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Autore: Enedhil    31/08/2023    2 recensioni
Se volete contattare un angelo, dovete chiudere gli occhi e chiedere un segno.
Crowley non vuole nessun segno, né parlare con un particolare angelo.
Ma per qualche assurda ragione, il nuovo Supremo Arcangelo insiste a comparire nella libreria.
Il primo problema è riuscire a ignorarlo quando se lo ritrova seduto vicino.
Il secondo è provare a non aiutarlo come ha sempre fatto.
Il terzo è evitare di guardarlo, di sentire la sua mancanza, di volerlo, di amarlo.
Perché Crowley non può smettere di fare tutto quello.
E, soprattutto, non può smettere di stringergli la mano.
Genere: Fluff, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Aziraphale/Azraphel, Crowley
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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“So cry tonight
But don't you let go of my hand
You can cry every last tear
I won't leave 'til I understand
Promise me, just hold my hand”
 
 
L’appartamento era immerso nella penombra. L’unica luce era quella tiepida della sera che filtrava dalle veneziane. Il demone era seduto sulla poltrona, piegato sopra al tavolo vuoto, un braccio allungato davanti a sé e la testa riversa su di esso.
Stava provando a dormire, ma gli occhi spenti erano fissi nel gelido vuoto davanti a lui, le guance rigate da lacrime ormai asciutte.
Era solo, fatta eccezione per alcune bottiglie vuote, abbandonate sul pavimento poco lontano da lui.
Quando avvertì qualcosa cambiare, in quella solitudine, Crowley mosse solo lo sguardo lungo il tavolo e intravide una piuma bianca adagiarsi di fianco alla sua mano.
Abbassò le palpebre al fremito che provò nel petto. L’emozione per l’arrivo dell’angelo parve fargli solo più male.
Sentì la mano prendere consistenza sulla propria, le dita sfiorarono il suo palmo in cerca di contatto. D’impulso gliela strinse e, rialzando la testa, vide che Aziraphale si era fermato sull’altro lato del tavolo, un’espressione addolcita sul viso.
Era vestito come lo aveva visto l’ultima volta dopo il ballo. Era vestito come il suo angelo.
«Cosa? Avete cambiato idea e domani non arriverà nessun nuovo salvatore che giudicherà l’umanità in base al suo umore?» Crowley mormorò quella domanda restando ancora piegato sul piano. Non aveva più la forza nemmeno per provare ad arrabbiarsi, per combattere l’inevitabile, per fuggire veramente da qualche parte. Non l’avrebbe mai fatto davvero. Non senza Aziraphale.
 
«No, è ancora previsto per domani.»
 
Il demone annuì e infine si rialzò con la schiena, guardandosi attorno con un profondo sospiro. «Beh, ho finito le bottiglie giusto in tempo, allora.»
 
«Crowley, ti fidi ancora di me?»
 
Crowley accennò una risatina e non gli rispose. Si rimise in piedi, spingendo indietro la poltrona con le gambe, e si spostò sul lato corto del tavolo, per attirare l’angelo a sé, grazie alla presa che stavano ancora condividendo. «Davvero ti serve una risposta?»
 
Aziraphale gli sfiorò la guancia con la punta delle dita. «Lo so che hai paura, ma non rinunciare a te stesso. Non rinunciare a noi
 
Un solo, debole tocco e l’oblio della fine gli sembrò essere meno imminente. Il demone accennò un sorriso. «Non ho paura per me stesso. Mi getterei in altre cento, mille pozze di zolfo bollente se servisse a salvare te.»
 
«Crowley… per favore…»
 
«Aziraphale, domani finirà ogni cosa. Paradiso, Inferno, umanità.» Crowley si bloccò, riflettendo un istante su ciò che stava per dire, ma poi si fece sfuggire un gemito, alzò lo sguardo al soffitto, scuotendo la testa, e tornò a guardare l’angelo davanti a sé. «E per Dio… o per Satana… non mi importa più di niente. Voglio soltanto restare qui con te e guardarti.» Vide chiaramente i suoi occhi riempirsi di lacrime e subito alzò la mano per accarezzargli la guancia col dorso delle dita. «Dopo milioni di anni, non mi importa di nient’altro. Solo di te. Solo di noi.»
 
Aziraphale provò a ribattere qualcosa, ma l’unica risposta fu un respiro tremante di lacrime trattenute. «Oh cielo, non sono venuto qui per piangere.» Strinse gli occhi, cercando di controllarsi, ma appena il suo sguardo si incatenò ancora a quello di Crowley, dalle sue labbra uscì solo un sussurrato: «Io ti amo, Crowley.»
 
