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Autore: Dani85    13/09/2023    1 recensioni
Dal prologo:
«Ancora nessuna notizia di Luca?»
Barbara scuote la testa perché no, non ha nessuna notizia di Luca. Niente, zero, non una telefonata né un messaggio. Alla faccia del "mi tengo in contatto io" con cui l'aveva salutata quel pomeriggio. E non è servito a nulla nemmeno tempestarlo di telefonate, visto che sono andate tutte a vuoto, squillo dopo squillo perso nei meandri di una segreteria telefonica. Barbara non sa spiegarsi il perché, ma quel silenzio la inquieta, è come un formicolare dietro il collo, il presentimento fisico di qualcosa che sta per andare molto molto male.
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What If? a partire da DdP11x02. Luca non muore ma, per tantissimo tempo, non vive nemmeno.
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Storia completa, capitoli postati il sabato e il mercoledì.
Genere: Angst, Hurt/Comfort, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Anna Gori, Elena Argenti, Luca Benvenuto
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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NdA: Da questo punto in poi, per quanto riguarda l'aspetto medico della storia, metto le mani non avanti ma avantissimo lol Chiedo scusa per le sicure imprecisioni mediche. Siamo più o meno a sei mesi dal risveglio di Luca e spero che continui ad avere sufficiente credibilità anche se sembra che tutto avanzi e migliori troppo in fretta. La storia è completamente scritta, i capitoli saranno pubblicati il sabato e il mercoledì. Buona lettura!
Disclaimer: Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Taodue srl; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro. Gli elementi di mia invenzione, non esistenti in DdP, appartengono solo a me
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Cap. 3 - I'm all confused

What do I do
Now that everything's fine
When everything I knew
Was from the back of the line
And now I'm all confused
Playin' over in my mind

What am I gonna do
[Everything is Fine - Noah Reid]

 

Ha già dimostrato di poter ribaltare qualsiasi aspettativa, cosa vuole che sia la riabilitazione? Era così che gli aveva detto il dottore, giusto? Che grandissima cazzata! Luca lo pensa praticamente ogni giorno e almeno un paio di volte al giorno. Più precisamente alla fine di ogni seduta di fisioterapia e di logopedia. A questo punto non sa quale delle due odi di più, forse fisioterapia. Sì, decisamente fisioterapia. Perché Marcello, il suo fisioterapista, è sadico in modo spaventoso. Bravissimo eh, ma sadico. Luca non sa se il suo obiettivo è rimetterlo in piedi o abbatterlo una volta per tutte e nel modo più doloroso possibile. In giornate come questa, Luca propende per la seconda ipotesi.

La seduta in palestra è stata brutale e lui ne è uscito a pezzi, nel fisico e nel morale. Non c'è un muscolo che non gli vada a fuoco.

«Ottimo lavoro, Luca! Bravo!»

Ma tu sentilo, fa pure lo spiritoso. Che gle possino! Luca lo fulmina con l'occhiata peggiore di cui è capace.

«Lo so che non mi credi mai ma, davvero, sei stato bravo. È stata una buona seduta.»

Come no, un successone. In pratica tutto il suo essere sguazza nell'acido lattico ma, ehi, se Marcello dice che è andata bene, è andata bene. Davvero, se il suo sguardo trasuda sarcasmo è solo una coincidenza.

«Luca, stai lavorando benissimo, stai facendo un sacco di progressi.»

Una piccola parte di Luca si sente soddisfatto per il complimento, lo accoglie come un tonico per la sua fatica. Il resto di sé però, quello che crede che stia migliorando ancora troppo lentamente, si sente un po' preso in giro perché, guardiamo in faccia la realtà: ha ancora le stampelle, l'equilibrio continua a fare abbastanza schifo e starsene in piedi è sfiancante come fare una settimana di turni di notte.

«Ti odio, Marce'» gli brontola contro e Marcello ride, così di cuore che sembra un po' meno sadico del solito.

«Oh, buongiorno! Disturbo?» Pietro fa capolino dalla porta. Evidentemente oggi è il suo turno. Memori di quelle prime disastrose visite di gruppo, i suoi amici si sono organizzati e hanno stilato dei veri e propri turni, precisi come se fossero in commissariato. Due visite al giorno, tutti i giorni. Ecco, ora Luca non sa se quelle visite avvengono negli orari consentiti, a volte ne dubita fortemente perché sembrano entrare ed uscire dalla clinica un po' come vogliono. O non ci sono proprio orari - improbabile - o loro si giocano la carta del distintivo - probabile. Prima o poi quando riuscirà a pensare a tutta questa situazione senza impanicarsi, dovrà farsi dire cosa è davvero successo in questi lunghi dieci anni e se davvero è bastato sventolare in massa un distintivo per conquistare un intero ospedale, con tanto di infermiere che chiudono un occhio ed ammiccano complici. Per oggi, però, gli basterebbe capire come affrontare il resto della giornata perché, se non si fosse capito, lui si sente abbastanza uno schifo.

