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Autore: Scribbling_aloud    24/09/2023    0 recensioni
Siete anche voi dell'idea che un ragazzo come il nostro Harry Potter dopo: infanzia con gravi carenze di affetto e tutori abusivi, traumi pesanti in adolescenza con minacce di morte, perdite di affetti rilevanti nel corso della vita, non avrebbe mai potuto avere una vita troppo facile con una famiglia alla mulino bianco e soprattutto una mente equilibrata e serena?! Secondo me PTSD come se non ci fosse un domani. Questa è una trilogia molto poco magica che, in un crescendo, esplorerà la sua mente e la sua vita famigliare con i suoi mille problemi e difficoltà data da tormenti mai risolti, una popolarità cresciuta a dismisura che non lo fa vivere bene, fragili equilibri nelle sue relazioni che si frantumano. Partiamo diciannove anni dopo, esattamente dove ci ha lasciati la Rowling. Il Natale di quell'anno.
ATTENZIONE: comincia molto leggero, quasi frivolo, ma ci tengo a precisare che non è un testo per bambini. Da più o meno metà del primo libro e poi nel terzo, ci sono parecchi punti intensi, violenza e tratta temi delicati. Specie il terzo libro, dove ho raffinato un po' la mia scrittura quindi le immagini sono più vive.
E' una traduzione dall'inglese.
Genere: Drammatico, Hurt/Comfort, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ginny Weasley, Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Harry/Ginny, Ron/Hermione, Teddy/Victorie
Note: Traduzione | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
Capitoli:
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Capitolo 23 – False promesse
 
Sapeva dove trovarle. O meglio, sapeva che loro l’avrebbero trovato.
Cominciò a prepararsi per andare a correre. Non gli interessava di correre. Non gli interessava di niente. Aveva semplicemente questo disgusto e cattiveria da sfogare su qualcuno. Era di nuovo come quando Lily era morta, ma questa volta era in controllo, era consapevole di tutto quello che gli stava accadendo intorno con una chiarità che sarebbe stata dolorosa se non fosse stata inghiottita dalla rabbia. Non era la pazzia che prendeva il sopravvento, era tranquillo. Perfettamente tranquillo, solo ribollente, frustrato con un bisogno di qualcuno su cui sfogarlo.
Appena arrivò al parco furono lì, quasi subito, seguendolo come sperava.
Esattamente lo stesso gruppo cicaleggiante che lo seguiva dappertutto. Questa volta erano tre, stupide e giovani. Non aveva mai prestato attenzione a loro quando era felice e soddisfatto della sua vita, ma ora, potevano finalmente rivelarsi utili. Il loro momento era arrivato.
Rallentò e una volta fermo gli fece segno di avvicinarsi. Cercò di raddolcire la sua espressione; non voleva spaventarle.
‘Salve ragazze, come va?’
‘Bene’ cinguettarono tutte insieme ridacchianti, accarezzandosi i capelli, lanciando occhiate seducenti, masticando gomme.
‘Abbiamo letto di tua moglie. Cavolo, ci spiace così tanto, vero?’
Bugiarda. Non te ne frega un cazzo.
La ignorò. Non era lì per parlare di Ginny. Proprio il contrario. Il ricordo di lei l’avrebbe fatto esitare nel suo scopo e non si poteva permettere di esitare. Neanche per un secondo.
‘Allora’ cominciò a dire con nonchalance ‘Vi piacerebbe venire da me?’
I risolini si intensificarono.
‘Sono serio’ disse con un mezzo sorriso ‘Volete venire?’
‘Ok, va bene’ dissero guardandosi l’un l’altra ridacchiando.
Harry sapeva esattamente cosa voleva da loro; sapeva cosa sarebbe successo. E voleva essere sicuro che lo sapessero anche loro. Voleva che le sue intenzioni fossero chiare per non avere scenate una volta a casa sua perché sarebbe andato fino in fondo a prescindere e preferiva che il tutto fosse consensuale.
‘Se dite di sì voglio che sappiate che non è per chiacchierare che state venendo. E non sarò gentile, non sono un principe azzurro’
Fu detto senza sorridere. Voleva che capissero che non stava scherzando. Non fu chiaro se recepirono il messaggio visto che continuarono a ridere stupidamente, ma alla fine non era poi così importante.
‘Ok, allora andiamo’ disse facendo strada.
 
‘Ma ‘sto posto è stupendo!’ Una di loro esclamò una volta che furono arrivati.
