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Autore: Carme93    07/09/2023    0 recensioni
I nati del 1998 sono figli della guerra e della vittoria su Lord Voldemort.
La loro nascita ha simboleggiato nuova luce nel buio delle tenebre e gioia e speranza in un mondo in macerie da ricostruire. Un chiaroscuro insito nella vita di ognuno di loro.
La generazione figlia della guerra arriva a Hogwarts.
Genere: Fluff, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Potter, Minerva McGranitt, Neville Paciock, Nuovo personaggio, Teddy Lupin | Coppie: Harry/Ginny
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Capitolo ventunesimo


 
 
Cuori che battono forte
 
 
 
Charis sospirò e si stropicciò gli occhi. Ma quanti numeri di Trasfigurazione Oggi erano stati pubblicati? Erano giorni che tentava di rimettere in ordine quella rivista! Si guardò intorno impotente: era trascorsa una settimana, ma l’emeroteca era ancora un disastro. Aveva tentato di dividere le riviste in base al titolo, ma erano comunque troppe.
«Williamson, puoi andartene».
Accolse con sollievo le parole di Madama Pince, nonostante la sua freddezza. Quella donna non poteva più vederla e, naturalmente, non poteva nemmeno darle torto. Stancamente recuperò lo zaino e si avviò fuori dalla biblioteca, con il peso di quei giorni sulle spalle e il pensiero fisso sui compiti che ancora doveva in gran parte svolgere. Nel corridoio, però, urtò qualcuno. «Mi dispiace» strillò, poi si rese conto che era Shawn e abbassò lo sguardo.
«Ti stavo aspettando» disse il ragazzo.
Charis continuò a fissare il pavimento di pietra. «Devo andare a studiare… io…».
«Puoi benissimo dedicarmi qualche minuto. Ti accompagno».
«Ma il coprifuoco…».
«Ancora mancano dieci minuti… Charis, che ti ho fatto? Sono giorni che mi eviti…».
«Nulla» mormorò dopo qualche minuto la ragazzina. Shawn l’aveva seguita fino al piano inferiore e non sembrava preoccuparsi di essere tanto lontano dalla sua Sala Comune.
«Perché mi eviti allora?».
«Non ti evito».
«Charis» sbottò esasperato il Grifondoro.
«Scusami».
«Mi fai capire?».
Charis si fermò e senza guardarlo negli occhi rispose: «Delle ragazze di Corvonero mi hanno detto di starti lontano… All’inizio ho provato a ignorarle, ma loro hanno cominciato a insultarmi o a spingermi nei corridoi… Ma mi sembrava assurdo evitarti, perché me lo dicevano loro… Poi in biblioteca hanno fatto quel disastro… Non lo so… mi sono spaventata e… scusami». Charis scoppiò in lacrime.
«Ma…». Shawn impiegò qualche secondo a trovare le parole. «Perché non me ne hai parlato subito? Perché ti sei presa la colpa per il macello in biblioteca?».
«Non lo so» pianse più forte Charis. «Ho avuto paura. Tu non hai visto Madama Pince e McBridge litigare… Poi è arrivato Vitious e… non lo so… non sono riuscita a spiccicare parola… ».
Shawn sospirò. «Che vogliono quelle da me?».
«Non lo so… credo che tu gli piaccia… Credo siano invidiose del fatto che trascorro del tempo con te…».
«Seriamente?» chiese sorpreso il ragazzo. «Ma chi sono? Le conosco?».
«Sono del tuo anno» replicò Charis tirando su con il naso.
«Delle Corvonero del mio anno?» ribatté Shawn meditabondo. «Oh, no, non mi dire che sono la Fernsby e il suo gruppetto…».
Charis annuì.
Shawn si passò una mano tra i capelli. «Ora andiamo a parlarne con il professor Vitious».
Charis sgranò gli occhi e scosse la testa.
«Come no?».
«Che devo dirgli? Quella sera non ho risposto alle sue domande».
«Eri spaventata!».
La ragazzina chinò gli occhi, ma non si oppose quando lui le prese la mano per condurla all’ufficio del vicepreside.
«Mio zio è furioso» gli raccontò. «Vitious gli ha scritto per dirgli dell’emeroteca…».
«Almeno a tuo zio potevi spiegare la verità».
«Non gli ho nemmeno risposto».
«Seriamente?» borbottò Shawn che, durante le vacanze, aveva dimostrato chiaramente di essere in soggezione alla presenza dell’Auror Williamson.
«Sì, e lui mi ha mandato un’altra lettera… Non mi aveva mai detto quelle cose… È davvero arrabbiato…».
Shawn sospirò. «Ma anche tu come ti viene in mente di prenderti la colpa di una cosa del genere? Ho sentito Madama Pince dire che alcune riviste risalivano a secoli fa e sono andate in parte distrutte!».
«Non ho pensato in quel momento» piagnucolò Charis.
Insieme raggiunsero lo studio del professore e Shawn bussò. Fu dato immediatamente loro il permesso di entrare. Il professor Vitious era in compagnia di un Mark alquanto stanco e palesemente prostrato.
«Signorina Williamson, signor Lattes, non vi aspettavo a quest’ora».
«Vorremo parlarle, signore» replicò Shawn.
Vitious annuì e congedò Mark, che sembrò alquanto sollevato e scappò via. Il professore lo seguì con lo sguardo e poi a sorpresa si rivolse a Charis. «Che cos’ha Becker in questo periodo?».
Charis non si aspettava quella domanda e boccheggiò; alla fine decise di rispondere in modo vago: «È preoccupato per i suoi fratelli e per lo studio».
Il professore si accigliò, ma non indagò oltre. «Di che cosa volete parlarmi?».
«Charis le vorrebbe raccontare che cos’è successo la settimana scorsa in biblioteca, professore».
In realtà, Charis avrebbe voluto essere al sicuro nella sua camera in quel momento.
«Sono molto curioso di sentire la tua versione, signorina Williamson. Sinceramente sono rimasto molto sorpreso da quanto le ragazze di Corvonero e Madama Pince mi hanno riferito, non trovo un motivo logico perché l’avresti fatto. Un comportamento del genere è ben lontano dalla prova di te che avevi dato fino a questo momento… Ho scritto a tuo zio anche per questo motivo e lui condivide le mie preoccupazioni».
«Dai, Charis» sussurrò Shawn per incoraggiarla.
La ragazzina si mordicchiò il labbro e tentò di raddrizzarsi sulla sedia come le aveva insegnato miss Shafiq. «Non sono stata io» mormorò. «Stavo facendo delle ricerche, quando sono arrivate quelle ragazze».
«Che ricerche?» domandò Vitious.
Charis sapeva di dover mentire, ma sinceramente non voleva costruire castelli di bugie che poi magari le sarebbero rovinati addosso. «Cercavo informazioni sul padre di Mark».
Il professore apparve sorpreso. «E per quale motivo?».
«Vuole sapere che cosa faceva durante la guerra, ma tutti gli adulti a cui l’abbiamo chiesto si sono rifiutati di risponderci… Teddy ci ha provato anche con il suo padrino…».
«A volte è meglio che alcune cose rimangano nel passato, non credi?» replicò allora Vitious. «La verità fa male e talvolta è superflua».
La ragazzina era basita: «In che senso superflua?».
«Becker che cosa otterrebbe a rivangare il passato in questo momento? I suoi problemi sono nel presente». Charis non poteva raccontargli anche di McBridge, non riteneva corretto spifferare tutti i problemi dell’amico: aveva già parlato troppo. Scambiò una rapida occhiata con Shawn, che sembrò concordare perché non commentò. «Allora, che inerenza hanno le tue ricerche con quello che è successo?».
«Nulla» ammise la ragazzina e titubante gli raccontò delle minacce delle Corvonero e di come si fosse spaventata quella sera.
Il professore l’ascolto attentamente e rifletté qualche secondo prima di parlare. «Domani mattina parlerò nuovamente con Madama Pince e le tue compagne di Corvonero e vedremo come affrontare questa situazione».
 
