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Autore: Keeper of Memories    10/08/2023    1 recensioni
Dal testo:
"Soppesò la situazione per alcuni istanti.
«In cosa consisterebbe questo lavoro, dunque?» chiese, riportando lo sguardo sulla giovane.
«Alla fine di quest’anno, si terrà un evento nella città di Philadelphia. Un prezioso opale verrà esposto per un breve periodo durante una festa, prima di essere donato a un membro di una famiglia di reali europei. Il committente vuole quell’opale.»
«Mi state chiedendo di rubare!»
Natalia distese la sua espressione, dipingendo un dolce sorriso innocente sul suo volto fanciullesco.
«Mi è stato detto che le vostre mani sono molto abili. È corretto?»
Francis sorrise serafico. «Lo sono, in più modi di quanti possiate immaginare.»"
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Quattro persone assoldate da quattro misteriosi committenti; quattro incarichi che li vedranno nemici, poiché la posta in gioco è troppo alta per lasciar correre. Chi ne uscirà vincitore? Ma soprattutto, chi sono questi misteriosi committenti?
[Human!AU]
[FrUk] [Ameripan]
Genere: Azione, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri, America/Alfred F. Jones, Francia/Francis Bonnefoy, Giappone/Kiku Honda, Inghilterra/Arthur Kirkland
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Alfred osservò la schiena dell’inserviente dell’hotel sparire oltre la recinzione del parco, in silenzio. Era sicurissimo che quell’uomo fosse il ladro che stavano cercando, quando aveva scoperto che non era così ne era rimasto deluso. Era pronto a rimboccarsi le maniche e a proseguire la ricerca del colpevole, quando un tonfo alle sue spalle attirò la sua attenzione; Kiku era crollato a terra, come se le sue gambe avessero ceduto all’improvviso sotto il peso della stanchezza. In un attimo, Alfred gli fu vicino.
«Amico mio! State bene? Che succede?» gli chiese, porgendogli il braccio per aiutarlo a rialzarsi.
Kiku non rispose, ma afferrò il braccio e si lasciò docilmente guidare verso la panchina più vicina.
«Sono solo stanco» bofonchiò senza convinzione.
L’americano lo osservò attentamente. Non era rimasto alcunché né dell’affascinante diplomatico in divisa, né del temibile spadaccino; in quel momento più che mai Kiku sembrava piccolo e fragile, come una foglia bruna in balìa del vento. Alfred gli prese delicatamente il volto tra le mani e lo sollevò, costringendolo a guardarlo negli occhi.
«Non mi sembra stanchezza, questa» osservò, cancellando con il pollice una lacrima che minacciava di rigargli la guancia.
Vedere il suo amico in quelle condizioni gli stringeva il cuore. Voleva confortarlo, ma non sapeva mai cosa dire in quelle situazioni, non senza risultare banale o insensibile.
Kiku si alzò di scatto, allontanando con forza le mani di Alfred dal suo viso. Fece qualche passo, poi si voltò verso l’americano e si esibì in un profondo inchino.
«Vi chiedo umilmente perdono per il mio disdicevole e vergognoso comportamento. La vostra generosità e il vostro buon cuore andrebbero premiate e onorate, ma tutto quello che ho saputo fare è stato permettere ai miei pensieri annebbiati di giudicarvi con un’avventatezza che non meritate. Come se non bastasse, il mio comportamento scorretto ha ostacolato il regolare decorso della giustizia e permesso a un malvivente di circolare in libertà. Non esistono parole per descrivere la vergogna e il dispiacere che sento in questo momento.»
La voce di Kiku era spezzata, tremante. Alfred lasciò che terminasse il suo discorso quindi, ancora frastornato dal fiume di parole, gli si avvicinò e gli sfiorò la spalla.
«Apprezzo le vostre scuse, davvero. Tuttavia, avevate delle ottime ragioni per sospettare di me e non ve ne faccio una colpa. È stato il vostro senso di giustizia a spingervi ad agire in quel modo e ciò vi fa onore. Non sminuitevi in questo modo, vi prego.»
Kiku si raddrizzò e annuì, il volto parzialmente coperto dalla manica scura della divisa, mentre cercava di ripulirsi la faccia e darsi un tono.
«Se mi è concesso, che cosa farete ora Signor Jones?»
Alfred si lasciò cadere nuovamente sulla panchina. «Vediamo… siccome i ladri che hanno operato stasera erano piuttosto famosi, speravo in una certa ricompensa. Non avendo più la minima idea di dove possa trovarsi il ladro, beh… dovrò chiudere la Jones Railways.»
Kiku gli sedette accanto. «Mi dispiace. Dev’essere dura abbandonare ciò che vi ha lasciato vostro padre.»
Alfred scosse la testa. «Mio padre mi ha lasciato molto più di una ditta ferroviaria. Mi ha lasciato il suo coraggio e la sua intraprendenza. Anche dopo la chiusura, farò tesoro di queste importanti lezioni e ricomincerò, in qualche modo.»
Gli occhi di Kiku si posarono per un lungo istante sul volto di Alfred. L’americano era senza dubbio giù di morale, ma sorrideva serenamente. Gli invidiava quell’incrollabile ottimismo, nei suoi panni si sarebbe arreso alla disperazione già da molto tempo.
«Se non fosse necessario ricominciare?» chiese Kiku sovrappensiero.
«Come prego?»
«Vi occupate di ferrovie, giusto? Il mio compito è imparare dall’Occidente e importare tali conoscenze nella mia patria. Potreste insegnarmi! Posso pagare adeguatamente chiunque deciderete di assegnarmi come tutore, anche voi. Io… vorrei fare ammenda in qualche modo.»
Alfred rise debolmente, piegando all’indietro la testa.
«Amico mio, la vostra idea è senza dubbio ottima, ma non posso accettare. Non voglio la vostra pietà e, come vi ho già detto, non avete alcun motivo di chiedere ulteriormente perdono. Vi inviterei volentieri a San Francisco e vi insegnerei volentieri tutto quello che so sui treni e sulle ferrovie, ma solo se siete voi a volerlo veramente.»
«Lo voglio.»
L’americano sollevò lo sguardo su Kiku, che ora lo fissava con serietà.
«Possiamo non limitarci a questo, Signor Jones! Magari gli Stati Uniti d’America potrebbero non avere bisogno di altri treni, ma il Giappone sì. Posso fornirvi l’apertura diplomatica per lavorare nella mia madrepatria, dovreste solo trovare dei volontari disposti al trasferimento. I finanziamenti non saranno un problema, posso pensarci io. Inoltre, potremmo costruire delle scuole specializzate in Giappone, così la mia gente potrà imparare. Ci pensate? Sarebbe l’inizio di una fruttuosa collaborazione tra le nostre due Nazioni!»
Alfred non aveva mai visto Kiku lasciarsi andare così tanto alle sue emozioni, la gioia e il trasporto che mise in quelle parole erano contagiose e ben presto l’americano si ritrovò a fissare incantato il suo amico. Non appena se ne accorse il giapponese s’interruppe, arrossendo vistosamente.
«Ah! Ovviamente sono solo idee, se le ritenete troppo sciocche io-»
«No, no affatto!» lo interruppe Alfred, porgendogli la mano «D’ora in poi saremo partner, Signor Honda?»
Kiku sorrise sollevato, stringendo la mano dell’americano con forza.
«Certamente.»
 
