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Autore: Alexander33    17/09/2023    1 recensioni
Una trappola intessuta dalla regina più spietata che mai, decisa ad usare un’arma insolita per battere il suo acerrimo nemico. L’odio si mescolerà all’amore con la complicità di un personaggio inedito.
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Harlock, Raflesia
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Jarkha Strahl uscì ancor prima che l’alba salutasse il mondo.

I sogni l’avevano tormentato sino a fargli lasciare il letto non senza un moto di rimpianto.

 

I campi dissodati si perdevano sotto il suo sguardo, orgoglioso ne ammiró le perfette geometrie dei solchi scavati con la divoratrice: così chiamava il vecchio trattore a cingoli che lo aiutava nel duro lavoro di campagna.

L’aria fresca e pulita lo ritempró, levandogli dalle spalle appena curve un’ombra della stanchezza che il poco sonno non era riuscito a cancellare.

 

Viveva solo. Sua moglie se ne era andata dopo due anni di matrimonio: stanca della vita di campagna, stanca nel dover andare al pozzo a prelevare l’acqua, stanca di dover lavare panni e preparare i pasti tre volte al giorno. Mareth amava troppo la vita di città per trovarsi a suo agio lì con lui: avrebbe dovuto capirlo prima di sposarla, ma a vent’anni certe cose hanno poca importanza.

 

Si sedette sulla panca di legno nella veranda, sorseggiando il forte caffè di spezie, cercando di ricordare il sogno, ma nulla… per quanto si sforzasse nessuna immagine gli affiorava alla mente. Solo il senso d’angoscia che l’aveva destato di soprassalto nel cuore della notte. Alzó le spalle: pazienza, in fondo un sogno rimane sempre un sogno.

 

Prese la zappa dal ripostiglio dietro casa dove teneva gli attrezzi e si diresse nell’orto quando il sole timidamente gettava i primi raggi sull’orizzonte.

Andava ripulito dalle erbacce, o avrebbero soffocato le rigogliose piante di pomodori sultano, dalla buccia lucida color dell’oro e dalla polpa profumata dal dolce fresco sapore.

 

Mentre zappava con cura il piccolo orto si avvide delle macchie che deturpavano le foglie dell’ortaggio.

Un’altro parassita… ormai il clima eccessivamente secco di quell’anno aveva promosso il prosperare di parassiti e batteri nocivi alle colture.

Borbottando decise che il mattino successivo si sarebbe recato in città, a fare rifornimento di fitofarmaci. Non amava usare quella roba, ma era l’unico modo per evitare la distruzione dell’intera coltura.





 

“Balia, devi trovare il modo di scendere da questa nave.”

 

Limüe strabuzzó gli occhi.

«Principe, mi stai sopravvalutando! Prima vuoi che contatti tuo padre, ora pretendi di poter scendere dall’ammiraglia della regina… dovrei rapirti e portarti via con una navetta, e poi avrei tutto l’esercito mazoniano a darmi la caccia.»

 

“Ebbene, se così dev’essere, che sia!”

 

«Ma…» protestó debolmente la donna «Tuo padre? Non doveva venirti a prendere?»

 

«Verrà. Ma ora la Dorcas sta viaggiando nell’iperspazio. Niente coordinate spazio-temporali. Siamo fuori dalle 4 dimensioni conosciute. Dobbiamo sbarcare e li ci raggiungerá mio padre.”

 

«Principe, con tutto il rispetto… mi faranno fuori appena metteró piede su una navetta con te. Moriró talmente in fretta da non accorgermene nemmeno.»

 

“Non se farai esattamente ciò che ti diró. Fidati di me balia: sopravvivremo entrambi. Ti lascerei qui a tremare come un coniglio tra gli artigli di Raflesia, ma non posso ancora badare a me stesso. Ho necessità di te, e solo di te mi fido.”

 

Limüe sospiró, conscia ormai che la sua vita e il suo fato dipendevano da quel minuscolo essere.

 

“In che rapporti sei rimasta con Sephiroth?” Chiese Morderd.

 

Limüe sussultó.

Sephiroth… non pensava a lei da molto tempo.

La sorella di Jago.

Da ragazze erano state legatissime, quasi come sorelle, e il rapporto era continuato finché lei e Jago erano stati fidanzati. Poi si erano perse di vista quando si erano lasciati… anzi, a dirla tutta Sephiroth se l’era proprio avuta a male. L’aveva presa come un’offesa personale, togliendole addirittura il saluto.

All’epoca Sephiroth era appena entrata a far parte delle truppe scelte di Raflesia: pilota da combattimento, reparto d’assalto.

 

«Non ci siamo più viste… ormai sono più di dieci anni…»

 

“Dovresti riallacciare i rapporti.” Insistè Mordred.

 

«Ho capito dove vuoi arrivare, ma devo deluderti. Non accetterà mai di aiutarmi.»

 

“Sei troppo fatalista e arrendevole. Le persone possono sorprenderti…”


Rintracciare Sephiroth non sarebbe stato affatto semplice. Ormai viveva negli alloggi destinati alle truppe: la sua vita era quella di un militare tra esercitazioni, combattimenti e ordini da eseguire. Per i civili accedere alle caserme era difficile, ma soprattutto, lo avrebbe dovuto fare nel modo più discreto.



 

Farsi passare per la sorella di Sephiroth era stato più semplice di quanto avesse sperato. 

E mentre era nel salottino d’attesa, nella reception degli alloggi dei piloti, col grosso pacco in grembo, cercava d’immaginare la reazione della sua ex vecchia amica. Se avesse rifiutato di parlarle, ogni speranza di fuggire col neonato sarebbe naufragata.

 

Limüe sussultó quando la porta in fondo alla sala si aprì silenziosa, mentre gli stivali scandivano il tempo dei passi del pilota.

L’uniforme nera faceva risaltare i gradi in metallo e le medaglie.

 

Sephiroth si fermó davanti a lei

«Mi hanno detto che mia sorella deve consegnarmi l’uniforme pulita…».

   
 
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