«Nessun disturbo, noi abbiamo finito.»

Marcello dà una pacca sul braccio di Luca, sorride - manco fossero amiconi - ed esce dalla stanza.

«Allora, come va? Com'è andata la fisioterapia?»

«'Na meraviglia,» borbotta Luca e poi scuote la testa davanti allo sguardo dubbioso di Pietro. «Lascia stare.»

Si vede che Pietro è in apprensione e che vorrebbe fare mille domande, ma ha imparato, così come gli altri, che è meglio non forzarlo e che lasciargli i suoi spazi è la cosa più utile che possano fare per lui. Se ha qualcosa da dire, lo farà con i suoi modi e i suoi tempi. Peccato che, trattandosi di Luca, quei tempi possono essere infiniti. Insomma, già prima non è che fosse uno di molte parole, per quello non possono dare tutta la colpa al coma e allo shock del risveglio.

«Luca, è successo qualcosa col fisioterapista?» Pietro ci prova, è più forte di lui, perché va bene rispettare i suoi tempi e i suoi silenzi ma non se è successo qualcosa. Luca scuote di nuovo la testa, stavolta in modo più deciso. Come glielo spiega che è una giornata no, dopo molte altre giornate no, e che si sente uno schifo senza risultare patetico?

«Vado a fare la doccia.» Luca decide che la fuga è la migliore soluzione. Non certo la più nobile, ma di sicuro la più efficace. Quando la porta del bagno si chiude alle sue spalle, la solitudine che lo avvolge è un sospiro di sollievo.

 

Il bagno è piccolo e fare la doccia vuol dire trasformarlo in una sauna, col vapore che ristagna caldo e oppressivo nell'aria. Luca si puntella con le mani sul bordo del lavandino, l'asciugamano stretto sui fianchi e i capelli bagnati. Il suo riflesso nello specchio appannato è un contorno indistinto ed è l'unica immagine di sé che lui riesca a riconoscere al momento, indefinito ed incerto come si sente. A voler essere onesti, si sente pure un po' stupido perché si è appena accorto di non essersi portato dietro i vestiti di ricambio. Ottimo, bravo Luca. Ora le cose sono due, o ciabatta fuori di qui e rischia di rimanere nudo a metà del percorso o chiede aiuto. Il suo orgoglio sceglie il male minore. Afferra una stampella e batte con la punta contro la porta. Esattamente cinque secondi dopo, Pietro è dall'altra parte della porta.

«Tutto a posto, Lu'?»

«Sì sì, mi prendi dei vestiti puliti, per favore?»

«Subito!» Pietro si muove rapido e sicuro e recupera un cambio completo di vestiti. Poi bussa piano alla porta e la apre quanto basta per passarli a Luca. «Ecco qui!»

«Grazie!» Luca sospira e inizia a vestirsi. È un processo noioso, dove ogni gesto è fatto con attenzione e lentezza. Finalmente, quando anche la maglietta è al suo posto, Luca prende coraggio e passa una mano sullo specchio, la condensa che scivola via in rivoli e goccioline. Il suo riflesso, adesso, è nitido e Luca lo odia. La persona che lo fissa dal fondo del vetro è un estraneo, un accozzaglia di parti che sono invecchiate senza di lui. I capelli sono lunghi e la barba, che si è lasciato crescere nelle ultime settimane, è fuori controllo. Ovunque tracce di grigio e bianco che lo destabilizzano oltre ogni limite. Fino ad ora ha tentato di gestire il disagio guardandosi allo specchio lo stretto indispensabile, ma non basta più. Soprattutto oggi, in cui tutto acuisce la sensazione di sconforto di una giornata orribile. Così non va, bisogna fare qualcosa.

Luca si sposta cauto con le stampelle e torna in camera. Pietro è appoggiato contro la finestra, il cellulare in mano.

«Senti Pie', una domanda…»

«Dimmi tutto!»

«Sai dove trovare un barbiere?»

Il sorriso di Pietro è così euforico da essere inquietante.

