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Autore: InvisibleWoman    30/08/2023    0 recensioni
Alfrene - Alfredo e Irene | Questa storia parte dal biglietto che Stefania ha regalato a Irene per raggiungerla in America. Segue il canon, ovvero Stefania vive lì con Federico. Si sono spostati a New York, anche se pare che nella soap siano a San Francisco, ma l'ho scoperto dopo (dettagli). Gloria vive lì con Ezio, ma siccome non mi piacciono i Colombi mi sono inventata un viaggio di lavoro per tenere lontano Ezio e non doverlo scrivere (sorry, not sorry). E Irene raggiunge Stefania in America accompagnata da Alfredo. Questa storia è successiva a "Se fossimo dei suoni sarebbero canzoni". Spero vi piaccia!
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Il silenzio assordante che regnava in quella stanza la mattina successiva, rese confuso il risveglio di Irene. Per un attimo aveva dimenticato di dove si trovasse e, soprattutto, di chi avesse accanto. Il respiro pesante di Alfredo, unico suono che le arrivava alle orecchie, la riportò alla realtà. Le posizioni si erano invertite, adesso era lui che dormiva vicino a lei a pancia in giù e il braccio abbandonato inerme sul suo addome, che si alzava e abbassava al ritmo dei suoi respiri. 

A Irene sembrò strano che non sentisse alcun movimento provenire dal resto dell’appartamento. Provò a tendere l’orecchio in cerca di qualche voce, ma non ne trovò nessuna. Eppure la sveglia posta sul comodino segnava le 9:30 del mattino. Le loro, ovviamente. In Italia probabilmente Clara aveva già finito da un po’ di pranzare. E per Maria in Australia che orario doveva esserci? Si domandò se avrebbe mai smesso di fare continui calcoli tra i due fusi orari. Il fatto era che questa storia la affascinava. Trovava incredibile come dall’altra parte del mondo gli abitanti di quelle zone vivessero momenti della giornata completamente diversi dai suoi. 

Non fosse stata in vacanza e non dipendesse da altre due persone, che avevano messo in pausa la loro vita per lei, Irene sarebbe volentieri rimasta a letto. Si stiracchiò leggermente e sbadigliò, sentendo Alfredo che si muoveva di poco, continuando però a mantenerla bloccata. Cercò piano di svicolarsi, sgusciando piano al di sotto, mentre lui continuava a dormire beato. Lo osservò qualche istante, accennando un lieve sorriso e poi si trascinò fuori dalla stanza nella penombra cercando di non fare rumore.

“Bene, bene, bene” commentò Stefania con divertimento. Aveva avuto qualche dubbio sul buon cuore della sua migliore amica riguardo all’accogliere Alfredo nel suo letto. Sapeva quanto fosse superba e si ostinasse a tenere il punto, a volte. Lei e Gloria avevano scommesso su quale sarebbe stato l’esito corretto. Stefania doveva a malincuore concedere la vittoria a sua madre. Gloria le rivolse un’occhiata divertita, mentre Stefania ricambiò con una smorfia.

“Che c’è?” chiese Irene con aria colpevole, andandosi a sedere al tavolo in cucina dove si trovavano già Gloria e Stefania. “Ma siete due spie? Mi sembrava non ci fosse nessuno in casa.”

“Volevamo lasciarvi riposare il più a lungo possibile” sostenne Gloria. 

“Perché avete solo riposato, giusto?” la prese in giro Stefania.

“Stefania!” la riprese sua madre.

“Certo che abbiamo solo riposato” si giustificò Irene, anche se le due lo sapevano già. “Sono perfida, ma anche io ho dei limiti. Non potevo farlo dormire sul divano dopo un viaggio così lungo. Sarebbe stato semplicemente… poco umano.”

“Mi sembra giusto” annuì Gloria, cercando di mascherare un sorriso divertito davanti a goffi tentativi di Irene di rispondere alle provocazioni di sua figlia.

“E non ti ha fatto piacere nemmeno un po’?” continuò Stefania. “Siete stati vicini vicini tutta la notte?” si avvicinò per stringerla, portando Irene a divincolarsi. 

“Smettila” disse, mentre Stefania continuava a ridere.

“Lasciala stare” commentò Gloria, mettendo una mano sulla spalla di Irene. “Hai dormito bene?” chiese notando il volto sciupato della venere.

