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Autore: VigilanzaCostante    24/09/2023    8 recensioni
Tornammo ad Hogwarts. Quell’anno fu l’anno in cui Draco tentò in tutti i modi di convincere gli altri e se stesso che Potter gli fosse indifferente, in cui Blaise iniziò a fumare sigarette babbane e Theodore decise di voler studiare Antiche Rune a livello avanzato. Fu l’anno in cui Millicent ci scrisse un sacco di lettere dall’America e Goyle parlò pochissimo, come sempre, ma più intensamente. E nessuno nominava Vincent, perché seppellire il dolore era più facile che pronunciarlo.
Draco rinunciò al suo ruolo di Cercatore, Blaise a provarci con la piccola Weasley, Theodore a battere la Granger in ogni materia, io alla pace. Perché quella che per gli altri era stata una vittoria, per noi diventò una guerra personale, da combattere dentro la nostra mente, che mi costrinse a scendere in campo per difendermi. Per difenderli.
[Ottavo anno. Song-fic, "The Archer" di Taylor Swift]
Questa storia è candidata agli Oscar della Penna 2024 indetti sul forum Ferisce la penna.
Genere: Angst, Introspettivo, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Blaise Zabini, Draco Malfoy, Pansy Parkinson, Theodore Nott | Coppie: Draco/Harry
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Tornammo ad Hogwarts. Quell’anno fu l’anno in cui Draco tentò in tutti i modi di convincere gli altri e se stesso che Potter gli fosse indifferente, in cui Blaise iniziò a fumare sigarette babbane e Theodore decise di voler studiare Antiche Rune a livello avanzato. Fu l’anno in cui Millicent ci scrisse un sacco di lettere dall’America e Goyle parlò pochissimo, come sempre, ma più intensamente. E nessuno nominava Vincent, perché seppellire il dolore era più facile che pronunciarlo.
Draco rinunciò al suo ruolo di Cercatore, Blaise a provarci con la piccola Weasley, Theodore a battere la Granger in ogni materia, io alla pace. Perché quella che per gli altri era stata una vittoria, per noi diventò una guerra personale, da combattere dentro la nostra mente, che mi costrinse a scendere in campo per difendermi. Per difenderli.

 
Combat, I'm ready for combat
I say I don't want that, but what if I do?
 
 
 

Russian Roulette

 
'Cause cruelty wins in the movies
I've got a hundred thrown-out speeches I almost said to you
 

All’apparenza nulla è cambiato: il brulichio degli studenti per i corridoi ci accompagna a lezione, a colazione ci sono sempre il porridge e le uova, e guardando fuori dalle finestre si possono scorgere i ragazzi delle squadre di Quidditch allenarsi in volo. Eppure, è tutto diverso. Ci sono delle macerie negli angoli oscuri, e ci sono le occhiaie di Potter che, per quanto si sforzi di sorridere, è evidentemente ancora provato. Ci siamo noi, tutti in gruppo a spalleggiarci come un tempo, ma più silenziosi, meno provocatori, non più velenosi. E infine c’è Paciock, che ha le spalle più dritte, il mento più alto, una nuova forza negli occhi. Anche lui sta combattendo con i suoi fantasmi, ma in qualche modo è diventato più sicuro, più padrone di sé, più rassicurante nei confronti dei suoi amici e più spaventoso per noi. Perché, quando ci guarda con un disgusto che tenta di celare, ci sembra di abbassarci di ulteriori centimetri.
Ma tutto sommato va bene, nessuno ci disturba, nessuno ci parla. Le cose iniziano a peggiorare quando i Grifondioti decidono che siamo da riabilitare, che siamo il loro atto di bontà annuale. Iniziano con dei sorrisi sfacciati, per poi invitarci a unirci a loro alle partite a Ghobbiglie. Io sono all’erta a ogni spostamento, a ogni richiesta. Perché sono gentili? A parti inverse, saremmo molto più crudeli, più arrabbiati. Come posso condividere la stanza con Potter facendo finta di non essere stata pronta a buttarlo in pasto al Signore Oscuro?

