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Autore: Neamh Moonstar    11/08/2023    3 recensioni
«Sapete, la gente tende a cacciare i demoni per vedere esaudito qualsivoglia desiderio. Credono che confinarli sia abbastanza da poter chiedere loro ciò che desiderano ed ottenerlo, ma non c'è niente di più sbagliato. Un po' di gesso per terra e qualche parola ben pronunciata non sono abbastanza; inoltre, i demoni sanno sempre come fregarti una volta che hai deciso di fare patti con loro. Gli angeli, invece? Oh, loro sono così difficili da trovare ma così facili da intrappolare. Non possono mentire ad un essere umano, sono fatti per proteggerci e consigliarci, feriscono solo i demoni e i loro stessi simili se Dio glielo chiede. Ma quando sono dentro quegli stessi cerchi è come se sparissero: i ponti con l'Altissima vengono tagliati, e per chiedere loro qualcosa basta strappargli una sola, candida piuma.»
Genere: Angst, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aziraphale/Azraphel, Crowley, Gabriele, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Tra i banchi di nuvole si era formato un quadratino di simil-sabbia bianca attorno al quale Aziraphale stava girando, tracciando qualche linea con una specie di bastoncino uscito da chissà dove. Lo aveva fatto comparire a seguito di una breve ma cruciale conversazione con Kathatiel, la quale ora lo fissava incuriosita e composta.

    Nel bel mezzo del silenzio, lui si era alzato un po' dalla poltroncina che la custode aveva fatto comparire perché vi si accomodasse. «Tu sai com'è fatto il tuo cerchio, vero?» Aveva chiesto, una luce negli occhi.

    Lei aveva annuito. «Lo vedo sempre quando Lily mi evoca. Perché?»

Allora il principato si era messo all'opera, la mano che ogni tanto andava a massaggiare il ventre dolorante. Sotto indicazione della sua compagna, aveva iniziato a replicare la figura rimuginando tra sé e sé.

Dopo un tempo indefinito di lavoro, rifacimenti, schizzi e scarabocchi, si ritrovarono davanti a quella che Kathatiel riconobbe come una riproduzione quasi perfetta della sua piccola prigione prima che Lily vi infilasse anche Aziraphale. Come aveva predetto, non era stato facile: i simboli di quella circonferenza parevano serpenti che si attorcigliavano o stuzzicadenti spezzati che si incrociavano a seconda. La famiglia Queen passava moltissimo tempo a praticare quella strana arte, ripetendo cerchi su cerchi, imbrattando fogli bianchi nel tentativo di creare linee perfette. Non erano contemplate sbavature come quelle che ogni tanto facevano capolino dalla loro riproduzione.

    «A cosa ti serve?» Chiese non appena riebbe l'attenzione dell'altro, ora fermo con le mani sui fianchi.

    «A capire come funzioni. La famiglia li ha perfezionati a modo proprio, giusto? Magari c'è un modo per disattivarli, una falla nell'esecuzione... È opera umana, dopotutto: dovrà pur avere dei difetti.»

    «Non saprei» mormorò la custode, torturandosi l'eterea stoffa del vestito. «Sono fatti per tenere dentro tutto ciò che vi entra. Penso che la famiglia abbia esaurito tutto il tempo e le energie possibili per renderli infrangibili.»

    «Ma Crowley lo ha rotto da dentro, no? So che abbiamo già escluso questa opzione, ma magari-»

    Lei sospirò, posandogli una mano sul braccio. «Te l'ho detto: immagino abbia utilizzato tanta energia per farlo. Io non penso di averne abbastanza e tu non sei nelle condizioni». Fece un cenno con la testa verso il punto in cui l'aura di Aziraphale era stata rotta.

    Lui parve capire. Annuì tristemente: «La sera in cui distrusse la cantina del signor Queen, venne a rifugiarsi da me. Era spaventato oltre che distrutto» raccontò, iniziando a scombinare un piccolo ammasso di nuvole con la punta del suo bastoncino. «Non ha mai voluto approfondire la questione. È per questo che non gli ho chiesto come abbia fatto, anche se lo conosco abbastanza da sapere che è capace di tutto quando si arrabbia.»

