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Autore: _Il colore del vento_    09/09/2023    5 recensioni
Era mattina, una mattina accecante, illusoria. Di notte non l'avrebbe mai lasciata andar via.
Ora pensa che, sopravvivendo a un brandello di notte dopo l'altro, sommando i mattini l'uno sull'altro, può quasi seppellire quel mattino lì. L'ultimo.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alice Paciock, Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Non ricordo di aver mai dormito così bene in vita mia come stanotte.'

'Lo sai, io sono qui. Sempre.

Non devi sopportare le tue notti da solo.'



 

Sirius non sogna più. Ormai, è incapace di sognare: si limita a ricordare, a traghettare la memoria dalla veglia al sonno – e viceversa. Notti e giorni aggrappati a un unico, antico, robusto filo di dolore.

Se ne sta disteso a letto a fissare il soffitto della camera, così alto, troppo alto forse, si perde nel buio e quasi deve immaginarlo da sé, com'è che finisce. 

Per un attimo soltanto, appena un battito di ciglia, termina in un baldacchino rosso-oro che nasconde pareti circolari come un abbraccio stretto e accogliente.

Poi, mettendo bene a fuoco, riconosce la pietra; grigia, umida pietra intrisa di urla – gliele restituisce distorte deformi contorte.

Uno scroscio di pioggia continua in lontananza, inarrestabile.

Si stropiccia stancamente gli occhi. 

Il buio e la pioggia non vanno mai via. 

 

 don't kill me, 

just help me run away

from everyone



 

Piove ininterrottamente. La notte cade giù pesante e inesauribile.

Lui se ne sta in piedi, fradicio, sul marciapiede deserto, gli occhi appuntati alla sua finestra – c'è una luce ancora accesa. 

Lei era sempre luce.

Sale le scale di corsa, senza pensare, in una scia di impronte bagnate, e bussa alla sua porta con foga, alla disperata ricerca – di asilo compagnia calore.

E quando lei arriva ad aprirgli, gli appare assonnata e scarmigliata, quasi spaventata, con la sorpresa sulle labbra.

'Che ci fai qui, va tutto bene? È successo qualcosa?'

Alice non esita: dischiude la porta, le labbra.

Lui non la fa parlare, abbandona cautele e inutili allarmismi lì sulla soglia; spalanca l'uscio, s'insinua svelto nel suo appartamento – la bacia sul posto.

Indietreggiano, inciampano ciechi, aggrappati l'uno all'altro – lei gli ride nella bocca, lui la spoglia con dita svelte e ingorde. 

Gli rabbrividisce fra le braccia e lui la bacia ancora e ancora, quasi soffocano.

'Sono qui, sono qui' lo rassicura lei, già senza fiato. 

Ma lui deve toccarla, deve sentirla, stringerla – calda reale sua.

Non l'ha toccata abbastanza, non l'ha resa davvero reale. 

È mai stata davvero sua?

 

I need a place to stay, 

where I can

cover up my face 

 

Lei quasi non si muove, respira appena, per non infrangere l'attimo, per non riemergere.

Un'altra notte, un'altra irruzione, un altro bisogno – un altro ricordo.

Fuori piove ancora, no forse ha smesso – ancora c'era spazio, allora, per la luna le stelle il sole.

Lui le bacia il collo, poggia le labbra sulla sua pelle nuda, in cerca dei battiti del suo cuore. 

Li vuole tutti, tutti per sé – cercarli raccoglierli custodirli.

'Le notti qui sono così calme' sussurra stupito. 

Lei non risponde, gli si avvolge attorno – con braccia gambe anima.

'Resta. Resta fino a domattina.'  

Dove potrebbe mai andare, pensa lui.

Come potrebbe abbandonare – quella stanza quelle braccia quel silenzio.

Quella pace.

Esisteva solo lì. Con lei.



 

don't cry,

I'm a just a freak

I'm a just a freak

I'm a just a freak

 

A volte s'accorge che lei, in silenzio, s'è messa a piangere. 

'Sono contenta tu sia rimasto'.

È una notte che è l'ultima – e lui non l'ha capito, non l'ha saputo immaginare. 

Una notte in cui avrebbe dovuto fare scorta di lei e non l'aveva fatto.

Se ne sta lì, fra le sue braccia le sue coperte i suoi baci.

Lì nell' amore di lei, in quella notte accogliente, sempre rischiarata da una piccola luce, in una stanza dal soffitto basso – il buio lì non attecchiva, non divorava le cose la luce la speranza.