*
 
Teddy si passò una mano tra i capelli nel vano tentativo di apparire più ordinato: quella notte si era addormentato tardi e, naturalmente, aveva faticato ad alzarsi quella mattina. Tra l’altro l’idea di due ore di Pozioni in compagnia dei Serpeverde per iniziare la giornata non era sicuramente quello che una persona normale si sarebbe mai augurata. Non lui comunque.
«Ragazzi» sbottò Charlie fissando lui, Mark ed Enan, «le lezioni sono già deprimenti di suo, non metteteci pure il vostro muso».
L’unico che diede segno di sentirla fu Mark, che le rivolse uno sguardo rassegnato: Pozioni non era una materia che lo faceva impazzire, anche se ora fortunatamente aveva tutto il materiale necessario.
Teddy ed Enan avevano fissato la loro attenzione sui due Serpeverde che tormentavano i loro pensieri.
«Oh, i Tassorosso» li accolse Antonin Dolohov notandoli.
Thomas Mulciber rivolse loro uno sguardo incerto.
I sei Tassorosso si avvicinarono all’aula di Pozioni in silenzio. Charis e Mark ricambiarono i saluti di Edith Yaxley e Caroline Shafiq, ignorando gli altri che si fissavano in cagnesco.
«Dai, Antonin, il professore sarà qui a momenti» intervenne Edward Burke temendo che, come al solito, il compagno si sarebbe scontrato con i Tassorosso. Entrambi avevano perso fin troppi punti ultimamente.
A Teddy, però, non interessava nulla: ogni qualvolta si trovava Dolohov di fronte, perdeva ogni buon senso.
«Ma lo sapete che stasera ci sarà la luna piena?» chiese a gran voce Dolohov. «Lupin, andrai a fare un giro nel parco stanotte?». Lui e Thomas si misero a ululare scioccamente.
«Io ti spacco la faccia» ringhiò Teddy lanciandosi sull’altro, ma sorprendentemente fu Charlie a trattenerlo.
«C’è Lumacorno» sussurrò lei semplicemente.
«A tempo debito daremo loro la lezione che meritano» aggiunse Zoey al loro fianco.
Ricambiarono fiocamente il saluto del professore ed entrarono in aula dopo i Serpeverde.
«Teddy, lo so che è difficile, ma concentrati sulla lezione» mormorò Charis sedendosi accanto a lui.
Il ragazzino la fissò per qualche secondo: l’amica aveva delle belle occhiaie per merito di un gruppetto di stupide Corvonero che l’avevano messa in un bel pasticcio e che non la stavano aiutando più di tanto a rimediarlo.
Teddy distolse lo sguardo e lo rivolse a Lumacorno, che aveva iniziato a spiegare. Charis era perfetta per la loro Casa. Ma lui? Negli ultimi tempi si sentiva sempre a disagio. Decise di ascoltare il consiglio dell’amica e s’impegnò a distillare la pozione del giorno. Stranamente a poco a poco si rilassò, dimenticandosi quasi di chi lo circondava.
«Lo sai, Ted» attirò la sua attenzione Lumacorno, che come sempre girava tra i banchi e non mancava di elogiare i suoi pupilli, «quando sei concentrato, assomigli davvero a tuo padre… Oh, sì, me lo ricordo ancora… sempre in compagnia dei suoi amici…» gli fece l’occhiolino e passò oltre.
Il ragazzino spalancò la bocca sconcertato da quelle parole: si era aspettato che il professore tirasse in ballo Harry, come sempre da mesi; invece, l’aveva paragonato a suo padre. Suo padre.
«Attento» lo fermò Charis, mentre stava aggiungendo altra bava di lumaca nel calderone.
Riprese a lavorare, mentre un fiotto di calore si espandeva nel suo petto. Lumacorno era stato il professore di suo padre. Secondo Lumacorno lui assomigliava a suo padre! Non ricordava che suo padre avesse fatto parte del Lumaclub. Doveva assolutamente chiederlo a Harry si disse, mentre versava la sua pozione in una fiala per consegnarla all’insegnante alla fine della lezione.
Harry.
Avevano litigato. O meglio era lui ad avercela con il suo padrino. E non l’aveva ancora perdonato. Però avrebbe tanto voluto sapere qualcos’altro su suo padre. Suo padre studente. Chissà se Lumacorno aveva insegnato anche a sua madre.
Charlie lo trascinò fuori dall’aula, perché l’intervallo non durava molto e loro dovevano progettare uno scherzo ai danni di Dolohov e dei suoi amici. Il ragazzino, però, non le ascoltò veramente. Nelle ultime settimane altri pensieri si erano aggiunti ai precedenti. Quanto aveva trascurato quello che riteneva il suo migliore amico? Quanto si prendeva realmente cura dei suoi amici? Lumacorno aveva detto che assomigliava a suo padre, che stava sempre in compagnia dei Malandrini; però, Harry gli aveva raccontato tante volte la loro storia e lui era sempre più convinto di non essere un buon amico. Si stava preoccupando per Enan? Per Mark? Per Charis? No, pensava solo a sé stesso. Se non fosse stato per Diana, avrebbe ignorato anche Laurence con cui era cresciuto.
Inoltre, la conversazione con Paciock l’aveva sorpreso. Conosceva Neville da prima di Hogwarts, perché lui e la moglie erano cari amici di Harry e Ginny, quindi non avrebbe dovuto essere sorpreso della sua umanità e umiltà: aveva ammesso di non conoscere i disturbi di cui parlava Diana, ma aveva accettato di leggere la lettera del signor Webster in cui ne parlava; in seguito aveva convocato i genitori di Laurence per condividere quelle informazioni e chiedere il loro parere. Non era ancora stata trovata una soluzione, ma Laurence era già più tranquillo, perché non si sentiva più solo ad affrontare quanto l’aveva tormentato fino a quel momento.
Neville gli aveva fatto sentire la mancanza di Harry, ma non voleva ancora ammetterlo. Cosa aveva spinto il Cappello Parlante a mandarlo tra i Tassorosso se peccava tanto di orgoglio?
«Ci stai ascoltando?» lo chiamò Zoey.
Teddy annuì distrattamente. Avrebbe tanto voluto chiedere a Lumacorno di parlargli di suo padre da studente. Ne avrebbe trovato il coraggio?
 
