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Autore: EleWar    22/08/2023    6 recensioni
Nella vita di Ryo e Kaori ci sono tanti, troppi segreti, e omissioni, e la verità, prima o poi, viene a galla. Come reagiranno i nostri eroi alle prese con questa nuova avventura?
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kaori Makimura, Ryo Saeba, Umibozu/Falco
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
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Nuovo inizio o solita fine? Lieto fine piuttosto, direi, perché non esistono mie ff senza l’happy ending, ormai lo sapete, è quasi scontata la cosa.
Ad ogni modo, eccovi il capitolo conclusivo, eccezionalmente e stranamente più lungo di tutti gli altri…
Spero che vi piaccia come ho deciso di far finire la storia.
La fic di per sé è molto breve, ve ne siete già accorti.
L’avete letta in tanti e anche dei commenti non posso lamentarmi, anzi.
Il vostro affetto giunge sempre intatto e gradito.
Quindi non mi resta che RINGRAZIARVI per tutto e stringervi in un abbraccio ideale.
Non ho altre ff in cantiere né idee, quindi… chissà che questa non sia l’ultima veramente?
Che poi sarebbe anche ora, no? ehehehehhe XD XD XD
Allora ciao gente
Eleonora

 
 
 
Cap. 6 Nuovo inizio
 
Quando Ryo e Kaori si erano ritrovati al porto, quella famosa sera, era molto più tardi di adesso, era quasi mezzanotte, e lo sweeper fu enormemente grato alla socia di essere arrivata in anticipo, perché non era più tanto sicuro che sarebbe riuscito a resistere ancora.
 
Anche Kaori l’aveva avvistato, e Ryo provò una sorta di scossa sotto pelle quando entrambi si riconobbero, nonostante fossero ancora lontani.
 
La ragazza avanzava senza fretta, e sembrava sciolta nei movimenti, sicura; Ryo, per un attimo, si sentì inadeguato, come quel giorno nella radura, quando lei gli era andata incontro, e lui aveva percepito tutta la potenza della sua aura, tutta la sua sicurezza.
 
Ryo avrebbe voluto continuare a fare il duro, limitandosi ad aspettarla lì, magari appoggiato distrattamente alla balaustra, in atteggiamento noncurante; che fosse lei a raggiungerlo!
Tuttavia il bisogno di vederla, prevalse su quella sorta di anacronistico machismo, e, infilando un passo dopo l’altro, le si avvicinò.
 
Kaori, vedendolo avanzare verso di lei, sentì il cuore accelerare il battito, e un enorme sorriso le si allargò sul volto; Ryo le era mancato tantissimo, eppure aveva dovuto fuggire da lui, per ritrovare sé stessa.
 
Da che era entrata nella vita dello sweeper, in maniera forse anche troppo invadente ed esasperante, si era legata a lui quasi morbosamente; non viveva che in funzione di lui, dei suoi umori, delle sue pigrizie nel lavoro o a casa, delle sue balordaggini da maniaco perverso, dei suoi facili innamoramenti, delle sue avventure più o meno consumate.
E lei sempre soffriva, o quasi; perché sapeva essere l’unica donna a non eccitarlo sessualmente, perché lui le preferiva sempre qualcun’altra, perché non la rispettava come donna, l’insultava, la denigrava, la feriva con la sua becera ironia, e, soprattutto, non la corrispondeva in quel suo amore totalizzante e irragionevole.
 
Si era dedicata a Ryo anima e cuore, si era affidata a lui perché suo fratello aveva voluto così.
Si era annullata per lui, e scegliendo di fare il suo stesso lavoro, non aveva avuto né il tempo né il modo di ritagliarsi una sua vita propria; un hobby qualsiasi, che non fosse l’aerobica e la palestra, da svolgere comunque a casa, o il frequentare una diversa compagnia, che non fosse costituita dal variegato mondo dei sottofondi di Shinjuku, e soprattutto che non comprendesse ex-mercenari, sweeper, ladri professionisti o persone abituati a maneggiare un’arma qualunque.
Kaori aveva accettato tutto questo, perché credeva che al mondo non ci fosse altro per lei, ed era contenta così.
Non aveva mai pensato di fare altrimenti, se non quello; era convinta che insieme a Ryo fossero una famiglia, che come amici andassero bene Miki & c., e che era così che doveva andare.
 