 
Easy they come, easy they go
I jump from the train, I ride off alone
I never grew up, it's getting so old
Help me hold onto you

 
Blaise ha sempre finto indifferenza, ma non gli riesce bene. È il più buono tra di noi, il più idealista. L’abbiamo invidiato tutti quando sua mamma si è proclamata espressamente neutrale durante la guerra. Non è stato costretto a schierarsi, e infatti non l’ha fatto. Ha giocato da solo per tutto il settimo anno, senza parteggiare per la resistenza e senza riservarci troppe attenzioni: sarebbe stato pericoloso, ambiguo. Ha passato un intero anno a cercarci solo con lo sguardo, quel suo solito luccichio malandrino negli occhi, e a noi andava bene così; aveva senso che fosse lui, quello che è riuscito a salvarsi.
Eppure, l’ottavo anno non è iniziato con gentilezza nemmeno per lui. Nell’esatto momento in cui ha ripreso a frequentarci, ha tracciato una linea tra lui e gli altri studenti. Non se ne pente, cerca ancora di farci ridere, porta un po’ di quel calore che un tempo riusciva a diffondersi anche nei sotterranei. È il primo a cedere cedere a quella nuova, inaspettata e inquietante ondata d'inclusione, che inizia con Weasley e una scacchiera.
«Chi è il più bravo tra voi serpi a scacchi?» chiede, un po' controvoglia, come se qualcuno lo avesse obbligato. Forse è stata Granger, che proprio dietro di lui lo osserva con uno sguardo disgustosamente innamorato. O forse ancora di più dall'alto, forse dalla preside che cerca in ogni modo di unire gli studenti. Nessuno risponde, Theodore non alza nemmeno gli occhi dal suo libro, anche se ha i muscoli tesi, le orecchie all'erta, pronto a difendersi se deve. Ma Ron si aspetta una risposta, e anche Finnigan vicino a lui, e Thomas. Sembrano trepidanti e anche un po' curiosi, come se stessero osservando degli animali in gabbia.
«Io» si fa avanti Blaise, perché è vero. «Ho sempre stracciato tutti», e poi aggiunge un sorriso un po' sbilenco, provocatorio. Una sfida.
«Allora sarà divertente vederti fronteggiare il nostro Ron qui, lo chiamiamo il re degli scacchi» Thomas batte una pacca sulla spalla di Weasley. Così inizia una partita infinita, piena di colpi e contraccolpi, talmente avvincente che si riunisce anche un drappello di Corvonero e Tassorosso. Blaise abbassa le armi, e ora tiene con fin troppa leggerezza il suo scudo: ride quando deve ridere, e dà libero sfogo allo sciocco vizio di mettere le scarpe sul divano. È un bambinone che non è mai cresciuto, e riesco ancora a stupirmi di come possa essere genuino. Quasi coraggioso, quasi spavaldo, quasi Grifondoro.
Ed è per questo che, una volta finita la partita con la vittoria di Weasley, non ha paura di dire: «Beh Weasley, è da rifare qualche volta, magari inviti anche tua sorella?». La stanza diventa silenziosa, la tensione può tagliarsi con un coltello. Ma poi, Ron sghignazza e gli tira un amichevole pugno sulla spalla: «Ti piacerebbe, amico».
 
Uno. Colpo a vuoto.
 
I've been the archer
I've been the prey
Who could ever leave me, darling?

But who could stay?
 