La seduta di psicomotricità del pomeriggio priva Luca di qualsiasi energia residua. Gli esercizi di concentrazione e di coordinazione lo hanno completamente svuotato e, adesso, la sua mente fatica a stare al passo. Risponde alle domande della dottoressa con una lentezza che lo spaventa, come se fosse tornato indietro nel tempo alle prime settimane di riabilitazione, quando niente aveva senso. È una sensazione terribile e gli si deve leggere in faccia, perché la dottoressa si affanna a tranquillizzarlo.

«Sei stanco, Luca. È normale andare in difficoltà quando si è stanchi, non c'è nulla di cui preoccuparsi. Respira.»

Respira? Non lo sta già facendo? Mmm no, a quanto pare sta trattenendo il fiato. Pessima idea.

«Respira!»

Eh, ci sta provando, solo che ci vogliono un paio di tentativi perché ci riesca. Non lo sa se è per colpa dei suoi riflessi rallentati o perché sente un attacco di panico pericolosamente vicino. Quando ci riesce, il cuore gli batte furioso nelle orecchie: un'altra sensazione terribile da aggiungere alla lista.

«Ecco, così va meglio!» la dottoressa gli sorride incoraggiante. «La stanchezza è il tuo peggior nemico Luca, ne abbiamo già discusso, no? Quando sei stanco hai più difficoltà a concentrarti e a trovare le parole, è normale. E quando succede così, non è un passo indietro, al di là di quello che puoi pensare tu.»

Lei ha ragione e Luca lo sa, solo che non è sempre così semplice ricordarsene.

«Per oggi va bene così, hai semplicemente bisogno di riposo.»

Luca ha bisogno che le cose tornino a posto, ecco quello di cui ha davvero bisogno. Ma non lo dice e non lo borbotta e non lo scrive da nessuna parte, perché è convinto che farlo voglia dire dover ammettere che niente tornerà mai a posto. Il come prima è un'illusione che non ha voglia di distruggere. Allora si tiene il pensiero per sé e accetta il verdetto della dottoressa come fosse verità inoppugnabile.

Prima che lei sia completamente fuori dalla stanza, lui si è già steso a letto e ha chiuso gli occhi. Sa che non dormirà - per assurdo è troppo stanco per quello - ma spera di recuperare energie sufficienti a schiarirsi la mente, quanto basta per mettere in prospettiva questa giornataccia e trovare la voglia di ricominciare tutto da capo domani. Sempre uguale. La fisioterapia di mattina e la psicomotricità di pomeriggio, e in mezzo le domande a cui i suoi amici non risponderanno. Luca si gira e affonda la faccia nel cuscino, gli occhi così strizzati da vedere sprazzi di luci bianca nel buio delle palpebre chiuse. Sospira contro la federa ruvida e decide che ne ha abbastanza. Finalmente, ne ha abbastanza. Almeno di quello, ne ha abbastanza. I silenzi, le cose non dette, le domande aggirate o bellamente ignorate, basta. Avrà pure mille problemi ma non è stupido, il suo cervello funziona abbastanza bene da capire che ci sono delle cose che non tornano e lui avrà pure il diritto di conoscere i dettagli della sua situazione, no? Quali sono gli aspetti tecnici e quelli economici e perché alcune persone ci sono e altre no e cosa c'è davvero per lui fuori da queste mura. Ha il diritto di sapere e loro non potranno nascondersi all'infinito dietro la scusa dello stress da evitargli. Luca va a braccetto col panico, il dubbio e l'ignoto, non può essere molto meglio dello stress da cui loro si illudono di proteggerlo.

Luca torna a girarsi sulla schiena e riapre gli occhi. L'orologio alla parete segna cinque minuti alle sei di sera. Tra poco, uno dei suoi amici comparirà nella sua camera per la consueta visita serale. E infatti, come volevasi dimostrare, la porta si apre subito dopo. Stasera tocca a Barbara.

«Ehi, buona-», il saluto si blocca a metà e Barbara rimane pietrificata, il sorriso che muta lentamente in un'espressione di scioccato stupore. Il Luca che si trova davanti è diverso da quello che si è abituata a vedere e lei non se lo aspettava. I capelli sono corti, così come la barba, e sembra un déjà vu riemerso dritto dritto dai suoi primi tempi al Decimo Tuscolano. È come se un altro tassello scivolasse al suo posto in questo scombinato puzzle che è la vita di Luca e che un po' la vita di tutti loro. A Barbara sembra una cosa positiva ma l'espressione sul viso di Luca dice l'esatto opposto. C'è sofferenza nei suoi occhi e tanta stanchezza e a lei è chiaro che sono il preludio di una tempesta in cui qualcuno si farà molto male.