In una notte che è l'ultima notte e lui non lo sa, non esita a scalciare via le coperte rialzarsi vestirsi (mentre lei torna a riposare tranquilla, sommessa).

Non esita a ridiscendere le scale ormai asciutte a passo sicuro, convinto poi di tornare. 

Tornare a infangare le scale, a battere la mano sulla porta, a ubriacarsi di battiti calore possibilità – tornare da lei.

A saper prevedere la fine, quel letto non lo avrebbe abbandonato più.

 

my head is

filled with parassites

black holes 

cover up my eyes

 

Dopo l'ultima notte, il meccanismo delle notti s'è inceppato. 

Le notti superstiti non sono altro che un'unica, identica notte che la prigionia ha soltanto prolungato, annegandovi dentro anche il giorno, infrangendo la barriera tra sogno e ricordo.

Ora il nero e la pioggia gli sporcano il passo il respiro lo sguardo.

Nero che si somma a nero e divora il soffitto della sua vecchia camera. 

Più lo fissa intensamente, più il nero si rafforza, rubando la realtà delle cose.

Più s'infittisce, si addensa e più si popola – tutti i fantasmi della sua instancabile, irrequieta solitudine, passi nell'oscurità che fuggono  lo rincorrono lo abbandonano.

Passi umidi nel corridoio lungo il marciapiede deserto, su per le scale, fino alla porta chiusa. 

A casa non è rimasto più nessuno e hanno spento la luce. 

 

I dream of you 

almost every night 

 

I lunghi capelli sparsi sul cuscino, il sorriso a un soffio da lui, la sua pelle che brucia contro le labbra. 

Ricordi lucidi che lo attendono appena chiude apre sbarra gli occhi – sveglio o in sogno, non fa differenza.

Lei è sempre lì in vestaglia sulla soglia,  nuda fra le coperte, calda fra le braccia.

Non più reale, non abbastanza irreale – un sogno un fantasma un rimpianto.

'Resta. Resta fino a domattina' la prega. 

Lei scuote la testa, piangendo in silenzio.

'Perché piangi?' chiede al buio, alla pioggia.

A lei non l'aveva chiesto mai.

L'aveva sempre creduta felice d'una felicità senza parole.

Ma forse lei già piangeva per quegli ultimi passi lungo le scale, per le impronte asciugate dal tempo e dall'oblio.

Forse piangeva per quell'amore che le gonfiava il petto da scoppiare, che lui non aveva raccolto.

L'aveva lasciato tra le coperte tra le costole tra i respiri -  a marcire  decomporsi  smarrirsi.

Le aveva lasciato il peso della loro storia e se n'era andato. 

 

Hopefully, 

I won't wake up this time



 

Si erano lasciati in un mattino inclemente. Lui l'aveva lasciata andare, senza altre notti di mezzo, altre corse su per le scale, altro tempo per loro, senza –

Era mattina, una mattina accecante, illusoria. Di notte non l'avrebbe mai lasciata andar via.

Ora pensa che, sopravvivendo a un brandello di notte dopo l'altro, sommando i mattini l'uno sull'altro, può quasi seppellire quel mattino lì. L'ultimo.

Mattino dopo mattino, quell'ultimo giorno può diventare irreale abbastanza, sbiadire sparire tornare

 

I won't wake up this time 

 

Mattine su mattine come mattoni, impilati pigiati pressati l'uno sull'altro – per lasciar sprofondare quell'ultimo giorno che aveva interrotto le notti. 

Scavalcare tutti i giorni per arrivare alla prima notte, la notte che faccia ripartire il meccanismo.

Scalzare tutti i mattini per riaverla lì accanto a sé, calda reale sua.

Con i capelli sciolti sul cuscino, il sorriso sulle labbra, battiti e amore ancora freschi e rigogliosi nel petto.

Con il tempo ancora stretto fra braccia coperte baci. 

Mattino dopo mattino, scalino dopo scalino, indugiare davanti alla soglia di nuovo dischiusa.

Scostare il nero la pioggia il velo, sperare

 

I won't wake up this time





 

‘Tu allora trovami,  trovami sempre,  anche quando 

non ti cerco non ti vedo non ti vivo 

più.'






 


 



La canzone al lato è "Freaks" dei Surf Curse.

Nella mia testa questa storia si collega, in realtà, all’altra mia Sirius/Alice (questa, per chi fosse interessato).

Domani questo profilo compie, incredibilmente, dieci anni e non sapevo come “festeggiare” se non così.

 
  
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