Luna Lovegood avvicina Theodore dopo una lezione di Babbanologia, che noi ex simpatizzanti dei Mangiamorte siamo costretti a frequentare. Lui è rimasto un po’ indietro, sta mettendo via il gioco di società che la nuova docente ci ha mostrato durante la lezione, e Luna lo sta aspettando appoggiata allo stipite della porta, con una matita colorata tra i capelli e un sorriso trasognato dipinto in volto. Tentenno con l’intenzione di rimanere lì, per proteggerlo, ma Draco mi mette la mano sulla spalla dicendomi «Puoi stare tranquilla, la Lovegood è okay». Non gli credo, ma lascio perdere: devo già combattere contro tutti gli altri, non ha senso tirare fuori le armi anche con i miei amici.
Se Theodore è rimasto sorpreso, non lo dà vedere. Non dà mai a vedere niente: troppo ombroso, troppo scuro in volto per mostrare le sue vere emozioni. A qualcuno Theo fa paura, a noi no perché sappiamo che il suo silenzio è dato dalla timidezza, che le poche risate sono date dalla tristezza. Forse lo sa anche Luna, perché gli sorride senza aspettarsi nulla in cambio. Gli chiede un consiglio su Babbanologia, o forse sulla vita, perché passano ore e li ritrovo ancora a parlare sotto una quercia nel giardino della scuola. Lui sorride, o almeno fa quello che io so essere un sorriso, e lei sta indicando qualcosa in cielo.
«Chi potrebbe mai restare con uno come me?» la domanda è incerta, la voce quasi stizzita – ma dietro a quei toni bassi c’è l’incrinatura di una voce fragile.
«Chi potrebbe mai andarsene?» risponde lei.
Sollievo e paura mi colpiscono all’istante: sollievo nel vederlo stare bene, paura di essere sostituita. Paura di rimanere la sola a combattere, l’ultimo arciere, l’ultima preda.
 
Due. Colpo a vuoto.
 
I wake in the night, I pace like a ghost
The room is on fire, invisible smoke
And all of my heroes die all alone
Help me hold onto you
 