‘Fate come se foste a casa vostra. Faccio una doccia e sono di ritorno. Staremo in salotto’
Non le voleva in camera dove aveva dormito fino a settimane prima con Ginny. Avrebbe rovinato tutto. Non avrebbe potuto farlo lì.
Non vedeva l’ora di liberarsi di tutto quel veleno. Lo stancava moltissimo cercare di tenerlo sotto controllo.
La doccia che fece fu breve per non permettersi troppo tempo di riflessione, ne sentiva il rischio.
Tornò in salotto indossando un asciugamano attorno ai fianchi, i capelli ancora bagnati.
Loro erano sedute sul tappeto chiacchierando animatamente, ma si fermarono di scatto quando lo videro.
Hermione aveva avuto ragione su quanto gli aveva rivelato anni prima. Aveva potere sulle donne. La conferma era nei loro occhi, nel rossore sui loro visi. Lo trovavano attraente.
Non l’avrebbe gettato al vento.
Si sedette sul divano di fronte a loro. ‘Allora, ragazze, spogliatevi.’
Stava per scoprire quello che gli avevano sventolato sotto il naso per così tanti anni. Non che indossassero mai niente di troppo coprente ma ora avrebbe potuto finalmente vedere quello che aveva sempre e solo immaginato.
Non gli interessava chiacchierare prima, non aveva senso far finta di essere interessato a loro. Avevano qualcosa in comune lui e quelle ragazze. Nessunissimo interesse in cosa c’era dietro il corpo.
Cominciarono a fare quello che gli era stato chiesto con una naturalità che sorprese Harry. Aveva fatto bene a scegliere quelle ragazze per il suo scopo. Non si sarebbero tirate indietro davanti a quello che ci si aspettava da loro.
Ed erano così giovani, così fresche, pelle liscissime, corpi mozzafiato, tutte diverse e tutte perfette a modo loro.
C’era stata solo Ginny per lui, anche Hermione ma ne aveva praticamente cancellato il ricordo dopo che era successo. Quindi, solo Ginny. Con la possibilità di scegliere tra lei e tutte le altre donne aveva scelto lei, avendo l’opportunità avrebbe rifatto la stessa scelta altre centinaia di volte, ma era impossibile. Ora gli erano rimaste solo tutte le altre.
La vista delle ragazze lo eccitò immediatamente. Anelava di prenderle e piegarle al suo piacere immediatamente, ma aspettò, per gustarsi il momento. Si appoggiò allo schienale del divano mentre avanzavano verso di lui.
Gli permise di aprirgli l’asciugamano e lasciò che le loro mani scivolassero sul suo corpo, le loro bocche voraci divorarlo.
Era inferno e paradiso. Voleva goderselo e voleva forzarle allo stesso tempo. L’ombra dentro di lui stava insistendo con furia per avere il permesso di prendere il sopravvento sulla ragione. Ed era una tentazione così forte. Sarebbe stato così facile. Gli promise come si sarebbe sentito meglio poi, si era sentito meglio dopo averlo fatto a Ginny, avrebbe funzionato allo stesso modo. E lui gli credette perché aveva bisogno di credergli.
Quando le loro bocche avide avevano quasi ottenuto quello che minacciavano di fare fin dall’inizio, le fermò. Ora era il suo turno.
Si alzò, prese la prima ragazza a portata di mano, riccia, castana, con un corpo sensuale, una vita sottile, dei fianchi generosi e un bellissimo seno sodo. La spinse contro il muro, faccia contro, permise alle sue mani di viaggiarle sulla schiena che si inarcò al suo tocco, le spostò sui fianchi, sul ventre piatto, scivolavano come su seta.
Le afferrò il seno turgido con una mano, andandole con l’altra tra le gambe mentre lei stava già ansimando voluttuosamente.
Le leccò il lungo collo e la sentì fremere. Senza aspettare nient’altro si forzò la via dentro di lei.
Non fu come lo era stato con Ginny in un’occasione simile quando tutto quel disprezzo martellava per uscire. Non c’erano lacrime o suppliche. Lei lo voleva, lo desiderava. Entrare dentro di lei era stato anche fin troppo facile. La sensazione, però, senza prezzo. Così aderente su di lui, così calda. E poteva essere brutale, gli era concesso di essere brutale. Era quasi apprezzato. Poteva finalmente permettere al suo lato crudele di prendere il sopravvento.
