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Autore: Dani85    06/09/2023    1 recensioni
Dal prologo:
«Ancora nessuna notizia di Luca?»
Barbara scuote la testa perché no, non ha nessuna notizia di Luca. Niente, zero, non una telefonata né un messaggio. Alla faccia del "mi tengo in contatto io" con cui l'aveva salutata quel pomeriggio. E non è servito a nulla nemmeno tempestarlo di telefonate, visto che sono andate tutte a vuoto, squillo dopo squillo perso nei meandri di una segreteria telefonica. Barbara non sa spiegarsi il perché, ma quel silenzio la inquieta, è come un formicolare dietro il collo, il presentimento fisico di qualcosa che sta per andare molto molto male.
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What If? a partire da DdP11x02. Luca non muore ma, per tantissimo tempo, non vive nemmeno.
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Storia completa, capitoli postati il sabato e il mercoledì.
Genere: Angst, Hurt/Comfort, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Anna Gori, Elena Argenti, Luca Benvenuto
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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NdA: La storia è completamente scritta, i capitoli saranno pubblicati il sabato e il mercoledì. Buona lettura!
Disclaimer: Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Taodue srl; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro. Gli elementi di mia invenzione, non esistenti in DdP, appartengono solo a me
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Cap. 1 - Lost in a dream

I'm lost in a dream
My thoughts are all tangled up
I've come apart at the seams
[Jacob's Dream - Noah Reid]

Vittoria si chiude la porta della stanza alle spalle, ingoia a vuoto un paio di volte e si obbliga a sorridere. Lo stesso incipit di ogni visita.

Appoggia la borsa sulla sedia, la giacca sulla spalliera, il telefono sul comodino. Gli stessi gesti di sempre, come un copione mandato a memoria.

Si guarda intorno con occhi critici, come sempre, perché c'è sempre qualcosa che non va. Ed è la finestra, ogni volta la finestra - chiusa quando dovrebbe essere aperta, aperta quando dovrebbe essere chiusa. E le coperte, sempre storte, a penzolare male da un lato. Vittoria sospira, apre la finestra e aggiusta la coperta. Lo sa che nulla è davvero fuori posto, è solo un rituale, il modo che le regala quel lungo preziosissimo minuto per prepararsi. O per illudersi di essere preparata a quello che vedrà in quel letto occupato che rimane sempre lo stesso. Come da dieci anni a questa parte.

«Ciao Luca.»

Il sorriso vacilla, la voce trema un po' e Vittoria ha voglia di piangere. Come ogni volta che lo vede e si accorge che niente è cambiato.

Luca è sempre immobile, gli occhi sempre chiusi, sempre meno simile al ragazzo che le sorride dal fondo dei suoi ricordi.

Vittoria scaccia con rabbia le lacrime che le rigano il viso, anche quelle sempre le stesse, anno dopo anno, giorno dopo giorno, a tradire quell'istintivo momento di debolezza in cui pensa che tutto sia perduto e che questo - l'attesa che si snoda senza cambiamenti - sia tutto inutile. Ultimamente il pensiero ci mette un po' più del solito a scomparire e persiste fastidioso anche adesso, ad avvelenare la carezza e il bacio con cui Vittoria saluta Luca.

Il buio è irreale, solido e senza via di scampo. È un sogno senza colori, un posto senza niente, dove tutto si estingue ancora prima di esistere, dove ogni sensazione è appena un lampo di luce, troppo debole e troppo breve perché lui ci si possa aggrappare. C'è una carezza forse dall'altro lato del buio, e una lucina si accende nel vuoto. Che strano però, stavolta non si spegne.

«Allora, sei pronto per il nostro appuntamento?»

Vittoria si sforza di suonare allegra, e chi se ne frega se il tono è di una falsità tale da accapponare la pelle, da qualche parte dovrà pure trovare il coraggio per tenersi insieme. Altrimenti finirà per andare in pezzi, soccombendo alla crisi di nervi che le brucia sottopelle ogni volta che si trova in questa stanza. Quindi, va benissimo così, che benedetta sia questa allegria di carta straccia.