Crowley perse la capacità di controllare il respiro, il battito del cuore, la ragione, il suo stesso corpo. Prese tra le mani il viso dell’angelo per baciarlo, ma appena lo fece, sentì il tremore nelle sue labbra, il sospiro erratico, così lo lasciò libero di respirare e lo strinse con forza tra le braccia.
 
«Non avevo previsto di… piangere,» mugugnò Aziraphale contro la sua spalla, mentre nascondeva il viso, singhiozzando, aggrappato alla vita del demone come se fosse l’unico appiglio per non cadere direttamente all’Inferno.
 
«Negli ultimi tempi sei imprevedibile,» gli bisbigliò dolcemente Crowley, rubandogli una lieve risata. «Puoi piangere stanotte, angelo. Puoi piangere fino all’ultima lacrima. Io non me ne andrò.»  A ogni parola lo sentì piangere più forte, come se stesse buttando fuori tutto ciò che aveva provato e trattenuto da quando si erano separati. «Qualunque cosa deciderai di fare domani, io starò in questa esistenza con te. Non ti lascerò andare nemmeno quando tutto sarà finito.»
 
«Ti amo, Crowley. Ti amo così… tanto… e non so nemmeno se ha senso dirlo adesso, ma se non l’avessi detto sarei esploso e… mi sento uno stupido perché lo sai già.»
 
«Che sei uno stupido? Sì, già da diverso tempo, in effetti.»
 
«No, sciocco!» Aziraphale rialzò la testa con una lieve risata, per guardarlo negli occhi. «L’altra cosa.»
 
«Oh, che mi ami? Beh… l’ho intuito qualche volta, sì. Ma fa piacere sentirselo dire.»
 
«Già, sì, fa… piacere sentirselo dire.»
 
Crowley si accorse dell’espressione dell’angelo, le sopracciglia inarcate, lo sguardo d’attesa. Finse di non capire, all’inizio, poi socchiuse le labbra, ostentando stupore. «Oooh, intendi…» indicò prima se stesso e poi lui. «Naaa… non è da demoni dirlo, lo sai.»
 
«Ah, è così? Già, tu malvagio tra i malvagi, come ho potuto pensarlo.»
 
Si sentì subito sollevato nel vedere Aziraphale tornare a sorridere più serenamente, nonostante gli occhi ancora gonfi per il pianto. Così si chinò per baciarlo di nuovo, ma l’angelo, con sua grande sorpresa, si discostò da lui, alzando le spalle.
 
«Naaa… non è da angeli baciare un demone, dovresti saperlo,» ribatté allora Aziraphale, imitandolo. Fece qualche passo lontano da lui per sfilarsi il cappotto e appenderlo allo schienale della poltrona, poi si schiarì la voce e unì le mani dietro la schiena. «Ebbene, cosa possono fare un angelo e un demone, per passare l’ultima nottata del mondo, che non implichi esprimere amore o baciarsi?»
 
Crowley lo osservò, appoggiato con una mano al tavolo e l’altra sul fianco. Corrucciò la fronte, fingendosi pensieroso, ma infine esclamò: «Chiudi la bocca!»
Lo afferrò per i lembi del panciotto e lo trascinò di nuovo contro il tavolo, spingendo le labbra sulle sue. Sentì subito la bocca di Aziraphale rispondere al bacio, e le braccia gli circondarono la schiena con una forza possessiva.
Non c’era più solo dolcezza in quel bacio. C’era urgenza, bisogno di avere ogni cosa, passione, e amore che andava al di là di ogni rapporto fisico che i loro corpi sembravano iniziare a volere.
 