Fu rude. Aveva anni e anni di felicità e soddisfazione coniugale trasformati in rabbia e sprezzo da riversare in lei. Non gli interessava niente di quella ragazza; non gli interessava se le faceva male o le dava piacere. Doveva liberarsi di tutto quello che minacciava di corroderlo. Spinse dentro di lei con forza, e la ragazza invece di cercare di sottrarsi, mugolava di piacere. Lo spronò ancora di più. Aumentò il ritmo e il vigore ma c’erano due altre ragazze che aspettavano dietro di lui che si accarezzavano e baciavano tra di loro e lui aveva abbastanza odio da riversare in tutte loro. Lasciò la prima e ne prese un’altra, questa era minuta con una pelle perfetta e chiara, completamente diversa ma ancora più attraente per quella ragione. La spinse con il viso contro il divano. Non voleva vederne i visi. Dovevano rimanere senza volto per permettergli di fare quello che aveva bisogno di fare.
L’esilità della ragazza e la sua fragilità lo eccitò, voleva imporsi dentro di lei. Voleva dominarla completamente. Le prese i polsi sottili con entrambe le mani e li bloccò. Quando entrò, lei sussultò. Era piacere o dolore in questo caso? La sua controparte crudele sperò che fosse dolore.
Il dolore poteva essere riscattato solo tramite il dolore.
Le riservò lo stesso trattamento che all’altra, se possibile anche più vorace, anche più rude. E poi passò alla terza, la piegò sul tavolo. Le allargo le gambe, lasciò una mano infilarsi nel mezzo e quando le sue dita incontrarono l’umido e il tepore, l’urgenza dettata dall’impulso si impadronì di lui e si prese il suo piacere anche con lei. Arrivati a quel punto la sua mente era completamente offuscata, le altre due ragazze stavano chiedendo nuovamente attenzioni e scivolarono tutti insieme sul tappeto. Poté fare con loro esattamente tutto quello che gli passò per la testa, erano pronte a soddisfare qualunque suo desiderio come gli avevano promesso nelle varie lettere, e per un tempo indefinito usò e giocò con quei corpi giovani che gli erano stati offerti con così tanta disponibilità. Quando, dopo un certo tempo fatto da quello che poi non era altro che semplice violenza e vendetta mascherata da puro sesso, si stava godendo di nuovo quella più esile, la sua preferita, il suo corpo delicato intrappolato sotto il suo, il suo sprezzo ne era accentuato, il suo disgusto, la sua rabbia che borbottava sull’orlo di eruttare, le afferrò i capelli e li tirò, il suono che scappò dalle sue labbra scatenò l’imminente fine, inesorabile e sopraffacente. Si spinse dentro di lei ancora qualche volta per espellere le ultime rimanenze della sua energia distruttiva e fu fuori giusto in tempo.
Come tutte le volte, e in questa occasione particolare, rimase basito da come un semplice secondo potesse portare tale cambiamento. Dalla cima prima al fondo dopo.
Dal turbine di sensazione, il calore, la passione che fa impazzire, terminando con una lunga tirata di un piacere così intenso che fa quasi male, al freddo, al vuoto, alla solitudine e degradante realtà.
Non c’era la serenità che il suo alter ego malvagio gli aveva promesso. Quelle ragazze non erano Ginny, non era lo stesso, non gli potevano dare quello di cui aveva bisogno.
C’era solo disgusto per se stesso e quello che aveva fatto. Non era neanche due settimane che Ginny era morta. L’aveva tradita in un modo ripugnante, nel salotto dove molte volte si erano coccolati, avevano parlato, litigato, fatto l’amore.
Aveva scambiato amore con il sesso.
D’altronde, se solo del sesso senza significato gli era riservato da ora in poi aveva il diritto di prenderselo tutto. O no?
Si lasciò cadere sul divano, il corpo inzuppato di sudore, esausto, cercando di spingere via il senso di colpa e il disgusto con questi ragionamenti.
Le ragazze, con i visi accesi e sorrisi gratificati, si sedettero di fianco a lui carezzandolo pigramente, giocando con i suoi capelli, tracciando con devozione il contorno delle sue cicatrici. Lui non si accorse neanche della loro presenza. Era tornato in se stesso e non aveva più bisogno di loro. Lo infastidivano soltanto.
‘Sei stato, tipo, spettacolare… Tutto quello che pensavo saresti stato’ una di loro disse leziosamente muovendo una mano dalla perfetta manicure sul suo ventre salendo sul petto ‘Dovremmo farlo di nuovo qualche volta, che dici?!’