Quando era comparsa Sayuri, con tutti quei suoi discorsi strani, con i suoi consigli, alla fine aveva capito che ciò che la donna si augurava per loro, e cioè di essere come due sorelle, probabilmente era quella la verità.
Non sapeva spiegarsi come ciò potesse essere vero, ma era da ciechi e stupidi non notare la somiglianza fra lei e la giornalista, e soprattutto quei suoi slanci, così insoliti per una semplice cliente - che era veramente in pericolo? - non erano esagerati?
Kaori all’epoca non aveva voluto approfondire, e aveva preferito rimanere in una beata ignoranza, poiché sarebbe stato come scoperchiare il vaso di Pandora; ma, più di tutto, ciò avrebbe significato perdere Ryo perché a quel punto non c’era più motivo di restare con lui.
Se Makimura era, o si comportava come, un vero fratello, e morendo l’aveva affidata a Ryo, allora voleva dire che con lui doveva stare, ma se nella vita di Kaori fosse comparsa un’altra sorella, che di mestiere faceva tutt’altro lavoro che non fosse la sweeper, che viveva in un’altra nazione, e che fosse la sua unica parente più prossima, automaticamente Ryo veniva esonerato dalla sua custodia, dal compito di prendersi cura di lei.
E, nonostante Kaori avesse sempre sperato che lui non lo facesse solo per un obbligo verso il suo amico morente, se lei avesse accettato di avere una sorella, la loro vita insieme, la loro famiglia non avrebbe avuto più ragion d’essere, perché non c’erano altri legami a tenerli uniti.
Ryo avrebbe potuto mandarla via in ogni momento, tanto non l’amava e per lui era solo un peso, un fardello, una rompiscatole che lo puniva severamente per le sue intemperanze, che gelosa gli mandava a monte tutte le possibili avventure amorose.
Anche se…
Kaori si chiedeva se non fosse veramente così, che Ryo non le fosse affezionato neanche un po’, che il tutto gli pesasse sul serio e non vedesse l’ora di sbarazzarsi di lei.
 
Negli anni, ne avevano passate tante, ed innegabilmente si erano molto legati l’uno all’altra, e, in ogni caso, quando era comparsa Sayuri, lui non le aveva detto nulla, aveva lasciato il compito alla giornalista di svelare gli arcani a Kaori.
Se avesse voluto veramente mandarla via, quella sarebbe stata la volta buona, e invece non lo aveva fatto.
 
Nella sua permanenza negli Stati Uniti, a casa di Sayuri, Kaori aveva finalmente ricostruito il suo passato, poiché la sorella le aveva spiegato e raccontato tutto ciò che lei non avrebbe potuto ricordare.
Avevano rimesso insieme gli eventi che le avevano divise, e il tormentato rapporto dei loro genitori, fino alla sofferta decisione del rapimento da parte del padre.
 
Kaori aveva assorbito le informazioni come una spugna, e solo allora si era accorta di quanto grande fosse il vuoto che provava quando, vagamente, pensava alla sua vita prima dei Makimura.
Sentiva che le mancava qualcosa, e Sayuri glielo aveva dato.
Sua sorella, durante quel mese, si era presa una pausa dal lavoro, ed insieme avevano passato più tempo possibile; avevano parlato tanto, riso tanto, pianto tanto, ma soprattutto si erano conosciute, ed avevano imparato ad amarsi, dando concretezza a quel primo slancio d’affetto, che avevano avuto quando si erano viste la prima volta.
 
Kaori, nonostante la felicità di aver riscoperto sua sorella, e l’accettazione del suo passato, non aveva, però, mai rimpianto la scelta fatta, allorquando aveva deciso di rimanere comunque con Ryo, anzi, se possibile, l’aveva confermata.
E durante la sua permanenza in America, aveva continuato ad amarlo, come e più di prima, anche se aveva avuto bisogno di allontanarsi da lui, e non solo chilometricamente parlando.
 
