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Autore: Carme93    07/10/2023    1 recensioni
Una notte inaspettatamente Ron Weasley si ritrova a rispondere a una domanda imbarazzante del figlio Hugo e nel farlo non può non ripensare alla sua adolescenza complicata e funestata dalla guerra.
[Questa storia partecipa all’iniziativa “Pieno di ricordi” indetta sulla pagina Facebook “L’angolo di Madama Rosmerta”]
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Potter, Hermione Granger, Hugo Weasley, Ron Weasley | Coppie: Ron/Hermione
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7, Nuova generazione
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[Questa storia partecipa all’iniziativa “Pieno di ricordi” indetta sulla pagina Facebook “L’angolo di Madama Rosmerta”]
Pacchetto/città: Lisbona



 
 
Ripenso al tuo bacio
 
 
 


«Papà».
Ronald Weasley, più comunemente noto come Ron, sollevò gli occhi arrossati e spenti sul figlio, apparso davanti al tavolo della cucina. Non l’aveva sentito arrivare. Abbassò gli occhi sulla pergamena, sulla quale stava scrivendo fino a qualche attimo prima, e si accorse della macchia d’inchiostro nero che si era allargata. Sbuffò. Si era incantato e aveva fatto un pasticcio. Se Hermione… Interruppe il pensiero sul nascere, l’eco dell’ultimo litigio ancora troppo fresco e doloroso.  
«Perché non dormi, Hugo?» chiese al figlio, quasi sperando che la macchia sparisse da sola e che, ancora meglio, il verbale che doveva consegnare da giorni a Harry, suo cognato e migliore amico nonché il suo capo, si scrivesse da solo.
«Non ci riesco. Posso farti una domanda?».
Ron lanciò un’altra occhiata alla pergamena e la spinse di lato; aveva aspettato tanto, poteva attendere ancora qualche ora.
«Spara».
«Quando vi siete baciati per la prima volta tu e la mamma? Zio Harry e zia Ginny raccontano sempre di essersi dati il primo bacio quando Grifondoro ha vinto la Coppa del Quidditch… E tu e la mamma?».
Ron sgranò gli occhi: era l’ultima domanda che si aspettava all’una di notte del ventitré dicembre.
«Rose, dice che sicuramente sarà stato qualcosa d’imbarazzante, per questo non ne parlate mai».
Ron gli gettò un’occhiataccia: la figlia maggiore parlava decisamente troppo e dire che aveva litigato con Hermione proprio per difenderla per l’ennesima volta.
«Non è stato imbarazzante» borbottò, non riuscendo a non pensare a un’altra notte di molti anni prima.
«E allora com’è stato?».
Ron sospirò, ma alla fine annuì: Hugo era abbastanza grande per ascoltare qualche altra storia sulla guerra. «Allora…» sospirò pensando con dolcezza alla moglie, che se ne era andata al piano di sopra senza nemmeno augurargli la buonanotte.
 

 
Ripenso al tuo sorriso e per me è come lo scorgere
l’acqua limpida per caso tra i sassi di un greto, un
piccolo specchio d’acqua in cui puoi vedere le
infiorescenze dell’edera sotto un bianco cielo senza
nuvole.

(Ripenso al tuo sorriso, Eugenio Montale)
 

