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Autore: LadyPalma    31/08/2023    8 recensioni
|Scritta per la challenge con VigilanzaCostante, songfic su Taylor Swift, 1 su 12.
Ispirata alla canzone "My tears ricochet" di Taylor Swift.
|Questa storia è candidata agli Oscar della Penna 2024 indetti sul forum Ferisce la penna.
Lui avrebbe amato per sempre l'ombra di un astratto ideale, nel suo cuore ci sarebbe stato sempre e soltanto spazio per quella brillante, incomparabile donna che si era eretta di fronte a Voldemort per proteggere suo figlio.
Solo che, si rendeva conto, questo l'ho fatto anche io. Severus poteva dedicare tutta la sua vita e la sua improbabile resurrezione a un fiore, ma a lei questo all'improvviso non tangeva più. Sono un fiore anche io, pensò ricordando il suo nome, e sono anche una stella, sono tutto questo insieme e molto di più, più di quanto tu possa sopportare.

Severus/Narcissa, hints Narcissa/Xenophilius.
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Minerva McGranitt, Narcissa Malfoy, Severus Piton, Xenophilius Lovegood | Coppie: Severus/Narcissa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7, Dopo la II guerra magica/Pace
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A tutti coloro che hanno avuto una relazione con una persona emotivamente indisponibile:
arriveranno i Nargilli, io ci credo, e voi?






 

Arriveranno i Nargilli






We gather stones, never knowing what they'll mean
Some to throw, some to make a diamond ring

 

Lui era per lei tutte le emozioni mai provate prima, un'ancora di salvezza su cui poter fare affidamento, l'unico cavaliere senza macchia che le era rimasto. Lo stava idealizzando? Non se lo domandò mai davvero, ma se lo avesse fatto la risposta sarebbe stata no. No, davvero. Ché le macchie di Severus, dal sangue impuro ai denti storti, le vedeva tutte e non c'era nulla di romantico nella sua immagine di ragazzino bullizzato con la voglia di diventare un bullo.

Eppure

Eppure, sbattere i propri denti perfetti contro quelli storti di lui durante i baci appassionati al buio e farsi toccare – ovunque, ovunque – da quelle mani affusolate nate per uccidere significava prendere per la prima volta un'autentica boccata d'aria fresca. Era una donna, un essere umano con pulsioni, desideri, un'anima e un corpo. Forse Severus non lo vedeva (perché, in effetti, cosa vedeva di lei, dopotutto, lui?), ma finalmente lei sì.

Sì Lucius, come vuoi Lucius, hai ragione Lucius.

E intanto: Ancora Severus, più veloce Severus, adesso Severus. E poi, di più: Potrei restare a dormire Severus, potrei passare a trovarti Severus. Troppo.

Clamoroso era il modo in cui qualcuno che la baciasse con così tanto calore potesse poi restare a guardarla con tale gelida indifferenza. 

"Non affezionarti, Narcissa" le diceva puntualmente, quasi come se fosse il consiglio di un amico e non il rifiuto di un amante. "Perché io non posso farlo, non ne sarei mai capace, c'è qualcosa di rotto in me".

"Non importa" sussurrava lei piano, senza esitazioni.  Sperava stesse mentendo? Sperava di poterlo aggiustare? Non importava neanche questo, forse. L'alternativa sarebbe stata tornare a vivere nel grigiore di una vita già scritta e lei non poteva, oh, non poteva proprio smettere di respirare – anche se respirare così le faceva male.

Perché Severus Piton, con la sua scostante freddezza, i suoi pensieri indecifrabili, le sue camicie nere quanto le sue macchie e i suoi vuoti occhi stanchi, si era insinuato a poco a poco in lei e continuava a propagarsi nel suo intero essere.

Proprio come un respiro.

O anche come una malattia.




I didn't have it in myself to go with grace
And you're the hero flying around, saving face
 

"Severus, sono qui se mi vuoi".