Di sera, poco prima di addormentarsi, dopo le interminabili chiacchiere fra sorelle, che non erano più pesanti e rivelatrici, Kaori pensava a Ryo con tenerezza e struggimento; risentiva la sua voce, e passava al vaglio ogni parola che si ricordava di quella lunga confessione.
A quel punto si rammaricava di non essere stata così lucida e distaccata nell’ascoltarlo, e sospettava che lui, fra le righe, le avesse detto qualcosa d’importante, riguardo ai suoi sentimenti.
Rimandava tutto, però, al suo ritorno, quando avrebbero fatto chiarezza anche in quello.
Al telefono gli aveva detto solo di stare bene e di non preoccuparsi, ma in realtà era intenzionata tornare, a tornare da lui, sicuramente più consapevole, e meno opprimente di come era stata fino ad allora.
Avrebbe messo in tavola, semplicemente, i suoi sentimenti, e avrebbe parlato chiaro una volta per tutte, inchiodandolo alle sue responsabilità che, se non erano quelle di sposarla, come la decenza bigotta imponeva, dato che convivevano sotto lo stesso tetto, che almeno Ryo le confessasse le sue intenzioni inequivocabilmente.
Tanto, sapeva bene anche lui che non erano più semplici partner di lavoro, ma se volevano proseguire nella loro relazione, o peggio tornare indietro, che lo dicesse chiaro e tondo; lei avrebbe agito di conseguenza.
Non sarebbe tornata da Sayuri, quello no, ma nemmeno sarebbe rimasta con lui, costringendolo a vivere una vita che non aveva scelto.
 
Kaori aveva avuto tanto tempo per pensare e fare chiarezza, e aveva maturato le sue decisioni.
 
Quando si era sentita pronta per tornare, aveva preso il primo aereo per Tokyo, tuttavia non aveva avvertito nessuno.
Si era recata alla stazione di Shinjuku, facendo bene attenzione a non essere riconosciuta, e solo quando era stata sicura che Ryo non fosse nei paraggi, aveva lasciato il suo messaggio.
 
Aveva messo in conto che il socio non passasse tutti i giorni, ed aveva pure deciso di non fargliene una colpa; non aveva nemmeno stabilito la data, e Ryo avrebbe dovuto indovinare da solo il quando.
Tutte le sere lo avrebbe aspettato al porto, sperando che venisse; per fortuna non ce ne fu bisogno: Ryo lesse il messaggio lo stesso giorno che Kaori lo lasciò, e anzi, appostata poco distante, ebbe pure la fortuna di vederlo trasalire, e sgranare tanto di occhi.
Nascosta dietro una colonna, poté spiarlo con comodo, e le riuscì di scorgere il viso dell’uomo che amava, illuminarsi di felicità, nell’attimo stesso in cui leggeva il suo messaggio, con tanto di disegnino buffo.
Kaori si era commossa dalla contentezza, e aveva pensato di non essersi sbagliata sui sentimenti di Ryo: lui l’amava, ma ancora non era stato capace di dirglielo.
 
Ed ora erano lì, in quel luogo magico, dove tanto sarebbe potuto succedere, e dove, invece, tutto era stato lasciato andare; dove la finzione aveva combattuto con la realtà, dove l’inganno aveva quasi perso con la verità.
 
Ryo e Kaori si stavano lentamente avvicinando, l’uno all’altra, senza fretta, studiandosi.
 
Il sorriso, che era nato spontaneo sulle labbra di Kaori, continuava a splendere, e il suo volto era radioso di una nuova serenità.
L’espressione di Ryo era più indefinibile, eppure non così chiusa da non lasciare intendere che, anche lui, era felice di vederla; ancora una volta la più sicura fra i due era lei, e lui mascherava a stento il turbamento, l’insicurezza di chi si trova ad affrontare sentimenti forti e potenti, troppo a lungo repressi.
Kaori non sembrava darsene pena.
 