Disse le ultime parole con un sorriso leggero e affezionato sulle labbra. C'era una punta di nostalgia nel suo tono, cosa che riscaldò appena il metaforico cuore di Kathatiel.

Fissando il piccolo cerchio davanti a loro, la custode si mise a ripassarne i contorni con lo sguardo. Effettivamente, non avrebbe certo fatto male provare a studiarli un po' più approfonditamente: poteva sempre esserci una via di fuga nascosta da qualche parte, un piccolo particolare che le era sempre sfuggito, qualcosa. Guardò il telefono a pochi metri da loro: qualsiasi cosa è meglio dello stare qui ad attendere, si ripetè.

   «Tu hai un cerchio a casa tua» ricordò poi. «Perchè non li mettiamo a confronto? Magari, non so, ci viene in mente un piano.»

    Aziraphale la guardò con una punta di stupore che presto si trasformò in un sorriso raggiante e ancor più luminoso della sua già splendente aura. «È un'ottima idea, in effetti». Si ritagliò un altro angolino e si mise a lavorare con rinnovata speranza. Stavolta la sua mano era decisamente più ferma intanto che ripassava linee a lui note. «Non vedo l'ora di uscire da qui. Ci sono tante cose della Terra che penso ti piacerebbero, sai?» Commentò poi, alzando appena la testa per sorriderle.

Kathatiel sentì un pizzicore farsi strada sulle guance - cosa che la portò istintivamente a coprirsele con le mani. Nessuno l'aveva mai trattata in quel modo: era sempre stata l'ultima risorsa del Paradiso, così in basso da essere poco importante e poco visibile - pur non essendo ancora confinata sotto un tappeto. Aveva sempre fatto il suo lavoro al meglio, ma nessuno le aveva mai rivolto così tanta dolcezza, nessuno le aveva mai dato la possibilità di fare un passetto fuori dalla sua ristretta zona di conforto.

    «Non credo di poterlo fare» balbettò. «Girovagare per la Terra come fai tu, dico. Dovrei tornare in Paradiso e, e-»

E cosa? Riempire scartoffie in attesa che la affidassero di nuovo a qualche umano problematico?

    «Non preoccuparti di quello» la rassicurò Aziraphale. «Un modo lo troveremo. Finché sei con me, sei fuori dalla gabbia d'avorio, ricordi?»

Si vedeva che era felice di avere qualcosa tra le mani su cui lavorare. Era più spigliato, il suo chiacchiericcio era quasi più acuto: stava bene, ed era bello vederlo così nonostante Lily e i suoi subdoli giochetti.

Per la prima volta dopo, beh, sempre, Kathatiel si sentì libera - anche se ancora non lo era davvero - e soprattutto meno sola.

    «Grazie» mormorò imbarazzata, facendo ricadere lo sguardo verso il basso.

    L'altro scosse la testa: «No, Kathatiel. Grazie a te. È il minimo che posso fare.»


Tornarono in silenzio e la custode decise di lasciar lavorare il suo superiore.

Aveva qualcuno su cui contare: un amico, una figura che tra le nubi del Paradiso non esisteva davvero. Di solito gli altri angeli erano capi, colleghi, compagni, fratelli... Non c'era spazio per quel tipo di affettività. Aziraphale era diverso: lui aveva instaurato rapporti, tessuto una relazione e vegliato su coloro che avevano fatto dell'amore un'istituzione. Lei non ne aveva mai avuto l'occasione; aveva semplicemente cercato di rabbonire Lily per quel che poteva, invano.

Ma le cose stavano per cambiare. Provava una strana sorta di paura: un timore positivo. La voglia sempre più scalpitante di uscire dal cerchio.