«Nina ha preparato una playlist nuova, me l'ha messa sul telefono, aspetta,» Vittoria smanetta un po' col cellulare finché la musica non parte, bassa e delicata. «Mmm, ok, a quanto pare abbiamo cambiato genere e meno male, no? Ti ricordi quella dell'altra volta? Mammamia.»

Vittoria rabbrividisce, i gusti musicali di Nina sono in perenne cambiamento e completamente imprevedibili. La scorsa settimana, per esempio, dallo speaker del telefono è partita una roba in tedesco così furiosa che un paio di infermiere sono accorse in camera spaventate. Ecco perché, oggi, il volume è basso e la musica è un sottofondo gentile.

Vittoria ascolta per qualche istante, e poi l'espressione stupita diventa curiosa. «Secondo te, questo cambio musicale è solo incertezza adolescenziale o c'è di mezzo una cottarella?»

Il puntino di luce è sempre là, una macchiolina a sinistra del niente. Perché ci sarà pure una sinistra in questa oscurità, giusto? Lui pensa di sì, ammesso che quello che sta facendo sia effettivamente pensare. Magari, se non lo è, è almeno qualcosa di simile, qualcosa a cui può finalmente aggrapparsi. Il puntino di luce inizia a pulsare, onde diafane che si allargano nel buio pigre come la musica che sente. No, scusa, la musica che sente?

«Secondo me è una cotta e sai chi può essere? Mattia, il compagno di scuola, quello che c'ha il padre con la concessionaria d'auto. Te ne ho parlato, vero? È quello che Ingargiola non sopporta perché dice che guarda troppo Nina. Di solito Giuseppe è scemo su ste cose eh, ma forse forse, stavolta c'ha ragione.»

Vittoria si siede accanto al letto e lascia che le sue parole galleggino sulla musica, lente e cadenzate. Non ha nessuna fretta di finire il discorso, in fondo un argomento vale l'altro, l'importante è riempire il silenzio. A volte è difficile però, perché la tristezza è una presenza tangibile in questa stanza e ogni tanto le parole non si fanno nemmeno trovare, si arrendono da qualche parte tra il cuore e la mente. Oggi, però, Vittoria parla e lascia andare la musica e riempie il silenzio di mille altri suoni. La sedia che stride sul pavimento, le chiavi che tintinnano nella borsa mentre ci rovista, un sacchetto di carta che si stropiccia, un tappo che si svita ruotando su sé stesso.

«Ho portato la crema per le mani, Lu'!»

C'è davvero della musica in questo strano posto e tanti piccoli altri suoni che si rincorrono come gocce da un rubinetto difettoso. È fastidioso all'inizio e, per un attimo, l'oscurità sembra una prospettiva così allettante con il suo niente e la sua quiete. Il punto è che, da qualche parte, c'è un bip insistente, regolare, impossibile da ignorare. E Luca sente che deve prestare attenzione. Luca? Oh…

«Ugo ha deciso che deve imbiancare casa e a chi ha chiesto aiuto? A Giuseppe, ovvio. Ma io dico, ti sembra una buona idea?»

Vittoria se lo chiede davvero mentre spalma la crema sulla mano di Luca e lui, dalla sua mente, la asseconda "non lo è?"

No, non lo è. «È una bischerata, ecco che cos'è! Cioè, ma dove vogliono andare? Quelli già erano vecchi a vent'anni, figurati mo'. Già me li vedo, incriccati dopo la prima passata di pennello.» Il Luca dei suoi ricordi scuote la testa con lei. «Che testoni che sono.»

Nonostante tutto, il commento suona pieno d'affetto. Se è per i due testoni o per il ragazzo nella sua mente, Vittoria preferisce non chiederselo. Anche perché, se lo facesse, sa già quale sarebbe la risposta e non è sicura che le piacerebbe. Dovrebbe ripetersi di nuovo - per l'ennesima, inutile, dolorosa volta - che Luca è la figura immobile in quel letto d'ospedale, non l'immagine piena di vita riproposta continuamente dalla sua memoria. Allora meglio non chiedersi niente, dieci anni sono stati utilissimi a perfezionare l'arte del far finta di niente.

