*Si vergogna*
Oook, sono inqualificabile. E' passata una vita
dall'ultimo aggiornamento e non contenta vi avevo anche lasciato ad un punto
particolarmente "spinoso della faccenda... *fa
segno di stare zitti*
Vi imploro di perdonarmi
e questa volta, torno con i ringraziamenti ad personam!x3
Magari aiuta a perdonarmi.*occhi sbrilluccicosi*
Ma non prima di aver ringraziato tutte le 42
persone che tengono questa storia nelle preferite, le 11 che la seguono e le 27
persone che tengono me negli autori preferiti.**
Giuro che non mi
sarei mai, mai aspettata tanto. Non sapete quanto mi rendete felice!<3
E ora via:
2: nonostante tutto, sperando che comunque tu Gabrielle
continui a seguirla, grazie del bellissimo commento. Sai che li amo.
4: aww. *abbraccia* Beh,
cos'altro posso dirti più di quello che ti ho detto in tutto questo tempo di chiaccherate su msn? Ti adoro,
tanto. E aspetto di sapere che ne pensi del capitolo (tu e gli altri 31!=P). Sei già lì in pole position!<3 (E mi uccidi via msn, se non pubblico in fretta!xD)
La mia peste preferita!*lovva*
jeeeeee: fedelissima. Ti ringrazio per la costanza con cui
leggi e commenti le mie fic. La fic
qui è ben lungi dal concludersi, maaa... Leggi da te
se è andata bene o male!*ridacchia*
coco2: qui già siamo in vena di addii, maaa... Prima leggi e poi vedrai se è davvero il caso di
salutare!x3
Skipper: oooh. Io amo
questo tipo di commenti.*___* Ne voglio moooolti
altri. Ti ringrazio tantissimo. Sapere di emozionarvi per me è la gratificazione
migliore.<3 Spero questo capitolo sia ancora all'altezza.
Maybe: *saltaalcollo* Ma bentornata!*O* Giuro che volevo
contattarti su msn da tipo una vita, che non mi
faccio sentire da un tempo vergognoso. Solo che ho avuto casini con
l'iscrizione all'uni e... Comunque, lo faccio appena posso, spergiuro!x3
Intanto grazie del commento, mi mancava il tuo nome tra le lettrici!x3
-Prncess-: ok, direi che la mia mail è stata abbastanza
esplicativa rispetto a quanto mi ha fatto piacere la tua recensione!x3 Non
crederai ai tuoi occhi, probabilmente, quando vedrai l'aggiornamento. Aspetto
ansiosamente un commento!*O* Spero di non deluderti!x3
Simba: una new
entry!*O* *ama* Ok, non ho aggiornato in frettissima,
maaa... sappi che il tuo commento mi è piaciuto e che
ti volgio nelle commentatrici fisse!*arruola* Spero
che il capitolo valga la pena dell'attesa.
3: Ok, il commento non c'è... ancora!x3 Però ti ringrazio
in anticipo perchè so già che arriverà e che sara perfetto, come sempre.<3 Ti adoro, lo sai.x3
Beeeene, è tutto sul serio.
Vi lascio al capitolo!x3 Al prossimo aggiornamento (GiuroH,
mi velocizzerò!x3).
Baciattutte!x3
- Capitolo 24°-
{ Turn right, into my arms.
Turn right.
You won't be alone,
you might fall off this track, sometimes...
Hope to see you on the finish line.
}
Turn
Right - The Jonas Brothers
Rivolse uno sguardo
malinconico al cielo, plumbeo sopra il parcheggio silenzioso.
Il terminal dei voli
di linea sembrava quasi incombere, alle sue spalle. Massiccio e soffocante,
nonostante le lucidissime pareti vetrate...
Iniziò a piovere
quasi immediatamente. Tempo che il taxi fu sparito, oltre la prima fila di
auto, un velo di sottili gocce ghiacciate prese ad inumidire il marciapiede su
cui Coco si era fatta lasciare. Lei si caricò il borsone blu in spalla, ma
rimase immobile dov'era.
Guardò le punte
tonde delle sue scarpe, prima di tornare a fissare i grossi nuvoloni grigi.
Incurante della pioggia che le picchiettava sulla pelle arrossata.
