Storie originali > Soprannaturale > Angeli e Demoni
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Autore: FiloRosso    09/08/2023    0 recensioni
Cosa si prova ad essere perseguitati da qualcosa che non si conosce, che non si può vedere, di cui non si ha neppure la certezza che esista?
Senti quella presenza che vagabonda dentro casa tua e quel posto che dovrebbe essere il tuo rifugio si trasforma in una trappola.
E' così che Jules ha vissuto per un intero anno: barricata in casa, in preda ai deliri, sicura di non essere sola.
Adesso però deve tornare alla sua vita da liceale, le visioni sono sparite e le giornate sono tornate ad essere quiete, almeno finché non incontrerà Kael. In breve tempo, Jules si ritrova preda del suo nuovo misterioso compagno. Cosa nasconde e perché è così ossessionato da lei?
Genere: Romantico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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Un anno prima.

 

Lacrime bollenti le gocciolavano sulle guance procurandole una sgradevole sensazione di bruciore. Il cuore le pompava così forte nella cassa toracica da strapparle il fiato di bocca. Rintanata al buio, nascosta dietro il divano del suo salotto, si stringeva le gambe contro il petto e tremava.

C’era qualcuno in casa sua. Di nuovo.

Non se ne era accorta subito. Un temporale si era abbattuto sulla costa e il frastuono dell’acqua contro le assi di legno del tetto le avevano confuso l’udito.

Poi, però, aveva sentito dei passi pesanti, gli stessi passi che da mesi sentiva tutte le notti.

Provenivano dagli angoli più disparati di casa sua. Delle volte dal piano inferiore, altre dalla veranda. 

Era ossessionata da quella presenza che la osservava ormai da tempo. 

«Cosa vuoi da me?», singhiozzò. 

«E’ la casa? Sono io? Dimmi cosa vuoi!».

Quelle domande erano una litania ormai. Le pronunciava ogni volta che quella presenza asfissiante, assidua, la osservava nascosta nel buio.

Stava impazzendo Jules. 

Talvolta aveva creduto di star immaginando tutto. Le accadevano cose strane, così strane che aveva incominciato a delirare.

“Sono pazza?” si chiedeva.

Poi sentiva le assi di legno del pavimento scricchiolare e subito si diceva che non era affatto uscita di senno.

Quella presenza minacciosa c’era e per qualche ragione, a lei sconosciuta, la stava perseguitando.

Spesso le era capitato in piena notte di vedere un’ombra attraverso la fessura inferiore della porta di camera sua. Aveva sentito il suo respiro innaturale e pesante infrangersi contro l’anta di legno. Le ricordava il respiro gutturale di un predatore in attesa di dilaniare le carni della preda ormai morente.

Era così che si sentiva Jules intrappolata in quella casa di periferia, lontana da tutti e tutto, immersa nella nebbia.

Quella sera però, c’era qualcosa di diverso. Jules aveva spostato lo sguardo oltre il bracciolo del divano, verso la porta della cucina. La luce era spenta. L’unico bagliore, proveniente dalla televisione alle sue spalle, non arrivava ad illuminare l’ingresso di quella stanza.

Non aveva mai provato a guardare nella direzione dei passi perché aveva paura, conscia di trovare qualcosa o qualcuno nascosto nel buio. Adesso, però, Jules non ce la faceva più. 

Una sensazione gelida le attraversò le budella.

Il respirò le morì in gola.

Per la prima volta guardò nel buio e vide due occhi felini, minacciosi, terrificanti, spezzare la penombra.

Per un solo, minuscolo, istante tutto si cristallizzò attorno a lei.

Una lacrima isolata vorticò dalla sua guancia infrangendosi sul dorso della sua mano.

Non era pazza. 

Non si era inventata tutto.

L’ombra nera non era solo frutto della sua immaginazione. Era lì, in casa sua.

Il terrore prese il sopravvento. Jules schizzò verso la rampa di scale che conduceva al piano superiore. Come ad essere il suo riflesso nel vetro di uno specchio, l’ombra si lanciò all’inseguimento subito dietro, afferrandole la spalla nuda.

Cinque dita gelide  e dalle unghie taglienti le si conficcarono nella pelle. Divincolandosi, raggiunse il piano superiore.

L’ombra era sempre più vicina. 

Jules, nonostante le ciglia imperlate di lacrime e la vista offuscata, riuscì a raggiungere la porta del bagno.

La chiuse con uno scatto della serratura un secondo prima di essere raggiunta.

L’ombra si scaraventò contro lastra lignea e incominciò a colpirla. Fu allora che la ragazza capì di essere in trappola. 

Si guardò attorno.

I sanitari, il tappettino del bagno cosparso di piccoli puntini rossi; sul lavandino, appoggiata in un angolino, c’era ancora quella lametta.

Non era la prima volta che Jules aveva pensato di farla finita, proprio come in quel momento mentre si era trovata a fissare la piccola finestrella del bagno meditando di lanciarsi giù.

Morire le sembrava ormai l’unica soluzione anche se, ogni qualvolta ci aveva provato, qualcosa le aveva impedito di arrivare fino in fondo. 

Si avvicinò alla finestra e afferrò la maniglia. Quando provò ad aprire le ante, queste sembravano incollate fra loro. Le strattonò un paio di volte con rabbia. 

«Dannazione!», gridò, portandosi le dita fra i capelli.

I pugni alle sue spalle si facevano sempre più forti.

Pugni e anche graffi contro il legno.

Il cuore le sembrò esplodere.

Si mosse come una scheggia verso l’armadietto dei medicinali.

«Se non vuoi che muoia lanciandomi da quella dannata finestra, allora morirò in un modo diverso!», gridò di nuovo, questa volta rivolgendosi all’ombra. Quell’affermazione suscitò qualcosa nella presenza dietro la porta.

Colpì ancora più forte l’anta, così tante volte che quel frastuono ricordò a Jules il fragore dei fuochi d’artificio che amava vedere con suo padre.

«Non ti permetterò di farmi ancora del male.». Raccolse nel palmo della mano quante più pasticche potesse contenere e fissando la porta le avvicinò alla bocca.

Non voleva morire Jules. Era colpa di quella presenza.

Quando ingoiò le pasticche, era certa di aver sentito un grido innaturale provenire da dietro la porta. Dolore?

Era troppo confusa per rendersi conto che anche lei stava gridando per la  frustrazione.

Si lasciò scivolare lentamente sul pavimento, la schiena contro la vasca da bagno, le braccia strette attorno all’addome.

Lentamente ogni sensazione incominciò a scemare. La pioggia smise di battere contro le persiane, la nebbia si dissipò, la quiete tornò ad inghiottire la sua casa.
Un altro tipo di buio la inghiottì.





 
   
 
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