*
 
«Sveglia! Sveglia!» strillò Zoey saltando dal letto di Charlie a quello di Charis. Nessuna delle due ragazzine, però, sembrava intenzionata ad alzarsi.
«Che hai?» borbottò Charis facendo capolino da sotto le coperte.
«Come che ho? Oggi è San Valentino! La festa degli innamorati!».
Charis emise una specie di gemito e tornò a nascondersi sotto il suo caldo patchwork.
«Avanti, su! Charlie è una giornata speciale».
Zoey con un sospiro dovette costatare che nessuna delle due voleva alzarsi dal letto. In circostanze normali sarebbe stata d’accordo, in fondo erano le sette e mezza di domenica mattina; ma quella non era una domenica qualsiasi! Era San Valentino!
Recuperò il mantello e scese in Sala Comune. Era un po’ delusa, ma se lo aspettava: nessuna delle due amiche si era mostrata entusiasta di fronte al suo piano, anche se Charlie l’aveva accompagnata dal professore McBridge per chiedergli il permesso di mettere in atto il suo progetto. Il loro Direttore era sembrato straordinariamente contento della loro proposta, aveva iniziato a pronunciare un discorso non del tutto chiaro sull’amore e sulla necessità di volersi bene. Zoey l’aveva rivalutato, mentre Charlie era sempre più convinta che gli mancasse qualche rotella.
A Zoey non interessava lo stato di salute mentale di McBridge, ma di poter attuare quanto aveva pensato per rendere quella giornata favolosa. Fortunatamente, a differenza di Charlie e Charis, alcune compagne, con cui aveva stretto amicizia in quei mesi, si erano mostrate molto più interessate e intenzionate ad aiutarla.
«Dove stai andando?».
La voce sospettosa della Caposcuola la bloccò proprio all’ingresso della Sala.
Si voltò verso di lei con un enorme sorriso. «Ho avuto un’idea fantastica per festeggiare San Valentino! Vado in Sala Grande per fare colazione e sistemare gli ultimi dettagli con le mie amiche» strillò tutta contenta e corse via prima che una basita Eleanor Montgomery ritrovasse la parola.
In Sala Grande già l’attendevano Hannah Carson e Britney Palmer di Grifondoro, le raggiunse e sedette con loro. Anche le Grifondoro di quell’anno, come loro Tassorosso, erano solo in tre, ma Dalila Allen, proprio come Charlie e Charis, non condivideva minimamente la loro idea. Cominciarono a mangiare con gusto ed emozionate. Ben presto furono raggiunte da Ida Fisher, Laila Powerful, Grace Chapman e Louise Sullivan di Corvonero. Era strano per Zoey avere a che fare con quelle quattro. Aveva conosciuto Ida e Laila fin dall’inizio della Scuola e, forti delle loro comuni origini, avevano mantenuto i rapporti in quel mondo per loro da scoprire; ma Grace e Louise non le frequentava di solito: erano troppo secchione e giudiziose. Erano state loro a spingerla a chiedere il permesso a un insegnante e le aveva accontentate. Diana Webster, la Corvonero amica di Teddy, era arrossita e si era rifiutata di collaborare. Le uniche che Charlie aveva tentennato a coinvolgere erano le Serpeverdi, perché era consapevole di quanto Charlie odiasse Matilde Gould. Aveva tentato con Edith Yaxley e Caroline Shafiq, ma quelle due erano così simili a Charlie che le avevano riso in faccia. La mancanza di Serpeverde nel gruppo, però, era stato un problema da risolvere. Alla fine, grazie a Robin Peters, aveva conosciuto Annael Capell, una Serpeverde del secondo anno, che si era mostrata felice e disponibile di collaborare con loro. Lei fu l’ultima ad arrivare e stranamente non commentò la loro scelta di sedersi al tavolo dei Grifondoro. A quell’ora in Sala Grande vi erano pochissimi studenti e qualche professore.
«Avete preparato le scatole?» chiese Zoey.
Hannah e Britney tirarono fuori da sotto il tavolo una scatola rossa decorata con cuori dorati. «Vi piace?» domandò la prima. Le altre ragazze annuirono.
«La nostra è blu» disse Laila, estraendola con fatica dallo zaino dove l’aveva fatta entrare di forza.
Annael ne aveva portata una verde con tanti piccoli cuoricini argentati.
Zoey, per conto suo, aveva ricoperto la propria con una carta lucida dorata e aveva aggiunto sulla parte centrale di uno dei due lati lunghi un tasso racchiuso in un cuore. Le altre le fecero i complimenti e lei si schermì felice. «Bene, quindi, queste le metteremo vicino alle clessidre, non troppo in vista né troppo nascoste» ricapitolò.
Le ragazzine annuirono. Conclusero la colazione e posizionarono le scatole come prestabilito. Zoey, al suo rientro in Sala Comune, costatò felicemente che gran parte dei Tassorosso era in piedi, così decise di annunciare a tutti la sua splendida idea.
«In una scatola vicino alla nostra clessidra potrete inserire un biglietto di auguri di San Valentino indirizzato a un Tassorosso o a qualunque persona della Scuola! Io e le altre ragazze vi promettiamo che smisteremo ordinatamente i vostri messaggi senza leggerli. Avete tempo fino alle sedici, perché dovremo recuperare le scatole e distribuire i messaggi prima del coprifuoco».
I compagni la fissarono in silenzio, alla fine, quando compresero che era seria, qualcuno rise, qualcuno arrossì, qualcun altro la fissò incredulo.
«E dai, non mi dite che non avete una piccola cotta! O quella ragazza o quel ragazzo che non avete nemmeno il coraggio di avvicinare! O con cui balbettate appena lo vedete… Questa è la vostra occasione!».
Un brusio sempre più forte si levò dagli studenti radunati, che ben presto cominciarono a discuterne tra loro e la ragazzina sorrise soddisfatta. Si disse che avrebbe potuto tentare di svegliare Charlie e Charis.  Chissà se i ragazzi si erano già alzati, ma lì non li vedeva.
«Hai il permesso?» sbuffò una voce vicino a lei.
Zoey sobbalzò non avendo sentito la Montgomery avvicinarsi. «Certo, ho chiesto il permesso al professor McBridge e lui ne è stato contento».