**


Il negozio di Lily pullulava di gente intenta ad affondare i nasi tra le molteplici varietà di fiori colorati e profumati che la cacciatrice aveva disposto ad arte sugli scaffali. Chiudendosi la porta alle spalle, Crowley si fece scappare un leggero lamento di frustrazione: già avrebbe preferito essere ovunque tranne che lì, nell'antro della strega - una di quelle davvero cattive, però; non tipo quella che aveva incontrato durante l'Apocalisse. Ci mancava solo la gente sorridente e soffocante. Tutta quella positività grattava sul suo malumore come carta vetrata: il solo sentire i chiacchiericci allegri e le risate gli faceva prudere le mani.


Schioccò le dita e si diresse al bancone, intanto che la piccola folla iniziava a riversarsi fuori una persona per volta. Con una leggera punta di soddisfazione, vide che Lily aveva fatto giusto in tempo ad infiocchettare una peonia prima che la sua ultima cliente decidesse magicamente di andarsene. Almeno poteva metterle i bastoni tra le ruote a lavoro: una magrissima consolazione.

    Peccato che la situazione non fece altro che mettere la cacciatrice di buonumore. «Oh, allora c'è il tuo zampino qui» ridacchiò. «Sono felice di sapere che hai accettato il mio invito.»

Ogni volta che apriva bocca, l'istinto del demone iniziava a scalpitare - salvo poi essere bloccato dall'ormai familiare e tanto odiata piuma della scricciola. Fortunatamente, bastò il ricordo della voce di Aziraphale a riportare il rosso con i piedi per terra.

Devi solo fare in modo che ti porti a casa sua. Da lì sarà tutto in discesa.

    Si poggiò con nonchalance alla superficie lignea, fissando però Lily con una dose ben ponderata di impazienza. «Beh, sono qui. Cos'avevi intenzione di fare? Innaffiare qualche vasetto?» Disse, il fare sarcastico. Doveva andare per gradi, far capire alla cacciatrice che se lo voleva, allora doveva sudarsela. Avrebbe atteso il momento di massima debolezza e allora, solo allora, avrebbe fatto lo sporco lavoro per il quale i demoni erano tanto famosi - lui soprattutto.

    Fortunatamente, la giovane Queen abboccò come un pesce all'amo. Si stuzzicò una ciocca di capelli, gongolando: «In effetti è sulla lista di cose da fare. Mi aiuteresti?»


Con la fervida immaginazione che si trovava, Crowley si era figurato i peggio scenari. Sapeva che Lily sarebbe stata perfettamente capace di sbatterlo contro un muro e limonarselo come non ci fosse un domani. Inutile dire che si era fatto salire un conato di vomito intanto che passeggiava per la libreria in attesa del pomeriggio, rimuginando e cercando di prepararsi mentalmente a qualsiasi evenienza. Aveva persino preso la Regina della Notte e l'aveva fatta sparire in chissà quale buio anfratto di universo, facendo tirare un sospiro di sollievo alle altre piante lì presenti.

Mai e poi mai, però, si sarebbe immaginato che sarebbe finita con entrambi intenti ad abbeverare virgulti nel retrobottega, innaffiatoi di plastica colorata e spiccia alla mano. L'unica cosa che rompeva il silenzio, oltre al via vai del traffico al di fuori, era il canticchiare armonioso di Lily. Sembrava un usignolo, peccato che fosse tutta una lurida maschera: una creatura subdola che si nascondeva dietro al canto di un uccellino.

    «Ci sai fare» disse lei ad un certo punto, accarezzando la foglia verdissima di un'aloe alla sua destra. Persino il modo in cui muoveva le dita faceva trasparire il suo desiderio: agli occhi del demone pareva un'aura plumbea che le ballava attorno, pronta a prendersi ciò che voleva, ovvero lui. Se si concentrava, poteva quasi vedervi una mano pronta ad afferrarlo.

    Cercò di scrollarsi la sensazione di dosso. «Non ci vuole certo un genio per versare un po' d'acqua.»

    «Non è quello. Lo vedo da come scegli quale pianta innaffiare per prima. Inoltre, sono quasi certa che quel gruppetto di orchidee fosse un po' più moscio prima che passassi tu.»