Erano giunti ormai a poca distanza, quando, da un molo vicino, spuntarono, correndo in souplesse, tre belle ragazze in tenuta ginnica.
Fasciate in lucide e sgargianti tutine, mostravano i glutei, perfetti e tonici, e le lunghe gambe affusolate.
I top aderenti, esaltavano i seni giovani e sodi, e lasciavano scoperte le pance lisce, e senza un filo di grasso.
I capelli, variamente legati a coda di cavallo, oscillavano ad ogni falcata, e il sudore che imperlava la fronte, unito al rossore della fatica, donava loro un’aria di sana bellezza e vitalità.
Le tre ragazze, che nonostante lo sforzo dell’attività fisica, parlavano e ridevano durante il loro footing serale, incrociarono la traiettoria dei due sweeper, e sorpassato Ryo, continuarono la corsa in direzione di Kaori, mostrando così all’uomo tre invitanti fondoschiena guizzanti.
 
Kaori, allora, trattenne il fiato perché, ecco, le giovani donne offrivano al socio una tentazione del tutto irrinunciabile.
La sweeper era giunta lì con le migliori intenzioni; voleva fargli capire che l’amava e che voleva stare con lui, voleva fare sul serio, ed era sicura che anche lui, a quel punto, avrebbe messo le carte in tavola, e avrebbero fatto chiarezza una volta per sempre.
Ma, in un certo, senso aveva dimenticato il deprecabile vizio del partner, quella sua smodata voglia di trasgressione, il lato animalesco e perverso dell’uomo che, prepotentemente, veniva fuori non appena incrociava una qualsiasi bella ragazza.
Ora, ne aveva addirittura tre davanti agli occhi, in tenuta ginnica, con quelle tutine striminzite, che sempre gli stuzzicavano gli ormoni, mandandolo fuori di testa.
E adesso?
Cosa avrebbe fatto?
 
Kaori rallentò il passo, fin quasi a fermarsi; il sorriso si spense gradatamente.
Era certa che Ryo sarebbe partito alla riscossa, che le avrebbe rincorse dimenticandosi totalmente di lei.
 
Lo stomaco si contrasse in un unico spasmo.
 
L’apparizione di quelle tre magnifiche silfidi, aveva rovinato tutto; in un qualsiasi altro momento, Kaori avrebbe anche potuto soprassedere ad una possibile defaillance del socio, ma adesso no.
Quello avrebbe dovuto essere il loro momento, il loro incontro, il loro ritrovarsi e invece.
 
Sapeva già come sarebbe andata a finire.
 
Il suo cuore era quasi sul punto di incrinarsi, e spezzarsi in mille pezzi, quando si accorse che Ryo, imperterrito, stava continuando ad avanzare verso di lei.
Apparentemente, non si era accorto di quelle jogger; non aveva cambiato andatura, né il suo viso aveva assunto un’espressione maialesca, o da maniaco.
Possibile?
Come era possibile che non avesse avuto nessuna reazione, davanti a quelle tre grazie sculettanti in lycra, che gli erano transitate bellamente davanti agli occhi, e che sembravano dirgli “Prendici, prendici, corrici dietro”?
Perché a Kaori non erano nemmeno sfuggite le occhiate interessate che le ragazze avevano lanciato a Ryo; sapeva riconoscerle molto bene, e aveva visto come, fra una risatina e l’altra, le giovani avevano squadrato Ryo trovandolo, ovviamente, attraente.
Per una frazione di secondo, aveva anche notato come, almeno una delle tre, si fosse pure voltata indietro a guardarlo, con l’evidente messaggio subliminale di chi spera di essere notata e abbordata.
Ma lo sweeper non ci aveva fatto caso minimamente, stranamente non si era accorto, o aveva fatto apposta a non notarlo?
 
L’atteggiamento di Ryo aveva spiazzato totalmente Kaori, e le ci volle un po’ per riprendere a camminare verso di lui, ma ormai il socio era quasi davanti a lei, e a quel punto poté vedere chiaramente come i suoi occhi luccicassero, e un vago sorriso gli inondasse il volto.
 
In un certo senso si erano invertiti i ruoli: lui aveva acquisito sicurezza, e lei l’aveva persa.
 