Poche volte, in
tutta la sua vita, era arrivata a dubitare di avere abbastanza forza per
prendere una decisione. L'ultima, nemmeno a farlo apposta, era stata in una
circostanza del tutto simile... Un aereoporto, un
volo da prendere. Solo... dalla parte opposta del mondo.
Solo, allora, non
stava lasciando indietro Joe, Kevin e Nick. Non stava rinunciando alla cosa più
bella che le fosse mai capitata. Dettagli.
- Non lo so, se ce
la faccio. - Mormorò, prendendo a camminare, mentre cercava di non pensare a
loro.
Attraversò
l'ingresso, freddo e asettico nonostante la folla che lo gremiva, tenendo lo
sguardo saldamente puntato a terra. Non prestò particolare attenzione a dove
stava andando, nè ai grossi schermi luminosi su cui
andavano susseguendosi infinite liste di voli in partenza.
Non si
era presa il disturbo di capire dove Annabelle volesse portarla. Per quello che
contava, aveva messo via il biglietto aereo, senza neppure guardarlo.
Si sentì
mancare il respiro, mentre l'ennesima morsa di panico le strizzava lo stomaco.
Cercò con lo sguardo un angolo più tranquillo dove sedersi, ma non fece tempo
ad allontanarsi.
- Gabrielle. - Si voltò, lentamente, al suono inconfondibile
del suo nome pronunciato da lei. - Très punctuel. -
Senza nemmeno
darle il tempo di rispondere, Annabelle le posò una mano sulla spalla e la
spinse con decisione verso i banchi del check-in.
Fino in
fondo all'ampio salone, chiuse in un silenzio tanto rigido, che Coco poteva
sentire distintamente le ruote dei trolley scivolare sul pavimento lucido,
attorno a loro. Strinse la tracolla del proprio borsone, ignorando la
fastidiosa sensazione della stoffa ruvida contro le dita, sforzandosi di non
pensare a niente di più complicato del come si potesse mettere un piede davanti
all'altro senza inciampare.
Di
piangere era decisamente stufa, ammesso e non concesso che le fosse rimasta
ancora qualche lacrima, dopo gli ultimi giorni... E arrabbiarsi, urlare e dire
"no" non sarebbe servito a null'altro che mettersi in ridicolo.
Si
fermò, osservando il display agganciato all'ultimo pilastro. Seattle. Nemmeno a farlo apposta, sua
madre voleva riportarla esattamente dove tutto si era interrotto.
Sarebbe
stato il "ritorno" del volo
Seattle-Parigi - solo andata - su cui Michael l'aveva
caricata, sei anni prima.
E,
ancora una volta, sarebbe partita senza una sola lamentela. Avrebbe fatto
quello che doveva, senza appoggiarsi a niente e a nessuno.
***
Joe si
rotolò sul materasso, allungando un braccio sulla mezza piazza rimasta vuota.
-
Coco..? - Mugolò, sbattendo appena le ciglia per cercare di abituarsi alla
luce.
Si
stropicciò gli occhi ed osservò distrattamente l'armadio riprendere forma e
consistenza, oltre il nebuloso velo di sonno. La cercò, subito, per avere la
rassicurante certezza di non sprecare nemmeno un secondo del tempo che rimaneva
per loro.
Non
guardò la sveglia e non si accorse delle nuvole grigie che spingevano contro la
finestra socchiusa, troppo occupato a domandarsi perchè
le coperte accanto a lui fossero ancora in totale, gelido ordine per realizzare. Le sfiorò, tastandole appena
con la mano.
Non
c'erano pieghe morbide sul cuscino appoggiato contro la testata e non c'era il
tepore della sua Gabrielle a scaldare le lenzuola. Nemmeno il suo profumo.
-
Amore... Dove sei? - Scese dal letto, improvvisamente e del tutto sveglio.
Il
silenzio della casa ancora addormentata premeva sulle sue orecchie in maniera
assurdamente seccante, facendogli correre un violento brivido d'ansia lungo la
schiena. Attraversò il corridoio di corsa, ignorando la fastidiosa sensazione
del pavimento freddo sotto i piedi nudi e quasi slittò sulle piastrelle chiare
del salotto.
-
Gabrielle...! - Chiamò, di nuovo. Una vena di panico si stava facendo strada
nella sua voce squillante, spezzandone il suono limpido.