Gli fece l'occhiolino e lui si prese la libertà di tirare un'occhiataccia ai suddetti fiori, i quali non smisero comunque di rimanere dritti e leggermente tremanti. Maledizione a lui e all'ascendente negativo che aveva sui vegetali.

    Sbuffò, sbattendo l'innaffiatoio su un tavolino lì accanto. «Hai altre cose da spuntare nella tua fantomatica lista?»

Lily ridacchiò. Per quanto fosse un buon segno, Crowley sapeva che reggere al fastidio che gli provocava non sarebbe stato facile. Sarebbe stata una vera e propria prova di resistenza.

    «Beh, manca ancora un po' alla chiusura. Come te la cavi con le confezioni regalo?»


A quel punto sembrava davvero tutto uno stupido scherzo. Si misero ad avvolgere vasetti dipinti in fiocchi colorati e scintillanti, arricciandone le estremità. Dopo dieci minuti di sforbiciate, Crowley si pentì amaramente di aver fatto evacuare la clientela. Avrebbe preferito vedersela con una moltitudine di umani sorridenti piuttosto che passare tutto quel tempo con il canticchiare di Lily nelle orecchie.

    Era così intento a far passare il prima possibile quei minuti infernali che il tocco di lei sulla tempia lo fece sobbalzare. Si ritrasse così velocemente da ritrovarsi quegli occhioni scuri e invaghiti proprio davanti, intento a guardarlo con tenerezza e desiderio. «Cosa vuoi?» Chiese aspramente, sapendo quanto lei amasse il suo rifiuto e facesse della sua rabbia un ciocco di legna da mettere nel falò interiore che la stava consumando.

    Zittendolo dolcemente, Lily allungò lentamente le mani verso i suoi occhiali e glieli sfilò, specchiandocisi dentro per qualche secondo. «È bello lavorare con te. Sei delicato per essere una bestia.»

    «Ah, quindi la bestia qui sarei io» ringhiò lui, risistemandosi la giacchetta con fare nervoso. «Interessante punto di vista il tuo.»

    «È giusto che tu sia ancora arrabbiato con me» sussurrò la cacciatrice, iniziando a passare le dita sulle stoffe scure del rosso. «Forse lo sarai per sempre, ma sai una cosa?»

    «Non te ne frega niente?»

    «Sei perspicace.»

    «Vero, ma in questo caso sei semplicemente tu ad essere ripetitiva.»

    «E allora lascia che rifaccia anche un'altra cosa.»

Il bacio arrivò così velocemente e in modo così fluido da fargli male. Stavolta, però, Crowley si costrinse a ricambiarlo, lasciando che le labbra di lei divorassero avidamente le sue.

Per la prima volta ringraziò Kathatiel di averlo involontariamente messo a cuccia, dato che in condizioni normali avrebbe fatto piombare un fulmine proprio sulla testa di quella maledetta.

La lotta interiore che avvenne tra lui e tutto il suo essere fu devastante. Accolse tutti i gesti che vennero a fatica, concentrandosi sul suo obbiettivo. Era un passaggio fondamentale, per quanto schifoso: era l'unico modo che aveva di rompere quel maledetto cerchio e ripulirsi la bocca su quella del suo vero, unico, indivisibile amore.

Doveva solo resistere.


Sobbalzò ogni volta che sentì le mani di Lily accarezzarlo: prima le cosce, poi la vita, poi le spalle...

Le loro labbra si staccavano per poi ricongiungersi, o meglio: lui provava ad allontanarle e lei correva a riprendersele. Più che uno scambio amoroso, pareva una battaglia che la giovane Queen era più che convinta di vincere.

    Quando lei si scostò, fermandosi comunque a pochi respiri dal suo viso, Crowley sentì un moto di sollievo non indifferente. «Soddisfatta?» Chiese duramente, lottando per non passarsi un braccio su tutta la faccia.

    Lei annuì, salvo poi affondargli una mano tra i capelli, stringendo la presa. «Adoro quando le prede oppongono resistenza.»

    «E allora è il tuo giorno fortunato: io non smetterò mai di opporre resistenza.»