«Mi prendi in giro?» ribatté la Caposcuola.
«No, te lo giuro. C’era anche Charlie con me. Non l’avevo mai visto così».
«Da felice è ancora più inquietante» commentò Charlie apparendo alle loro spalle.
«Ti sei svegliata!» strillò Zoey felice.
«Sì, ho appuntamento con Landerson e altri per giocare a Quidditch».
Zoey cercò di non far trapelare la sua delusione. «Charis?».
La ragazzina si avvicinò a loro e si strinse nelle spalle. «Scusa Zoey, devo proprio studiare, per sistemare l’emeroteca ho perso un sacco di tempo».
La Caposcuola sospirò e si allontanò.
Zoey sbuffò ma non insisté; per trascorrere il tempo – avrebbe voluto che fossero già le quattro! – andò a bussare alla porta dei ragazzi. Teddy le diede il permesso di entrare.
Erano tutti e tre vestiti, ma stravaccati sui loro letti.
«Ah, sei tu» l’accolse Teddy riportando lo sguardo sul tomo che aveva davanti. Vecchio, logoro e massiccio.
«Che leggi?» chiese ignorando il suo tono.
«Un libro sui duelli».
Inevitabilmente il pensiero della ragazzina andò al duello tra maghi di qualche mese prima. Era stata una pessima idea e sperava che il compagno si dedicasse ad altro. Posò il suo sguardo sugli altri due. Enan era seduto e lanciava e riprendeva una pluffa quasi meccanicamente. Era l’unico suono nella stanza. Mark, invece, studiava a sua volta un altro tomo che sembrava ancora più fragile di quello di Teddy.
«Parla di Legilimanzia» le disse precedendo la sua domanda. «Me l’ha prestato il professor Vitious. Che cosa possiamo fare per te?» aggiunse gentilmente.
«Io e le ragazze abbiamo messo in atto il nostro progetto» replicò. «Pensavo volesse saperlo».
«Come no, ho proprio un bigliettino a forma di cuore nascosto sotto il letto» sbottò sarcasticamente Enan continuando a giocare con la pluffa.
Zoey sbuffò: ma perché era tutti così poco collaborativi? San Valentino era la festa di chi si voleva bene!
«Sai come dicevano alla mia Scuola babbana?» le domandò Teddy.
La ragazzina roteò gli occhi, conscia delle battutine e delle frasi tipiche di San Valentino che circolavano tra i Babbani. «Cosa?».
«Che San Valentino è la festa di ogni cretino, che crede di essere amato e poi viene fregato».
Enan scoppiò a ridere, una risata inquietante che fermò anche la replica di Zoey. Teddy sbiancò, probabilmente rendendosi conto in ritardo di quello avrebbe potuto implicare quello che aveva detto. Persino Mark abbandonò la sua lettura.
«Enan» tentò Teddy. «È una cosa stupida, la dicevano tutti per scherzare… volevo solo far irritare Zoey…».
«Ma è la verità!» sbottò Enan, alzandosi dal letto. «Alla fine l’amore ti frega sempre».
«L’amore di una madre, no» mormorò Zoey.
«Pure quello» sibilò Enan avviandosi verso la porta.
«Dove vai?» gli chiese Teddy.
«A passare del tempo con gli unici esseri viventi che non ti tradiscono» ribatté, sbattendosi la porta alle spalle.
«Dove va?» domandò Zoey.
«Probabilmente da Hagrid» sospirò Teddy, dispiaciuto per quello che aveva detto.
«Comunque, vado via. Raggiungo le altre ragazze» sbuffò Zoey, seccata dalla loro testardaggine. E così, per quel giorno, ignorò i suoi compagni e trascorse il pranzo e il pomeriggio con le ragazzine delle altre Case. Tutte non stavano nella pelle al pensiero che presto avrebbero potuto aprire le scatole e distribuire i bigliettini.
Zoey alla Scuola babbana ne riceveva sempre qualcuno, non quanto alcune sue amiche, ma era sempre contenta lo stesso. Ora sì sentiva un po’ preoccupata: l’avrebbero ignorata oppure considerata poco femminile perché andava in giro con Charlie a fare scherzi stupidi?
«Allora, Zoey?».
«Cosa?» chiese non avendo sentito la domanda.
«Dico a te piace qualcuno?» chiese Annael.
«No» ammise sinceramente. C’erano tanti ragazzi carini nella Scuola, ma nessuno l’aveva colpita particolarmente. Probabilmente, il mondo della magia così fantastico e nuovo ai suoi occhi aveva preteso tutta la sua attenzione in quei mesi.
«Ragazze, venite subito» strillò Grace Chapman di Corvonero.
«Che succede?» chiese allarmata Hannah Carson.
«Dolohov e i suoi amici hanno fatto saltare in aria la scatola dei Serpeverde e vogliono fare lo stesso con le altre!».
A quelle parole corsero tutte nella Sala d’Ingresso. Effettivamente Dolohov, Burke e Mulciber si ergevano di fronte a Ida Fisher e Laila Powerful, quest’ultima quasi in lacrime.
«Che problemi hai ora?» sbottò Zoey fronteggiandolo. Al suo fianco si posero Hannah Carson e Britney Palmer.
«Oh, Turner, dov’è Krueger? Si è stancata di una stupida Nata Babbana?».
Zoey arrossì furiosa e la sua bacchetta emise scintille rosse.
«Non sai fare altro» commentò accigliato Edward Burke.
«Figurati, nemmeno copiando da Lupin riesce a prendere la sufficienza».
Gli occhi della Tassorosso saettarono. «Questo non è vero!».
«Ah, no, Mulciber che dici» lo riprese Dolohov. «Quello è Landerson, stupido Grifondoro». I due Serpeverde risero stupidamente.
Zoey strillò: «Stupeficium».
Dolohov fu sospinto a terra e gemette.
Gli altri due Serpeverde la fissarono sorpresi.
«Cavoli, Zoey, me lo devi insegnare» sospirò Britney.
La Tassorosso non era sicura che l’effetto dell’incantesimo fosse solo quello di spingere a terra l’avversario – Dolohov si stava già rialzando, ma fu comunque contenta. Lei e Zoey avevano iniziato a leggere il manuale di Difesa contro le Arti Oscure per fatti loro, dando particolare attenzione agli incantesimi offensivi.
«Everte Statim» ruggì Dolohov.
Zoey fu sbalzata con violenza contro lo sgabello che reggeva la scatola dei Grifondoro, altre lettere si unirono a quelle già sul pavimento. Le salirono le lacrime agli occhi sia per il dolore sia per l’ingiustizia.
«Beh, che succede qui?».
Hannah, Britney e Annael si erano gettate alla babbana su Dolohov che cercava di allontanarle.