Si
voltò, fulmineo, nel sentire il familiare scatto della porta di ingresso.
Stava
già per lasciarsi sfuggire un sospiro di sollievo quando si accorse, con
malcelato sgomento, che non era Coco la figura in piedi sulla soglia. Monique
si fermò, riprendendo pesantemente fiato dopo la folle corsa fatta. Una mano
poggiata allo stipite, l'altra ancora serrata attorno alla maniglia.
Quando
alzò lo sguardo, fondendolo a quello di Joe, lo stomaco di quest'ultimo si
chiuse con uno spasmo violento, quasi doloroso. No, non erano azzurri quegli occhi.
Non come
avrebbero dovuto essere.
- Dov'è
mia sorella? - Domandò Monmon, senza troppe cerimonie.
Joe la
guardò senza rispondere, serrando le labbra in una smorfia stizzita.
- Non lo
so... - Mormorò, mentre in lui si faceva rapidamente strada l'orribile
consapevolezza che, molto probabilmente, non avrebbe trovato la sua Coco
nemmeno al di là dell'ampia porta a vetri, ancora chiusa.
Si voltò
di scatto, spalancandola ed entrando nella cucina desolatamente vuota. Ci volle
meno di un secondo, perchè i suoi occhi color
caramello si posassero sulla busta. Piccola ed incredibilmente fuori posto, sul ripiano sgombro del
tavolo.
- Joe..?
-
La carta
era già strappata e la foto stretta fra le sue dita tremanti, quando Monmon lo
raggiunse. Gli posò una mano sulla spalla, incerta nel tentativo di attirare la
sua attenzione. Lo chiamò, scrollandolo appena, ma lui nemmeno la sentiva più.
Respirava a fatica, gli occhi fissi sulle uniche due parole scritte a penna,
sulla superficie liscia.
"Vi amo."
Aveva
leggermente sbavato l'ultima lettera, poggiandoci sopra le dita.
Voltò la
foto e represse a fatica un moto di stizza, quando vide le loro quattro espressioni
sorridenti. Ormai aveva capito, ci era arrivato e la sola conclusione possibile
non gli piaceva, affatto. Gli bruciava, come le parole in gola ed il bordo
tagliente contro la pelle.
{Che cosa cazzo avevamo da ridere così?!?}
Non
poteva nemmeno immaginare di essere stato tanto tranquillo e contento. Non ora
che la sola cosa che riusciva a percepire era l'incolmabile assenza di Coco.
Non riusciva a pensare o a sentire
nient'altro, sapeva solo che lei non era lì. Che se ne era andata. E basta.
Era una
assurda, soffocante sensazione di vuoto. Come essere rimasto improvvisamente
senz'aria.
Quella
consapevolezza lo feriva, colpendolo con silenziosa, atroce precisione. Dritto
al suo punto debole... Si detestò per tanta immaturità, ma fino all'ultimo
aveva silenziosamente sperato che lei non se ne andasse. Non aveva mai voluto,
veramente, accettare di separarsi da Gabrielle.
Non lo
accettava tuttora, per quello.
Perchè non potevano portargliela via. Non così. Non era concepibile...!
Cercò di
non fermarsi a guardare il sorriso di lei. Inutilmente, da che era impresso
molto più a fondo nel suo cuore che su quel ritaglio di carta. Chiuse gli occhi
di scatto e spinse via una delle sedie, spostandola con tanta violenza da farla
rovesciare sul pavimento di cotto.
Monique
arretrò, spaventata.
-
Che...? - Abbozzò, trattenendo il fiato.
- Se ne
è andata...! - Ringhiò Joe, lasciandosi sfuggire una risata amara. -
Gabrielle... - Mormorò, sentendosi addosso tutto il peso di quella certezza.
Poggiò
la foto sul tavolo, stizzosamente, urtando la busta strappata con la mano.
Quando
l'anello - il suo anello - scivolò
oltre il bordo e rotolò tintinnando sul pavimento, per poco non crollò. Lo
raccolse, in silenzio e se lo rigirò fra le mani, prima di alzare gli occhi
lucidi su Monmon. Stringendolo fino a graffiarsi il palmo.
- Se ne
è andata sul serio. - Soffiò.
- No...!