Sostenere lo sguardo fu decisamente più facile che sostenere la presenza di quel corpo affannato praticamente addossato al suo. Stavano così scomodi su quella sedia: Lily gli era praticamente strisciata in braccio, riducendo lo spazio personale e le distanze in poltiglia. Eppure non pareva né scomoda né infastidita, anzi: forse era troppo concentrata a tenersi stretta per pensare ad altro.

    «Stai ancora cercando di arrivare a lui, non è vero?» Chiese quest'ultima, tirando fuori un labbruccio che sapeva tanto di presa per i fondelli. «Speri davvero che io ti dica dove si trova il tuo angioletto in cambio di qualche bacio?»

Crowley dovette mordersi l'interno della guancia per non farsi scappare un sorrisetto vittorioso. L'unico momento in cui aveva mai trovato carina quella maledetta: il momento in cui credeva di sapere tutto ma si sbagliava di grosso.

    «Puoi sscommetterci» sussurrò.

    «Sibilare non ti rende più minaccioso, giusto perché tu lo sappia». Dopo un momento infinito, Lily si staccò da lui e tornò sulla sua sedia; l'unica cosa che tradiva la sua ondata di passione era il rossore sulle guance pallide. «Cosa ti fa pensare che riuscirai a trovarlo?»

    «Il fatto che io riesca sempre a trovarlo?»

    Lily ridacchiò. «Impossibile: io non sbaglio mai. Ma se anche dovessi stupirmi riuscendo a riprenderti Aziraphale, sta' pur certo che farei di tutto per riappropiarmene.»

    «Questo è tutto da vedere.»

Rialzandosi, Crowley afferrò gli occhiali e se li rimise sul viso. Aveva una voglia incontenibile di uscire da lì e prendere una boccata d'aria fresca, ma sapeva di non poterlo fare - non adesso.

    Piuttosto, afferrò alcuni dei vasetti che avevano preparato. «Dove li metto questi?» Chiese come se fosse lì da sempre e stesse solo dando una mano ad una collega.


Il resto del pomeriggio passò tra piantine da potare, fiori da curare e le mani di Lily che di tanto in tanto gli accarezzavano la vita. 

Più la lasciava fare, più si scostava, più lei iniziava a diventare malleabile come un ammasso di creta, la sottona.

    La accompagnò persino fuori quando arrivò l'ora di chiusura. Aspettò che si fosse infilata le chiavi in tasca, poi si poggiò alla portiera della Bentley. «Vuoi anche un passaggio già che ci sei?»

Lily ebbe un attimo di esitazione. Si vedeva che moriva dalla voglia di fare un giro, farsi portare a casa e approfittarne per passare ancora un po' di tempo assieme. Ma non sarebbe stato così facile, ovviamente.

    Scosse la testa, facendo ondulare i lunghi capelli corvini: «Come sei gentile. Per stavolta passerò, ma magari domani potremmo fare qualcosa, che ne dici?»

Ormai tra loro si era creato un gioco: lei si prendeva le libertà che voleva, cercando di ostacolarlo; lui gliele concedeva ma solo per un secondo fine. Alla fine si incontravano nel mezzo, laddove Lily poteva baciare Crowley e Crowley poteva scoprire un po' Lily dell'armatura che era. Uno di loro avrebbe sopraffatto l'altro, prima o poi: o la cacciatrice schiacciava il demone, o il demone tentava la cacciatrice.

    «Come vuoi» concluse alla fine il rosso, infilandosi in macchina. «A domani, allora.»

Non la guardò nemmeno mentre sfrecciava via. Premette sull'acceleratore tutto lo sdegno e, finalmente, si passò più e più volte la manica sulla bocca.

Almeno adesso poteva andare a casa e aspettare che il telefono squillasse.


**


Parcheggiò al solito posto e volò in libreria. Chiudersi la porta di casa alle spalle lo liberò del peso che aveva portato per tutta la giornata.