Ad ogni modo, Kaori si riprese in fretta; era troppo felice di essere al cospetto dell’uomo di cui era innamorata, gli era mancato così tanto, e si era preparata per giorni a quell’incontro.
Ritrovando la sicurezza di poco prima, raddrizzò le spalle e, sorridendogli apertamente, gli tese la mano dicendo:
 
“Piacere, mi chiamo Kaori Makimura, e sono una sweeper.”
 
Questa frase, apparentemente banale o ironica, che sarebbe servita comunque per rompere il ghiaccio, era al contrario ricca di significato.
Era il segno che Kaori voleva ricominciare tutto da capo, dall’inizio, come a volersi conoscere nuovamente e ripartire da lì.
 
Non ci sarebbero più state promesse da mantenere, impegni presi in punto di morte, convivenze forzate, finzioni e gelosie.
Adesso che finalmente Kaori sapeva tutto sul suo passato, era libera di decidere per la sua vita, e semplicemente, si presentava a lui, così, com’era.
Dei loro trascorsi insieme, fra le altre cose, salvava la sua esperienza come sweeper, e infatti riconfermava il suo impegno a proseguire su quella linea.
Era sicura che Ryo avrebbe capito tutti i sottintesi di quella finta presentazione, di più!
Erano anche le parole che Kaori avrebbe tanto voluto dirgli quella notte in cui lui l’aveva chiamata Cenerentola metropolitana, quando avrebbe voluto semplicemente rivelargli la sua identità, un puro atto formale, dal momento che, ne era certa, lui l’aveva riconosciuta.
 
In ogni caso, la ragazza non si stupì quando lui le afferrò la mano che gli stava tendendo; in fondo, stavano parodiando un incontro con tanto di presentazione convenzionale, piuttosto rimase totalmente spiazzata dalla reazione di Ryo, che non se l’aspettava affatto.
Perché il socio, prendendole la mano, l’attirò a sé, e anziché depositarle il classico bacio sulla fronte, il massimo dell’espressione d’affetto che le avesse mai tributato, lui la prese fra le braccia e la baciò.
Sulla bocca.
 
Kaori, che si era preparata a tutto, fuorché a questo, spalancò gli occhi stupita, ma poi li socchiuse sopraffatta dal turbine di emozioni che stava vivendo; perché finalmente lei e Ryo si stavano baciando, e stavolta non c’era un freddo vetro a dividerli.
 
Se possibile, l’esperienza si stava rivelando ben più sublime dell’immaginazione.
 
Le labbra di Ryo erano calde e morbide, e nonostante Kaori le sentisse premere con ardore, era come se lui non volesse andare oltre; sembrava che volesse assaporarla fino in fondo, senza fretta.
Inoltre, Ryo pareva insolitamente titubante, e questo suo atteggiamento destabilizzò non poco la ragazza che, immaginando una possibile intimità con lui, aveva paura di non essere all’altezza del grande amatore, dell’uomo di mondo, e di risultare una povera sciocca sprovveduta, priva di esperienza.
E invece dovette ricredersi, perché pareva quasi che il più insicuro fra i due, piuttosto, fosse proprio il socio e non lei!
Ryo, infatti, temeva un suo rifiuto, che lei lo allontanasse di mala grazia, rifilandogli uno schiaffo o peggio, per l’impudenza che stava commettendo.
Allo stesso tempo, non avrebbe smesso per nulla al mondo, perché Ryo non riusciva a staccarsi da lei, e avrebbe continuato a baciarla, finché lei non lo avesse mandato via.
 
E Kaori, superato quel primo momento di piacevole smarrimento, gettandogli le braccia al collo, lo attirò di più a sé, imprimendo nel suo bacio tutto l’amore che provava per quell’uomo fantastico e complesso, che aveva avuto la fortuna di incontrare.
 
Affidarono alle bocche che si accarezzavano, tutte le speranze, i crucci, i dubbi, i desideri che entrambi conoscevano molto bene, e che nessuno dei due aveva mai osato dire ad alta voce.
 
Quando si staccarono, si guardarono negli occhi scintillanti, e si sorrisero mormorando il nome dell’altro, a fior di labbra.
 
