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Autore: Parmandil    07/10/2023    1 recensioni
Le porte del Multiverso sono aperte! Per tre anni gli avventurieri della Destiny hanno vagato tra le realtà, cercando di ritrovare la propria. Ma tutto ciò non era che il preambolo del vero conflitto.
Catapultati in un sistema stellare costruito artificialmente, assemblando pianeti ghermiti dal Multiverso, i nostri eroi iniziano a comprendere il diabolico piano degli Undine. Divisi dopo una fallita infiltrazione, dovranno scegliere tra la filosofia federale – il bene dei molti conta più di quello di uno – e la propria – tutti per uno e uno per tutti. Riusciranno i naufraghi a sopravvivere sul pianeta Arena, dove i più formidabili guerrieri del Multiverso si affrontano in lotte all’ultimo sangue? Quali segreti si nascondono sulla stazione a forma d’icosaedro? Chi è realmente il Viaggiatore? E soprattutto, di chi ci si può fidare? Tra stargate e monoliti, tra gli Aracnidi di Klendathu e i Vermi di Dune, le differenti realtà si contaminano come non mai. La posta in gioco è più alta, i nemici più agguerriti e le lealtà personali saranno messe alla prova come non mai. Anche radunando i campioni del Multiverso, c’è una sola certezza: stavolta non tutti i nostri eroi si ritroveranno sani e salvi.
Genere: Avventura, Azione, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Il Viaggiatore, Nuovo Personaggio
Note: Cross-over | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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-Capitolo 7: Lealtà
 
   Shati indugiava sulla soglia. Non era da lei avere di questi timori, ma la situazione in cui si trovava era piuttosto inedita. La Destiny si trovava ancora nello Spazio Fluido e seguiva gli spostamenti dell’Harvester. Era chiaro ormai che gli Undine si accingevano ad aprire un’interfase per impadronirsi di Ferasa. Shati era in ansia per il suo mondo e sperava con tutte le forze che il Capitano Dualla se ne uscisse con un piano per salvarlo. Al tempo stesso, non aveva scordato i dispersi su Arena; ma temeva che andare a cercarli significasse cadere nella trappola degli Undine. Come se la situazione non fosse abbastanza ingarbugliata, Shati si trovava a un soffio dal perdere una cara amica, a causa dei loro dissensi sulla crisi. Ecco perché ora esitava davanti alla porta.
   Accortasi che il suo atteggiamento sarebbe parso ridicolo, se fosse arrivato qualcun altro, la Caitiana prese fiato ed entrò. Si trovò in una delle sale sportive della Destiny. Nella fattispecie, nella sala della piscina. Era un vasto ambiente ricavato sulla fiancata della nave, dove nella precedente classe Juggernaut c’erano hangar e stive; ma la Destiny aveva una sezione anulare per quelli. Così lo spazio recuperato era stato adibito a questo. A lato della piscina vi era un’ampia finestra panoramica, che mostrava lo strabiliante vivaio di mondi.
   In quel momento c’era un solo occupante, che percorreva la piscina da un capo all’altro con rapide falcate. Era Giely. Quando Shati entrò, la Vorta stava nuotando verso l’estremità opposta della vasca e quindi le dava le spalle. Anche così, la timoniera si accorse che la dottoressa aveva i nervi a fior di pelle. Se era venuta lì, era per sfogare rabbia e frustrazione. Questo era un bene... nel senso che sarebbe stato molto peggio se Giely avesse preso una navetta e fosse partita in cerca dei dispersi, contro gli ordini del Capitano. Shati avanzò esitante, tenendosi ben lontana dall’acqua. Come tutti i Caitiani, non le piaceva bagnarsi la pelliccia.
   Giunta in fondo alla vasca, Giely si voltò per tornare indietro. A quel punto vide la nuova arrivata. Non la salutò, ma non le disse neppure d’andarsene; piuttosto sembrò ignorarla. Riprese a nuotare, in uno stile ancor più rapido del precedente. Shati la osservò con un certo stupore: da quando l’esile Vorta era diventata così atletica? Doveva essere una novità. In effetti Giely era assai cambiata da quand’era tornata sulla Destiny dopo un anno d’esilio nello Specchio. Shati la ricordava come una persona timida, persino remissiva. Ma la nuova Giely era assai più determinata e sicura di sé. E Shati temeva che fosse più pericolosa nella collera.