“Infatti, dov’è finita la mia amica che dormiva volentieri fino a mezzogiorno?” 

Irene fece una smorfia. “E’ rimasta in Italia” commentò sbuffando.

 “Ti capisco, anche io quando sono arrivata ho faticato molto i primi tempi. Il tuo corpo deve solo abituarsi al cambio di orario” le fece notare Gloria. “Stasera una bella camomilla e vedrai che andrà meglio” le fece una carezza sulla schiena prima di alzarsi.

Stefania le presentò una tazza di caffè americano e le mise davanti un piatto di frittelle.

“Il caffè è quello che è, ma i pancakes sono molto buoni” disse Gloria. 

“Pancakes” provò a ripetere Irene con una pronuncia inglese imbarazzante che portò madre e figlia a sorridere.

“Dovremmo svegliare Alfredo?” chiese Stefania.

“No, lasciamolo riposare ancora un po’” commentò Irene. 

“Guardala com’è premurosa” la prese in giro.

“Non è necessario. Eccolo qui. Buongiorno, Alfredo” lo salutò Gloria. “Dormito bene?”

“Magnificamente” rispose lui con un sorriso, avvicinandosi per dare un bacio sulla guancia a Irene. “Buongiorno, principessa.”

“Buongiorno, amore” rispose lei.

“Dio, ma da quando sei diventata così sdolcinata? Dov’è finita l’Irene cinica e senza cuore? Ti sei ammorbidita” scosse la testa Stefania.

“Lasciala perdere” intervenne Gloria. “Lei con Federico è molto peggio” aggiunse a bassa voce.

“Non è vero!” provò a difendersi sua figlia.

“Ti devo ricordare i primi tempi? Eri sempre tra le nuvole, non mi ascoltavi mai. E ascoltavi sempre quelle sdolcinatissime canzoni d’amore” la riprese Gloria roteando gli occhi al cielo.

Stefania prese a ridere. “Dovevo imparare la lingua!” 

“Ah, l’amore” rispose Alfredo con lo stesso sorriso innamorato che aveva Stefania per Federico. Un tempo Gloria avrebbe quasi invidiato la leggerezza di un amore giovanile. Tutte quelle prime volte insieme, il futuro pieno di possibilità davanti a loro e tante speranze e aspettative. Era un periodo magico, se si aveva accanto la persona giusta, com’era certa fosse per entrambe le coppie. Adesso, tuttavia, poteva dire di star sperimentando qualcosa di simile, e forse persino più forte, poiché arrivava con la consapevolezza di un’età più matura. Era felice, come non lo era da tempo. Si chiese per un attimo se anche lei non avesse lo stesso sorriso sciocco sulle labbra, solo che nessuno aveva mai avuto l’audacia di farle notare.

 

Dopo la colazione e una veloce doccia, si ritrovarono per le strade affollate e caotiche di New York. Gloria si era decisa ad accompagnarli, nonostante alcuni tentennamenti dovuti soprattutto al caldo, ma anche alla convinzione di voler lasciare i giovani tra di loro a recuperare il tempo perduto, senza necessariamente avere la madre al seguito. Ma Irene e Stefania avevano insistito tanto e allora si era lasciata convincere. 

Proprio loro due camminavano l’una al fianco dell’altra, Alfredo un po’ in disparte insieme a Gloria. In quel mondo nemmeno quest’ultima era riuscita, giustamente, a entrare. Un po’ comprendeva il povero Alfredo. 

“Sono proprio inseparabili quelle due, eh” commentò Gloria.

“Ho notato” rispose Alfredo. Sapeva dai racconti di Irene e delle altre del legame importante che le univa, ma non aveva avuto modo di assistervi in prima persona, dato che Irene al tempo lo teneva ancora a distanza. L’aveva sempre vista in compagnia di Maria o di Clara, ma adesso che la vedeva con Stefania si poteva rendere conto da solo della differenza. Irene era una persona diversa, più leggera, più libera da costrizioni e paure. Era semplicemente se stessa, come solo in pochi erano riusciti vederla. In parte si riteneva uno di quei pochi fortunati. Non gli dispiaceva nemmeno essere tenuto in disparte. Irene aveva bisogno di stare con la sua migliore amica, in quel momento. Chissà quanto tempo sarebbe passato poi prima che avessero occasione di rivedersi. Ed era così felice che non avrebbe fatto nulla per guastarle quella gioia.