 
San Francisco, marzo 1784
 
Kiku Honda era seduto su una sedia in un angolo dell’ufficio di Alfred, presso la Jones Railways. In quegli ultimi mesi aveva provato ad imparare l’inglese, ma le sue conoscenze non erano ancora sufficienti per comprendere l’elaborato discorso che l’americano stava facendo ai suoi dipendenti.
Nonostante la barriera linguistica, Kiku non riusciva a staccare gli occhi da Alfred. L’enfasi che metteva in ogni parola, l’entusiasmo che risuonava nella sua voce e gli occhi brillanti per la gioia, ogni cosa in lui aveva catturato lo sguardo del giovane giapponese.
Non voleva dimenticare quel momento. Prese il suo fidato blocco da disegno, ormai prossimo alla fine, e, trovato un foglio bianco, iniziò ad abbozzare la sagoma di Alfred con un carboncino. Preso com’era dal disegno, non si era minimamente accorto che Alfred aveva concluso il suo discorso e, mentre gli operai uscivano dall’ufficio, si era tranquillamente accomodato su una sedia accanto alla sua.
«È così che mi vedete?» disse Alfred al di sopra della sua spalla, a disegno quasi ultimato.
Kiku trasalì, stringendo spasmodicamente al petto il pezzo di carta. Non appena riprese coscienza di ciò che stava accadendo attorno a lui, iniziò ad arrossire visibilmente.
«Ah, mi dispiace, io non intendevo… è davvero disdicevole, io-» balbettò freneticamente.
Alfred ignorò totalmente quei balbettii e avvicinò ulteriormente il viso a quello di Kiku, permettendo per un breve istante alle loro labbra di sfiorarsi. Dopo un attimo di esitazione, si fece più coraggioso e lo baciò delicatamente.  Non durò che per pochi istanti.
«Io… vi chiedo scusa, non ho resistito» mormorò Alfred allontanandosi all’improvviso, lo sguardo perso verso un punto lontano della stanza «Santo Cielo, non so cosa mi sia preso…»
Un tocco delicato fece mancare un battito al cuore dell’americano. Kiku gli stringeva la mano, ora mollemente posata sulla sua gamba, mentre le loro dita lentamente s’intrecciavano.
«Non preoccupatevi, non mi è dispiaciuto.»
Il giapponese era forse più rosso di prima e continuava a fissarsi insistentemente la punta dei piedi. Quelle parole però riempirono il cuore di Alfred di gioia.
«Non credo mi basti una vita per ringraziarvi, mio caro Kiku. Non avete solo salvato me, ma anche il lascito di mio padre, oltre che migliaia di famiglie. La maggior parte di loro mi seguirà in Giappone.»
Kiku si voltò verso Alfred, sorridendo genuinamente.
«Mi seguirete fino a Tokyo dunque!»
«Proprio così! Non vedo l’ora di vedere la vostra casa e la città in cui siete cresciuto.»
Con la mano rimasta libera, Kiku accarezzò il volto di Alfred, permettendogli di posare la guancia sul suo palmo.
«E io non vedo l’ora di avere di nuovo un posto da poter chiamare casa, mio caro Alfred.»

 
 _______________________________________
Note:
Salve a tutti! Come potete vedere la nostra storia si avvia alla conclusione, questo è il penultimo capitolo. Kiku e Alfred hanno avuto il dolcissimo lieto fine che si meritavano entrambi e non potete capire come questo mi riempia di gioia.
Grazie per essere arrivati fin qui con la lettura, spero che questo loro epilogo vi sia piaciuto! A prestissimo, con il finale dei nostri due mascalzoni preferiti^^
 

 
   
 
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