‘Sì, forse…’ lui rispose stancamente desiderando solo averle fuori da casa sua.
Stava per accennare alla cosa quando una di loro, guardando l’orologio sopra al camino, esclamò ‘Merda! Devo scappare, ho il coprifuoco tra mezz’ora’
‘Che coprifuoco?’ Harry chiese interdetto.
‘I miei mi vogliono a casa per cena, è un pacco allucinate!’ disse roteando gli occhi mentre si rimetteva velocemente i vestiti.
‘I tuoi genitori?’ Harry chiese di nuovo cercando di capire.
‘Sì, sai, hanno ‘sta cosa di cenare tutti insieme…’
E Harry improvvisamente realizzò con orrore quanto giovani queste ragazze fossero, vivevano ancora con i genitori! Stava per chiedere quanti anni avessero di preciso ma si trattene prima di farlo. Era meglio non sapere. Osservandole con una mente libera da quello che lo stava ottenebrando solo qualche ora prima, poté giudicarlo comunque senza chiedere.
Si sentì nauseato. Avevano sicuramente metà dei suoi anni. Non potevano averne più che uno o due di James. I loro padri le stavano aspettando per cena, un padre che probabilmente non era tanto più vecchio di lui.
Pensò a Lily, una Lily cresciuta. Un Lily diciottenne e cosa avrebbe fatto sapendo che stava avendo quel tipo di sesso con un uomo di trentotto anni.
L’avrei ucciso quel bastardo.
E mentre si apriva alla consapevolezza di quello che era appena successo, alla follia di tutto ciò, la ragazza riccia, gli estese un pezzo di carta e una penna ‘Ti scoccia farmi un autografo?’ chiese tutta concitata.
‘Un autografo?’ chiese perplesso.
Cara ragazza, ti ho appena scopato, a cosa ti serve un autografo?!
‘Sì, per favore!’ i suoi occhi imploranti.
‘Va bene…’ si arrese tracciando le sue iniziali sul foglio. Questo impresse solamente nella sua mente quanto giovani fossero quelle ragazze, quanto vecchio fosse comparato a loro e com’era stata malata l’intera faccenda.
Dovette fare lo stesso per le altre due. Almeno avrebbero avuto qualcosa per ricordarsi il pomeriggio. Non aveva nessuna intenzione di lasciargli la vera memoria dell’accaduto. Era troppo pericoloso. E aveva bisogno che dimenticassero il suo indirizzo.
Si vestì e le accompagnò alla porta. La sua bacchetta era all’entrata dove l’aveva lasciata. Aspettò che fossero giusto fuori dal perimetro del Fidelius e prontamente pronunciò l’incantesimo Confundus su tutte, impiantandole una memoria differente, una carina dove le aveva portare in un bel cafè, aveva chiacchierato con loro aveva firmato autografi. Una memoria paterna di quello che l’incontro avrebbe dovuto essere.
Le vide perdere di focus. Si guardarono intorno interdette ma non potevano più vedere né la casa né lui. Con gli autografi ancora stretti tra le mani, giubilarono, chiacchierandone animatamente. Povere ragazze. Usate e ingannate. All’ultimo secondo si ricordò di procedere con l’incantesimo che gli aveva insegnato Ginny anni prima per far sì che nessuna gravidanza seguisse l’incontro e chiuse la porta senza un altro sguardo. Chiuse la porta sull’intero avvenimento, cercando di placare il senso di colpa, convincendosi che aveva fatto quello che doveva fare. Non aveva avuto scelta. Doveva sottomettere la sua controparte fatta d’ombra.
Aveva anelato alla solitudine secondi prima, ma ora che l’aveva ottenuta, il silenzio della casa minacciava di svegliare altri potenti e sopraffacenti sentimenti. Sentì la pazzia che spingeva per prendere il sopravvento, l’aria che diventava più densa. Non voleva che succedesse. Voleva solo dimenticare tutto: le ragazze, il vuoto, James che lo odiava, Sunrise che soffriva per colpa sua e Lily. Ma soprattutto, voleva dimenticare Ginny.
Si diresse in cucina. Prese una pozione per dormire dalla sua riserva e una volta in soggiorno la inghiottì in un sorso solo. Il tremore scemò, la pazzia si arrestò, l’aria diventò improvvisamente più respirabile e dopo pochi momenti cascò in un profondo sonno senza sogni.
   
 
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