“Sei tornata Sugar Boy!” le sussurrò Ryo, e poi aggiunse “Temevo che non saresti più ritornata…. da me.”
 
“Testone, come avrei potuto andarmene, e perdermi il meglio che può offrirmi la vita?” e sorridendogli gli diede un buffetto sulla punta del naso. “Dimmi che mi vuoi, e resterò per sempre…” finì per dire.
 
“Certo che ti voglio, ti ho sempre voluto!” e nuovamente la baciò, con più passione stavolta, ma Kaori rispose con altrettanto entusiasmo, e ben presto le labbra si schiusero, permettendo alle lingue di incontrarsi.
 
Soli, si baciarono per un tempo che parve loro eterno, dimentichi di tutto, anche di loro stessi.
 
Nel frattempo era ormai scesa la sera, e il porto si era fatto deserto; le luci della baia si specchiavano tremolanti sull’acqua calma del mare, e rare imbarcazioni raggiungevano la costa, trovando riparo per la notte.
Erano rimasti gli unici sulla passeggiata del lungomare, e i lampioni gettavano macchie di luce sulla massicciata.
 
Dopo un lungo bacio dolcissimo, Ryo chiese alla sua ragazza:
 
“Cosa vorresti fare adesso?” memore di quel lontano appuntamento, si metteva nuovamente e idealmente a sua disposizione, e anche se nessuno dei due indossava i vestiti eleganti che Eriko gli aveva prestato – e sarebbero stati anche scomodi visto che erano in estate e quel fatidico incontro si era svolto in inverno! – avrebbero potuto replicare l’uscita di quella volta, o inventarsi qualcos’altro di altrettanto interessante.
In realtà Ryo intendeva anche altro, ma lasciò alla ragazza di decidere cosa avrebbe voluto fare, se nell’immediato, o di loro due in generale.
 
“Vorrei… vorrei ricominciare da capo!” Rispose quella, e subito Ryo fece per rimettersi a baciarla dicendo:
 
“Basta dirlo, non c’è problema!”
 
Ma lei gli pose un dito sulle labbra, e sorridendogli grata e divertita specificò:
 
“Sì, anche quello, ma io … intendevo che… Vorrei che ricominciassimo da capo, che facessimo finta di conoscerci adesso, e decidessimo di frequentarci e….”
 
“Vorresti dire che non tornerai a casa con me?” si affrettò ad interromperla lui, con un vago senso di inquietudine.
 
“Ma sì, cioè no… Insomma, aspetta, fammi finire!” gli intimò sul filo dell’esasperazione.
 
Poi facendosi più dolce, e guardandolo dritto negli occhi riprese:
 
“Ryo, tanti anni fa ti sono capitata fra capo e collo, e tu sei stato costretto a prendermi con te… aspetta non fare quella faccia! So che eri molto affezionato a mio fratello…” e calcò sulla parola fratello “…ed è stato solo un fatto di onore e orgoglio, il doverti occupare di me, ma non ti biasimo se ti è pesato.”
 
“Kaori, io…” riuscì a dire lo sweeper.
 
Voleva smentire tutto ciò che stava dicendo la ragazza, ma era anche troppo confuso per farlo; all’inizio effettivamente era stato proprio così, ma poi, e non ricordava nemmeno più quando era successo, la sua presenza gli era diventata irrinunciabile, e non avrebbe potuto fare a meno di lei.
 
“Ma ora…” riprese Kaori “…se è vero che ci lega un sentimento, vorrei che cominciassimo da qui, come una coppia normale, come due che si piacciono, e vogliono provare a costruire qualcosa insieme.”
 
“Non posso dimenticare, però, quello che c’è stato prima” rispose Ryo “Ti ho fatto soffrire inutilmente e cercherò in tutti i modi di farmi perdonare. Possiamo ripartire da adesso, certo, ma tu eri già la mia famiglia anche prima.” concluse l’uomo.
 
“Oh Ryo…” esclamò la ragazza gettandogli nuovamente le braccia al collo, e tuffando il viso nel suo petto.
 
Era così felice, che sentiva il cuore sul punto di esploderle dentro; poi improvvisamente rialzò di colpo il viso, e cercando le labbra dell’altro, lo baciò con rinnovato desiderio.
 
