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Autore: Dani85    20/09/2023    1 recensioni
Dal prologo:
«Ancora nessuna notizia di Luca?»
Barbara scuote la testa perché no, non ha nessuna notizia di Luca. Niente, zero, non una telefonata né un messaggio. Alla faccia del "mi tengo in contatto io" con cui l'aveva salutata quel pomeriggio. E non è servito a nulla nemmeno tempestarlo di telefonate, visto che sono andate tutte a vuoto, squillo dopo squillo perso nei meandri di una segreteria telefonica. Barbara non sa spiegarsi il perché, ma quel silenzio la inquieta, è come un formicolare dietro il collo, il presentimento fisico di qualcosa che sta per andare molto molto male.
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What If? a partire da DdP11x02. Luca non muore ma, per tantissimo tempo, non vive nemmeno.
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Storia completa, capitoli postati il sabato e il mercoledì.
Genere: Angst, Hurt/Comfort, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Anna Gori, Elena Argenti, Luca Benvenuto
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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NdA: Vecchie conoscenze riappaiono XD Consueto reminder, la storia è completamente scritta, i capitoli saranno pubblicati il sabato e il mercoledì. Buona lettura!
Disclaimer: Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Taodue srl; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro. Gli elementi di mia invenzione, non esistenti in DdP, appartengono solo a me

Cap. 5 - Time keeps moving forward

 

You say this won't last forever
Just give it time

But time keeps movin' forward
And you mostly come around
[Mostly to Yourself - Noah Reid]

Il taxi rimane imbottigliato nel traffico dell'ora di punta con le auto incolonnate, gli autisti scocciati e i soliti motocicli che sgusciano tra un mezzo e l'altro come se per loro il codice della strada non valesse. Elena sprofonda un po' più comoda sul sedile posteriore e sorride. Ah, il caro vecchio caos di Roma. Un po' le è mancato anche questo negli ultimi anni, come una specie di cugino fastidioso che in fin dei conti ti sta simpatico comunque. La realtà è che le è mancata proprio Roma, molto più di quanto sia a suo agio ad ammettere e, non per la prima volta, si chiede cosa le impedisca di tornare, cosa la tenga davvero legata a Genova anche oggi che non ha più niente da spartire con la città.

Elena studia distratta il traffico fuori dal finestrino, le auto che avanzano a passo d'uomo, e ci pensa seriamente. Più ci pensa, però, più non sa darsi una risposta. A Genova non ha più legami, la sua storia con Davide è morta e sepolta ormai da anni, e allora perché sta ancora lì? Ha il lavoro, va bene, ma lei il suo lavoro lo può fare ovunque, anche e soprattutto a Roma. Quindi no veramente, perché sta ancora lì? Perché non ha chiesto un trasferimento? Perché si ostina a rimanere in un posto in cui nulla più le è familiare?

Elena distoglie lo sguardo quando l'auto riprende a filare veloce per le strade di Roma e le domande tornano in lista d'attesa, ad aspettare tempi migliori. Quando il taxi si ferma, però, è quasi sicura che prima della fine di questa vacanza romana avrà trovato una risposta. Quando si infila in clinica poi, diretta alla stanza di Luca, ne è assolutamente certa. Non sa ancora che tipo di risposta sarà, è solo convinta che qui, adesso, ne troverà una.

Per ora è sufficiente che trovi la camera di Luca e che ci arrivi prima che qualcuno le sguinzagli dietro l'intero corpo di sicurezza a scortarla fuori. Insomma, sta girando per il corridoio di una clinica con un borsone e una valigia gigante al seguito e forse avrebbe fatto meglio a passare prima da casa di Vittoria per lasciare i bagagli. Forse eh, solo che il suo raziocinio è andato a farsi benedire alla prospettiva di rivedere Luca e si è precipitata in clinica direttamente dalla stazione. Non il suo momento migliore, no, ma ampiamente giustificato, sì. Cerca di muoversi il più silenziosamente possibile e l'aria dubbiosa delle infermiere che la incontrano si trasforma in un sorriso affezionato quando gli chiede di Luca. Elena bussa alla porta con il cuore a mille. Entra prima ancora di sentire una risposta, troppo impaziente per aspettare, e Luca è lì, seduto sul bordo del letto, così uguale e così diverso da sé stesso.

C'è un attimo di calma assoluta, di silenzio perfetto, poi il tempo ricomincia a scorrere ed Elena non sa cosa fare. Litiga con la tracolla del borsone, sbatte con la valigia contro lo stipite della porta, inciampa sui suoi stessi piedi e Luca ridacchia incredulo, le spalle che sussultano. Non ci crede che è proprio lei lì, davanti ai suoi occhi ma, poi, gli si precipita incontro e lui si ritrova con le sue braccia strette intorno al collo, il viso premuto contro il suo.