- Sibilò lei, passandosi una mano fra i capelli scuri.
-
Dovevamo accompagnarla noi, volevamo stare con lei... - Continuò lui, mordicchiandosi
il labbro. - 'Fanculo...!-
Sbottò, poi, passandosi una mano sulle ciglia umide.
Monique
alzò lo sguardo di scatto, come fosse stata colta da un'improvvisa rivelazione.
- E
pensavate davvero che Coco avrebbe accettato di vedervi piangere per lei? Che
sarebbe stata capace di lasciarvi, così?
- Ribattè, momentaneamente dimentica di quello che
aveva da dire, inarcando un sopracciglio. - Possibile che non capiate quanto e
come la mia sorellina si è innamorata
di voi? -
- Noi
conosciamo Gabrielle... - Joe si voltò, sussultando impercettibilmente quando
vide i suoi fratelli in piedi sulla porta, poco dietro di lui. Nick, che aveva
parlato, si fece avanti, fronteggiando Monmon con aria decisa. - Abbastanza da
capire che avrebbe avuto bisogno di noi, fino all'ultimo. -
- E
allora avreste dovuto immaginare che, nonostante tutto, avrebbe scelto di non
coinvolgervi. - Sospirò lei. - Che non vi avrebbe mai chiesto di dirle addio.
L'avrebbe fatto lei e vi avrebbe, in un certo senso, lasciati liberi. - Concluse, indicando con un
cenno del capo il contenuto della busta, sparso sul tavolo vuoto.
Il piccolo sussultò, sgranando gli occhi
scuri quando vide il sssuo plettro e gli orecchini,
poco distanti. Non raccoglievano nemmeno una goccia di luce, lontano da Coco.
Si
avvicinò, raccogliendo entrambi nel palmo della mano. Stringendoli
delicatamente, così come suo fratello Joseph aveva fatto con l'anello...
E come
Kev, con il foglio piegato in quattro su cui spiccava il suo nome, tracciato
nella calligrafia sottile e tondeggiante di Gabrielle.
- E' per
te. - Mormorò, allungandolo al fratello. Poi distolse lo sguardo, ficcando il
pugno chiuso in tasca, rabbiosamente. Fissò con disperata ostinazione le tende
bianche, tese davanti ai vetri rigati di pioggia. Le osservò appannarsi,
deformarsi leggermente sotto un velo di lacrime furiosamente trattenute.
Kevin lo
afferrò, senza proferire parola e lesse rapidamente le poche righe in esso
contenute.
"A te lascio il "nostro
segreto".
Sei libero, Kevin. Libero di agire come
credi e di dire tutto a Joe.
Ma non addossarti tutta la colpa - ti
conosco, so che lo faresti - e spiegagli che è anche colpa mia, ma che, giuro,
non ho mai avuto intenzione di ferirlo. Nè di ferire
te. Perchè, a modo mio, vi amo entrambi.
E vi amo al punto che non posso nemmeno
pensare, di farvi del male."
Sollevò
lo sguardo, fissandolo sul maggiore dei suoi fratelli per una frazione di
secondo, prima di chiudere il biglietto ed infilarselo in tasca.
- Non...
Non possiamo fare niente. - Esalò, tornando accanto a Nick che,
silenziosamente, gli si accostò un pochino di più. Premette il braccio teso su
quello del fratello, nascondendo il viso contro la sua spalla per una frazione
di secondo.
- NO...!
In realtà qualcosa c'era. - Soffiò Monmon, torcendosi nervosamente le mani.
Spostò lo sguardo dall'uno all'altro, ansiosa. - Credo di avere una soluzione.
-
- Che- -
Nick si bloccò, lasciando correre lo sguardo al salotto, oltre la porta.
Joe era
scattato, come fosse stato caricato a molla. Si era già infilato un paio di
scarpe e una felpa, quando i fratelli lo raggiunsero. Kevin gli strappò di mano
la sua kefiah, impedendogli di gettarla sul pavimento insieme a tutto il
rimanente contenuto dell'armadio.
- Che
diavolo ti è preso, si può sapere? - Abbaiò, indicando con un cenno del capo i
vestiti impietosamente accartocciati ai loro piedi. Joe nemmeno lo guardò in
faccia, mentre recuperava la sua giacca a vento.