Tutti si voltarono e incrociarono gli occhi del professor Paciock, ammantato nel suo solito mantello. Probabilmente era appena rientrato dalle serre.
Zoey si rimise in piedi a fatica, mentre le Grifondoro e le Corvonero facevano a gara per raccontare al professore quello che era successo. Naturalmente, i Serpeverde tentavano di intervenire.
«Basta così» sbottò Paciock, che era solo più confuso. «Venite nel mio ufficio».
Zoey roteò gli occhi e lo seguì. Solo in quel momento si accorse che sulla soglia si era fermato un gruppetto di ragazzini. Charlie le rivolse uno sguardo serio, accanto a lei anche Landerson, Harper, Dalila Allen, la Shafiq e la Yaxley sembravano arrabbiati.
Fortunatamente, l’ufficio di Paciock non era distante o la Tassorosso non ce l’avrebbe fatta. Lo scontro con il pavimento le aveva fatto più male di quanto avesse creduto in un primo momento. Lei e le altre ragazze si addossarono da un lato della stanza e lasciarono i tre Serpeverde da soli.
Paciock, lungimirante, inviò un patronus agli altri Direttori e si sedette dietro la scrivania massaggiandosi le tempie.
La Tassorosso si disse che il professore avrebbe preferito trascorrere quella giornata con la moglie. Chissà se si sarebbero visti almeno per una cena romantica. Presa da curiosità, fu sul punto di chiederglielo, ma l’arrivo dei professori Lumacorno e McBridge glielo impedì. Il professore Lumacorno lasciò vagare lo sguardo sui ragazzi presenti e si fermò con disappunto su Dolohov, Mulciber e Burke; McBridge rimase rigidamente sulla soglia dopo essersi chiuso la porta alle spalle.
«Neville, perché ci hai chiamato? Filius verrà tra poco» disse Lumacorno.
«Ho trovato questi ragazzi che bisticciavano nella Sala d’Ingresso. Turner era a terra, mentre Palmer, Carson e Capell attaccavano Dolohov alla babbana» riferì Neville. «Alla mia richiesta di spiegazioni, naturalmente, si sono incolpati a vicenda».
«Possiamo sapere perché avete litigato?» chiese gentilmente il professore Lumacorno. «Una alla volta» aggiunse, considerando che avevano ricominciato a urlarsi contro.
Zoey prese la parola e disse che i Serpeverde avevano distrutto il loro progetto. Le scapparono delle lacrime.
«Che progetto?» chiese Neville.
La Tassorosso era stranita. Come faceva a non ricordarlo? «Quello per San Valentino, no?». Ma, vedendo il professore continuare a non capire, gli raccontò tutto.
«Con il permesso di chi?» chiese la vocetta stridula del professor Vitious che era sopraggiunto in tempo per ascoltarla.
Le sue compagne, specialmente le Corvonero, le lanciarono un’occhiata stranita.
«Il vostro, no?» mormorò Zoey incerta.
«Il nostro? Non ricordo di aver mai sentito parlare di questa storia prima d’ora» replicò Vitious.
«Io ho chiesto il permesso al professor McBridge» disse sorpresa Zoey. Per una volta che aveva rispettato le regole! «E il professor ha detto che andava bene e che ve l’avrebbe riferito».
«Ah, sì, è vero» intervenne McBridge. «È una bella idea. Naturalmente, i Serpeverde hanno cercato di portare scompiglio».
«Mi occuperò io di Dolohov, Burke e Mulciber» sospirò il professor Lumacorno.
«Sì, ma anche le signorine Turner, Carson, Palmer e Capell vanno punite per il loro comportamento» disse Vitious lanciando un’occhiata eloquente ai colleghi.
Neville annuì.
«Si sono solo difese» intervenne il professor McBridge.
«A me sembra che abbia attaccato per prima la signorina Turner» ribatté Vitious. «Ho capito male?».
«No, signore» replicò Zoey a testa alta. Era un po’ strano essersi messa nei guai senza Charlie. «È ingiusto quello che Dolohov ha fatto. Ci siamo impegnate molto, solo per rendere questo giorno speciale per tutti…».
«I Serpeverde…» iniziò McBridge.
«Scusami, Osvald, credo che questa conversazione dovremmo continuarla in privato» lo fermò Vitious.
«Io credo che a questo punto le ragazze potrebbero portare al termine il loro compito» intervenne Neville. «In fondo, lite a parte, avevano delle buone intenzioni».
Zoey non credette alle sue orecchie.
Vitious assentì. «Per me va bene».
Anche il professore Lumacorno fu d’accordo; così, congedate, le ragazze si allontanarono velocemente, consce che i tre professori fossero sul punto di litigare.
«E ora come facciamo? Le lettere saranno volate dappertutto!» disse Annael.
Zoey non rispose, troppo seccata per quanto accaduto.
Quando raggiunsero la Sala d’Ingresso, però scoprirono che Charlie, Edith Yaxley, Caroline Shafiq, Samuel Harper, Laurence Landerson e Danila Allen avevano rimesso tutto in ordine.
«Non mi hai detto che il tuo piano comprendeva un duello con Dolohov, in caso contrario sarei rimasta» l’accolse Charlie con un ghigno.
«Qui è tutto a posto» comunicò Caroline Shafiq. «Noi andiamo a farci una doccia prima di cena».
«Ci siamo permesse di dividere le lettere in base alla Casa del destinatario, così ora potete direttamente distribuirle nelle Sale Comuni o non so quale fosse la vostra idea…».
«Grazie, Charlie!» strillò Zoey con le lacrime agli occhi. Alla sua amica non interessava nulla di San Valentino, eppure si era presa del tempo per aiutarla. L’abbracciò di slancio.
«Sono tutta sudata» borbottò Charlie sempre allergica ai gesti troppo espansivi e affettuosi.
A quel punto le ragazze si divisero e nuovamente emozionate distribuirono i bigliettini ai loro compagni di Casa.
Quella sera sul tardi, Zoey sedette accanto a Charlie sul divano della Sala Comune. L’amica stava finendo di copiare i compiti da Charis.
«Tutto bene?» le chiese distrattamente Charlie.
«Sì, ho un ultimo bigliettino da consegnare» le rispose.
«Ancora?».
«Già, tieni».
Charlie sollevò il capo e la fissò interdetta, mentre le porgeva un foglio di pergamena colorato ripiegato in due.
 