«E adesso l'altra mano.» Vittoria posa delicatamente la mano destra di Luca sul lenzuolo e afferra la sinistra. Le vene sono ombre azzurre sotto la pelle sottile del polso, le dita una fila di nocche dolorosamente visibili. «Sei troppo magro, Lu'.»

Luca. Lu'... Ok, si tratta di lui. Lui è Luca. Fin qui ci siamo, c'ha messo un po' a rendersene conto ma è tutto così difficile in questo posto. E pensare è la cosa più difficile di tutte. C'è un tale caos adesso. Suoni e sensazioni si sovrappongono e litigano per imporsi. È una fatica mettere ordine, ma poi il buio comincia a ritirarsi ed è come trovare il bandolo della matassa. La luce è ormai ovunque e la musica ha ceduto il posto d'onore ad una voce. Rassicurante. Familiare. È il centro della luce, il punto più luminoso di tutti e Luca ne è attratto - una falena nella notte.

«Ecco fatto, adesso va meglio.»

Vittoria lascia scivolare la mano sul lenzuolo con un'ultima piccola pacca sul dorso. «Bello liscio e pure profumato di fiori d'arancio e vaniglia.» Ridacchia, sente che, se potesse, Luca la guarderebbe a sopracciglia inarcate. «Oh, la crema me l'ha data Nina, e l'ha pure scelta apposta per te, perché è la sua preferita o qualcosa del genere. A Ingargiola ne ha rifilato una al geranio che puzza solo a guardarla». E infatti, la faccia di Giuseppe era stata tutto un programma, a metà tra il disgusto e l'amore paterno, così indeciso che anche il suo "grazie, bell' 'e papà" era venuto fuori come se avesse un punto interrogativo alla fine. Vittoria sorride mentre mette via la crema, anche le sue mani che profumano come un pomeriggio di maggio. «Oh, però Nina ha ragione, questa è buona davvero. Però, se non ti piace, puoi sempre dirmelo Lu', non mi offendo mica.»

Aspetta, Vittoria. C'è sempre un momento nella liturgia di queste visite, in cui lei si ferma ed aspetta. Cosa di preciso non lo sa bene neppure lei. Sospetta che, a questo punto, andrebbe bene tutto. Il movimento di una palpebra o di un dito, anche solo uno sfarfallamento di ciglia, una risposta qualsiasi. Ci spera ancora, Vittoria, in modo ostinato e cocciuto, senza nulla a sostenerla davvero se non le sue convinzioni. Perché lei Luca lo conosce bene e sente - sa - che c'è un motivo se il suo cuore continua a battere nonostante tutto.

Vittoria ha smesso di fare questi discorsi con gli altri - con Barbara e Pietro, con Elena, con Ugo, persino con Ingargiola - perché si è accorta che loro cominciano a dubitare, stanchi ed addolorati. Ma lei ha imparato ad ignorare le cose che non le piacciono, arte meravigliosa proprio come il far finta di niente. Non sarà un comportamento salutare, va bene, non ha problemi ad ammetterlo ma, finché funziona, è quello che continuerà a fare. Anche adesso, in questo preciso momento. Ignora il nulla che c'è ed insiste.

«Coraggio Lu', perché non apri gli occhi e mi dici qualcosa?»

La luce adesso è accecante e lui è proprio nel centro, il buio così lontano che sembra non essere mai esistito. E la voce… la voce ormai lo circonda, così familiare da starci male. Lo avvolge da ogni angolo, ed è calda come mani che si stringono, profumata come aranci in fiore. E poi c'è il modo in cui pronuncia il suo nome… come se ci fosse una preghiera impressa tra le lettere, una supplica, anche quella familiare, come se Luca l'avesse già sentita mille e mille volte ma solo adesso l'avesse compresa.

«Perché non ti svegli, eh? Hai dormito abbastanza, adesso basta, no? Dai, apri gli occhi, Lu'.»

La luce esplode in un attimo di folgorante consapevolezza. C'è Vittoria al centro di quell'esplosione, la sua voce e quella preghiera che palpita impazzita dal fondo di giorni, mesi e anni. E quando mai lui le ha detto di no?

Aspetta ancora, Vittoria. Spera. E Luca apre gli occhi.

  
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