Con Draco non ci sono riusciti subito.
È più difficile, da entrambe le parti: è quello più difficile da perdonare, ed è anche quello che si perdonerà più lentamente. Questo mi rassicura – posso tenerlo vicino a me ancora un po’ – ma dall’altra aumenta la mia preoccupazione. Devo stare attenta che non gli lancino maledizioni di nascosto, che non gli avvelenino il succo di zucca, che non lo prendano in giro. E devo anche accertarmi che non sia lui ad autodistruggersi, gli aggiungo sempre un po’ di torta di mela in più quando c’è a colazione, e lo costringo a uscire nei weekend.
Ma i miei sforzi di proteggerlo sono comunque limitati, soprattutto quando dall’altra parte c’è un Blaise ormai amicone dei Grifondoro, che insiste in tutti i modi perché andiamo alla festa che Dean e Seamus hanno organizzato prima di Natale nella Stanza delle Necessità, da poco tornata come nuova.
«La stanza delle necessità? Davvero, Zabini? Sei così deficiente?» gli abbaio contro, come un mastino che difende il proprio padrone, esattamente come tutti pensano io sia.
«Andrà tutto bene, te lo prometto» mi risponde, e io – che sono stanca di abbaiare, di lanciare, di gridare, lascio correre. Che si brucino, avvicinandosi così tanto alla fiamma, io cosa ci posso fare? Ma continuo a preoccuparmi per Draco, come sempre.
«Tu vieni, Draco?» gli chiede Theodore, piano, cautamente. E lui scrolla le spalle, annuisce come se fosse una cosa di poco conto, come se fingesse d’essere un altro. Gregory invece non ci casca, e rifiuta in partenza.
Entrare in quel luogo non è facile neanche per me, e io non ho visto con i miei occhi Vincent bruciare vivo. Quindi, cerco ogni espressione di panico nel viso smunto del mio amico quando mettiamo piede dentro la stanza, cerco dei segnali di pericolo, cerco un grido d’aiuto. Ma Draco non grida, si limita a stringere gli occhi per un secondo, per poi riaprirli e avvicinarsi barcollando al buffet e alle brocche di Whiskey Incendiario.
«Sei sicuro di voler bere?» gli sussurro all’orecchio, ansiosa.
«Per Merlino, rilassati un minuto, mi stai agitando» ribatte, e mi lascia sola, raggiungendo Blaise e Theodore.
Thomas e Finnigan hanno fatto un bel lavoro, sono disposta ad ammetterlo: cibo e bevande (anche alcoliche) a volontà, divanetti sparsi per la stanza, di colori differenti da quelli delle quattro case. Questa merdata dell’unità tra case deve essere entrata davvero nella loro mentalità da babbei, altrimenti non si spiega.
Tutti sembrano rilassarsi presto, qualcuno propone qualche stupido gioco alcolico, e Draco non si stacca neanche un secondo dalla bottiglia che ha afferrato all’inizio della serata. Non manca molto prima che le sue gote si colorino di rosso e gli occhi diventino lucidi di stanchezza.
«Stai bene, Malfoy?» chiede Paciock ridacchiando, Ginevra Weasley con la testa leggermente appoggiata sulla sua spalla, come se ci fosse qualcosa di romantico tra di loro. Una vampata di colore mi colpisce alle guance, e consapevole che non è l’alcol, scaccio via qualsiasi sentimento di disgusto o invidia nei confronti di quei due.
«Ma lei non stava con Potter?» mi chiede Theo sottovoce, e Blaise risponde al posto mio.
«Ma va, non si sono mai rimessi insieme dopo la guerra» spiega come se sapesse tutto sull’argomento. «E Ginevra è ancora squisitamente single».
Sto per tirargli uno scappellotto, intimandogli di stare attento, di non immischiarsi con i Weasley, ma mi rendo conto che non spetta più a me dirlo. Che glielo dica il suo Ron, che cosa fare.
«N-no che non sto bene, Paciock, come ti viene in mente di chiederlo?» biascica Draco, e sembra sconvolto. Faccio per avvicinarmi, per stringergli il braccio e trascinarlo via da lì, quando interviene qualcun altro al posto mio. Una voce che mi fa congelare sul posto.
«Forse dovresti sederti un attimo, vicino alle finestre magari? Ehm, per prendere un po’ d’aria». Potter non fa in tempo a finire la frase, che già sta avanzando per sorreggere il mio barcollante amico.
«Lasciami, Potter» risponde Draco, con una compostezza ammirabile. «Solo perché ci ritroviamo ogni notte in Sala Comune dopo i nostri incubi non significa che puoi prenderti queste confidenze».
La frase che Draco pronuncia quasi ridendo, mi colpisce come uno schiaffo in piena faccia. Ho sbagliato i calcoli, l’ho già perso. Non sono l’unica sorpresa perché, a quanto pare, la condivisione dei traumi di guerra con la sua nemesi non è qualcosa che il Prescelto ha confidato alla sua setta.
Harry non lascia la presa, continua a sorreggerlo e lo fa sedere sul divanetto più vicino alla finestra. È un divanetto verde – neanche farlo apposta – e come attirati da una calamita, tutta la festa sembra spostarsi un po’ verso di là.
«Non è facile, vero?» gli chiede Harry dandoci la schiena, cercando di mettersi tra noi e Draco, per creare una sorta di privacy. Gli altri iniziano a parlare, capendo l’antifona, procedendo con la serata, ma il mio orecchio è teso verso di loro, mentre fingo di ascoltare Blaise.
Non riesco a sentire la risposta di Draco, ma sento un sospiro, riesco a intravedere come si stropiccia gli occhi.
«Se vuoi ce ne possiamo andare. S-sì, insomma, non insieme se vuoi, posso accompagnarti nel dormitorio però, non devi stare qua se non vuoi. Anche a me angoscia vederla così addobbata, quando l’ultima volta c’era l’Ardemonio e…».
«Potter, per l’amor di Morgana, stai zitto un solo secondo o devo baciarti perché tu smetta di parlare di quella maledetta notte?».
Ci metto tutta me stessa per non spalancare la bocca. Ho sempre saputo che a Draco piace Potter, e probabilmente Draco non ne è nemmeno consapevole. Ma noi siamo suoi amici, e sappiamo quanto è ossessionato, quanto si è sforzato di impressionarlo – con l’ingegno, con la cattiveria, con le risse. Ma ora ha perso la possibilità di usare ognuna di quelle tecniche, e non lo ha nominato nemmeno una volta nei mesi precedenti. Il Whiskey Incendiario sembra aver fatto il lavoro al posto suo.
«Oh, Malfoy, ti piacerebbe» e un sorriso provocatorio spunta sul viso magro di Potter, come se fosse normale per loro provocarsi così, come se fosse un nuovo modo di placare l’animosità dei loro spiriti.
Mi allontano, come scottata, per togliere l’orecchio dalla portata di quella conversazione, per non dover invadere il loro spazio privato, esclusivo. Mi aggrappo alla prima bottiglia che trovo e inizio anche io, finalmente, a bere. Al diavolo tutti loro, non hanno più bisogno di me.
 