   «Ehm, ciao. Possiamo parlare?» le chiese, accostandosi un poco alla vasca.
   «Certo che possiamo. Resta da vedere se abbiamo qualcosa di sensato da dirci» fece Giely. Si accostò al bordo vasca e risalì agilmente la scaletta a pioli, rivelando il fisico snello. Prima di mettere piede sul bordo si strizzò i capelli corvini, spremendo la maggior parte dell’acqua. Giunta alla sedia sdraio, prese l’asciugamano e si diede una passata sommaria, prima d’accostarsi alla visitatrice. «Allora?» chiese, squadrandola con gli inquietanti occhi violetti.
   Era proprio cambiata, si disse Shati. La precedente Giely avrebbe messo qualcosa sopra al bikini, prima di venire a parlarle. Anzi, sarebbe filata in camerino e si sarebbe rivestita completamente. La nuova Giely invece non perdeva tempo. Così la Caitiana fu altrettanto diretta. «Volevo solo dirti che mi dispiace per la situazione. Siamo tutti stressati, in un modo o nell’altro. Ma è inutile risentirci per le scelte di Dualla... piuttosto dovremmo collaborare, come abbiamo sempre fatto. Tu più di tutti dovesti capirlo, visto che eri nella Flotta» disse. Ora che lo pronunciava, il discorso le sembrò più fiacco del previsto.
   «Ero nella Flotta, sì» convenne Giely. «Prima d’allora ero nel Dominio. E più di recente sono stata nella Confederazione. Queste esperienze mi hanno insegnato una cosa: quando l’autorità non si occupa di chi è in pericolo, ha perso di vista il suo scopo. La nostra priorità è salvare i dispersi... senza cui Dualla sarebbe ancora prigioniera sull’Harvester e non qui a dare ordini» puntualizzò.
   «Ma noi ci stiamo organizzando proprio per salvare chi è in pericolo! Miliardi di Caitiani! Questo ha la precedenza, e francamente penso che i dispersi sarebbero d’accordo» insisté Shati.
   «Affermazione comoda, dato che non sono qui a dire la loro».
   «Oh, insomma! Stiamo parlando del mio pianeta!» si scaldò la Caitiana. «Ma tu non sai che significa amare il proprio mondo e la propria gente!» accusò, rinfacciandole di aver disertato dal Dominio. Si pentì subito d’averlo detto... mannaggia alla sua boccaccia. Ma era tardi per ritirare l’accusa.
   Giely si accigliò appena. «È vero, non lo so» ammise con distacco. «Ma con la politica attendista di Dualla, non salveremo nemmeno Ferasa. Quand’è stata l’ultima riunione tattica? Avete mai discusso di un possibile attacco all’Harvester?» volle sapere.
   «Non ancora» ammise Shati a denti stretti. «Ma sono certa che da un momento all’altro Dualla ci comunicherà il suo piano. È un Capitano della Flotta Stellare, dopotutto».
   «Uhm... sempre che non se ne esca con un discorso del tipo: “Mi spiace, non siamo in condizione di fermare gli Undine. Se devono prendere Ferasa, tanto vale che accada mentre lo scontro è ancora a bassa intensità. Lei è stata in Accademia, quindi dovrebbe sapere che la Flotta non provoca una battaglia, se non può garantire la sicurezza dei civili coinvolti”». Giely aveva imitato perfettamente la cadenza di Dualla e la sua espressione solenne. L’effetto era surreale, dato che si trovava ancora in bikini a bordo piscina.
   «Non farà una cosa del genere, lo ha promesso» obiettò Shati, più per convincere se stessa.