Crowley invertì le posizioni, si mise contro il tavolo e si sedette su di esso.
Voleva ardentemente sentirlo ancora sopra di sé, riprovare il piacere del corpo dell’angelo sul proprio, che aveva assaporato solo per pochi momenti la volta precedente.
Aveva un disperato bisogno di perdersi nella sicurezza del suo abbraccio, cullato dal suo respiro e accarezzato dal suo odore. Per un’ultima volta.
Fece scivolare il fondoschiena sul piano per riuscire a trascinare Aziraphale con sé, il quale lo seguì a fatica, appoggiandosi a tentoni con le mani per assecondare il movimento del suo corpo, senza smettere di baciarlo, e salire a carponi sul tavolo
Il demone si ritrovò sdraiato con l’angelo sopra di sé. La carnale sensazione del suo peso sul proprio corpo, la pressione dei fianchi contro ai suoi, le cosce di Aziraphale che tenevano rialzate le sue, non per una propria volontà ma per la naturale posizione in cui si era fermato, troppo preso a rispondere al suo bacio per accorgersi di quanto potesse sembrare indecente.
Crowley provò per la prima volta la scintilla di un desiderio che andava oltre il bisogno di sentire Aziraphale vicino. E da come Aziraphale stesso lo stava tenendo stretto, dal respiro affannoso e dall’odore della sua pelle accaldata, poteva dire con certezza che anche lui stava sentendo lo stesso. Discostò le labbra e avvertì il lamento dell’angelo, ma gli bisbigliò: «Se domani non fosse la fine di tutto, proverei a tentarti con qualcosa che gli umani trovano molto piacevole.»
 
«Se domani non finirà tutto, potrai tentarmi quando lo vorrai.»
 
«Accetteresti anche questa tentazione?»
 
«La sto già accettando.» Aziraphale gli sorrise con una punta di malizia e chinò il volto per riprendere a baciarlo. Si spostò sul fianco e tirò Crowley più vicino a sé, i due corpi premuti l’uno contro l’altro, le gambe accavallate le une sulle altre, strette in un abbraccio impossibile da sciogliere.
 
Crowley arrivò con le mani al suo collo, gli slacciò il papillon e i primi bottoni della camicia, per farlo stare più comodo. Si accorse che Aziraphale stava tentennando, insicuro, poi però fece lo stesso con lui, e gli aprì completamente la maglia, scoprendogli il petto. Si spinse anche oltre e gli sciolse il nodo della sciarpa, sfilandogliela.
Il demone accennò una risatina e la prese dalle sue mani, la fece scorrere dietro al collo dell’altro e la usò per attirarlo di nuovo a sé. «Adesso, sei tu a tentare me, angelo.» Sentì la punta delle dita di Aziraphale scorrere piano lungo il collo e sui pettorali. Deglutì, sospirando: «Sai cosa mi stai facendo?»
 
«Vorrei poter dire sì, ma no… non ne ho idea,» mormorò Aziraphale con un sorrisetto agitato. «Non so bene cosa sto facendo. So solo che voglio starti vicino come non ho mai potuto fare. Che si… fotta tutto!»
 
«Sei così coraggioso stanotte da infrangere tutte le regole?» Crowley gli sorrise e si chinò verso il suo volto. Evitò le sue labbra socchiuse e in attesa per baciargli il mento, la mandibola fino all’orecchio. Gli succhiò piano il lobo e percepì la sua mano sul fianco che si strinse di scatto.
 
«Le faccio io le regole, e io posso infrangerle.»
 
E poi quella dichiarazione autoritaria e sussurrata con così tanta decisione da provocargli una risata, insieme a un moto di tenerezza. 
«Wooh…» cercò di soffocare la risata nell’incavo del suo collo. «Tieniti il Supremo Arcangelo e ridammi il mio angelo.» Lo sentì gemere nell’esatto istante in cui pronunciò quelle ultime parole. Gli leccò lascivamente la gola, e poi tornò alle sue labbra dischiuse. Le toccò con la punta della lingua, e sentì subito quella di Aziraphale lambire la sua, incerta.
Per qualche secondo si sfiorano soltanto, come avevano fatto durante il loro incontro precedente. Quando fu sul punto di approfondire quel bacio per la prima volta, tuttavia, fu Aziraphale a cercare la sua lingua, muovendo la propria in una danza bagnata che iniziò a spostarsi da una bocca all’altra.
Un attacco all’inizio timido, che presto divenne bramoso, passionale, profondo e continuò per un tempo infinito. Fino a quando Aziraphale decise di discendere sul suo collo, sulla gola, sulle spalle.
Continuò a baciarlo, a far scorrere le labbra su ogni lembo di pelle libera dalla stoffa, a leccarlo così avidamente che Crowley riuscì solo a sottomettersi alla fame che l’angelo aveva di lui.
Gli accarezzò i capelli chiari, la schiena e si costrinse a non muoversi contro di lui, per non dare sfogo a quell’esigenza che il suo corpo stava iniziando a gridargli. Ma non riuscì a trattenere un gemito sensuale di piacere quando Aziraphale si piegò più in basso per arrivare a leccargli i pettorali e a succhiargli i capezzoli. «Oh… Dio… angelo, devi fermarti. Non ce la faccio così.»
 