«Ciao Luca, ciao, ciao…» Elena continua a ripetere la parola all'infinito contro il suo collo, il respiro umido e carico di pianto.

«Ciao, Ele.» Lui ricambia il sorriso e la stretta e l'abbraccio dura tanto da diventare vagamente imbarazzante. «Non piangere,» le sussurra e le batte piano una mano sulla schiena per tranquillizzarla. Elena prende un respiro profondo e si stacca da lui. Si passa le mani sotto gli occhi a scacciare via le lacrime e poi si tira i capelli dietro le orecchie. Ha gli occhi lucidi ma per il resto ha ripreso il controllo di sé.

«Perché non mi hai detto che saresti arrivata?»

«No, casomai perché non sono arrivata prima. Perché non mi hai detto che stai passando un brutto momento?»

«Te l'ha detto Vittoria?» Luca non sa se essere infastidito dalla cosa oppure no.

«E chi se no? E menomale che me l'ha detto Lu', se no stavo ancora qua a dar retta a te e ai tuoi "ma no, non c'è fretta, aspetta".»

Elena gli fa il verso e questo un po' di fastidio glielo dà. Soprattutto perché ha ragione lui, no?

«E infatti che fretta c'è? Tanto quello che doveva succedere è successo e il brutto momento non va da nessuna parte.»

Elena incrocia le braccia al petto, sperava che Vittoria avesse esagerato quando le ha descritto lo scoramento di Luca. Invece, è esattamente come aveva detto lei.

«Luca, ascoltami, non puoi cambiare quello che è successo ma puoi riprenderti la tua vita.»

Luca sbuffa, non ha voglia di un altro discorso di incoraggiamento. «Se sei venuta fin qui per farmi anche tu la predica..»

«Sono venuta fin qui per vederti. E perché penso ti serva un'amica.»

«Amica? Non bastano quelli che sono qui?»

«Sì, certo, ma loro sono troppo coinvolti e non riescono a dirti le cose come stanno.»

«Ovvero?»

«Che è arrivato il momento di darti una mossa.»

Luca incassa il colpo, ferito nell'amor proprio. Che vuol dire che deve darsi una mossa? Sono sei mesi che non si è fermato un attimo: è fisicamente e psicologicamente esausto. Pensava fosse evidente e invece, a quanto pare, nessuno se ne accorge. Anzi!

«Cioè, fammi capire, tu e tutti gli altri pensate cosa? che io non stia facendo nulla e che stia qui a perdere tempo?»

«No. Non mi riferisco alla riabilitazione e, secondo me, lo sai anche tu. Il problema è l'atteggiamento, Lu'. È vero io non ero qui e non l'ho visto di persona ma davvero vuoi dirmi che le ultime settimane sono andate bene?»

Luca non le ride in faccia solo per quel briciolo di istinto di sopravvivenza che ancora esiste in lui e che gli ricorda che fare incazzare Elena non è una buona idea. La sua mente è terra senza padroni però, e la risata che risuona tra i suoi pensieri sa di follia. Perché cosa è andato davvero bene in questi sei mesi? O in tutta la sua vita? Niente e, a costo di suonare vittimista, lo dice ad alta voce.

«Ultime settimane? Perché prima? Quando mai qualcosa è andata bene? Ora è solo peggio perché nulla di quello che sto vivendo mi piace.»

«Ok, tutto giusto e comprensibile. Ma tu, cosa stai facendo per cambiare le cose? Visto che non ti piace nulla, dico.»

«Dite tutti la stessa cosa, ma cosa dovrei fare? Tu puoi riportare una persona in vita o far cambiare idea a chi non vuole più vedermi? Puoi rimandare indietro il tempo? No, perché io non posso.» Ogni parola è intrisa di frustrazione, la stessa in cui si crogiola da quando ha parlato con Vittoria.

«No, Luca, non lo posso fare neanche io. Ma di sicuro tu puoi smettere di auto commiserarti e puoi cominciare a pensare a cosa fare quando uscirai di qui.» Ecco, Elena l'ha detto. La promessa che si era fatta di andarci cauta si è infranta prima di quanto si aspettasse. Oh beh, pazienza!

Intanto, Luca si rigira la frase in testa e cerca di darle un senso. È difficile però, perché lui ha attivamente evitato di pensarci, soprattutto dopo il discorso con Vittoria e la tristezza in cui si è trovato ad annaspare senza appigli. Però, che lui lo voglia o no, è vero e tra una decina di giorni sarà fuori dalla clinica. E cosa farà quando succederà? Dove andrà?

