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Autore: Niky_94    14/08/2023    0 recensioni
In ogni famiglia ci sono alti e bassi, e i Dalton non sono certo da meno. Niky è stanca di non essere mai presa sul serio dai fratelli, che la considerano troppo giovane ed inesperta. Ma quando un pericolo minaccerà Joe, Jack, William e Averell, toccherà a Niky partire alla ricerca dei fratelli, mettendo in gioco il tutto e per tutto per salvare la sua famiglia.
Genere: Avventura, Comico, Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO 3 

SEMPRE NEI GUAI! 

 

 

NIKY: 

«CORRETEEEE!» gridò Joe, allarmato. Mi agguantò per il polso ed iniziò a correre a tutta birra, trascinandomi dietro di sé. Sentivo il sibilo delle frecce che ci passavano accanto, veloci ed implacabili. Quando una di esse si conficcò con forza in un cactus, trafiggendolo completamente da parte a parte, ringraziai il cielo che quella non fosse la mia testa. Lanciai uno sguardo veloce ai miei fratelli, e fui sollevata nel vederli correre accanto a noi. Per fortuna, nessuno era rimasto ferito. 

«Dobbiamo trovare un riparo!» esclamò William, senza fiato. 

Tutti fummo subito d’accordo. 

«Ehi, guardate là!» intervenne Jack, indicando una grotta in lontananza. 

Joe annuì: «Da questa parte, svelti!» intimò, conducendoci a gran carriera verso quel riparo fortunato. 

Pochi istanti più tardi, tutti e cinque prendevamo fiato seduti sul freddo pavimento della grotta. A quanto pareva, gli indiani ci avevano persi di vista, e avevano rinunciato all’inseguimento. 

Appoggiai la schiena ad una roccia, e tirai un lungo sospiro di sollievo. Sembrava che quella notte non sarebbe finita mai! 

«Tutto bene, pulce?» mi domandò Joe, rivolgendomi un’occhiata preoccupata. 

Annuii con un lieve sorriso, sollevata. Nonostante mi fossi cacciata in un colossale pasticcio e avessi causato a tutti un mare di guai, potevo sempre contare sul fatto che il mio fratellone mi avrebbe guardato le spalle. «Grazie, Joe» 

Lui annuii, serio. «Beh, non pensare che sia finita qui. Abbiamo ancora una bella chiacchierata da fare, signorina...» mi ammonì, brontolando. 

Sospirai «Certo, e chi se lo dimentica...» borbottai a mia volta. 

Cautamente, facemmo capolino all’esterno e, una volta certi che la via fosse libera, iniziammo a marciare nel deserto. 

«Adesso che cosa si fa, Joe?» chiese Jack, incuriosito «Da che parte andiamo?» 

«Beh, potremmo tornare al penitenziario...» suggerì Averell «È ancora presto, potremmo riuscire a schiacciare un pisolino, prima della sveglia...» 

Joe si batté una mano sulla fronte e si voltò verso di lui. Prima che potesse apostrofarlo a dovere, però, una voce lo interruppe: «Questa sì che è un’ottima idea, Averell!» 

Sobbalzammo, e ci voltammo tutti di scatto. 

Alle nostre spalle, erano comparsi Pete, Emmett, e il signor Peabody. I secondini impugnavano come sempre i loro fucili, che tenevano minacciosamente puntati verso i miei fratelli. Rabbrividii. 

«Mani in alto, fratelli Dalton!» ordinò Emmett in tono perentorio. 

Joe, Jack, William e Averell obbedirono. 

«Mmh, pizzicati!» gongolò il direttore, con un sorriso a trentadue denti «L’ennesimo tentativo di evasione fallito!» 

«Ah, accidenti...!» borbottò Joe, seccato. 

«E tu, non avrai iniziato a seguire le orme dei tuoi fratelli maggiori, per caso?» proseguì Peabody, rivolgendomi un’occhiata di rimprovero. 

Avvampai. E adesso? Allarmata, cercai lo sguardo di Joe. Per fortuna, lui aveva un piano, come sempre. 

«Certo che no, signor direttore!» esclamò prontamente «Ma non penserà che possiamo evadere e lasciare la nostra dolce, piccola sorellina tutta sola!» 

Jack, William e Averell annuirono. 

«Si sarebbe sentita terribilmente sola» disse Jack, il labbro tremante di chi è sull’orlo delle lacrime. 

«Non ci sarebbe stato nessuno a proteggerla!» proseguì William, la voce rotta dalla preoccupazione. 

«Siamo una famiglia!» concluse Averell, portandosi le mani al cuore. 

Mi sforzai di trattenere un sorriso: una recitazione da Oscar. 

Decisi di non essere da meno, e sfoderai l’espressione più tenera ed innocente del mio repertorio. 

Peabody si aggiustò gli occhiali sulla punta del naso con aria sospettosa, e si schiarì la voce. «Mmh, e va bene, per questa volta vi concederò il beneficio del dubbio» decise infine. 

Sorrisi, sollevata. 

Pete ed Emmett si affrettarono a smontare da cavallo e ammanettare i miei fratelli in modo che non potessero tentare la fuga. Come sempre, a me fu risparmiato questo trattamento sgradevole: tutti sapevano che non avrei mai lasciato i miei fratelli. 

Una volta che i secondini ebbero montato di nuovo in sella, il nostro piccolo gruppo si avviò, diretto alla prigione. Peabody apriva la fila, seguito da noi cinque, mentre Pete ed Emmett chiudevano il corteo improvvisato, sempre vigili e pronti all’azione. 

Joe mi si avvicinò. «Brava, ottima performance, un’attrice nata...» commentò in un sussurro «Ma non sperare che i tuoi begli occhioni scuri ti salveranno ancora. Se Peabody non avesse abboccato, saresti finita sul primo carro diretto ad un carcere femminile!» 