Aziraphale rialzò il volto al suo livello, le labbra umide, e la lingua a bagnarle di più, con una inconsapevole provocazione, come a voler assaporare ancora il sapore della sua pelle che aveva appena abbandonato. «Mi dispiace… perdonami. Scusa, non so cosa sto facendo.»
 
«No, non è niente di sbagliato. È solo tutto troppo bello e se continui, credo che potrei venire meno alle mie intenzioni.» Crowley gli disse così, ma nel vedere l’espressione confusa che ottenne in risposta, si ritrovò a spingerlo con la schiena sul tavolo e a rialzarsi su un gomito, per seguire con la lingua lo stesso percorso che Aziraphale aveva fatto su di lui.
Osò sbottonargli del tutto il panciotto e fare lo stesso con la camicia. Osò accarezzalo con le dita prima e con la lingua poi. Osò scendere con la bocca fino all’ombelico, mordere piano la carne morbida dell’addome e poi tornare a leccargli i capezzoli con una movenza licenziosa.
Sentì il proprio nome a ogni singolo bacio che posò sulla pelle di Aziraphale. Lo sentì come una preghiera e come un gemito di desiderio. Si chiese se il corpo di un angelo fosse più sensibile al piacere del suo e per tutti i demoni dell’Inferno, avrebbe voluto passare ogni singolo istante di quella notte a scoprirlo.
 
«Crowley… se continui, sarò io a non riuscire a farcela.»
 
Il demone risalì lungo il suo petto, sul collo, premendo il naso e la punta della lingua sulla pelle calda, e inspirando il suo odore, fino a ritornare a guardarlo negli occhi. Aziraphale gli sorrise dolcemente, con una punta di imbarazzo, e quel solo sorriso lo fece sciogliere quanto mille baci.
«Ti amo, Aziraphale,» bisbigliò, con una dolcezza disarmante.
Vide il suo volto illuminarsi, quasi che quelle semplici parole avessero compiuto una specie di magia. Si sentì così pieno d’amore per lui, e gli parve che rivelarlo avesse dato una forma più materiale a quel loro sentimento millenario. Come se l’avesse reso quel poco più umano, per farlo diventare davvero parte del mondo in cui avevano vissuto insieme. «Oh, non guardarmi così, adesso!» Finse di volersi allontanare, ma l’angelo si girò di nuovo sul fianco, gli prese la mano e lo trattenne.
 
«Resta qui. Dimmi cosa vorresti fare. Se fosse una notte come tutte le altre e fossimo soltanto qui, insieme.»
 
C’era una struggente tenerezza nella sua voce, e Crowley era sul punto di gridare al mondo e ai due Regni a cui appartenevano che voleva soltanto passare quella notte, e tutte quelle dell’intera esistenza, ad amare Aziraphale. A renderlo felice, a farlo stare al sicuro, a ridere dei suoi ridicoli numeri di magia, a guardarlo leggere e sorseggiare il tè, a bere con lui fino a essere troppo ubriachi per fare discorsi sensati, e a dargli piacere nel modo in cui lo facevano gli umani, come loro non avevano ancora mai fatto. Perché era assolutamente certo che anche quello, con Aziraphale, sarebbe stato qualcosa che avrebbe reso la sua eternità migliore.
L’alternativa più razionale, tuttavia, fu quella che gli mormorò. «Mi piacerebbe dormire. Non lo faccio da parecchio tempo.» Da quando l’angelo se n’era andato, sicuramente.
Aziraphale, allora, mosse le dita e Crowley si ritrovò ad appoggiare la testa sulla morbida stoffa del cappotto dell’angelo, ripiegato, per farlo stare comodo. «Ma non voglio davvero farlo.»
 
«A me piacerebbe che tu lo facessi, invece. Io resterò qui.»
 
«Vuoi farmi ancora qualche ritratto che poi cercherai malamente di nascondermi domani mattina?»
 
«Niente ritratti, lo prometto.»
 
«D’accordo.» Crowley tentennò dal chiudere gli occhi, ma poi gli sorrise e si rassegnò ad abbassare le palpebre. «Aziraphale…»
 
«Sono sempre qui.»
 
«Lo so che sei qui.» Strinse le dita sulle sue. «Non lasciare la mia mano.»
 
 
*
 
 
[CONTINUA…]
   
 
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