«Okay, quindi tu se sei qui per fare cosa? Rimettermi in riga e trovarmi una casa?»

Elena si stringe nelle spalle ed inclina la testa a guardarlo. Un'occhiata di sbieco che è una sfida a contraddirla.

«Sì, anche! Luca mi sono presa tre settimane di ferie per venire qui a Roma, tre settimane tutte per te. Quindi, mettiti l'anima in pace ed abituati all'idea che mi avrai tra i piedi per un po'.»

«Per trovarmi una casa.» Per qualche ragione, Luca trova la cosa assolutamente esilarante.

«Assolutamente! Pensavo ad una bella casa comoda e funzionale, moderna ma non troppo, e con almeno una una camera degli ospiti…»

Elena congiura l'agente immobiliare che è in lei mentre Luca sospira e si rassegna anche a questo. In fondo, è abituato ad avere gli altri che decidono per lui e con Elena non poteva essere diversamente. Con lei era così anche prima.

«Tre settimane tutte per me, eh?»

«Già!» Elena si dondola sui piedi, così tanto soddisfatta di sé che di più non si può. E per Luca è come essere investito in pieno da una ventata d'aria nuova. Forse è vero che Vittoria e gli altri sono troppo coinvolti - troppo addolorati e affaticati da tutto quello che è successo - per dargli una scossa, mentre lei ha quel pizzico di sano distacco che le permette di essere diretta e senza filtri. È una mano tesa, l'ennesima, e Luca è comunque abbastanza intelligente da accettarla.

«Voglio una casa con un sacco di luce,» una richiesta piccola, giusto per darle corda, quanto basta per smuoversi dall'apatia in cui è piombato nelle ultime due settimane.

«Lo aggiungo alla lista dei requisiti ma, intanto, posso darti un altro abbraccio?»

Dire di sì è la cosa più semplice del mondo, finire stritolato nella presa affettuosa di Elena quella più piacevole.

Elena si è appollaiata sulla cima della valigia, i piedi allungati davanti a sé e il borsone tra le caviglie. È una sistemazione precaria, lo sa anche lei che se si muove rischia di spiattellarsi a terra, però almeno sta comoda. Guarda le macchine sfilare davanti alla clinica nel pigro traffico del tardo pomeriggio e, mentre aspetta, rimugina sulle ore appena trascorse con Luca. L’averlo finalmente rivisto, così vivo e concreto, è una sorta di inspiegabile calore al centro del petto, come se qualcosa che è stato dormiente per un sacco di tempo si fosse finalmente risvegliata con lui. È una sensazione piacevole e lei ci si culla dentro come se non potesse averne mai abbastanza, come se si sentisse un po' più viva di quando è partita. La cosa la elettrizza. Aspetta che Ingargiola la passi a prendere per portarla a casa da lui e Vittoria e intanto riflette sulle sue prossime mosse. Tira fuori dalla tasca dei jeans un'agendina ed una penna, inforca gli occhiali e comincia a scarabocchiare. Perché lei ha un piano, non è certo venuta qui ad improvvisare. No, lei ha programmato tutto, dall'incontro con Luca a cosa dirgli e cosa fare. Adesso depenna le prime voci perché il primo obiettivo - quello di ottenere la collaborazione di Luca - è stato raggiunto, ora deve pensare a tutto il resto.

Elena sfila gli occhiali e comincia a masticare la punta di un'astina. Pensa a quello che gli ha raccontato Vittoria e alle assenze che pesano nella vita di Luca. È vero non può fare nulla per riportare Antonio indietro, e non può far nulla per ricucire il rapporto di Luca con la madre - anche perché finirebbe, come minimo, per prenderla a male parole. La questione Anna però, è tutto un altro discorso. Per quello, forse, qualcosa può farla. Certo, vorrà dire mettersi in mezzo e immischiarsi in cose che non la riguardano, ma quando mai questi dettagli l'hanno fermata? Lo sanno tutti che sotto sotto è un'impicciona. Seria, precisa e leale ma impicciona fino al midollo. Quindi sì, si metterà in mezzo senza nessuno scrupolo di coscienza.

A distrarla dalle sue macchinazioni arriva Giuseppe a caricare lei e i suoi bagagli. «Allora, come l'hai trovato?» è la prima domanda che le fa dopo gli abbracci e i sorrisi e la gioia di rivedersi.

«Speravo che Vittoria esagerasse quando mi ha detto quanto stava giù, invece…»

«Eh, è sofferente e confuso. Ha passato mesi a chiedersi cosa è veramente successo mentre tutti facevamo finta di niente. Un po' perché ce lo avevano consigliato i medici, un po' perché come glielo spieghi tutto quello che è cambiato in dieci anni?»