*
 
«Charlie, che ti sei messa?» chiese perplessa Zoey.
L’amica sorrise e girò su sé stessa: aveva un’enorme sciarpa stretta al collo con i colori della loro Casa; ma non era quello il problema, no. Charlie quella mattina aveva chiesto trucchi in prestito a Zoey e ad altre ragazze più grandi, adesso il suo viso era per metà giallo e metà nero.
«Ho finito quel coso che mi hai dato, poi te lo ricompro».
Zoey sospirò e decise di non commentare oltre: erano giorni che Charlie parlava di quella partita. Tassorosso avrebbe affrontato Grifondoro, probabilmente l’ultima possibilità per rimanere in corsa per la Coppa.
Charlie aveva perseguitato Penelope Pawel del secondo anno, perché riteneva che la ragazza rappresentasse l’unica possibilità per la loro squadra di vincere: se avesse preso il boccino prima del Cercatore di Grifondoro, avrebbero vinto. La ragazzina aveva avuto quasi una crisi isterica la sera prima e ancora una volta Charlie e Peter Andrews, il loro Capitano, avevano avuto da ridire. O meglio, Peter l’aveva rimproverata e poi ne aveva ignorato le polemiche, finché la Caposcuola non era intervenuta per riportare la pace in Sala Comune.
«Tu per chi tifi?» Charlie chiese subito a Charis prima di lasciarle il tempo di sedersi al loro tavolo.
«Per Tassorosso, naturalmente» replicò Charis seccata.
Charlie aveva stressato anche lei in quei giorni, almeno finché non l’aveva minacciata di non farle più copiare i compiti. Il problema improvvisamente era diventata la sua amicizia con Shawn Lattes, perché il ragazzo era il Cercatore di Grifondoro.
Fecero tranquillamente colazione e, quando Charlie vide Andrews richiamare l’attenzione della squadra, decise di andare anche lei allo stadio anche se un po’ in anticipo. Zoey la seguì, sebbene non sembrasse particolarmente entusiasta di sacrificare il sabato mattina per una partita di Quidditch.
«Charlie! Charlie!».
«Muoviamoci» disse la ragazzina quasi trascinando Zoey nel parco.
«Per quanto hai intenzione di evitarlo?» le chiese esasperata.
«Per sempre».
Era da San Valentino che Charlie evitava Robin Peters, perché le aveva inviato un bigliettino d’auguri. Zoey non comprendeva la reazione dell’amica, personalmente era stata lusingata dai bigliettini che aveva ricevuto.
Charlie avrebbe voluto seguire la squadra negli spogliatoi, ma Andrews non gliel’avrebbe permesso, per ciò le due Tassorosso si diressero sugli spalti.
«Fa freddo» si lamentò Zoey, chiedendosi come si potesse pensare a inseguire pluffe e boccini su una scopa quando tutto intorno era ricolmo di neve e il cielo minacciava una nuova nevicata.
Charlie non replicò troppo presa dal vagliare gli schemi che la loro squadra avrebbe potuto impiegare per avere qualche possibilità in più di sconfiggere Grifondoro. Zoey fu sollevata quando furono raggiunte da Teddy, Enan e Mark pronti per tifare per Tassorosso e si lasciarono coinvolgere dagli sproloqui della compagna. Persino Charis poco prima dell’inizio le raggiunse. E Zoey capì che era come quando giocava la squadra di calcio della Scuola: era una questione di appartenenza, non di sport.
Le due squadre entrarono in due file ordinate alle spalle di Madama Bumb; i due Capitani, Alexis Becker e Peter Andrews, si avvicinarono e si strinsero la mano. Allora Madama Bumb fece segno ai ragazzi di salire sulle scope, poi liberò bolidi e boccino. Infine, lanciò la pluffa in aria. La partita era iniziata.
«Andrews si impossessa della pluffa, supera Becker e poi passa la pluffa a Field» gridò un Grifondoro del quarto anno che faceva la cronaca.
«Vaiiii» strillò Charlie saltando sul sedile e ignorando i richiami preoccupati di Zoey.
Persino Teddy ed Enan sembrarono risvegliarsi un po’.
La pluffa era passata di nuovo a Andrews, il quale aveva fatto la finta di passarla a Caroline Sylvester; purtroppo Fabian Brown non cadde nell’inganno e parò senza problemi.
«Riprendetevi quella cavolo di pluffa» sbottò Charlie, mentre i Grifondoro partivano all’attacco. Fortunatamente anche Corbin Savage era bravo e bloccò il primo tentativo di segnare degli avversari. «Pawel datti una mossa!».
Dopo circa cinque minuti, però, Grifondoro andò in vantaggio grazie a Christian Anders. La folla rosso-oro scoppiò in un boato assordante. Le imprecazioni originali di Charlie si persero nel fracasso.
Tassorosso non tardò a reagire e Samantha Field pareggiò di lì a pochi minuti.
«Grande! Grande! Fagliela vedere a quel cretino di Brown!».
La partita, però, fu presto dominata dai Grifondoro: i loro battitori, Fagan e Artek Macfusty, cominciarono a prendere di mira tutti i cacciatori di Tassorosso, che ebbero difficoltà a opporsi.
«Se prendiamo il boccino possiamo ancora vincere?» chiese Zoey tentando di attirare l’attenzione dell’amica.
Charlie sospirò e si sedette accanto a lei. «Insomma, stiamo perdendo 50 a 20. Se prendessimo ora il boccino, vinceremmo proprio di misura… ma meglio di niente…».
«E quante possibilità abbiamo?».
«Guardate Lattes» gemette Teddy indicando il Grifondoro filare verso l’alto.
«Dov’è la Pawel?» ringhiò Charlie, per poi darsi una manata in faccia. La ragazzina di Tassorosso si era accorta in ritardo del movimento di Lattes e, nonostante si fosse posta subito all’inseguimento, era troppo tardi.
«Grifondoro vince per 200 a 20!» gridò il cronista.
Charlie si accasciò sul sedile. «L’anno prossimo entrerò in squadra. La Sylvester è proprio un peso inutile».
«Le facciamo uno scherzo?» propose Zoey per tirarla su di morale.
«Oh, sì» si rianimò Charlie.
 