“Ho saputo quello che hai fatto per Irene” disse d’un tratto Gloria.

Alfredo si voltò perplesso.

“La foto, dico. Sebbene i modi siano stati… discutibili” gli lanciò un’occhiataccia di rimprovero. “E’ stato un bel gesto” commentò con un sorriso.

“Era così triste dopo la partenza di Stefania…” 

“Lo so. Avrei dovuto prestarci più attenzione anch’io” si colpevolizzò Gloria. Al tempo avevano entrambe perso Stefania, avrebbero dovuto farsi forza a vicenda. Eppure era stata talmente presa da Ezio, Veronica, l’azienda, Gemma, che aveva peccato di poca sensibilità nei confronti di quella che per lei era stata sin da subito un po’ più di una semplice Venere. “Ma sono felice che abbia avuto accanto te.”

Alfredo si strinse nelle spalle. “Per il poco che mi ha permesso…”

“Sono certa ti sia stata grata anche lei, anche se non lo ha ammesso. E’ fatta così.”

“Lo so” sorrise spostando poi lo sguardo davanti a sé, verso Irene e Stefania che ridevano complici.

“E adesso è il momento dell’Empire State Building” annunciò Stefania d’un tratto, indicando con entusiasmo un palazzo enorme, infinito. Spaventoso. In quel momento ad Alfredo mancò parecchio la sua Milano.

Irene provò nuovamente a imitare la pronuncia della sua amica. Stefania era certa che avrebbe continuato per tutto il viaggio, per poi tornare in Italia e vantarsi di quelle quattro parole che aveva imparato, fingendosi poliglotta. 

“E’ il grattacielo più grande del mondo” spiegò Gloria. 

“E c’è una visuale bellissima sulla città. Dobbiamo salire!”

“Dobbiamo, imperativo” commentò sarcastico Alfredo. Irene inizialmente sembrò altrettanto entusiasta come la sua amica, ma dopo l’osservazione del suo fidanzato iniziò a tentennare, ricordandosi della sua confessione del giorno prima. 

“Vabbè, non è necessario vederla dall’alto, la città possiamo…”

Alfredo la interruppe. “Andiamo” aggiunse prendendola per mano. Non voleva essere da intralcio a nessuno. E se per fare contenta Irene doveva affrontare quell’ennesima prova, si sarebbe sottoposto anche a quel supplizio. Qualsiasi cosa per lei.

“Sicuro?” chiese Irene a bassa voce e Alfredo annuì, seguendo lei e madre e figlia dentro l’edificio e poi fin su nell’ascensore. 

“Ta dà!” disse Stefania quando si trovarono all’esterno. Una sorta di balconata circondava l’intero edificio. Delle transenne di rete poste sopra la ringhiera per evitare che qualcuno potesse affacciarsi e cadere per chissà quanti metri. Nella mente di Alfredo vennero proiettate diverse immagini, tutte piuttosto macabre, sulla fine che avrebbe fatto se fosse volato giù da quel grattacielo. Come potevano trovare entusiasmante trovarsi così tanto in alto? Quello era il posto delle nuvole e dei pennuti, non di persone come loro!  

Al contrario Irene si lanciò subito al di fuori e si avvicinò alle ringhiere per poter osservare la città. Era una bella giornata soleggiata. Forse pure fin troppo. Ma il sole, da quella prospettiva, non rovinava la visuale, anzi la rendeva ancora più luminosa. 

Alfredo rimase indietro, osservando la gioia e l’entusiasmo di Irene e di Stefania, che con frenesia le indicava qualsiasi posto riconoscesse lì da lassù. Anche Gloria, questa volta, le aveva raggiunte e sorrideva insieme a loro. 

“Ci fai una foto?” chiede d’un tratto Stefania. Gli porse la grossa macchina fotografica che teneva in spalla e che aveva già usato in più occasioni quella mattina ritraendo anche Alfredo e Irene insieme. Stefania aveva raccontato che era di Federico e dovevano trattarla come una reliquia perché lui teneva a quell’aggeggio come se fosse più prezioso del Santo Graal. Alla fine, però, le aveva insegnato a usarla e quella mattina Stefania lo aveva spiegato anche ad Alfredo. Avrebbero sviluppato le foto prima della loro partenza, così che potessero portarsi a casa i ricordi di quel viaggio e Irene avrebbe potuto tenere con sé un’altra foto con Stefania, senza correre il rischio di consumare quella che Alfredo le aveva regalato mesi prima.