Si tolse la giacca e fece un salto al piano di sopra. C'era un bagno lì che nessuno dei due utilizzava mai, ma stavolta ringraziò la presenza di un lavandino, dell'acqua corrente e del sapone che l'angelo teneva solo ed esclusivamente perché profumava tantissimo.

Si buttò chissà quanta acqua fredda in faccia, cercando di non sentirsi il più infido dei traditori.

È necessario, si ripeté per la milionesima volta. Era quella la mossa di Lily: farlo sentire uno schifo totale per aver dato i suoi baci a qualcun altro. Per un attimo si chiese se Aziraphale fosse conscio della cosa, se avesse capito in che modo stava cercando di capire dove fosse la casa in cui Lily lo teneva nascosto. Per quanto amasse il suo angelo, sapeva quanto fosse ingenuo. Forse avrebbe dovuto dirglielo, spiegarglielo per bene e sperare che capisse.


Si asciugò il viso con uno sbuffo. Ma certo che avrebbe capito: era ingenuo, non stupido.

E gli mancava da morire. Ora come ora, aveva seriamente bisogno della sua spalla su cui piangere.


Le sue silenziose preghiere vennero ascoltate. Dal piano di sotto arrivarono gli squilli che tanto aveva atteso.

Tirò un sospiro di sollievo e si catapultò giù per le scale, andando subito ad afferrare la cornetta.

    «Ehilà?» Rispose, un po' intimorito dal fatto che quella "linea" potesse cadere da un momento all'altro altro.

    In risposta gli arrivò il tono giulivo e sollevato di Aziraphale. «Crowley! Sei tornato. Com'è andata?»

    Ah, bella domanda. «Diciamo che è andata. Stavo quasi per scoprire dove abita.»

    Dall'altra parte si udì un leggero gracchiare. «Fantastico, stai andando benissimo. Anche io ho una bella notizia.»

Crowley conosceva bene quel tono. Era la vocina frizzante dei dolci buonissimi, dei trucchi di magia, delle gite fuori porta e degli spettacoli a teatro. Era l'acuto delle idee strampalate, il che non era sempre una cosa positiva.

Ma ehi, dopo una giornata del genere, al demone parve un balsamo per le orecchie.

    Si ritrovò a sorridere: «Spara. Di che si tratta?»

    «Oh, solo dell'idea migliore che abbiamo avuto intanto che tu ti lavoravi quella donna terribile.»

"Abbiamo". Sospirò: alle volte si dimenticava dell'esistenza della scricciola.

    «In realtà» si intromise infatti quest'ultima, «non possiamo provarla, perciò non sappiamo quanto possa funzionare.»

    Crowley si ritrovò a sbattere gli occhi un paio di volte, sorpreso. «Occhio, angelo. Ti stai facendo soffiare il ruolo di voce della ragione.»

Un po' lo divertiva il fatto che, finalmente, Kathatiel avesse deciso di non dare contro solo a lui. Forse poteva guadagnare qualche punto simpatia. Forse.

    Poté figurarsi l'angelo alzare gli occhi al cielo. «Suvvia, quanto pessimismo. Andrà benissimo.»

    «Ne sei sicuro?» Balbettò la scricciola. «Forse dovrei andare prima io, sai...»

    Il rosso a quel punto aggrottò le sopracciglia. Dall'altro capo della cornetta si accese una leggera discussione, intanto che in lui iniziava ad accendersi un campanello d'allarme - di quelli lampeggianti e rumorosi, per giunta. «Frenate i cavalli, voi due. Di cosa state parlando? Chi deve andare dove?»

Il breve silenzio che seguì non fu rassicurante. Cercò di non pensare agli sguardi concatenati dei suoi interlocutori intanto che, ansioso, attendeva una risposta.

    Alla fine fu Aziraphale a parlare. «Hai carta e penna?»

    Crowley alzò un sopracciglio. «Ci sono più carte e penne qui che in un- in una- insomma, sì. Perché, che vuoi fare?»

    «Semplice, caro» affermò l'altro. «Vorrei che prendessi appunti, e attentamente anche.»


A quanto pareva, la serata non sarebbe stata tranquilla come Crowley sperava.

   
 
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