Tre. Colpo a vuoto.
 
 
Dark side, I search for your dark side
But what if I'm alright, right, right, right here?
And I cut off my nose just to spite my face
Then I hate my reflection for years and years
 
Non so quanti shottini di tequila babbana mi sono infilata in gola, ma ora so che mi brucia tantissimo e che non riesco a capire dove inizia il mio corpo e dove finisce il pavimento del bagno. Perché c’è uno specchio nel soffitto? O forse sono appoggiata al muro?
Mi guardo riflessa, il naso da “Carlino,” come i miei odiosi compagni di scuola amano chiamarmi, tagliato in mezzo al mio viso, gli occhi piccoli ma neri come spilli, il viso pallido ma paffuto. Odio quello che vedo. Lo odio da sempre, ancora da prima di sapere di essere cattiva, di essere piena di lati oscuri. Lo odio da quando mi sono resa conto che sono tutto tranne che magra, lo odio da quando ho trasformato le risate degli altri in commenti velenosi. Ma lo odio ancora di più da dopo la guerra. Lo odio – ma forse in realtà odio me; lo odio, mi odio.
«Pansy, Pansy, tutto bene?» mi sembra la voce di Theo.
«Pans, forse ho davvero una possibilità con la piccola Weasley! Domani ti racconto tutto. Tu cerca di riprenderti, eh».
«Parkinson? Hai visto mia sorella e Blaise? Non li trovo più».
«Parkinson, vuoi un bicchiere d’acqua?».
Le voci mi arrivano ovattate, o forse le sento più chiaramente di quanto ammetto a me stessa, ma non voglio alzarmi, non voglio seguirli. Annuisco distrattamente, faccio credere di stare bene, se ne vanno tutti finalmente. Sono di nuovo solo io. Sempre solo io. A convivere con ciò che resta.
 
Quattro. Sparo.

'Cause they see right through me
They see right through me
They see right through
Can you see right through me?


