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Autore: Alexander33    04/08/2023    1 recensioni
Una trappola intessuta dalla regina più spietata che mai, decisa ad usare un’arma insolita per battere il suo acerrimo nemico. L’odio si mescolerà all’amore con la complicità di un personaggio inedito.
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Harlock, Raflesia
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Raflesia osservava il neonato che era stato adagiato in un’incubatrice e sentiva gli occhi, azzurro elettrico come quelli della madre, fissarla, scrutarla come se potesse vederle nell’anima. Non lo voleva ammettere nemmeno a se stessa, ma la metteva a disagio. Scrolló le spalle infastidita, come a volersi liberare da quella sensazione sgradevole, concentrandosi più sulla sua vittoria che sui dubbi che la molestavano come noiosi moscerini.

 

Incredibile! Il suo piano era andato oltre le sue più rosee aspettative: il bambino possedeva poteri straordinari, e lei lo avrebbe plagiato al punto da farglieli usare contro il suo stesso genitore! Ora bisognava solo fare una cosa, comunicare al pirata che era divenuto padre di un bastardo.

Sorrise compiaciuta, da dietro il vetro della nursery.

 

Dopo la morte di Alcyone il piccolo era stato inconsolabile per ore, finché si era addormentato, stremato; ma ora era di nuovo sveglio e più tranquillo.

Una balia era già stata trovata e avrebbe provveduto al bambino fino a quando ne avesse avuto bisogno.




 

La voce squillante di Kei annunció «capitano! La Dorcas chiede di poter comunicare.»

 

«Permesso accordato.»

 

Si aspettava di vedere Alcyone, magari non troppo emaciata rispetto alla volta scorsa.

Rimase invece di ghiaccio quando il monitor olografico si aprì sulla figura di Raflesia, che stringeva al petto un fagotto e sorrideva. Sembrava di ottimo umore.

 

«Harlock! Devo darti una splendida notizia…»

 

Il sesto senso gli diceva, invece, che qualcosa di terribile stava per accadere.

 

Raflesia continuó «devo presentarti qualcuno che è molto ansioso di conoscerti…» detto questo, spostó un lembo della copertina che teneva celato il viso del neonato «devo presentarti Mordred, tuo figlio! Il tuo bastardo: siamo divenuti parenti» rise apertamente «tuo figlio, e mio nipote!»

 

Ormai fingere era inutile: Harlock era ipnotizzato ad osservare il visetto del neonato, e si trovó a pronunciare «Alcyone? Dov’è Alcyone?» mentre la sua mente cercava di elaborare che quello tra le braccia della regina era figlio suo e della principessa.

 

Raflesia parve non udirlo «non darti pena: sarà cresciuto ed educato come un principe della mia casata. Non gli faró mancare nulla a cominciare dall’istruzione. La prima cosa che apprenderà sarà che suo padre è un nemico giurato del suo popolo. Che ha abusato di sua madre sino a ridurla in fin di vita…»

 

«Cagna…» mormorò Harlock tra i denti. Cominciava a capire a quale sorta di piano contorto si riferisse Alcyone, e perché desiderasse mandarlo a monte.

 

Come ricordandosi di un particolare di poco conto aggiunse «Ah! Alcyone è morta di parto.»

Dopodichè chiuse la comunicazione lasciando tutti i presenti sconvolti.


Il gelo era calato su tutti coloro che avevano assistito a quella breve conversazione.

Tadashi, pallido e con gli occhi sbarrati, enormi, che sembravano voler schizzare dalle orbite, più di tutti sembrava aver accusato il colpo.

Kei singhiozzava sommessamente, Meeme si era avvicinata ad Harlock e gli aveva messo una mano sulla spalla.

Si sentivano solo i sospiri angosciati di Kei e i bip della strumentazione di bordo.

 

Ad un tratto Tadashi diede sfogo alla sua rabbia, repressa da mesi, scagliandosi contro Harlock con cieca furia

«L’hai ammazzata! È colpa tua! Tua e di quella pazza mazoniana!»

 

Si azzuffarono finendo a terra. Harlock non si stava impegnando troppo a difendersi, ma subito Yattaran e i presenti si attivarono per dividere i due uomini.

 

«Stai calmo Tadashi! Siamo tutti addolorati per questa notizia, ma non puoi prendertela col capitano! Cerca di ragionare!» il vice comandante cercava di placarlo. 