Erano vivi ed erano liberi, per Narcissa stupidamente non contava nient'altro – per lei che stupida non lo era mai stata, forse perché mai era stata tanto speranzosa. Piombando nel salotto di Spinner's End un afoso pomeriggio di quel primo agosto dopo la fine della guerra, era arrivata a implorarlo, con le lacrime agli occhi e la pergamena del divorzio da Lucius stretta nella mano. Ma nell'assordante silenzio che seguì, la lasciò cadere a terra, insieme alle illusioni di cui segretamente si era ubriacata nel corso di quegli anni. Severus restò a guardarla e basta, impotente, sconfitto – con la stessa identica aria di sempre, eppure solo in quel momento per la prima volta le appariva davvero debole. 

"Mi dispiace, non posso darti più di questo" disse, ed era sincero, ma a lei non poteva bastare. Non più, perché adesso finalmente capiva quanto si fosse ingannata: l'angolo in eccesso del triangolo non era mai stato suo marito, ma un fantasma chiamato Lily Evans.

Lui avrebbe amato per sempre l'ombra di un astratto ideale, nel suo cuore ci sarebbe stato sempre e soltanto spazio per quella brillante, incomparabile donna che si era eretta di fronte a Voldemort per proteggere suo figlio.

Solo che, si rendeva conto, questo l'ho fatto anche io. Severus poteva dedicare tutta la sua vita e la sua improbabile resurrezione a un fiore, ma a lei questo all'improvviso non tangeva più. Sono un fiore anche io, pensò ricordando il suo nome, e sono anche una stella, sono tutto questo insieme e molto di più, più di quanto tu possa sopportare. Con un sorriso, seppur triste, realizzò che il problema non era non essere abbastanza per lui, ma forse essere troppo.

Lui continuava a fissarla con innegabile affetto, con desiderio anche, in quella inedita e irripetibile versione ferita e vulnerabile di se stesso. Resta, le sembrava dire quello sguardo, resta e accontentati delle briciole che posso darti. Ma le briciole, che per lui dovevano sembrare massi di farina, per lei erano soltanto questo adesso: briciole. Forse in lui c'era in fondo una sorta di presunzione; dopo aver salvato il mondo intero si aspettava adesso di essere salvato a sua volta, senza condizioni, che lei gli tendesse la mano, gliela tenesse per tutto il tempo necessario e poi…

Ma aveva salvato il mondo anche lei, era un’eroina anche lei, e adesso non avrebbe salvato una persona in più. Nemmeno lui.

Una smorfia le si disegnò sul volto, quel volto che per lui era sempre stato un porto sicuro tornava a essere una lastra ruvida di ghiaccio. Fu con desiderio di riscatto più che rabbia che finì per scagliargli dritto in faccia il suo algido veleno, laddove quello di Nagini aveva fallito. "Penso che saresti dovuto morire nella battaglia, dopotutto. La vita non ha più niente per te".

E si sentì crudele nel dirlo, sì, ma anche libera, padrona. Perfino quando vide la maschera di lui sciogliersi del tutto e crollare davanti a lei. Neppure allora gli avrebbe offerto il suo aiuto. Con tutto l'orrore di un uomo che cade, Severus annuì impercettibilmente. "Lo so".




And if I'm dead to you, why are you at the wake?
Cursing my name, wishing I stayed
Look at how my tears ricochet
 

Non pensare più a Lucius era stato facile; non pensare più a Severus quasi impossibile. Quasi, perché tutte le lacrime che aveva versato per lui dopo quell'addio non avevano scalfito la sensazione di rivincita che finalmente provava. Forse per far crollare la maschera da donna perfetta e riprendere in mano la sua vita aveva avuto bisogno di provare anche il dolore del rifiuto, del non essere abbastanza, della sconfitta… il dolore che le aveva dato Severus.

Quasi, perché semplicemente a un certo punto aveva incontrato un altro uomo, biondo come Lucius, solitario come Severus e allo stesso tempo intrinsecamente tutta un'altra storia. Non seppe dire quando il cuore iniziò a farle male meno, forse alla prima risata sincera dopo anni (senza pensare a quanto fosse eccessivo per una donna ridere così tanto) o al primo improbabile paio di orecchini di tappi di Burrobirra in regalo (senza fare il confronto con i preziosi ma anonimi orecchini di diamanti che era sempre stata abituata a portare), e se non se ne accorse nemmeno, se non forse quando il cuore cominciò a farle davvero bene. Due anni dopo la guerra, mano nella mano con Xenophilius alla celebrazione dell'anniversario della fine della guerra, si sentiva talmente bene da non provare altro che amara malinconia nel ritrovarsi di fronte il potion master, da riuscire a sostenere con fierezza il suo sguardo e da essere lei ad andarlo a salutare.