- Io
vado da lei! - Esclamò, infilando l'anello di Coco in una delle tasche interne.
- Non la lascerò partire, con la soluzione qui,
sottomano...! -
- Non
sappiamo nemmeno quale sia, questa "soluzione"...! - Obbiettò Nick,
agguantandolo per un braccio. - Coco non tornerà, senza la certezza che Lulù
sia fuori rischio. Io... Non voglio correrle dietro e costringerla a dirmi
addio un'altra volta. - Abbassò lo sguardo, riprendendo silenziosamente fiato.
- Nick
ha ragione, Joe. Non possiamo farle questo... - Soffiò Kevin, strizzando la
sciarpa tra le dita affusolate.
- Ma...
STATE SCHERZANDO?! - Ringhiò lui, scrollandosi di dosso il fratello minore con
un gesto secco. - Volete lasciarla andare? -
- Farei
qualunque cosa, per riaverla qui. - Sibilò Nick, piantando furiosamente gli
occhi nei suoi. - Qualunque. Non osare
metterlo in dubbio, Joe. -
- E
allora avresti potuto informarla che il tribunale ha acconsentito a lasciarmi
la custodia di mia figlia, dopo che Geràrd mi ha
assunto con regolare contratto... E ha rintracciato il vero padre di Luciàne,
costringendolo a riconoscerla. - Intervenne Monique, che li aveva appena
raggiunti. - Questa è la soluzione.
Ero venuta per dirglielo, ma Gabrielle deve sempre fare di testa sua,
maledizione...! -
Si
appoggiò allo stipite, incrociando stancamente le braccia mentre l'ombra di una
lacrima correva nei suoi occhi scuri.
- Visto?
VISTO? - Abbaiò Joe. - Io la riporto indietro...! Sei venuta in macchina? -
Continuò, rivolgendosi a Monmon.
- Sì,
ma...! - Abbozzò lei, presa decisamente in contropiede. - E' tardi, non arriverai
mai in tempo. Ammesso che tu non voglia violare l'intero codice stradale
francese. - Aggiunse, inarcando un sopracciglio.
- Al
massimo offriremo all'autorità il privilegio di confiscare due patenti
americane, in una volta sola. - Ribattè Kevin risoluto,
girandosi la kefiah attorno al collo, mentre con lo sguardo cercava le proprie
scarpe in mezzo al caos scatenato dal fratello.
Joe lo
guardò con improvvisa, profonda gratitudine. E guardò Monique che sembrò
improvvisamente più sollevata. Smise di torturarsi le mani, prendendo
profondamente fiato.
- Sì,
certo. - Sbuffò lei, alzando gli occhi al cielo. - Poi lo spiegate voi a quel
mastino vestito da confetto..! Muovetevi, vi voglio vestiti, pronti e in strada
fra due minuti. Io scendo a prendere Lulù. Non posso lasciarla a Dominique per
altre dodici ore, senza dire niente...! - Esalò, estraendo le chiavi della twingo dalla sua tracolla.
***
Monique
Lemoin arrivò all'aereoporto dopo aver, per la prima
volta in vita sua, bruciato almeno quattro semafori rossi consecutivi e
infranto i tre quarti delle norme stradali, in appena una manciata di
chilometri. Lasciò l'automobile malamente accostata ad uno degli spartitraffico
davanti al terminal dei voli di linea, schiaffando la portiera al suo posto con
un po' troppa enfasi.
- Mi
sequestreranno la patente, lo sento...! - Soffiò, mentre sollevava la piccola Luciane dal marciapiede bagnato e la stringeva fra le
braccia.
Era
talmente agitata e in panico che riusciva solamente a pensare a cose stupide
come quella.
La sua
mente si rifiutava a livello categorico di fissarsi su Coco o sul fatto che
stava per andarsene definitivamente dall'altra parte del mondo... Su come la
sua sorellina sarebbe stata costretta ad obbedire alla volontà di Annabelle. O
su qualunque altra cosa la riguardasse.
Si
concentrò esclusivamente su come potesse filare il più velocemente possibile
con la bambina in braccio e senza perdere di vista Joe e Kevin che erano
schizzati fuori dalla twingo, senza quasi aspettare
che si fosse definitivamente fermata.