Tadashi era scivolato a terra, in ginocchio, col capo abbassato piangeva come un bambino.

Meeme s’avvicinó dolcemente, stringendoselo al petto, mormorando parole dal tono tranquillo e rassicurante.


Harlock si era rifugiato nelle sue stanze, con la mente sottosopra e l’umore in tempesta.

Lo raggiunse Meeme poco dopo

 

«Tadashi sta dormendo. Zero ha ritenuto opportuno somministrargli un sedativo, ha bisogno di riposare. Ha ricevuto un gran brutto colpo, povero ragazzo…»

 

Harlock la guardó, cupo «lui, povero ragazzo… certamente non sta passando un bel momento… ma c’è un bambino indifeso tra le mani di una squilibrata assassina. Prima di lasciarci andare al cordoglio per la scomparsa di Alcyone, dovremmo pensare a questo…»

 

Meeme comprese: non voleva darlo a vedere, ma anche lui era sconvolto dalla notizia. La giovane si era ricavata un posto nel suo cuore, seppur non di prima rilevanza. Ma l’esperienza condivisa, l’attesa e le preoccupazioni per il bambino, li aveva uniti più di quel che voleva ammettere.

 

Il volto della bella principessa gli riempiva la mente: Alcyone viziata e orgogliosa, dolce e appassionata, imbarazzata e impacciata, elegante e mai volgare, affettuosa e premurosa madre in attesa… il pensiero del suo bambino, privato della madre, gli riempì il cuore di pena e compassione.

Cosa fare? Come rendere giustizia alla sua memoria, se non liberando il figlio dagli artigli della crudele Raflesia?

Questo sarebbe stato l’unico scopo, finché non l’avesse raggiunto. 



 

Meeme dormiva poco, una caratteristica della sua razza. Il più delle volte passava le notti vegliando su Harlock, osservando le stelle, o vagando per i corridoi assicurandosi che tutti dormissero sonni sereni.

Harlock aveva preso sonno tardi: un sonno leggero e turbato da cupi pensieri, sicuramente si sarebbe risvegliato stanco e agitato: la morte di Alcyone avrebbe lasciato un segno indelebile nei suoi ricordi. Sospirando la dolce Meeme si alzó dal suo fianco, dove si era stesa per farlo riposare meglio.

L’amava di un sentimento speciale e unico: più materno che passionale, e questo amore per il suo capitano la portava naturalmente ad amare e preoccuparsi anche per il frutto della sua unione con la principessa mazoniana.

Dopo aver visto il piccolo figlio di Harlock tra le braccia di Raflesia, il suo cuore era stato letteralmente rapito dalla minuscola creatura. Nemmeno lei riusciva a spiegarsi appieno ciò che le era successo in quei brevi istanti, solo che il tenero viso del bimbo, così innocente e puro, l’aveva conquistata a prima vista.

Mordred… la regina non a caso aveva scelto quel nome. Un figlio nel cui destino c’era la rovina del proprio padre, un figlio generato con l’inganno, proprio per il seme di distruzione che recava dentro di se.

Ma “questo” Mordred, non portava rovina, questo Meeme l’aveva compreso immediatamente. La regina aveva preso una colossale cantonata.

 

Meeme aveva lasciato Harlock riposare e si era avvicinata alla vetrata a cercare ispirazione per le proprie riflessioni. Stava pensando al piccolo, quando una voce nella sua testa parve chiamarla

“Vieni a prendermi!”

 

Non era nuova alla telepatia, quindi non si turbó eccessivamente. Possibile che il neonato fosse già in grado di comunicare a così grande distanza?

Forse si era sbagliata… forse la preoccupazione per il bimbo l’aveva resa più sensibile, più influenzabile… e poi la giornata appena trascorsa aveva provato anche lei. Sospiró, chiudendo gli occhi, immergendosi in se stessa, ascoltando la sua mente, cercando di captare l’altra presenza.

Silenzio.

Solo il brusio appena percepibile del sonno dei membri dell’equipaggio, e il sospiro sommesso delle stelle. Regnava la serenità.

 

“Dì a mio padre di venirmi a prendere!”

Spalancó gli occhi: questa volta il messaggio era chiaro ed inequivocabile. Mordred chiedeva aiuto a suo padre.

   
 
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