Non era ancora particolarmente pratico con quell’aggeggio, ma sembrò aver scattato senza problemi, così dopo aver inquadrato le tre donne, porse di nuovo la macchina a Stefania.

“Un’altra con voi due?” propose quest’ultima, mentre Alfredo iniziò a mordicchiarsi la guancia interna all’idea di doversi avvicinare alla balconata. 

“Ma no, non è necessario” provò a rifiutare imbarazzato.

Irene gli allungò una mano e lui a malincuore la assecondò, stringendogliela forte. Poi lo portò dietro di sé e lo spinse ad abbracciarla da dietro, dando le spalle a quella vista spettacolare su New York che avrebbe fatto per sempre da sfondo a quel loro ritratto indelebile.

“Grazie” le sussurrò a un orecchio, dandole poi un bacio sulla guancia. “Anche per non aver detto niente.” Un po’ si vergognava a dover ammettere la sua difficoltà, specialmente dato che quelle tre sembravano essere così intraprendenti. In generale ad Alfredo non piaceva ammettere di non essere in grado di fare qualcosa. Piuttosto si buttava, cercava di barcamenarsi, a volte falliva, ma di certo non si tirava mai indietro.  

“Mi credete tutti più crudele di quello che sono realmente” commentò lei rassegnata, mentre Alfredo sorrideva e continuava a rimanere abbracciato a lei, perlopiù come scusa per starle accanto, nonostante il caldo, che per il timore di quell’altezza ormai entrato in secondo piano.

“E’ vero, quando vuoi sei dolce come un babà” la prese in giro. 

“Non ci provare” ribatté lei, ben desiderosa di mantenere almeno un po’ di quella sua facciata distaccata e cinica. 

“Resterà un segreto tra me e te” continuò lui sogghignando.

“Ecco, altrimenti non ci metto niente a indietreggiare…” disse Irene spingendolo di qualche centimetro più indietro, verso la balconata.

“No, no, la smetto” si affrettò a rispondere, mentre Irene soddisfatta scioglieva quell’abbraccio e riprendeva a chiacchierare con la sua migliore amica. 

 

Avevano girato per gran parte della giornata. Si erano fermati brevemente per mangiare un panino al volo e poi avevano ripreso le loro visite. Durante quel tragitto Alfredo era anche riuscito occasionalmente a tenere la mano di Irene, prima che lei la sfilasse via per il troppo caldo. Dopo essere tornati a casa per fare una doccia, tuttavia, erano tornati a uscire. Federico aveva prenotato in un ristorante ed era passato a prendere Stefania, Irene e Alfredo. Gloria aveva preferito rimanere a casa, lasciando alle due coppie del tempo per stare insieme da sole, senza la sua presenza. Non le andava di essere invadente. Oltretutto era parecchio stanca dopo quella giornata e l’idea di immettersi nuovamente nel caos della metropoli non la allettava affatto.

Irene aveva indossato un vestito giallo con dei fiori indaco che aveva fatto rimanere Alfredo senza parole. Girare per le strade di New York e andare a mangiare in un ristorante come quello faceva sentire Irene come la protagonista di un film. Si sentiva un po’ Audrey Hepburn in Colazione da Tiffany. Niente a che vedere con le trattorie di Milano, per quanto segretamente in realtà le piacessero anche. Tutto lì trasudava di ricchezza ed eleganza, o forse era solo quella la vita che conducevano Stefania e Federico, che lì erano riusciti a fare carriera. Era felice per la sua migliore amica, ma non poteva negare che fosse un pizzico invidiosa. Per tutta la vita non aveva fatto altro che desiderare una vita come quella, qualcuno che la trattasse da regina. Invece il destino le aveva messo sulla propria strada Alfredo, un meccanico e un magazziniere. Lo osservò un istante mentre erano seduti al tavolo a chiacchierare, mangiare e bere dell’ottimo vino. Aveva indossato una camicia leggera a cui aveva arrotolato le maniche per via del caldo. I capelli un po’ mossi, ma impomatati all’indietro, e pensò che quella sera fosse particolarmente bello. Cosa la aspettava al suo ritorno a Milano? Un fidanzamento ufficiale? Un matrimonio e una vita in una casa di ringhiera? Avrebbe continuato a lavorare nonostante i figli che sarebbe stata costretta a sfornare? Era davvero quella la vita che voleva per se stessa? Il confronto con quella di Stefania la mandò in confusione. La sua amica non aveva mai desiderato il lusso, era una ragazza semplice e di buoni valori. L’unica cosa che le era sempre importata era riavere la sua famiglia, conquistare Federico ed essere felice, anche conducendo una vita modesta. Com’era strano il destino, pensò, mentre Alfredo, notando il suo sguardo vacuo, le circondò le spalle con un braccio. 