Correvano
con una forza disperata, quei due ragazzi.
Come se
non sentissero la fatica o non vedessero la marea di persone che si dipanava
fra loro e i banchi del check-in. Con il solo pensiero di fermare Gabrielle,
prima che fosse troppo tardi... Per quanto non sapessero nè
per dove, nè a che ora lei sarebbe partita.
E, per
quanto lei, invece, sapesse benissimo che esisteva un legame profondo fra loro
e sua sorella, non sarebbe mai arrivata ad immaginare che fosse... così. Incredibile.
Tipico
di sua madre non averlo visto. Non essere arrivata a capirlo ed essersi
limitata a distruggerlo. Per Annabelle contava solo quello che, per una serie
di stupide coincidenze, Kevin, Joe e Nick avevano in comune con Michael... non
l'amore che, tutti e tre, provavano per Coco. Non quello che erano stati in
grado e avrebbero continuato a fare per lei.
Trattenne
il respiro, stringendo rabbiosamente i pugni.
- Non ce
la faccio...! - Esalò, piegandosi leggermente sulle ginocchia per riprendere
fiato.
- Tutto
bene..? - Sobbalzò leggermente, quando si accorse di Nick fermo accanto a lei.
- Lascia che la porti io. - Continuò, indicando Lulù con un piccolo cenno del
capo. - Sempre... Sempre se ti fidi! - Arretrò, leggermente frenato dalla sua
espressione stranita.
- Io...
Sì, certo. Grazie. - Mormorò, lasciando che Nicholas le prendesse la bambina. -
Non ti pesa? - Soffiò, cercando di sembrare più gentile che esterrefatta.
- Non
preoccuparti. - Accennò un sorriso, timidamente. - Andiamo...! -
- Sì. - Coco. Improvvisamente Coco divenne il
suo unico pensiero. Martellante come la paura sorda che fosse già salita
sull'aereo. In volo.
Seguì
Nick che, incredibilmente, scivolava veloce fra la folla anche con la sua
piccola stretta fra le braccia e cominciò a cercare, affannosamente, fra
migliaia di figure apparentemente tute uguali, due occhi azzurri e lunghi
capelli scuri.
Joe
scavalcò l'ennesimo gruppo di turisti, senza nemmeno vederli, con il cuore che
gli martellava nel petto ad una velocità vertiginosa. Sentiva Kevin correre al
suo fianco, ma nemmeno di lui riusciva a rendersi del tutto conto. La sola cosa
che importava, in quel momento, era Gabrielle.
Il solo
sapere che poteva essere lì a due passi e che avrebbe potuto fermarla e
trattenerla, gliela faceva vedere ovunque. Ogni volta che incrociava una
ragazza bassa o una col cappotto rosso...
E il suo
cuore ogni volta aveva un sussulto.
Non
voleva nemmeno immaginare che fosse troppo tardi. Superarono l'ultimo banco del
check-in, mentre il panico cresceva: se fosse arrivata alla zona di imbarco,
non avrebbero più potuto raggiungerla.
- Kev..!
Non c'è! Qui NON C'E'! - Sbottò, guardandosi febbrilmente attorno.
- Lo
vedo anche da solo, maledizione...! - Ribattè,
sbuffando rabbiosamente. - Dobbiamo andare agli imbarchi. Se c'è ancora una
possibilità, è bloccarla prima che passi i bagagli a mano per il controllo. -
Concluse, risoluto.
- Cazzo! Ci sono più di venti uscite
diverse...! - Imprecò Joe, pestando un piede a terra. - Non ce la faremo ma-Seattle! -
-
Seattle!? - Kevin lo fissò, piuttosto confuso. - Cosa significa
"Seattle"? - Joe lo arpionò per le spalle, voltandolo bruscamente
verso una colonna alla loro destra. Un gigantesco poster patinato faceva bella
mostra di sè, con il logo dell'Operà
in cima e una nutrita lista di date, più in basso.
-
Significa che quella e la prossima tappa del tour! - Esclamò, strattonando il
braccio del fratello. - L'orchestra sta andando lì, quindi...! - Senza nemmeno
rispondere, Kevin cercò con lo sguardo uno dei display luminosi. Scorse
rapidamente i voli, fino a trovare quello che cercava.