Rabbrividii. Ero decisamente nei guai. Grossi guai. 

 

«Forza, tutti dentro!» ordinò Peabody, una volta rientrati al penitenziario. Pete teneva aperta la porta di ferro della cella con una mano, aspettando che i miei fratelli ed io varcassimo la soglia. 

Con un basso brontolio di protesta, Joe, Jack, William e Averell obbedirono controvoglia. Abbassai il capo e studiai per un istante il pavimento, senza muovermi. Sapevo che mi aspettava una punizione e, a giudicare dall’espressione dei miei fratelloni, questa volta non me la sarei cavata con poco. Dovevo inventarmi qualcosa, e alla svelta! 

«Allora, vuoi muoverti?» mi domandò Joe in tono brusco, risvegliandomi dalla mia trance. 

Mossi un passo avanti, sperando che le mie gambe non cedessero. Sentendo il tono di Joe, avevano preso a tremare come gelatina. Poi però mi fermai di colpo. “Ci sono!” 

«Ehm, signor Peabody?» domandai, esitante «Potrei dormire in una cella da sola per stanotte, per favore?» 

«COSA?!» berciò Joe «Non se ne parla nemmeno, signorina!»  

«Tu torni in cella con noi, e niente discussioni!» confermò Jack, aggrottando la fronte. 

«E poi, i detenuti non possono scegliere di cambiare cella» concluse William, seccato. 

«Beh...» intervenne Averell, pensieroso «Però Niky non è una detenuta...» 

Mi affrettai ad annuire «Esattamente. Non sono costretta a seguire le stesse regole che valgono per voi. E credo che l’alloggio vicino a quello della signorina Betty sia ancora libero, dico bene?» domandai, rivolgendo a Peabody uno sguardo che avrebbe intenerito una roccia. «Per favore, signor Peabody...?» 

«No, no e poi no, niente da fare!» insistette Joe con fermezza. Notai con orrore che il suo viso aveva iniziato a tingersi di rosso «Potrai pure aggirare le regole del penitenziario, ma devi rispettare le mie!» 

«Beh, mi dispiace Joe, ma tua sorella ha ragione» lo interruppe il direttore «Niky è libera di dormire dove meglio crede, a patto che non vi aiuti ad evadere e non infranga nessuna regola...» puntualizzò, grattandosi il mento. 

Mi affrettai ad annuire «Può fidarsi di me, signor Peabody. Non le darò alcun problema» dissi con decisione. 

«Beh, come si fa a dire di no a quel faccino?» sospirò il direttore «E sia. Pete? Emmett? Scortate la nostra giovane ospite al suo alloggio» 

Le guardie annuirono, e si avviarono con me lungo il corridoio. 

Prima che Joe potesse prendere la rincorsa e venire a prendermi di persona, Peabody chiuse a chiave la porta della cella. 

Rabbrividii. Sapevo di aver peggiorato la mia situazione, ma non avevo il coraggio di affrontare i miei fratelli. Avrei fatto qualsiasi cosa, per posticipare il più possibile quella che sarebbe certo stata la strigliata del secolo. Non ebbi bisogno di domandarmi quale fosse stata la reazione dei miei fratelli a quella mia “ribellione”: riuscivo a sentire le proteste di Joe anche dal cortile. 

 

***** ***** ***** ***** ***** 

 

JOE: 

 

«Quella piccola peste!» brontolai a voce alta «Quell’irresponsabile, testarda, piccola peste...!» 

«Non riesco a credere che se la sia svignata, proprio sotto il nostro naso!» borbottò William. 

«Già!» fu d’accordo Jack «Per non parlare dell’essere rimasta di nascosto al campo indiano! Se non fossimo arrivati in tempo, i Bracciarotte le avrebbero di certo fatto lo scalpo!» 

«Per fortuna non le hanno fatto del male!» piagnucolo Averell, stringendo al petto il cuscino di Niky «Povera sorellina...!» 

Furibondo, gli saltai al collo, agguantandolo per la maglietta «”Povera sorellina”?!» sbraitai «Quella piccola peste ci ha disobbedito! Meriterebbe una punizione con i fiocchi, altro che “povera sorellina”!» 

William annuì, incrociando le braccia al petto «Se lo sapesse Mamma, non potrebbe sedersi per una settimana!» 

Annuii. «Domani ci incontreremo per forza, in cortile o in mensa, e allora sì, che faremo i conti!» Saltai giù e mi arrampicai sul basso sgabello di legno davanti alla finestra. Agguantai le sbarre e guardai fuori, verso la piccola luce accesa nell’alloggio dall’altro lato del cortile. «HAI SENTITO, PICCOLA PESTE?!» sbraitai «DOMANI FAREMO I CONTI!» 

 

***** ***** ***** ***** ***** 

 

NIKY: 

 

Rabbrividendo, mi rannicchiai sul piccolo lettino, abbracciando il cuscino. Non era affatto giusto! Tutto quello che volevo era dimostrare ai miei fratelli di essere alla loro altezza, e di essere in grado di aiutarli ad evadere... Ma ero stata rapita dagli indiani, avevo rischiato di essere sacrificata, avevo costretto i miei fratelli ad un salvataggio disperato, e avevo finito con il cacciare anche loro in un mare di guai... Tirai su con il naso, sforzandomi di cacciare indietro le lacrime. Mi ero meritata a tutti gli effetti un giro sulle ginocchia di Joe, questo lo sapevo bene... Ma la mia testardaggine non ne voleva sapere di abbassare la testa e arrendersi all’inevitabile. 

“Non è giusto! Posso farcela!” mi dissi, abbracciando il cuscino con più forza “Dimostrerò ai miei fratelli di cosa sono capace!” 

   
 
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