“Le stavo raccontando di quella volta che ti ho portato alle terme di notte” disse lui. Di fronte a lei Stefania ridacchiava divertita.

“Ma seriamente è scappato via in mutande?” rise di gusto. 

“Dovevi vederlo come correva con i vestiti tra le braccia” iniziò a ridere anche Irene, ricordando quell’uscita memorabile. Erano rincasate la mattina all’alba, ancora galvanizzate da quel cambio di programma improvvisato da Alfredo con l’unico obiettivo di soddisfare i capricci di Irene. Ripensando a quel momento, avvicinò la mano a quella che lui teneva sulla sua spalla e gliela strinse. Non era la persona che aveva immaginato al suo fianco, ma se in quell’esatto istante le avessero detto di fare a cambio con un ricco ereditiere, non era certa che sarebbe più riuscita ad accettare l’offerta, come avrebbe fatto un tempo senza pensarci due volte. Era innamorata di Alfredo, nonostante non glielo avesse ancora detto ad alta voce. Lo sapeva da tempo, ormai. Era innamorata nonostante non possedesse un cospicuo conto in banca, nonostante non l’avrebbe portata al Grand Hotel a cena ogni settimana. E quando si amava una persona, certe cose entravano in secondo piano. Alfredo non era ricco, ma quell’episodio che stava raccontando a Stefania e Federico dimostrava che era disposto a tutto pur di accontentarla e renderla felice, e che con lui non si sarebbe mai annoiata. 

“Beh, però dai, meglio dell’appuntamento in oratorio con Rocco, no?” scherzò Stefania, tirando fuori una storia ormai morta e sepolta da tempo e di cui Alfredo non era a conoscenza. Non che gliel’avesse voluta tenere appositamente nascosta, l’argomento non era semplicemente venuto a galla. 

E infatti lui prontamente colse la palla al balzo. “Rocco? Che c’entra Rocco?” domandò Alfredo voltandosi a guardarla con curiosità. La stessa che illuminava lo sguardo di Federico che si era sporto in avanti per ascoltare meglio quella confessione.

“Ah, non…” provò a dire Stefania, chiedendole poi scusa tramite il labiale, nella speranza che nessuno dei due ragazzi la vedesse. 

“Ma niente” intervenne Irene. “Abbiamo avuto una cosa tempo fa, niente di importante” provò a minimizzare.

“Ma non stava con Maria?” si intromise Federico.

“Eh, appunto” convenne Alfredo.

“E’ stato prima” ammise. “Vabbè, possiamo andare avanti o dobbiamo ancora continuare a parlare di Rocco?” cercò di tagliare corto.

“Sì, infatti, ormai è acqua passata e…” provò ad aiutarla Stefania. 

“Prima” mugugnò Alfredo tra sé e sé, riuscendo così a unire i vari puntini. “Quindi quando mi hai invitato a ballare al Paradiso stavate già insieme?” Ricordò quella serata, si stavano facendo delle prove di ballo con un maestro per una delle iniziative del Paradiso e Alfredo aveva accettato ben volentieri di partecipare, desideroso all’epoca di conquistare Maria. A pensarci adesso la cosa lo faceva molto ridere. Lui e Maria erano così diversi, non immaginava adesso al suo fianco nessun’altra persona al di fuori di Irene.

“Sì, beh…” Irene iniziò a mordicchiarsi una guancia con fare innocente. “Potrei averti usato per avvicinare quei due. Anche se alla fine non è stato chissà quale affare” commentò con una smorfia.

