Candy fra le braccia, piangente e sconvolta, Albert mormorò: "Sono sua sorella e la nipotina. Dobbiamo avvisarle. E aiutarle".

Georges annuì e Albert affondò il viso tra i capelli di Candy, stringendola forte tra le braccia, ringraziando Dio di averli infine salvati, pregando per l'anima di Luìs Costa e dell'uomo sepolto vicino alle rocce e dando l'ultimo addio all'isola che li aveva ospitati per quattro, lunghi mesi.
 
 
   
 
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