È una domanda trita e ritrita che ciascuno di loro si è posto più e più volte in questi mesi. Vittoria ha stretto i denti e alla fine ha scelto la verità, senza abbellimenti e senza giri di parole. Ha fatto del male a tutti quanti ma era la soluzione più onesta.

«Okay, ormai lo sa. Il peggio, da questo punto di vista, è passato. Adesso dobbiamo concentrarci sul futuro e dobbiamo aiutarlo a ritrovare l'entusiasmo. E qui entro in gioco io.»

«Che hai in mente, Elenu'?» Giuseppe è curioso ed intrigato.

«Tanto per iniziare, due cose: sistemare Luca fuori da quella clinica e poi fare due chiacchiere con una persona.»

Giuseppe non ha idea di dove l'amica voglia andare a parare ma è affascinato dalla sua aria diabolica. La ragazza tira fuori il cellulare, scorre la rubrica e fa partire una chiamata. Uno, due, tre squilli, poi dall'altra parte «Pronto?»

«Annina bella, dobbiamo parlare di un po' di cose.»

«Buonasera anche a te Elena, eh.»

«Sì sì, non fare la furba però.»

«Ma di che stai parlando?» Andare dietro ad Elena non è mai stata la cosa più semplice del mondo, se poi non le dà nessun indizio, per Anna diventa proprio impossibile.

«Te lo dico subito. Ho una domanda per te, una sola ma importante, quindi rifletti prima di rispondere.»

«Tu sei pazza, ma va bene, sentiamo.»

«Perché non sei ancora venuta a trovare Luca?»

Dall'altra parte Il silenzio è agghiacciante. Se fossero faccia a faccia Elena potrebbe vedere gli occhi sbarrati di Anna e la sua faccia stupita. Balbetta qualcosa che si perde incompiuto ed incomprensibile lungo la linea telefonica.

«Allora?» la incalza Elena.

«Boh, Ele, non so nemmeno se vuole vedermi, non so cosa dirgli, non so da dove cominciare.»

«Cominciamo dalle basi, proprio. Fai il primo passo e vieni qui. Non mi interessa se sei in difficoltà o se sei in imbarazzo, dieci anni sono passati anche per te ma, fidati, per Luca è peggio. Le nostre vite sono andate avanti, la sua invece è finita in pausa, non puoi aspettare che sia lui a venire da te.»

Anna si maledice all'altro capo del telefono, perché lo sa che in questi mesi ha semplicemente rimandato l'inevitabile e che si è fatta forte di mille scuse che hanno smesso di essere tali già da un pezzo. Lo sa che in realtà le manca il coraggio di affrontare le conseguenze della sua scelte, il tempo che è passato, l'incognita di quello che si troverà davanti e tutto quello che potrebbe essere.

«Non so se me la sento.» Anna si scopre improvvisamente vulnerabile ed inaspettatamente sincera. Tutto ad un tratto sembra così facile dire all'amica quello che non ha ammesso nemmeno a sé stessa.

«Ti capisco Anna, ma a 'sto giro tocca a noi essere forti per Luca. Ha fatto un lavoro enorme per rimettersi in piedi, ma ha bisogno che chi gli vuole bene lo aiuti a rimettere insieme i pezzi. E tu gli vuoi ancora bene, no?» È una domanda strategica, Anna lo sa, eppure cade dritta dritta nella provocazione dell'amica. C'è un singhiozzo oltraggiato piantato nella sua gola. È assolutamente ridicolo che Elena le chieda una cosa simile, anche se il dubbio lo ha creato da sola.

«Certo che gli voglio bene.» Non ho mai smesso.

«Ecco! Allora smuovi il tuo bel sederino da Trieste, prendi il primo aereo disponibile e vieni a Roma.»

«Ele…»

«No no, niente scuse. Vieni a Roma e gli chiedi scusa per come è andata tra voi dieci anni fa, gli dici che ti è mancato e che gli vuoi bene.»

«Sì, ma Ele…»

«Anna!»

Elena comincia a suonare esasperata, Ingargiola inarca un sopracciglio al suo tono scocciato, Anna sospira.

«Non sto cercando scuse, Ele.»

«E allora che c'è?»

«C'è che non sono a Trieste. Sono a Roma.»

«Che c**** vuol dire che sei a Roma?»

Elena si china in avanti, sbatte una mano contro il cruscotto e Giuseppe sussulta. Il fatto che la macchina resti dritta è un piccolo miracolo, tutto il resto ha il potenziale di un disastro.

 
  
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