“Ah, complimenti” si congratulò lui con fare divertito. Non ce l’aveva realmente con Irene, d’altronde riconosceva anche lui adesso quanto fossero male assortiti lui e Maria. E Irene era sempre la solita intrigante imbroglioncella di cui si era innamorato.

Mentre loro due ridacchiavano e Alfredo si avvicinava per posare un bacio sulla guancia di Irene, il cameriere era arrivato al tavolo per portare il conto.

“Non preoccuparti, ci penso io” disse Federico mentre Alfredo tirava fuori il portafogli.

“Grazie” si intromise Irene, impedendo ad Alfredo di insistere per dare il suo contributo. Aveva portato con sé qualcosa e all’arrivo era stato aiutato da Stefania a convertirli in dollari americani. Poteva pagare, ma Irene glielo aveva impedito. L’idillio di pochi istanti prima si sgretolò di colpo. E il modo in cui la guardò l’avrebbe fatta sentire piccola piccola, se solo gli avesse prestato attenzione. Invece Irene era impegnata a parlare con Federico e Alfredo fu costretto a cedere, ringraziando a sua volta. Non lo riteneva in grado di pagarle nemmeno una cena fuori? Non si rese nemmeno conto di come quel gesto lo avesse fatto sentire sminuito. Gloria gli aveva già pagato il biglietto di quel viaggio e lui a malincuore, pur di stare con Irene, aveva accettato. Non gli piaceva l’idea di approfittare della loro generosità, considerato soprattutto che lui per quelle persone era letteralmente un estraneo.

 

Alfredo non aveva pronunciato più parola da quando erano usciti dal ristorante fino al tragitto a casa. 

“Il gatto ti ha mangiato la lingua?” gli chiese seduta sul bordo del letto mentre si spalmava della crema idratante sulle mani. 

“Eri innamorata di Rocco?” le chiese d’un tratto. Iniziava a domandarsi del perché la loro storia fosse finita. Stefania aveva menzionato un appuntamento all’oratorio che Irene non doveva aver apprezzato. Lo aveva lasciato perché non poteva darle la vita di lusso che desiderava? Si era pentita di essersi fatta da parte adesso che Rocco era un famoso ciclista?

Irene si voltò di colpo e lo osservò con aria confusa. “Perché me lo chiedi?”

“Non posso?” rispose lui. “Sono venuto a sapere solo oggi di questa storia, non posso volerne sapere di più?” aggiunse sdraiandosi sul letto sopra le lenzuola.

“No” rispose di getto Irene. Che valeva come risposta a entrambe le sue domande.

“No che non posso saperne di più?”

“No, non ero innamorata…” rispose infine, continuando a spalmare quella crema ormai assorbita, più per nervosismo e per avere qualcosa con cui tenere le mani occupate. “Non lo so. Forse” si lasciò scappare infine, continuando a dargli le spalle.

“Forse” ripeté lui con aria poco convinta. 

Irene allora finalmente si sdraiò a sua volta e si appoggiò ai cuscini dopo averli gonfiati e messi a posto contro lo schienale del letto.

“E perché non è continuata? Perché mi hai usato per scaricarlo?” si informò ulteriormente, proprio quando Irene credeva che il discorso fosse ormai del tutto concluso. Sospirò profondamente.

“Ma cos’è, un interrogatorio?” ribatté infastidita.

“Ma perché non vuoi dirmi niente? E’ un segreto?”

“No, non è un segreto, ma è una storia chiusa da tempo, non vedo che senso abbia parlarne adesso.”

“Ha senso per me” sottolineò lui con fare serio.

Irene si voltò a guardarlo per qualche istante, chiedendosi il perché di tutte quelle domande. Non poteva essere geloso di Rocco, non lo vedeva più da due anni, circa. 

“Perché… lui voleva Maria e lei voleva lui. E io non volevo mettermi in mezzo e rovinare l’armonia in casa con le ragazze. Ti basta come risposta?”

“Quindi provavi qualcosa per lui…”

“Certo che provavo qualcosa, non mi sarei infilata in quella situazione per niente” sbottò lei. Doveva ammettere che la sfida con Maria l’aveva ulteriormente motivata, ma era stata attratta da Rocco, per qualche motivo, ben prima del suo arrivo. “Ma qualunque cosa fosse, è acqua passata. Possiamo smettere di parlarne, adesso?” aggiunse avvicinandosi per dargli un bacio sulle labbra, mentre un poco partecipativo Alfredo continuava a guardare dritto davanti a sé. 