   «Davvero? E quando lo ha promesso? Quali sono state le sue esatte parole?!» la incalzò Giely. «Non sarà che vi ha dato l’impressione di volersi occupare del problema, ma in realtà s’è ben guardata dal prendere impegni?».
   Ripensando all’atteggiamento di Dualla, la timoniera si rese conto che era proprio così. La Deltana non aveva mai promesso esplicitamente di distruggere l’Harvester. Per il momento era più assorbita da faccende come cambiare i ruolini di servizio e riassegnare il personale da una sezione all’altra, come se volesse adattare l’equipaggio alle sue esigenze. «Io... solleverò il problema alla prossima riunione» borbottò Shati.
   «Bene, vedremo cosa risponderà Dualla» fece Giely. «Intanto vorrei farti riflettere su una cosa. In mancanza delle coordinate di ritorno, rimarremo smarriti nel Multiverso ancora a lungo. Finché Armando è disperso, Dualla è al comando. Se lui tornasse, cosa pensi che accadrebbe?».
   «Io... uhm... suppongo che lui reclamerebbe il comando, dato che siamo il suo equipaggio» ammise la Caitiana. «O forse accetterebbe il ruolo di Primo Ufficiale, anche se questo significherebbe retrocedere pure Losira».
   «Quindi o Dualla perderebbe il comando, o si troverebbe con un Primo Ufficiale che di fatto ha più ascendente di lei sulla ciurma» puntualizzò Giely. «Non credi che sia questo, il vero motivo per cui non vuole saperne di recuperare i dispersi?! Altro che la logica e il regolamento di Flotta... lei non vuol perdere il potere! Così noi ce ne stiamo qui, con tanta acqua da riempirci una piscina» indicò la vasca accanto a loro, «mentre i naufraghi muoiono di sete su Arena. Ti sembra giusto?!».
   «No» ammise Shati. «Ma per favore, non partire al salvataggio su una navetta, perché ti faresti ammazzare e renderesti più difficile organizzare un recupero come si deve».
   «E allora organizzatelo, un recupero come si deve!» esortò Giely. «Anche perché se lo scopo è distruggere l’Harvester, ho l’impressione che avremmo maggiori speranze con Armando piuttosto che con Zucca Pelata. Certo che, se il tuo obiettivo fosse rientrare nella Flotta Stellare, allora capirei la tua lealtà verso quest’ultima» insinuò.
   «Come ti permetti?!» gridò Shati, stupita dall’audacia della Vorta. «Col mio popolo in ballo, credi che io pensi alla carriera?! Se al tuo posto me l’avesse detto qualcun altro, gliela farei pagare!» avvertì, sfoderando gli artigli felini.
   Giely la squadrò senza timore, sebbene gli artigli di Shati fossero a un metro dalla sua pelle nuda, tanto che la Caitiana si chiese se la Vorta avesse in serbo qualche trucco. Ragionandoci in seguito, tuttavia, si convinse che non era così.
   «Risparmia la collera per chi ti sta usando per restare al potere» consigliò la dottoressa. «Ah, un’altra cosa: da quando Dualla è a bordo, ha rifiutato categoricamente di farsi visitare. Io gliel’ho chiesto più volte, come prevede il regolamento di Flotta... dato che vi è così attaccata. Quando un ufficiale viene sequestrato da una forza ostile – a maggior ragione il Capitano – una volta tornato deve sempre sottoporsi a una visita medica approfondita. Serve ad accertare che il soggetto sia abile al comando, escludendo che abbia problemi di salute, disturbo da stress post-traumatico o altri fattori invalidanti. Senza l’approvazione del Medico Capo, cioè la mia approvazione, il Capitano non può riprendere il comando. Buffo come Dualla, così ligia ai regolamenti, abbia deciso d’ignorare proprio questo».
   «Stai insinuando che potrebbe essere compromessa?» chiese Shati, a disagio.
   «Dico solo che non lo sapremo, finché Zucca Pelata non mi permette di visitarla» ribatté seccamente Giely. «E ora, se vuoi scusarmi, mi devo rivestire».