-
Eccolo! Gate 7...! - Mormorò, prima di voltarsi e
schizzare verso le scale mobili con Joe alle calcagna.
Fu questione
di attimi, appena arrivati nell'ampia sala dei metal detector, il loro sguardo
si posò sulla colonna disordinata di persone che si affrettava a passare i
bagagli sul nastro ronzante. E La videro, entrambi nello stesso istante, in
piedi accanto alla figura rigida della madre, mentre si sfilava la sacca di
stoffa colorata e faceva per appoggiarla in uno dei cestelli di plastica.
-
COCO...! NO! -
Kevin
scattò fulmineo, superando il fratello di misura e nel giro di qualche secondo,
le sue braccia furono saldamente strette attorno alla vita di Gabrielle, mentre
Joe agguantava la borsetta appena prima che sparisse.
-
Kevin...! - Soffiò lei, senza quasi rendersi conto di cosa fosse successo.
Alzò lo
sguardo, fissando apprensivamente Annabelle che li guardava in cagnesco,
attraverso l'arco di metallo che aveva appena attraversato. Allontanò
bruscamente la poliziotta che stava esaminando le tasche del suo trench,
facendo in tempo a muovere un unico passo in avanti, prima che quella la
riagguantasse, impedendole di ripassare sotto il detector.
- Non
devi partire... Non sei più costretta a farlo! - Esclamò Kevin, aumentando la
stretta sul suo corpo minuto mentre i suoi occhi saettavano sulla smorfia
furibonda della donna. Annabelle strizzò la molletta di brillanti che aveva
recuperato dal cesto, graffiandosi le pallide dita affusolate.
-
Cosa...? Kev, sei impazzito!? - Balbettò, prendendo a tremare
impercettibilmente. Nel panico, arpionò i polsi di lui, cercando inutilmente di
allontanarlo.
-
Monique ha sistemato tutto. Lulù non corre più alcun rischio...! - Spalancò gli
occhi, fissando Joe come se avesse appena annunciato un'invasione aliena. -
Puoi rimanere... - Le sorrise, trattenendosi a stento dal correre a strapparla
dalle braccia del fratello.
- Giurami
che non ti stai inventando tutto...! - Mormorò, mentre il cuore le si bloccava
nel petto.
- Giuro. - Sobbalzò, nel sentire la voce
di Kevin contro il suo orecchio. Si voltò, muovendosi lentamente nel suo
abbraccio. Tuffando gli occhi chiari in quelli di lui.
Si portò
entrambe le mani alla bocca, mentre lo guardava sorridere e annuire
impercettibilmente.
- NON
IMMISCHIATEVI...! Vo- - Abbaiò Annabelle, ancora piantonata dalla poliziotta
che non ne voleva sapere di farla tornare indietro. Bloccandosi, quando vide la
figlia, totalmente incurante delle sue urla, gettare le braccia al collo del
ragazzo più grande e stringersi contro di lui fin quasi a sparire.
A
completare il quadro, Monique arrivò di corsa, qualche attimo dopo,
accompagnata da un terzo giovane. Luciàne era aggrappata alla sua spalla,
tranquilla.
Era
decisamente, orribilmente in minoranza numerica.
- Loro
si immischiano quanto vogliono, mamma. E nè Coco nè Lulù vanno da nessuna parte. - Replicò la maggiore delle
sue figlie, gelida. - Se vuoi partire, lo dovrai fare da sola. -
- Hai
sentito? - Mormorò Joe, raggiungendo Gabrielle e Kevin. Sorrise, sfiorandole la
mano, ancora serrata alla spalla del fratello. - Rimani qui. -
Lei non
rispose, sussultò appena, stringendosi un po' di più contro Kevin che le
accarezzò la schiena con rassicurante dolcezza.
Annabelle
arriciò le labbra in una smorfia furibonda e,
trattenendo a stento una risatina isterica, scagliò la molletta oltre l'arco
del detector con tanta foga, che quella rimbalzò sul pavimento levigato e
rotolò fino ai piedi di Joe.
Se ne
andò, stringendo rabbiosamente la sua borsetta, mentre lui raccoglieva il
fermaglio e nessuno, ormai, le badava più. Monique sospirò profondamente,
ripetendosi che, se fosse stata una buona figlia, avrebbe almeno provato a
correrle dietro.
