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Autore: Leotie    07/08/2023    0 recensioni
- Io sono e non me ne vergogno - ripetè Harry sottovoce, rivolgendo quelle onerose parole a sè stesso, che sembravano pesare più dell'intero fardello che soggiogava le spalle della sua vita, quando alcuni vicini si permisero di lanciargli occhiate di disapprovazione. Perchè tutti sentivano di essere in diritto di cantare i suoi errori? Non era, forse, un adolescente come tutti gli altri?
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Harry Potter è caduto nelle trame di un brutto giro di droga. C'è solo un problema: la nuova piazza di spaccio è a Spinner's End.
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Genere: Angst, Dark, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Harry Potter, Severus Piton
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Chiunque si fosse affacciato a una delle finestre della fila di tipiche villette inglesi, tutte uguali, della strada di Privet Drive si sarebbe domandato cosa ci facesse il nipote dei coniugi dell'abitazione numero 4 in mezzo alla strada, con una consunta felpa nera Calvin Klein (di marca, sì, ma logora, perchè il suo capriccioso cugino aveva cominciato a richiedere roba costosa per primeggiare anche in abbigliamento sui suoi amici e per cui i suoi genitori erano ben contenti di spendere soldi) a maniche lunghe e il cappuccio tirato sui capelli scuri, nonostante i termostati segnassero una temperatura esterna di circa 35°, in costante aumento. Era piena estate e il cemento delle strade sembrava risentire del calore dei raggi solari in picchiata, rendendo la vita si chiunque ci mettesse sopra piede un vero assaggio d'inferno.
Come il ragazzo non avesse ancora avuto un malore nessuno riusciva a spiegarselo. Tuttavia, alcuno ebbe pensiero di avvicinare colui che, ormai, era conosciuto dall'intero quartiere come "il teppista". Si farfugliavano una serie di gravità in giro, a detta di molti commesse dall'adolescente: piccoli furti, risse, disturbo della quiete pubblica, sbronze.

Non di rado erano state trovate sparse per i marciapiedi delle vie alcune bottiglie di birra. Nessuno, tuttavia, aveva osato davvero lamentarsi con Petunia e Vernon Dursley: i vicini non riuscivano proprio a conciliare l'immagine della famiglia da Mulino Bianco che i coniugi avevano coltivato per anni con quella del teppista di nipote che avevano cresciuto (o, meglio, che era diventato da un giorno all'altro: il piccolo Potter era stato un bambino taciturno ed educato, nulla a che vedere con il quindicenne che schiamazzava ubriaco tra le loro dimore). Si erano limitati a prenderne le distanze, seppur non avessero tolto loro nè il saluto nè la chiacchiera di circostanza. Prima o poi, però, la bomba avrebbe toccato il suolo.