“Dai, ora andiamo a dormire che sono stanchissima” disse spegnendo la lampada sul suo comodino, mentre Alfredo rimaneva seduto sul letto pensieroso.

 

Irene si era rigirata tra le lenzuola per oltre un’ora, incapace di prendere sonno. Gliel’aveva detto Gloria che il fuso orario avrebbe potuto giocarle qualche brutto scherzo e infatti era a pancia in su a fissare il soffitto al buio, mentre sentiva il respiro di Alfredo accanto a sé. Si voltò per un istante a guardarlo, illuminato flebilmente dalla luce che riusciva a filtrare dalla finestra coperta da delle tende non troppo spesse. Dormiva su di un fianco rivolto verso di lei. Beato lui, pensò Irene. Si decise ad alzarsi, notando della luce provenire dallo spiraglio sotto la sua porta. Doveva esserci qualcuno ancora sveglio in salotto. Magari avrebbe approfittato della camomilla che Gloria le aveva offerto quella mattina.

Si trascinò fino alla porta e in salotto trovò Stefania con un libro sulle gambe e una matita tra le mani. 

“Ancora sveglia?” le chiese Stefania. 

“Già” commentò Irene con aria affranta, buttandosi a peso morto sul divano accanto alla sua amica. 

“Ti preparo la camomilla che diceva mia madre” disse allora, spostandosi verso la zona cucina collegata con il salotto e divisa solo da una grande porta scorrevole, il più delle volte tenuta aperta. Irene si allungò per prendere il libro che teneva prima in grembo Stefania e cercò di leggerlo a sua volta. Ovviamente era scritto in inglese. 

Stefania dalla cucina ridacchiava. “Non è facile nemmeno per me, in realtà” le rivelò dopo essere tornata da lei con due tazze calde, che avrebbero dovuto far raffreddare un po’ prima di mandare giù, data la stagione in cui si trovavano.

“Conosco le basi, vivendo qui da un anno e Federico mi è stato molto d'aiuto. Ma la strada è ancora lunga.”

“Pensi di rimanere qui per sempre?” chiese allora Irene, mettendosi di fianco e ritirando le gambe sotto di sé per voltarsi verso Stefania.

La sua amica la guardò con aria malinconica. “Se tu fossi qui avrei tutto quello di cui ho bisogno” ribatté Stefania, allungando una mano verso la sua per stringergliela. Quanto le mancava la sua migliore amica. Aveva stretto nuovi legami lì in America e in più aveva i suoi genitori accanto a lei, una famiglia vera come non aveva mai avuto. Eppure ancora una volta mancava un pezzettino, un tassello affinché tutto fosse perfetto. Prima mancava sua madre, adesso mancava quella sorella che aveva trovato inaspettatamente a Milano. Avrebbe avuto mai il pacchetto completo?

“E tu?” le chiese Stefania. “Hai tutto quello di cui hai bisogno?” Non l’aveva mai vista così felice e serena. Alfredo le faceva bene, aveva sciolto quel cuore duro e acido e l’aveva trasformata in una ragazzina innamorata. Sebbene la prendesse in giro, Stefania era così contenta di vederla finalmente serena. 

Irene tentennò e si strinse nelle spalle. 

“Alfredo ti rende felice? State così bene insieme” disse Stefania. 

Anche questa volta la sua amica ci mise un po’ a rispondere, poi però stavolta annuì. Sì, Alfredo la rendeva felice, non poteva negarlo. C’era ancora la questione irrisolta tra lui e Clara che la metteva in dubbio e non le faceva dire con assoluta certezza che Alfredo fosse la persona giusta. Però sì, era felice.

“E lui stravede per te, pende dalle tue labbra” scherzò Stefania, sebbene però fosse proprio la verità. “Anche se non so se ti sei accorta che stasera ci è rimasto male.”

“E per cosa? Per la faccenda di Rocco? Mi ha riempito di domande fino a poco fa. Grazie, eh.” 

“No” si affrettò a dire Stefania. “Anche se mi dispiace, pensavo lo sapesse.”

“Ma non c’era niente da sapere.”

“In effetti” commentò. “No, ma non ha preso bene quando gli hai impedito di pagare per la cena di stasera.”