“Ehi vuoi due! Trovatemi una stanza!” si sentì all’improvviso nel buio della sera.
 
I due sweeper si staccarono colpevoli, e si guardarono intorno frastornati, fino ad individuare un paio di balordi alticci che, dando calci ad una sdrucita e ammaccata lattina di coca cola, avanzavano verso di loro.
 
Effettivamente non era poi così usuale vedere una coppia scambiarsi effusioni in pubblico; per quelle cose c’erano i love hotel o altri locali dedicati; Ryo e Kaori erano partiti con un semplice bacio a fior di labbra, e si erano lasciati andare alla passione, convinti che fossero ormai soli.
In ogni caso non stavano facendo nulla di male, ed avevano aspettato così tanto per coronare il loro amore, che si sarebbero baciati anche nel bel mezzo della più affollata strada di Shinjuku, forse…
E comunque non sarebbero rimasti lì in piedi sul molo, tutta la notte; però ecco, quei due giungevano proprio a sproposito.
 
Calcio dopo calcio, la lattina era arrivata pericolosamente vicina ai piedi di Ryo, il quale, fingendo sgomento e vergogna per essere stato beccato dai due, non smetteva di grattarsi la testa e ridacchiare a disagio.
Quando li ebbe convinti per bene di essere un povero sciocco, alimentando le loro risate sguaiate, con uno scatto felino, diede un enorme zampata alla lattina che finì dritta dritta sulla fronte del primo balordo.
Il quale non si capacitò nemmeno di ciò che stava succedendo, fino a quando il dolore non lo costrinse a portarsi le mani alla testa, e tastarsi il bernoccolo che già stava spuntando come un fungo.
Il tempo che la lattina toccò terra, che ecco di nuovo veniva calciata da Ryo, in direzione della capa dell’altro balordo.
 
Stessa sorte, e stessa reazione.
 
E stavolta fu il turno di Ryo di ridere sguaiatamente, mentre Kaori si premeva una mano sulla bocca per non fare altrettanto.
Non appena i due si riscossero dalla botta, e dall’umiliazione subita, scrutarono meglio i due sweeper, forse li riconobbero perfino, quindi dopo essersi scambiati un’occhiata eloquente, scapparono a gambe levate, urlando in preda al terrore.
 
Rimasti nuovamente soli, Ryo e Kaori si lasciarono andare ad una risata divertita, e anche liberatoria.
 
Scemate le ultime risatine, Ryo guardò intensamente Kaori negli occhi, e con aria da seduttore le chiese:
 
“Pensi anche tu che dovremmo trovarci una stanza?”
 
Kaori fu percorsa da un piacevolissimo brivido caldo, che la fece tremare e arrossire; Ryo aveva fatto una battuta, ma diceva sul serio; la desiderava veramente, e sarebbe andato volentieri anche oltre un semplice bacio.
La prospettiva la elettrizzò, e spaventò insieme, ma, si disse, non si sarebbe tirata indietro per nulla al mondo.
Stette al gioco:
 
“Solo una stanza? Ma noi abbiamo una casa intera ad aspettarci!” e gli strizzò l’occhio.
 
Improvvisamente, infatti, le era venuta voglia di tornare a casa, alla sua casa, quella che le era mancata tantissimo, e di stare con Ryo, da soli circondati dalle quattro mura dello storico appartamento: per un’altra eventuale uscita ufficiale, ci sarebbe stato tempo.
 
“Perfetto socia!” esclamò lo sweeper, “Ma prima, vorrei che ci andassimo così, vuoi?” e prendendola per mano, le fece segno di seguirlo; insieme si incamminarono nella notte, mano nella mano, verso il parcheggio, verso la Mini, verso la strada che li avrebbe riportati finalmente… a casa.
 
Erano ormai scomparsi nel buio, e si udivano appena i loro passi scricchiolanti sulla ghiaia fine, quando si sentì Kaori dire chiaramente:
 
“Anche io, Ryo, anch’io l’ho sempre fatto… per il tuo bene!” e una risatina si perse nei tenui rumori della sera.    
 
   
 
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