Harry si passò un palmo di mano sulla fronte grondante di sudore. Faceva caldo, sì, ma non poteva permettersi di togliere la felpa, nonostante tal pensiero fosse una tentazione invitante: avrebbe dato oro per potersi spogliare e gettarsi in una vasca d'acqua ghiacciata. La sua mente, però, lo constringeva a percorrere la via razionalmente più giusta e, di certo, non era affatto quella di gettare in terra i vestiti, innanzitutto perchè aveva il busto emaciato. Quel coglione di Vernon Dursley, che il quindicenne rifiutava categoricamente di chiamare "zio", non era certo il tipo capace di trattenersi; Harry, quindi, aveva pensato che tanto valeva far di testa sua e guadagnarsi le percosse che sapeva sarebbe arrivate altrimenti per cause mai avvenute. Aveva cominciato un anno prima con lo sgattaiolare via dalla villa, quando Petunia non avesse prestato attenzione alla sua persona. Le amicizie erano venute da sè: Harry Potter, il ragazzo sopravvissuto su cui tutti nutrivano aspettative, era caduto nel giro della droga, prima, e dello spaccio, poi. Ne era diventato dipendente, ma non aveva intenzione di smetterla, nè i rimorsi gli mangiavano la coscienza.
Prima o poi (e, forse, più prima che poi), sarebbe dovuto morire: preferiva darsela lui stesso che averla da un mostro di cui aveva fottutamente paura (non che l'avrebbe mai ammesso a qualcuno). Questo era, tuttavia, un pensiero insito nell'inconscio, di cui l'adolescente non aveva una vera consapevolezza.
La droga, però, alla pari dell'alcol, gli era sembrata, e tal continuava a parergli, l'unica via di fuga da quella realtà che gli mangiava il cervello.
Ci impiegò una ventina di minuti a raggiungere il sottopassaggio di un ponte dove sapeva avrebbe trovato il suo pusher di fiducia: non abbassò il cappuccio; si limitò ad alzare le maniche della felpa fino ai gomiti, pur di avere un pò di refrigerio.
"Cazzo me ne frega" pensò: se avessero visto i lividi, avrebbe detto di aver cominciato una rissa il giorno prima.
- Ehi, Potter! -
Era la voce di BIG P., diciottenne che spacciava da anni. Era considerato un veterano del contrabbando tra i suoi coetanei e, per questo, era un tipo rispettato.
Harry gli si avvicinò e lo salutò con un cenno del capo: - Big P. -. Il giovane pusher lo squadrò da capo a piedi.
- Di nuovo in una rissa Potter? - gli domandò con un sorrisetto sul volto, dopo aver notato i lividi sulle braccia del quindicenne.
Il ragazzo sopravvissuto si limitò ad alzare un sopracciglio e a domandare un retodico: - Cosa ne pensi? -.
 - Tsk, sei il solito! Prima o poi qualcuno chiamerà le guardie... -
Non terminò la frase: il monito, però, fu chiaro.
 - L'ho sempre scampata, Big P., e l'hai visto anche tu -
 - Scampata o non scampata, non avrai sempre la meglio, Potter. Non ti conviene iniziare risse ora, punto e momento. E, poi - si avvicinò al ragazzo assumendo una posa minacciosa e puntandogli un dito contro il petto - se gli sbirri ti prendessero, saremmo tutti fottuti! Quindi, Potter, fai il bravo o ci saranno conseguenze. E non saranno le guardie a fartele recapitare -
Harry sapeva che sarebbe stato meglio non rispondere. Annuì con decisione, giusto per evitare che la ramanzina si trasformasse in una scazzottata a senso unico, diretta tutta al suo viso.
- Allora, cosa vuoi? - gli chiese. - Mi hai fatto venire fino qui e non credo sia per niente -
- Quindi hai un po' di intelligenza in quel cervello! -
Harry socchiuse gli occhi, rivolgendo a Big P. uno sguardo che gli intimava di chiudere subito il becco e farla finita. Il pusher fece finta che non fosse accaduto nulla.
- Abbiamo una nuova piazza di spaccio -
- Quindi? -
- Potter... ripigliati. Che cosa potrei mai volere dicendoti che c'è una nuova piazza? Che ci vai tu, coglione! Lo vuole il capo: ha detto che sei bravo e vendi parecchio -
Seguì un momento di silenzio.
- E dove sarebbe? -
- Spinner's End - rispose Big P., senza troppi giri di parole.
- Ma non è a Little Whining! -
- Certo che non è a Little Whining, Potter! Il capo ha detto che possiamo lasciarti un nostro mezzo, così non sei costretto a prendere il bus -
Il diciottenne si ficco una mano in tasca e tirò fuori un mazzo di chiavi che porse a Harry, il quale, però, non mosse mano per acciuffarlo.
- Che c'è? Fai la parte del codardo adesso? -
- Non sono un codardo! - rispose il quindicenne a denti stretti.
- Allora prendi ste cazzo di chiavi e fai il tuo dovere. -
Gli prese di forza il polso sinistro e gli spiattellò il mazzo sulla mano, assieme alla "roba".
- La vespa è dietro l'angolo. Vedi di non fare cazzate. L'appuntamento a Spinner's End è ogni martedì alle 23:00 al parco. Ciao Potter. -

Big P. si girò e andò via. Harry rimase fermo a osservare il bottino, perso nei propri pensieri. Dove avrebbe nascosto la Vespa? Non poteva di certo portarla dai Dursley... e tantomeno avrebbe potuto nasconderla sotto il mantello dell'invisibilità, prima di tutto perchè non aveva il baule a portata di mano e, in secondo luogo, perchè avrebbe, comunque, dovuto portarla fino a Privet Drive in sella o a piedi, senza alcun incantesimo che la nascondesse. Era, inoltre, sicuro che qualche vicino avrebbe chiamato gli sbirri, pensando che il motociclo fosse stato rubato. Sarebbe stato meglio, quindi, lasciarla lì dov'era e passarla a prendere quella sera, nella speranza che nessuno se la portasse via. Harry non voleva trovare dietro la porta di casa la sorpresina di alcuni scagnozzi pronti a ucciderlo.
"Basta la minaccia di Voldermort, grazie" pensò, ironico.

Si incamminò a passo lento verso quella che sarebbe stata la sua dimora ancora per molto tempo. Non era pronto a ricevere un nuovo round di insulti da parte di Vernon, ma non poteva fare altrimenti: tornare quando suo zio fosse già rintanato significava essere chiuso a chiave in quel terribile armadio e non poter sgattaiolare via. Quella sera era improrogabile. Non sarebbe potuto mancare, non dopo la fiducia che i vertici avevano riposto in lui. Aveva paura? Si, ma non l'avrebbe mai ammesso a sè stesso: "tanto meglio spararsi che avere paura". Quelli erano pensieri per nulla taciti, anzi, pervasivi. Nel buio della sua camera da letto, dettato da una lampadina che aveva smesso di funzionare, inopportuna, si domandava se essere terrorizzato fosse mai stato contemplato quando Silente aveva deciso di affibbiargli lo status di Salvatore. Non lo credeva. Forte. Coraggioso. Impavido. Guerriero. Erano sicuramente stati questi gli aggettivi a cui ogni persona aveva pensato sarebbe stato Harry Potter. E li odiava. Profondamente.

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