*
 
Enan colse con sollievo la fine della lezione di Trasfigurazione e, senza attendere i compagni, corse via desideroso di andare da Hagrid prima che facesse buio. Corse nella neve e non si curò nemmeno dello sferzante vento freddo. Tremando bussò alla porta del guardiacaccia e professore di Cura delle Creature Magiche.
«Enan!» lo accolse quello felice. «Sono contento che sei venuto».
«Grazie». Il ragazzino sorrise spontaneamente: erano settimane che non andava a trovarlo e solo in quel momento si accorse di quanto gli fosse mancato. «Qual è il problema? Nella lettera dicevi che avevi bisogno di me».
«Oh, sì. Ho trovato un cucciolo di Kneazle ed è ferito».
«Un cucciolo di Kneazle?» ripeté sorpreso Enan.
«Esatto, sicuramente sarà scappato a qualcuno a Hogsmeade, dovremo cercarne il padrone» replicò Hagrid appoggiando una cesta a terra vicino a lui.
Subito Enan si sdraiò e cominciò delicatamente ad accarezzare la creatura. Hagrid gli passò una cassettina con tutto l’occorrente per curarne la zampina.
«Ti preparo un thè» disse Hagrid.
Quando Enan concluse la medicazione, sedette sulla poltrona con il Kneazle tra le braccia. «È adorabile».
In quel momento bussarono alla porta e il mezzogigante aprì. Enan ebbe appena il tempo di adagiare la povera creatura nella cesta e bloccare l’assalto del cugino.
«Fagan… che cos… ahi, mi fai male…».
«Vi lascio parlare soli» borbottò Hagrid.
«Mi stai staccando l’orecchio» si lamentò Enan.
«L’intenzione è quella» replicò Fagan. «Sono settimane che ci eviti, accidenti! Ti dobbiamo tendere gli agguati!».
«Fagan, mi sa che gli stai facendo male davvero» borbottò Blair preoccupato.
«E va bene».
Enan gemette e cercò di mettere una certa distanza tra il suo orecchio dolorante e il cugino. «Che cosa vuoi?».
«Capire che caspita sta succedendo nella nostra famiglia! Nonno mi ha scritto un sacco di volte dicendomi che ignori le sue lettere!».
Il ragazzino si sedette su una delle sedie di legno e sbuffò, incapace di dire alcunché. Si limitò a massaggiarsi l’orecchio.
Fagan sospirò e si sedette sulla poltrona che fino a quel momento aveva occupato il cuginetto. «Senti, raccontaci quello che è successo. Dall’inizio. Noi non ci stiamo capendo più nulla e gli adulti nelle lettere non ci spiegano più nulla… Persino zia Lilias mi ha scritto…».
«Ti ha scritto mia mamma?» chiese sorpreso Enan.
«Sì, non le rispondi e non sa come stai».
«Come devo stare» borbottò, anche se scoprire che la madre si stava preoccupando per lui lo fece sentire meglio.
«Dai, Enan, spiegaci» insisté Blair.
E così il Tassorosso cominciò a raccontare: l’ossessione per Thomas Mulciber, la decisione di scambiarsi come in un film babbano, la scoperta a casa Mulciber, l’incontro nell’ufficio della McGranitt.
«Accidenti, chi l’avrebbe mai detto» mormorò Fagan. «Zia Lilias è sempre stata misteriosa sull’identità di tuo padre, ma non avrei mai immaginato tutto questo».
«Nemmeno io» sospirò Enan.
«Secondo me, ti vuole bene» sussurrò Blair. «Vuole bene sia a te sia a Thomas».
Il Tassorosso giochicchiò con un lembo del suo mantello e non rispose.
«Senti» disse invece Fagan, «per te è difficile da digerire, ma se ti chiudi in te stesso è peggio… Torna a parlare con i tuoi amici, a dare una mano ad Hagrid… Non puoi non vivere…».
«Ma ho paura!» sbottò Enan alzando la voce.
«Di cosa?».
«Che Thomas prenda il mio posto».
«Che idiota» sbottò Fagan. «Pensi che quel damerino possa sostituirti? Non sai quanti danni ha fatto alla riserva in due settimane! Nonno cominciava a pensare che fossi malato o qualcosa del genere… Quando quel cretino ha visto il suo primo drago, stava per svenire…».
«Davvero?».
«Davvero» confermò il Grifondoro. «È il tuo gemello, ma non è te».
Enan a quelle parole sentì sciogliere il nodo che gli aveva stretto lo stomaco per giorni.
«Ti vogliamo bene» aggiunse Blair abbracciandolo. Il Tassorosso ricambiò e lanciò un’occhiata a Fagan che gli fece l’occhiolino.
«Non ti offendere, se non ti abbraccio. Troppe sdolcinatezze…».
Enan liberatosi dall’abbraccio di Blair diede il cinque a Fagan.
«Ora, fai il bravo bambino, torni in dormitorio e rispondi a quelle benedette lettere, va bene?».
«E se dicessi alla mamma che mi hai quasi staccato un orecchio?» lo provocò Enan.
«Che ti sei rammollito, veramente?» ribatté il cugino più grande. «Ti è già passato… E comunque non ti azzardare, ho una reputazione io, mi manca solo una strillettera di mio padre…».
Il ragazzino sorrise, sentendosi più leggero. Fagan non era un tipo delicato, ma ci teneva a lui da sempre, non per nulla era il suo cugino preferito. Quando più tardi rientrò in camera, portando con sé il piccolo Kneazle – Hagrid non era stato pienamente d’accordo, anche se lui aveva detto che così avrebbe potuto curarlo meglio – si lasciò cadere sul tappeto vicino al suo baule, nel quale aveva nascosto tutte le lettere ricevute nelle ultime settimane. Sospirò, recuperò due pergamene e scrisse ai nonni e a Michelle, che sicuramente era terribilmente delusa di non aver ricevuto alcuna risposta dal nuovo cugino.
Non era ancora pronto per scrivere alla madre né, meno che mai, ad affrontare Thomas Mulciber.
 