«Ciao!» lo saluta quando finalmente riesce a controllare l'emozione e l'inquietudine. Luca le fa un segno con la mano e le rivolge un mezzo sorriso. Okay, non è il saluto più caloroso del mondo ma Barbara se lo fa andare bene lo stesso. «Tutto a posto?» chiede e Luca si stringe nelle spalle perché non sa bene da dove cominciare. Anche perché questa cosa qui dei discorsi e delle conversazioni ultimamente non gli riesce proprio benissimo. Deve pensarci, mettere in ordine le parole, capire per bene cosa e come vuole dirlo… Ci vuole un sacco di tempo e a lui viene l'ansia ad essere al centro dell'attenzione del suo interlocutore di turno.

«Stai bene così» gli dice Barbara, un po' perché proprio non può farne a meno, e un po' per alleggerire l'atmosfera. Luca accoglie il complimento con un'altra alzata di spalle, la mano che tormenta i capelli corti sulla nuca. «Lunghi non mi piacevano più» mormora in un tono di voce basso ed incolore. «Mi ha aiutato Pietro.»

«Ah sì? Non mi ha detto niente.»

«Sorpresa!» dice lui con un'altra - l'ennesima - alzata di spalle, come se tutto avesse avuto un significato e adesso non ne avesse più. Luca potrebbe sforzarsi e raccontarle piano piano di Pietro che ha vagato dentro e fuori dalla clinica per cercare un barbiere e che gli è stato appiccicato come una zia possessiva a valutare se stava tagliando bene i capelli e a dirgli che no, Luca la barba non la portava così, doveva tagliare un altro poco lì e un altro poco qua. Se non avesse altro per la testa, Luca proverebbe a raccontarle di quanto si sia sentito più leggero dopo, quando si è guardato allo specchio e finalmente, per la prima volta in tutti questi mesi, si è riconosciuto e l'immagine davanti ai suoi occhi ha fatto pace con quella della sua mente. Ma lui ha altro per la testa e non può permettersi di sprecare energie e parole in discorsi frivoli. Guarda Barbara e si tira a sedere sul letto.

«Sono stanco!» e Luca cerca di calcare le parole il più possibile, perché lei capisca il significato vero della sua stanchezza. «Ho bisogno di sapere.»

Barbara sbuffa. Non ha bisogno di chiarimenti perché sa dove Luca vuole andare a parare e cosa le chiederà. Il punto è che lei non sa come rispondergli e, soprattutto, non ha voglia di litigare con lui. «Luca…», il suo nome suona fastidiosamente condiscendente e le mani tese di Barbara, allungate a rabbonirlo, lo fanno solamente incazzare di più.

«No! Non ci provare! Oggi parli.»

Tanti anni fa, al tono autoritario di Luca, Barbara avrebbe risposto con un lampo di sfida negli occhi. Oggi, non gli riserva che un no con la testa. «Lo sai cosa ha detto il dottore…»

«Non me ne frega niente!» Luca sente la rabbia montargli dentro ma cerca di calmarsi, perché lo sa che se perde la pazienza poi parlare sarà praticamente impossibile e lui ha bisogno di farsi capire. «Voglio sapere.»

Barbara sospira, gli occhi al cielo e le mani sui fianchi. Ci pensa un attimo e capisce che non è più il tempo delle scuse. Per quanto tutti loro si appiglino alla richiesta del medico di andarci piano con informazioni e visite, la loro reticenza è ormai fuori luogo. Anche perché, di questo passo, Luca potrebbe essere fuori dalla clinica nel giro di poche settimane e allora chi e cosa potrebbe davvero fermarlo dall'andare a cercare da solo le informazioni che gli servono? Luca ha bisogno della verità e ha bisogno di riprendere il controllo sulla sua vita. Barbara sospira di nuovo.

«Va bene, hai ragione! Hai il diritto di sapere, però, secondo me, è meglio se ne parli con Vittoria.» Luca non fa in tempo a replicare in nessun modo perché Barbara lo anticipa. «Senti, possiamo raccontarci tutte le balle che vuoi ma non puoi negare che con lei sei più calmo, in generale proprio. Quindi, qualunque cosa tu voglia sapere, chiedi a Vittoria. È arrivato il momento di parlare e sono sicura che lo ha già capito anche lei. Fidati!»

E Luca si fida, perché cos'altro può fare di diverso?
 

  
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