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Autore: Alexander33    26/07/2023    1 recensioni
Una trappola intessuta dalla regina più spietata che mai, decisa ad usare un’arma insolita per battere il suo acerrimo nemico. L’odio si mescolerà all’amore con la complicità di un personaggio inedito.
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Harlock, Raflesia
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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«Il piccolo dev’essere un bimbo indaco…» spiegó Meeme ad uno scettico Zero.

 

«Cos’è questa storia?» 

 

«I bambini indaco sono bambini che nascono con speciali doti spirituali. In genere quando la madre, durante la gravidanza, ha esperienze mistiche, o conduce una vita profondamente meditativa. Perlomeno era quello che succedeva tra la mia gente.»

 

«Ma in questo caso non vedo il nesso.» Zero era incredulo

«né il capitano né la principessa hanno questo tipo di condotta spirituale. Eppure il bambino sembra avere una coscienza superiore.»

 

«È proprio questo il punto: non loro, ma la loro unione è un’atto profondamente spirituale…»

 

Intervenne Harlock

«Non voglio deludere le tue nobili considerazioni, ma ti assicuro che questo bambino è stato concepito in modo tutt’altro che spirituale. Io ero presente…»

 

«Non mi sono spiegata bene: non è l’atto in se, ma il profondo significato della vostra unione. Due specie separate da miliardi di anni di evoluzione: cosí profondamente diverse, ma comunque capaci, nonostante tutto, di compiere un gesto d’amore. Questo è il catalizzatore che ha permesso a vostro figlio di essere così speciale.»

 

«Amore…» mormoró Harlock «non c’era amore nei nostri amplessi, solo attrazione fisica. Sei troppo ingenua Meeme.»

 

«Ti sbagli. Stai ragionando secondo il metro umano, che è molto limitato. Rifletti: in natura non c’è atto più generoso, e quindi d’amore, di quello di donare la vita. Non stiamo parlando di poesie romantiche, mazzi di fiori o dichiarazioni, ma della grandezza della creazione. Ed è altamente probabile che Raflesia sia stata a conoscenza di queste potenzialità.»

 

Meeme era stata estremamente illuminante e Harlock non obiettó.

 

Adesso aveva una specie di spiegazione, ma ciò non contribuiva a tranquillizzarlo.

 

Alcyone, testarda, aveva rifiutato di seguirlo: eppure farlo, avrebbe rappresentato la sicurezza del suo benessere e di quello del bambino.

Il parto si stava avvicinando, e questo portava numerose incognite: la principessa sarebbe riuscita nel suo intento? Sottrarre il figlioletto a Raflesia per portarlo a lui, suo padre? 




 

Come la volta precedente, allontanarsi da Harlock dopo aver passato del tempo insieme, stava causando conseguenze al suo stato di salute.

 

I medici di Raflesia erano giunti alla conclusione che ci fosse qualcosa, sulla Dorcas, di tossico per madre e figlio. Forse l’aria… ma trovare la vera causa sembrava impossibile. Potevano solo prepararsi al meglio assistendola nel parto che si approssimava di lì a un mese.

 

Alcyone si stava concedendo un bagno caldo, una delle poche cose in grado di darle piccoli giovamenti, quando una fitta la lasció senza fiato. Poi una seconda, e l’acqua della vasca inizió a tingersi di rosa.

Chiamó spaventata Ayura, e in pochi minuti medici e infermieri si precipitarono nelle sue stanze.


Raflesia era impaziente.

«La principessa non è in grado di partorire autonomamente. Dobbiamo ricorrere a un cesareo, o rischiamo di perderla.»

 

«Bene! Procedete allora! La salute di entrambi è prioritaria!»

 

Venne portata immediatamente in sala operatoria.

 

«È un problema con il plasma…» le due chirurghe di fiducia della regina bisbigliarono a bassa voce, mentre ad Alcyone veniva praticata l’anestesia.

 

«Dobbiamo fare in modo che non debba avere bisogno di una trasfusione, o saranno guai seri! Per madre e figlio…»

 

«Già… e se dovesse andare male qualcosa… La regina diventerebbe furibonda!»


L’incisione sul ventre di Alcyone produsse già il primo problema: collassó subito dopo che il bisturi incise le carni. Il medico rianimatore, con la fronte madida di sudore, fece il tutto per tutto e riuscì a scongiurare il peggio.

 

«Dobbiamo fare in fretta e ricucire!»

 

L’equipe medica reale era al massimo delle sue forze. Sapevano dell’importanza di madre e figlio, ma a questa emergenza medica nessuna di loro era preparata: la gravidanza per metà umana aveva generato variabili impreviste, e sapevano bene che avrebbero pagato con la vita se il bambino fosse morto.

 

In fretta il bambino fu estratto dal corpo materno mentre Alcyone era ancora sedata.

 

«Il bambino sta bene! Respira ed è vigile!»

 

Alcyone era priva di sensi e l’emorragia copiosa.

 

«Non smette di sanguinare! Che cosa sta succedendo? Presto! Richiudiamo!»




 

Nel limbo tra la vita e la morte Alcyone “vide” suo figlio.

 

La vita mi scivola tra le dita, mentre il mio bambino, il frutto di quell’unico mio amore non corrisposto, quell’amore a senso unico, si stacca da me. Un amore che ho sempre definito “amore di latta” perché era vero solo a metà.

Vedo i suoi occhi, tanto simili ai miei, guardarmi come se volesse trattenermi, ma non puó… sento il suo amore! È possibile? È possibile che un bambino appena nato abbia una simile consapevolezza? Che provi un sentimento così complesso? Chiudo gli occhi e allungo una mano verso di lui.

«Lukas!» lo chiamo… è questo il nome che ho scelto per te… non voglio lasciarti!

 

Non voglio abbandonarti… lei non ti ama, per lei sei solo uno strumento… ti userà, non capisce chi realmente sei… non posso andarmene adesso… non prima di portarti da tuo padre!

 

Gli occhi del bambino si riempiono di lacrime e inizia ad urlare, disperato, mentre Alcyone scivola nel sonno eterno.





 

E così Alcyone era morta. 

Raflesia si voltó verso l’ostetrica.

Strinse lo sguardo, mentre faceva scivolare il pugnale dalla manica.

La donna arretró, con gli occhi sbarrati, finché si ritrovó con le spalle al muro.

Raflesia, con un sorriso, estrasse il lungo pugnale e con un movimento fluido le taglió la gola, guardandola scivolare a terra lentamente in un lago di sangue color verde brillante, con l’espressione totalmente indifferente e priva di ogni emozione.

 

S’inginocchió accanto al corpo ancora caldo e intinse indice e medio nel sangue e si sfioró le labbra, come macabro rossetto, poi, con la punta della lingua le ripulì, assaporandone il sapore che la rese più famelica.

 

«Alcyone è morta, ma il bambino vive, ed è mio!» gridó trionfante, nella bianca sala operatoria.

 

Poi affondó il viso sul collo della donna, lunghi denti affilati squarciarono la gola grondante sangue color smeraldo.

   
 
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