   Ciò detto, la Vorta riprese l’asciugamano dalla sdraio e si recò nel suo camerino, dove aveva lasciato gli abiti. Chiuse la porta quasi sbattendola, senza guardarsi indietro.
   Shati restò a chiedersi se nelle sue accuse ci fosse del vero. Dualla intendeva approfittare della situazione per far morire Rivera e restare al comando? Forse non era il suo scopo principale, ma... se fosse capitato, non le sarebbe certo dispiaciuto. Era chiaro che la Deltana considerava la Destiny come sua di diritto. E se sopportava appena il nuovo equipaggio... difficilmente avrebbe visto di buon occhio un rivale per il comando. Adesso anche il cambio dei turni diveniva più comprensibile: era un modo per tenere occupata la ciurma, dandole l’impressione di fare qualcosa, mentre fuori di lì si decideva il fato d’interi pianeti.
   «Alla prossima riunione mi sentirà» si disse Shati, abbandonando la sala piscina.
 
   Dualla sedeva alla scrivania, nell’ufficio del Capitano... il suo ufficio, anche se l’aveva occupato per assai meno tempo di Rivera. Era immersa nella lettura dei diari di bordo del predecessore. Appena tornata al comando, infatti, aveva preso a informarsi su cosa avevano combinato gli avventurieri con la sua nave, approfittando della sua assenza. Prima di cominciare si era mentalmente preparata al peggio, aspettandosi che si fossero dedicati a truffe, contrabbando e pirateria, come facevano in precedenza. Con sua enorme sorpresa, non era stato così... o almeno non soltanto così. In tre anni di vagabondaggi nel Multiverso, quegli avventurieri si erano dimostrati degni della Flotta Stellare. Avevano esplorato tutte le realtà visitate, prendendo nota delle peculiarità di ciascuna. Avevano studiato a fondo la tecnologia organica degli Undine, ottimizzando armi e scudi contro di essa. Avevano persino condotto una guerra di liberazione nello Specchio, salvando i Terrani dall’estinzione e restituendo alla Confederazione una speranza di democrazia. Quanti Capitani della Flotta Stellare potevano vantarsi di aver fatto tanto?
   «Io no di certo» pensò Dualla, con una punta d’invidia. Per quanto si fosse fatta un nome nella Guerra Civile, non aveva mai fatto nulla di paragonabile. E poi aveva lasciato che gli Undine la imprigionassero, catturassero la Destiny, sterminassero l’equipaggio originale: peccati da cui non si sarebbe mai lavata. Se anche fosse tornata alla Federazione, la sua carriera era ormai compromessa. Purtroppo o per fortuna, il ritorno non era imminente. Nel frattempo continuava a informarsi su quegli anni mancanti.
   Sempre più intrigata, la Deltana si documentò sul Capitano e gli ufficiali superiori. Purtroppo nel database non c’erano le loro schede personali, trattandosi d’avventurieri. Tuttavia nel corso degli anni erano state approntate delle pseudo-cartelle coi dati essenziali di gran parte dell’equipaggio. Giely in particolare aveva compilato le cartelle mediche, per essere pronta in caso d’intervento, e anche Losira e Irvik avevano stilato un elenco delle competenze, per attribuire gli incarichi dopo essersi trasferiti sulla Destiny. Incrociando questi dati coi diari di bordo, Dualla cercava di capire chi fosse quella gente. Scoprì così che Rivera era stato nella Flotta Stellare e aveva raggiunto il grado di Tenente, prima d’essere radiato per un incidente in cui, a ben vedere, aveva poca responsabilità.
   «Questo spiega molte cose» si disse la Deltana. Soprattutto spiegava perché Rivera, dopo essersi impadronito di una nave della Flotta, ne avesse praticamente ricreato il regolamento. Quell’uomo non si era mai rassegnato all’espulsione, tanto che aveva costruito un simulacro di Flotta lì a bordo, approfittando delle circostanze. Certo, gli avventurieri non indossavano le uniformi e non seguivano le regole più tediose. Ma nel complesso il loro operato era più che buono, anche grazie al fatto che fra loro c’erano dei professionisti, come Naskeel, Irvik e Giely. Era una delicata alchimia che aveva retto, fino a quel momento.