 
«Ron».
Il ragazzo sollevò gli occhi dal pavimento su cui aveva tenuto lo sguardo fisso fino a quel momento.
Hermione gli si avvicinò. Aveva il volto stanco e sconvolto. Ron sapeva che il suo doveva essere speculare: insomma, rubare alla Gringott, scappare sul dorso di un drago, buttarsi in un lago e smaterializzarsi a Hogsmeade era troppo anche per loro. Una persona normale come minimo avrebbe dormito per una settimana; invece avevano ben altri piani.
«Se Harry trovasse il diadema, come lo distruggeremmo? Non abbiamo distrutto nemmeno la coppa ancora».
Ed ecco l’ennesimo interrogativo. Erano mesi che rispondevano a una domanda e se ne palesavano altre mille.
Nella mente di Ron balenò un librone ammuffito e inquietante. Quali erano i modi per distruggere un Horcrux? La spada di Grifondoro era al momento fuori dalla loro portata, l’Ardemonio era fuori questione, troppo pericoloso… il veleno di basilisco…
«I denti di basilisco».
«Come scusa?».
«Il veleno di basilisco può distruggere gli Horcrux» insisté abbassando la voce.
Non era certo qualcosa che si trovava nelle scuole normali, seppur di magia, ma Hogwarts era un’eccezione: Salazar Serpeverde, uno dei fondatori della Scuola, molti secoli prima aveva nascosto un basilisco e Harry l’aveva ucciso. Il suo corpo, però, era ancora lì da qualche parte nelle viscere del castello.
«Sì, ma noi dove li troviamo dei denti di basilisco?» sbuffò Hermione. «Neanche la Stanza delle Necessità può arrivare a tanto».
«Ma che dici, Hermione! La Camera dei Segreti! Il basilisco è rimasto lì, ha detto Harry… Non credo che qualcuno si sia preso la briga di andarci… Nemmeno Silente…».
«Ron, ma che stai dicendo?! In che modo dovremmo entrare nella Camera dei Segreti?».
«Beh, basta andare nel bagno di Mirtilla e…».
«Ma Harry ha parlato in Serpentese, no?».
«Gliel’ho sentito parlare più volte… anche quando ha aperto il medaglione… Dobbiamo almeno provare, Hermione!».
«Va bene» assentì scettica la ragazza. Evidentemente riteneva assurdo il piano dell’amico, ma non ne aveva uno migliore.
Si avviarono per i corridoi ancora silenziosi.
«Credi che Luna e Harry troveranno il diadema?».
Hermione strinse le labbra in modo preoccupante: non era un mistero che non approvasse le strampalate teorie della Corvonero, eppure in quel caso era troppo importante. «Speriamo» si limitò a rispondere. «Facciamo attenzione, però, la Scuola è pur sempre sotto i Carrow e Piton, non hai sentito Neville e gli altri?».
«Giusto» assentì Ron. «Ci vorrebbe il mantello» borbottò.
Erano usciti più volte fuori dal Dormitorio dopo il coprifuoco, ma quella notte era diversa. Ron si mordicchiò il labbro: non rischiavano una punizione, ma la vita.
Raggiunsero con un’agitazione crescente il bagno di Mirtilla Malcontenta, il fantasma di una ragazza uccisa molti anni prima proprio dal basilisco.  Per un attimo, Ron si sentì quasi stordito da una fiumana di ricordi che lo colpì in pieno petto: tre ragazzini che distillavano la Pozione Polisucco di nascosto in uno dei cubicoli di quel bagno, ora si ritrovavano in fuga e in guerra.
«Oh, e voi che fate qui?» strillò il fantasma, sollevandosi dal sifone su cui aveva svolazzato fino a quel momento.
«Dobbiamo fare una cosa importante» disse Hermione.
«Ma sì, fate quello che volete, non raccontate nulla a Mirtilla…».
Il fantasma volò via, offeso.
«Almeno certe cose non cambiano mai» borbottò Ron, ripensando a quanta, a dodici anni, impressione gli facesse Mirtilla.
«E ora?».
Mirtilla quella sera era seduta sulla cassetta di scarico dell’ultimo gabinetto e aveva indicato quello di fronte a loro. Ron avanzò incerto e a tentoni, con l’aiuto della bacchetta illuminata. Esattamente come cinque anni prima, un piccolo serpente riluceva inciso su uno dei rubinetti di rame.  
Ora doveva solo parlare in serpentese. Facile, no?
Il primo tentativo apparve più un rantolo strano; il secondo non fu da meno. Lanciò uno sguardo a Hermione in attesa poco discosta: la sua espressione non era scettica, ma concentrata.
Doveva farcela, per lei, per Harry. Era importante. Serrò la mascella e si concentrò sulla notte in cui lui e Harry avevano aperto il medaglione di Salazar. Un brivido gli percosse la schiena: quello stupido coso aveva messo a nudo la sua anima.
Ritentò e finalmente un sibilo che non gli apparteneva proruppe dalle sue labbra. Il rubinetto, quasi brillando, iniziò a girare, il lavandino lentamente sprofondò e scomparve. Non sembravano essere trascorsi tanti anni.
«Andiamo» disse con voce roca indicando il tunnel apparso.
«Aspetta». Hermione lo trattenne e appellò una scopa, che avrebbe dovuto facilitare la discesa.
Le loro grida si mescolarono, mentre volavano all’interno dell’impianto idraulico della Scuola. Ron strinse la mano di Hermione appena tornarono con i piedi per terra. Camminarono in silenzio, finché non raggiunsero la pelle da muta ormai disfatta del basilisco. Proprio in quel punto Allock, il loro strambo professore di Difesa contro le Arti Oscure, aveva tentato di obliviare lui e Harry. Per un istante, ebbe la tentazione di rinfacciarlo all’amica, che, come quasi tutte le ragazze, al tempo aveva avuto una specie di cotta per quell’uomo, che si vantava di aver compiuto imprese spettacolari e, invece, era solo un bugiardo incapace. Fortunatamente si trattenne appena in tempo: aveva imparato a fare attenzione quando parlava con Hermione.
Il varco, che aveva faticosamente aperto tra le macerie, causate dal contraccolpo dell’incantesimo del professore, era ancora lì. Ron, però, era sempre più teso e non riuscì a rallegrarsene. Non era mai andato oltre il varco. E neanche Hermione. Si strinsero la mano con più forza e si separarono solo per il tempo necessario per oltrepassare il passaggio. Al di là del quale, il percorso si rivelò ancora lungo e procedettero in silenzio, mano nella mano, con le bacchette ben strette e puntate davanti a loro.
Finalmente la strada si arrestò di fronte a una parete su cui erano stati scolpiti due serpenti attorcigliati con due smeraldi per occhi.
«Devi parlare di nuovo in serpentese» sussurrò Hermione.
Ron annuì, ma lì sotto sembrò tutti più difficile ed ebbe bisogno di diversi tentativi.
La sala si rivelò immensa e sviluppata in lunghezza, caratterizzata da una serie di pilastri a forma di serperti avvinghiati. La temperatura era decisamente molto bassa e l’ambiente era fiocamente illuminato. Percorsero la sala rapidamente e i loro passi risuonarono cupamente. In fondo vi era un imponente statua di un serpente, ma ciò che inquietò entrambi fu la carcassa stesa ai piedi di essa.
Ron si avvicinò e staccò alcuni denti.
«Pensi che dovremmo distruggere l’Horcrux adesso?».
«Prima lo facciamo, meglio è… tocca te Hermione».
«Cosa?».
«Io ho distrutto il medaglione, Harry gli altri. Ora tocca a te».
Hermione deglutì, ma non si oppose. Ron le passò una zanna.
La osservò, mentre si concentrava. La conosceva abbastanza da sapere che avrebbe preferito svolgere una ricerca sui manufatti antichi appartenuti a Tosca Tassorosso, altra fondatrice della Scuola, piuttosto che affrontare quel momento. E non avrebbe mai potuto darle torto in questo caso: quante volte, specialmente negli ultimi mesi, aveva desiderato essere un ragazzo qualunque e lamentarsi dei troppi compiti o di un brutto voto.
La vide chiudere gli occhi e prendere un bel respiro. Il medaglione a lui aveva mostrato scene, che ancora faticava a dimenticare; il medaglione aveva letto il suo cuore; il medaglione si era impossessato dei suoi peggiori sentimenti.
La coppa aveva lo stesso potere? In fondo ormai era stata profanata dalla magia oscura. Che cosa stava provando in quel frangente Hermione? Eppure la coppa non l’avevano tenuta troppo vicina a loro, quindi non poteva aver avuto lo stesso effetto sulla ragazza che il medaglione aveva avuto su di lui.
La fissò, mentre riaprendo di scatto gli occhi, l’amica colpì la piccola coppa, quasi con rabbia; la recuperò e la conservò nuovamente nella sua borsetta di perline.
Ron si era limitato a guardarla in silenzio, infine le diede la mano e, senza proferire parola, si lasciarono alle spalle quello spettacolo desolante.
Quando riemersero nel bagno di Mirtilla Malcontenta, non impiegarono molto ad avvedersi che la Scuola era nel caos. Si inoltrarono nei corridoi, nella speranza d’incontrare Harry. Ed effettivamente ciò accadde poco dopo e gli raccontarono quanto compiuto.
Ron si sentì stringere il cuore al suono delle esplosioni, che ogni tanto scuotevano il castello. Era giunto il momento di combattere veramente: i Mangiamorte e Voldermort non si sarebbero fermati di fronte a nulla. Avevano messo tutti in salvo? Quanto avrebbero rischiato quella notte? All’improvviso gli vennero in mente gli elfi domestici. Erano stati sempre gentili con loro. Hermione aveva ragione, come sempre. Così chiese all’amico se erano stati mandati via insieme agli studenti.
Hermione, sorprendendolo, gli saltò addosso, lo abbracciò e lo baciò. Ron mollò la scopa e i denti e ricambiò di slancio.
 