- Se ne
è andata. - Nel frattempo, Joe era di nuovo accanto a Coco. Le accarezzò i
lunghi capelli scuri, indugiando con le dita contro la sua guancia arrossata.
Dopo un
attimo che parve infinito, lei si staccò da Kevin, voltandosi a guardare la
colonna di persone scorrere al di là del metal detector, ormai sgombro. Senza
quasi crederci.
- Per
una volta ti è concesso tornare indietro e scegliere di fare quello che vuoi,
non quello che devi. - Mormorò Joe,
prendendole il viso fra le mani. Si chinò a posarle un bacio leggero sulle
labbra socchiuse e la sentì sorridere, lievemente, contro la sua bocca.
- E'
andata, sì, ma vorrà delle spiegazioni. - Replicò aspra Monmon. - Proverà
comunque a prendersi Luciàne, lo sai. - Gabrielle la guardò, annuendo appena
oltre la spalla di Joe.
- Non mi
avete raccontato una balla, vero? - Soffiò, arpionando il braccio di lui. - C'è
sul serio un modo per far restare Lulù...? -
- Un
documento firmato e timbrato dal tribunale ti può bastare? - Rispose Monique,
tornando a sorridere.
Per Coco
fu come se la avessero liberata improvvisamente di tutto il peso, la tensione e
la paura accumulata negli ultimi giorni. Scivolarono via con tanta forza che
sentì quasi cedere le gambe.
Lasciando
spazio ad un infinito, soffocante sollievo.
Spostò
lo sguardo dalla sorella a Nick, che le stava accanto con Lulù ormai sveglia
fra le braccia. Gli sorrise, arrossendo appena mentre lui appoggiava a terra la
bambina e le correva incontro.
- Posso
dirti "bentornata? - Soffiò,
mentre l'abbracciava. - Anche se non sei mai veramente partita, grazie a dio.
Ultimo capriccio, giuro...! - Aggiunse, ridendo.
- Tutto
quello che vuoi. - Replicò lei. Lo sguardo di Nicholas si illuminò, nel vederla
così felice. - Anche perchè, che mi sei mancato... mi
siete mancati, tutti, io devo dirvelo. - Arrossì, mentre Joe e Kevin si
avvicinavano. - Sono stata poco più di un'ora, senza di voi, ma, vi assicuro, è
stato abbastanza per un'esistenza intera...! -
- Sono
pienamente, decisamente d'accordo! - Esclamò Joseph, stringendosela contro
mentre tutti e quattro scoppiavano in una lunga risata liberatoria.
***
Monique
prese l'ennesima curva con calcolata delicatezza, canticchiando sommessamente.
Perfino
il ticchettio cadenzato della pioggia contro il cruscotto sembrava essersi
accordato con la musica soffusa che usciva dalla vecchia autoradio.
Lanciò
uno sguardo veloce nello specchietto retrovisore, captando con la coda
dell'occhio la figura di sua sorella fusa a quella di Nick. Dormivano
profondamente, abbracciati nella penombra dell'abitacolo e nemmeno Joe, per una
volta, sembrava aver trovato qualcosa da ridire su come Coco si era lasciata
andar fra le braccia del fratello. Indugiò per un momento su di lui, che, dal
sedile accanto al suo, analizzava con curiosa attenzione il display del
navigatore satellitare.
-
Dovremo spiegarle davvero tutto su Lulù e quel documento. - Mormorò,
prendendola alla sprovvista. - Quando si sveglierà... E' stravolta. Lo siamo
tutti... -
- Sì...
certo. - Annuì lei, studiando il sorriso tranquillo che le rivolse.
- E
comunque, adesso, abbiamo tutto il tempo. - Continuò lui, fissando gli occhi
color caramello sulla strada umida, oltre il vetro rigato di pioggia.
- Tutto il tempo del mondo. - Gli fece eco
Kevin, da dietro.
Monmon
osservò con cura i volti dei ragazzi, squadrò sua figlia Lulù che, ormai,
sembrava fuori posto fra loro quasi meno della stessa Gabrielle... Fissò Coco,
addormentata serenamente come poche volte in vita sua le era capitato di
vederla. E sorrise.
Tornò a
guardare la strada, alzando un po' il volume.