Irene la guardò incredula. “Ma l’ho fatto perché non volevo metterlo a disagio.”

“Lo so, ma si sa come sei pretenziosa tu… magari voleva dimostrarti che può darti ciò che desideri.”

“Ma non può” si lasciò scappare Irene. “Nel senso, so chi è, so che lavoro fa. Non è il figlio di un imprenditore come Federico.”

“E allora? Guarda che Federico non riceve niente da Umberto.”

“Ma si è potuto permettere di venire in America a lavorare con sua sorella” commentò Irene. 

“E quindi? E’ questo ciò che conta? Non come ti tratta, se ti ama, ma se può permettersi di pagarti la cena fuori? Lo so che non sei così superficiale, Irene” rispose la sua amica.

Irene abbassò lo sguardo e sbuffò. “Il problema non sono le cene. Il problema è il dopo. Io non lo so se la voglio quella vita.” 

“Ma quale vita, Irene” disse Stefania stringendo più forte la mano della sua amica. “Alfredo ti ama, farebbe di tutto per te, ti fa divertire, ti porta a fare cose nuove. Con lui non ti annoieresti mai. Non saresti una moglie casalinga chiusa in casa. Alfredo non è mica Rocco” accennò un sorriso per cercare di tirarla su. “Ma qui abbiamo saltato la domanda più importante. Lui ti ama, ma tu lo ami?”

Irene iniziò a torturarsi la guancia interna, senza mai distogliere lo sguardo da Stefania. Non tentennava perché in dubbio sui suoi reali sentimenti, ma perché faceva fatica ad ammentterli ad alta voce. Raramente diceva un “ti voglio bene” persino a Stefania o a Maria. Lo sapevano già, d’altronde, pronunciarlo la faceva sentire vulnerabile, esposta. Ma in quel momento Alfredo non c’era. Irene accennò un lieve sorriso e mosse di poco la testa in un sì quasi impercettibile. 

“Allora il vostro futuro lo costruirete insieme come vorrete voi. Non deve per forza essere uguale a quello di tutti gli altri. E se lui non fosse abbastanza intelligente da sapere di doverti lasciare libera, allora verrò io stessa da qui per dirgliene quattro” concluse lei con sicurezza, allargando le braccia per essere pronta ad accogliere Irene. Quanto le erano mancate le loro chiacchierate. Di solito era Irene quella che cercava di consolare lei e farla ragionare. Era strano poter finalmente ricambiare, ma anche soddisfacente. “Adesso finisci la tua tisana e poi fila a dormire” le intimò. 

Irene annuì rincuorata. E quando tornò in camera da Alfredo, si rese conto che il suo respiro era meno pesante e aveva cambiato posizione, sistemandosi a pancia in su. 

“Sei sveglio?” gli sussurrò piano e Alfredo voltò la testa verso di lei. Gli passò una mano tra i capelli e la fece scendere fino alla guancia, sfiorandogliela con la punta delle dita. Alfredo continuava a guardarla nel buio della notte senza dire niente. Irene gli prese un braccio e lo allargò, in modo da farle spazio sul suo petto e lui la lasciò fare in silenzio. Il respiro era più pesante e veloce.

“Vuoi una tisana anche tu?” disse sollevando il capo per guardarlo. Alfredo scosse la testa.

“E’ per questo che sei mancata tanto?” chiese. Irene annuì. “Non pensavo di averti svegliato.”

Avrebbe voluto scusarsi con lui per come si era chiusa quella serata al ristorante, ma anche in quello Irene era parecchio carente. Ammettere di aver sbagliato non era uno dei suoi punti di forza. Allora si allungò e gli posò un bacio sull’angolo delle labbra, nella speranza che bastasse a rincuorarlo, prima di tornare ad adagiare la sua testa sul petto di Alfredo. La chiacchierata con Stefania l’aveva aiutata a fare più chiarezza nella sua testa, ma dentro di sé aleggiava ancora quel fantasma, quell’elefante nella stanza che non aveva mai voluto nominare, un po’ per timore di una sua risposta affermativa, un po’ perché non poteva accettare che lui le mentisse. Doveva scoprire da sola quello che stava accadendo con Clara e solo allora avrebbe potuto capire con assoluta certezza quale sarebbe stato il suo futuro con Alfredo. 

  
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