*
 
Mark sospirò e si sistemò meglio lo zaino sulle spalle. Sarebbe stato più saggio riporlo in Dormitorio, ma si era trattenuto a lungo in biblioteca per completare i compiti e ora rischiava di arrivare in ritardo dal professor Vitious. Rabbrividì e gettò un’occhiata fuori da una finestra: buio pesto. Chissà quando sarebbero tornate le belle giornate.
«Mark».
Il ragazzino si fermò e si voltò. Sorrise a Elly che avanzava verso di lui. «Ciao» le disse sempre felice di vederla. Quella sera, però, la Caposcuola era molto seria e non ricambiò il suo sorriso.
«Il professor McBridge vuole vederci».
Mark sgranò gli occhi e deglutì. «Devo andare dal professor Vitious» replicò sperando di poter scappare. Aveva un’idea abbastanza chiara del motivo della convocazione, anche se non comprendeva la presenza di Elly, e non aveva la minima intenzione di affrontare il suo Direttore.
«Andrai dopo» ribatté lei inesorabile. «Il professore McBridge è stato categorico e sembrava furioso… È successo qualcosa che non so?».
Il ragazzino fissò il pavimento di pietra terrorizzato.
«Mark» insisté Elly.
Lui sollevò il capo, senza guardarla negli occhi, e le rivolse uno sguardo angosciato e spaventato. «Sono due settimane che salto le lezioni di Difesa contro le Arti Oscure. Gli altri gli hanno detto che non stavo bene».
Elly lo fulminò. «Sei impazzito?! Due settimane!».
Mark sentì gli occhi riempirsi di lacrime: non era impazzito, ma avrebbe dato tutto ciò che era in suo possesso pur di evitare il professore e le sue lezioni. Peccato che non avesse considerato le conseguenze.
«Questa storia ha preso una piega assurda» sbottò la Caposcuola. «Andiamo e facciamola finita».
Il ragazzino non si mosse dal punto in cui si trovava ed Elly se ne accorse e si fermò. Per una volta le sembrò sul punto di perdere la pazienza anche con lui, ma la ragazza si avvicinò e gli sussurrò: «Mark, ci sono io con te. Troveremo una soluzione, ma non possiamo scappare. I problemi si affrontano o non si risolveranno mai».
Mark fu tentato di dirle che a lui andava bene nascondersi sotto il piumone nella sua stanza, ma la seguì con il cuore in gola. Giunsero troppo velocemente all’ufficio di McBridge ed Elly bussò.
«Buonasera, professore» salutò lei educatamente appena fu dato loro il permesso di entrare. Mark per conto suo biasciò qualcosa di non chiaro.
«Non è una buona sera, signorina Montgomery» replicò il professore. Aveva lo sguardo folle che riservava solo a Mark, ma stranamente questa volta era rivolto a Elly. Il ragazzino fece un passo indietro e ci mancò poco che non si nascondesse dietro all’amica. «Credevo che lei conoscesse i suoi doveri di Caposcuola. Forse avrei dovuto convincere la Preside che il signor Johnson sarebbe stato più idoneo per questo incarico».
Elly serrò la mascella e impiegò qualche secondo a replicare. «Le posso assicurare che sto cercando di ottemperare al meglio al mio compito di Caposcuola, potrei sapere che errori ho commesso per deluderla a tal punto?». La sua voce era ferma e rigida, per nulla pentita.
«E me lo chiede!» ringhiò McBridge. «Non lo sa! Non sa che cosa fanno i suoi compagni, quelli che lei dovrebbe controllare».
Mark avrebbe voluto scomparire: il professore stava rimproverando Elly per qualcosa che aveva fatto lui!
«Le chiedo scusa, signore, ma continuo a non comprendere».
«Non capisce!» alzò la voce il professore. «Lui» gridò indicando Mark, «salta le mie lezioni da settimane! Sta male! Si è preso anche delle merendine marinare! E lei non ne sa nulla! O peggio, forse lo copre?».
«No, signore» replicò sempre rigidamente Elly «Le posso assicurare che non copro i miei compagni quando si comportano male».
«Non mi prenda in giro!» sibilò McBridge.
Mark era sempre più spaventato e non capiva come Elly potesse rimanere imperturbabile di fronte a quell’uomo.
«Mi dispiace, signore, ritengo di aver fatto del mio meglio».
«Non l’ha fatto» sibilò con cattiveria McBridge. «Temo che domani mattina sarò costretto a parlare con la Preside per provvedere alla sua sostituzione».
«Ma è colpa mia» sbottò Mark, non sapendo nemmeno da dove avesse tirato fuori quel coraggio. «Ho sbagliato io. Elly non lo sapeva!».
Gli occhi furiosi di McBridge si spostarono su di lui. «Per lei chiederò direttamente una sospensione» sibilò. «Ho già scritto una lettera a entrambe le vostre famiglie. Ora andatevene».
Mark era impietrito, ma Elly lo prese per un braccio e lo trascinò fuori. Solo quando furono molto distanti da lì, si fermarono.
«Mi dispiace» sussurrò il ragazzino con le lacrime agli occhi.
«Devi andare dal professor Vitious» replicò Elly. «Ne parleremo in un altro momento». Mark non seppe che cosa replicare e si lasciò guidare fino all’ufficio del professore d’Incantesimi. «Asciugati il viso» gli disse l’amica porgendogli un fazzoletto. Solo quando fu leggermente più calmo lo lasciò solo.
Mark bussò ed entrò, tenendo gli occhi bassi.
«Becker» lo accolse subito Vitious, sollevando gli occhi da un plico di compiti. «Pensavo non saresti più venuto».
«Le chiedo scusa, professore» mormorò. «Sono stato convocato dal mio Direttore».
«Come mai?» gli chiese il professore riponendo la piuma e porgendogli tutta la sua attenzione. «Siediti». Il ragazzino obbedì meccanicamente e ritardò la risposta. «Tutto bene?» insisté Vitious.
Mark comprese che doveva essere sincero e aiutare Elly, Vitious l’avrebbe sicuramente ascoltato. «Professore, la prego, io mi sono comportato molto male, ma Elly non ha colpa, per favore» disse angosciato e pronto a scoppiare a piangere di nuovo.
Vitious si accigliò. «Non capisco, Mark, che cos’hai fatto?».
Il Tassorosso tentò di ricacciare indietro le lacrime e rispose: «Ho finto di stare male durante tutte le ultime lezioni di Difesa contro le Arti Oscure e le ho saltate… Stavo bene, sono stato in camera a studiare…».
Il professore sospirò. «È molto grave saltare le lezioni, lo sai, vero?».
«Sì, signore» replicò Mark all’istante con voce tremolante. «Ma è solo colpa mia, Elly non ha colpa».
«Elly sarebbe la signorina…?».
«Montgomery» rispose Mark, rendendosi conto che i professori al massimo chiamavano l’amica Eleanor e non con un diminutivo.
«La Caposcuola di Tassorosso» assentì Vitious. «Non capisco che cosa c’entri lei con il tuo comportamento».
«Nulla» disse il ragazzino. «Ma il professor McBridge pensa che lei non abbia saputo svolgere i suoi compiti e chiederà alla Preside di toglierle la spilla… Ma lei non ha colpa… L’ha scoperto solo stasera… Non poteva saperlo, ho sempre cercato di non farmi vedere da nessuno quando tornavo in Dormitorio…».
Vitious si passò una mano sul viso, riflettendo. «Mark, perché hai saltato le lezioni di Difesa contro le Arti Oscure? Non è un comportamento da te. O almeno non hai mai saltato le mie lezioni». Il ragazzino si fissò la veste scura e non rispose. «Mark?».
Alla fine il Tassorosso non riuscì più a trattenersi e scoppiando a piangere gli raccontò di come quelle lezioni fossero diventate per lui un vero incubo.
Più tardi, quando fu più tranquillo, il professore lo accompagnò alla Sala Comune di Tassorosso, ma Mark non avrebbe saputo dire se gli avesse creduto. La Sala era ancora gremita, ma non vide Elly né i suoi amici da nessuna parte, così si ritirò in camera. Teddy ed Enan erano ancora svegli e subito gli andarono incontro.
«Che cavolo è successo?» chiese il primo.
«Hai una faccia» commentò il secondo.
Mark aprì la bocca, ma poi la richiuse e abbracciò di slancio i due amici: aveva bisogno di affetto. I due sorpresi ricambiarono la stretta.
   
 
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