 
Passano le ore, o forse i giorni, o forse i mesi. Mi trascino nella vita con fare annoiato, seguo le lezioni svogliatamente, osservo senza interesse. Combatto ancora – ma non più per loro, solo per me. Arco e frecce mi tengono a dovuta distanza da tutti e va bene così.
Blaise ha chiesto ufficialmente il permesso al suo amico Ron di frequentare sua sorella. Theodore si vede ogni giorno con la Granger in biblioteca per studiare, e ogni tanto li raggiunge la Lovegood. Da quanto ho capito, Hermione non è particolarmente contenta della presenza dell’amica, perché hanno grandi differenze di vedute, ma Theodore dice che ha delle idee interessanti; entrambe l’hanno convinto a proseguire gli studi di Antiche Rune, Granger perché pensa che potrebbe essere interessante ai fini della ricerca magica, soprattutto quella che riguarda le antiche maledizione non ancora decodificate; la Lovegood è solo estasiata dal puro amore per il sapere.
Gregory sembra non aver legato con nessuno, ma Gregory non ha legato neanche con me. È scostante, lontano, pronto a partire. Forse raggiungerà Millicent in America, dopo la scuola, o forse andrà in Germania come lui e Vincent avevano sognato di fare tante volte. Non si preoccupa per me e io non mi preoccupo per lui. Ha già vissuto il peggio, cos’altro può accadergli?
Draco fa finta che tutto sia come prima, ma so che continua a vedersi con Potter dopo che un incubo lo sveglia. Forse si vedono anche in altre occasioni, e ora mi sembra tutto più ovvio: si guardano in un modo che è soltanto loro, come se fossero gli unici a vedersi per intero, a capirsi. Due facce della stessa medaglia, due storie scritte al contrario ma con lo stesso finale.
Mi chiedo se qualcuno riesca a vedere me. Mi sento come un fantasma e sento lo sguardo delle persone passarmi attraverso, come se non si soffermassero neanche per un secondo. Non devo più combattere, perché non ho più un obiettivo. Non devo più difendermi, perché non sono più un bersaglio. Per questo sono sulla torre di Astronomia, da sola, seduta sul bordo. Non voglio buttarmi, non ci sto nemmeno pensando, ma sono così trasparente che alla fine se per caso una folata di vento mi trascinasse giù non farei niente per fermarla. Una roulette russa, con in gioco l’altezza e non uno di quei mortali aggeggi babbani di cui ci parlava la Hooner.
«Parkinson?» sussulto, e dallo spavento mi sbilancio in avanti. Urlo, ma invece del vuoto e l’aria freddo sento una presa ferrea sui miei fianchi. Sono delle mani forti, decise. Calde.
«Cosa stai facendo? Sei impazzita?» mi chiede Paciock, girandomi e facendomi tornare in piedi.
Il cuore mi batte fortissimo, e cerco di respirare piano per non impazzire. Stavo cadendo, stavo cadendo davvero.
«Stavo per morire» dico atona, guardando fissa davanti a me.
«Non l’avrei permesso».
«Perché no? Chi dovrebbe sentire la mia mancanza in questa dannata scuola?» rido sprezzante, fintamente divertita. Provocatoria.
«Nessuno merita di morire» ribatte, sbattendo le palpebre come se fosse un po’ confuso da quella conversazione. Lo sono anche io, ma non so come fermarmi. Stavo per morire, e Paciock mi ha salvato.
«Davvero? Voldemort lo meritava» borbotto, sperando che non mi senta.
«Non sei Voldemort, e non avrei mai permesso che cadessi. Perché eri lì?» e la sua voce sembra così salda, così certa, che mi ci aggrappo con tutte le forze.
Scrollo le spalle, perché forse non lo so nemmeno io.
«Menomale che mi hai vista, pensavo di essere trasparente» e so che sto delirando, ma è un delirio buono, perché rischiare di morire mi ha fatto capire che voglio vivere.
«Certo che ti vedo, Pansy» e i suoi occhi nocciola sono così intensi che mi pungono la pelle, attraversano i vestiti, raggiungono il cuore. «Certo che ti vedo».
 
I've been the archer
I've been the prey
Who could ever leave me, darling?
But who could stay?
(I see right through me, I see right through me)
Who could stay?

You could stay

You




 

Nota dell'autrice:

Quando sono uscite le date del tour di Taylor mi sono detta "Se riesco a prendere i biglietti, scrivo una song-fic al mese", e questo è il secondo mese, e a fare da colonna sonora a questa storia è "The Archer". Appena l'ho ascoltata ho pensato a Pansy, a come caratterizzo io Pansy. Ma andando avanti a scrivere mi sono resa conto che volevo fosse una storia corale, con Pansy come narratrice. 
Ogni strofa corrisponde a un personaggio, volevo solo avvisare che a un certo punto ho invertito l'ordine delle strofe, perchè quella del "reflection for years and years" penso sia più adatta a Pansy che ad altri. 
Voglio ringraziare in questo piccolo spazio LadyPalma che si è messa in gioco in questa sfida con me, e che è sempre pronta a supportarmi, e Futeki che ha ascoltato ogni crisi in corso nel processo di scrittura. Mi ha anche suggerito il titolo!

Spero la storia vi sia piaciuta, e se non la consocevate, ascoltate The Archer! 
Un bacio, 
Mati
   
 
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