 
 
Questo è il mio ricordo, non saprei dire, amico lontano,
se il tuo volto nasconde un’anima libera e ingenua
oppure sei uno di quelli che errano estenuati dal male
del mondo portando con sé il proprio dolore come un talismano.
(Ripenso al tuo sorriso, Eugenio Montale)
 
 
 
«Avete scelto un momento assurdo!» commentò Hugo.
Ron si strinse nelle spalle pensieroso. Lui e Hermione si erano amati, mentre degli uomini folli seminavano la morte, e ora litigavano perché Rose era un’adolescente ribelle. Perché?
«Milly non tornerà a gennaio e io non le ho neanche detto che mi piace… Ma ora so da chi ho preso» borbottò Hugo riscuotendolo dai suoi pensieri.
«La figlia di Zabini?» chiese Ron perplesso.
«Già, andrà in un’altra Scuola».
«Vuol dire che non era destino» replicò Ron. «I Mangiamorte attaccavano Hogwarts e io e tua madre non abbiamo perso l’occasione… Non sono i nostri geni…».
«Sarà».
«Vattene a letto, Hugo» sbuffò Ron con il pensiero fisso su Hermione. «Vedrai che vi rincontrerete».
Lasciò che il figlio lo precedesse al piano di sopra e poi lo seguì.


 
 
Solo questo posso dirti, che ripensare a te sommerge i miei turbamenti con
un’ondata di calma e la tua figura si insinua nella mia memoria grigia, candida
come
la cima di una palma giovane.
(Ripenso al tuo sorriso, Eugenio Montale)
 
 

Hermione leggeva, naturalmente. Ron entrò piano nella loro camera e sedette sul letto accanto a lei. Sua moglie impiegò qualche minuto per posare il libro, ma alla fine sollevò lo sguardo su di lui e lo fissò in attesa.
Ron si chinò e la baciò a fior di labbra.
«Ti amo».
 
 
 
 
   
 
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