"Ciao Severus, ti trovo bene".

Sorrideva, e non era uno sforzo, e sentì solo tristezza – non gioia, non trepidazione, non disperazione – nel vederlo sgranare gli occhi come se si fosse trovato davanti un fantasma.

"Mai quanto te" replicò lui con inconsueto ritardo e una punta di irritazione non difficile da cogliere. 

L'uomo che aveva di fronte era diverso da quello impassibile e indecifrabile che era abituata a vedere, eppure allo stesso tempo molto simile all’immagine di lui che aveva previsto: un uomo svuotato di obiettivi, roso non soltanto dagli errori, ma anche dai rimorsi, dalle occasioni perse e dai treni per la felicità che si era lasciato sfuggire. Per questo, rimase immobile in attesa; sapeva che prima o poi lui avrebbe parlato, che lui aveva più bisogno di lei di una conclusione.

"Lo pensi ancora?" riprese infatti poco dopo lui, in un sussurro titubante. "Che sarei dovuto morire…"

Narcissa scosse la testa con decisione. "Oh Severus, mi dispiace molto. Non avrei dovuto dire qualcosa del genere".

L'uomo annuì, accettando silenziosamente quelle scuse, anche se non gli sfuggì la scelta del verbo. Dire, perché evidentemente le aveva pensate seriamente e con ogni probabilità le pensava ancora. Dannazione, le pensava anche lui.

"E ci pensi ancora a… qualsiasi cosa eravamo?"

Stavolta l'esibizione era stata maggiore, così come sensibilmente più basso il tono con cui aveva formulato quella perifrasi. Qualsiasi cosa eravamo, lei non poté fare a meno di ridacchiare leggermente. Briciole perfino nel passato, perfino nei ricordi, mentre adesso invece…

"Sto con un uomo che mi promette i Nargilli" rispose, come se avesse potuto spiegare ogni cosa. E, in effetti, dal suo punto di vista era proprio così. "Tu avresti mai pensato di regalarmi dei Nargilli?"

"I Nargilli non esistono" ribatté secco l'uomo. E lo disse senza scherno, senza sarcasmo, ma come una mera constatazione che le fece provare pena – pena, ecco tutto ciò che restava – per lui. Stai perdendo completamente il centro della questione, questo la se stessa del passato avrebbe avuto voglia di urlargli, ma in realtà la questione era forse davvero tutta lì. Se credere o meno ai Nargilli. Se credere o meno. Ormai loro erano due estranei che non sarebbero mai potuti arrivare a comprendersi; stelle, fiori e Nargilli vorticavano attorno a loro come vuote metafore.

"Oh, è proprio questo il tuo problema, Severus. Tu non credi in nulla. Non nell'amore, quello vero perlomeno, non nella felicità, non nel cambiamento, nelle seconde occasioni o anche più semplicemente negli altri. Per Salazar, tu non credi neanche in te stesso!"

Quelle parole dure avrebbe dovuto sputarle, ma non ne aveva più la forza né la voglia. Così le disse invece in tono morbido, ancora ridendo. Perché in fondo lui non era più un problema suo e lei aveva imparato a respirare a pieni polmoni anche da sola.


 

****

 
 
You turned into your worst fears
And you're tossing out blame, drunk on this pain
Crossing out the good years
And you're cursing my name, wishing I stayed
Look at how my tears ricochet
 

(Severus rimase perfettamente immobile con il cuore in tumulto. Doveva averne uno da qualche parte, se poteva ancora sentirlo fremere, dopotutto. 

"Che cosa succede, Severus? Sembra che il mondo ti sia appena crollato addosso". 

Rimase in rigoroso silenzio, ma Minerva non fece difficoltà alcuna a individuare il motivo del turbamento. Due figure bionde in movimento abbracciate che si guardavano teneramente: Xenophilius Lovegood e Narcissa Black, una coppia improbabile quanto verosimile nel clima di novità e sorprese che aveva riservato il clima di pace; lui aveva l'aria svagata come sempre, ma lei, in maniera inedita, sorrideva quasi incurante di chiunque la stesse guardando – intorno a lei e dietro l'obiettivo delle macchine fotografiche. Sarebbero stati l'apertura di Whisky, sorrisi e incantesimi del giorno dopo, di sicuro.

"Sembra libera" commentò la Preside, non potendo evitare un sorriso, "se c'è una figura che più di tutte incarna la rinascita e il riscatto, allora direi che è proprio l'ex signora Malfoy". 

A quell'aggiunta lo sguardo si trasferì su Severus, il quale non poté non coglierne il significato recondito. Non sei tu, Severus, tu sei ancora morto. Parole che lei non avrebbe mai osato pronunciare ad alta voce, ma che lui riusciva a sentire ugualmente. Scosse la testa appena, come per ricacciare indietro la riflessione su se stesso. Non era ai demoni del suo passato che voleva pensare adesso, ma a quelli di un futuro a pochi passi da lui che non avrebbe potuto accarezzare mai. Pensava a Narcissa, finalmente, alla vita che si era costruita da sola dall'ultima volta che l'aveva vista; sembrava avere tutto, mentre era a lui che di tutta una vita a inseguire l'impossibile erano rimaste in mano soltanto le briciole.

Pensava a Narcissa – e all'unico demone che in fondo era stato sempre e soltanto lui. 

In un soffio venato di incertezza si ritrovò a domandare: "Ti sembra anche felice?"

Minerva spalancò gli occhi, con aria di tenerezza più che di sorpresa. "Oh, Severus" sussurrò semplicemente. Una mano ossuta, gentile, materna si posò con fermezza sul suo braccio: scampoli d'intimità che la Preside si permetteva adesso che dopo tanti anni aveva visto la sua vera faccia, adesso che si potevano considerare davvero amici. "Mi sembra viva".

Severus lasciò che quelle parole gli entrassero dentro, uccidendolo a poco a poco, una volta di più. Narcissa era viva, sì, e non lo stava guardando, non lo guardava più, le lacrime che una volta aveva speso per lui adesso gli stavano rimbalzando addosso.)






 

NDA: Questa è la fanfiction più autobiografica che abbia mai scritto (a livello di emozioni vissute, s’intende) e scriverla è stato quanto mai catartico. L’ho iniziata nel mese di marzo ed è rimasta a lungo in sospeso, in attesa del finale – come sono rimasta io, forse, nell’attesa del finale della mia relazione personale. Originariamente avevo ipotizzato un lieto fine: Severus che si accorge di aver perso Narcissa e che fa qualcosa per riconquistarla, oppure lei che accetta il compromesso, che si accontenta delle briciole. Ma questo sarebbe stato un lieto fine per chi? Mentre chiudevo la mia relazione, sono tornata a questa storia e ho introdotto finalmente Xenophilius, un uomo che non dà le briciole ma addirittura l’impossibile (e cosa è più impossibile dei Nargilli?). Da storia di un amore disperato, ecco che diventa allora una storia di rinascita, di autostima, di amore sano, di scelte giuste, di una donna felice.

E voglio lasciare un messaggio: se vi capiterà mai di innamorarvi di una persona emotivamente indisponibile, di qualcuno che non potrà mai amarvi, allora scappate a gambe levate. Perché è bellissimo fantasticare su un uomo come Severus Piton, ma viverci accanto davvero sarebbe una condanna. Non accontentatevi mai delle briciole, pretendete i Nargilli – pretendete di sentirli nello stomaco e che l’altra persona li senta per voi – perché l’amore è questo. L’amore è i Nargilli, oppure non è niente.

Partecipa alla challenge informale tra me e VigilanzaCostante: una songfic di Taylor Swiift al mese. Il testo nella OS è preso da My tears ricochet.
   
 
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