   «Ma reggerà ancora, con me al comando?» si chiese Dualla, sapendo di non essere altrettanto popolare tra l’equipaggio. Molti la vedevano come un’usurpatrice. Lei stessa aveva avuto questa bizzarra impressione, nel riprendere possesso del suo ufficio e soprattutto del suo alloggio, che negli ultimi tre anni erano appartenuti a Rivera ed erano stati da lui personalizzati. Era come tornare a casa dopo tanto tempo e scoprire che adesso ci viveva un’altra persona.
   Be-beep.
   «Avanti» disse la Deltana, disattivando l’oloschermo. Era la visita che aspettava.
   «Salve, voleva vedermi?» chiese Losira, sempre guardinga. Come al solito non l’aveva chiamata Capitano.
   «Certo, si accomodi» l’accolse Dualla. «Mi stavo documentando sulle vostre attività, da quando siete sulla Destiny. Confesso che sono profondamente colpita. Nella maggior parte dei casi avete agito con una professionalità degna della Flotta Stellare».
   «Ringrazi il Capitano Rivera. È sempre stato lui a spronarci» disse la Risiana, sedendo rigidamente sulla poltroncina.
   «Certo, il suo passato nella Flotta deve averlo spinto in tal senso» convenne la Deltana. «È un vero peccato che sia stato espulso per quell’incidente... o forse una fortuna, perché altrimenti non l’avreste avuto qui. Ho notato che, in questi anni, s’è sempre premurato d’esplorare gli Universi che avete visitato. E credo d’intuire il motivo. Il suo piano... il vostro piano... era di mercanteggiare con la Flotta Stellare, se mai aveste fatto ritorno. Gli avreste restituito la Destiny, più i dati raccolti, in cambio dell’assoluzione per i vostri reati. Non è così?».
   «Così sperava il Capitano» ammise Losira. «Lei lo ritiene possibile?».
   «Si tratta di una questione complessa» rispose prudentemente Dualla. «Molte delle vostre imprese sono encomiabili... ma altre proprio no. Avete attaccato e saccheggiato la colonia Thalassa...».
   «Non avevamo scelta. Quei bastardi non volevano sganciare il dilitio».
   «... avete creato il caos nello Spazio Fotonico...».
   «Che ne sapevamo che lì i programmi olografici diventano realtà?».
   «... e avete dichiarato guerra alla Confederazione, rischiando di coinvolgere la vera Flotta».
   «Bah! Abbiamo eliminato una despota, e se ne lamenta?!».
   «Io non me ne lamento, ma non so come la vedrà il Comando di Flotta» sospirò Dualla. «Comunque, se faremo ritorno, farò tutto il possibile affinché siate scagionati. Quale che sia il vostro passato, ve lo meritate».
   «E che peso avrà la sua parola?» la provocò Losira, alludendo ai suoi fallimenti.
   «Forse non molto» ammise Dualla, rabbuiandosi. «Ma i diari dei sensori dovrebbero costituire una prova sufficiente del vostro impegno».
   «Ormai questo ha poca importanza, dato che non torneremo a breve» ribatté seccamente Losira. «C’è altro di cui voleva parlare?».
   «Vorrei comprendere l’umore dell’equipaggio nei confronti degli Undine» spiegò la Deltana. «Qualunque altra banda d’avventurieri vorrebbe fuggire, ma sembra che voi non vediate l’ora di gettarvi in battaglia. Com’è possibile?».
   «In passato siamo stati prigionieri degli Undine, che uccisero parecchi dei nostri, fra cui il vecchio Capitano Grilk. Perciò adesso molti vedono il ritorno nello Spazio Fluido come un’occasione per vendicarci» spiegò la Risiana. «E suppongo che la recente vittoria contro la Confederazione abbia galvanizzato gli animi, inducendo la ciurma a credere che possiamo fare di tutto con questa nave».
   «Ma io e lei sappiamo che non è vero» puntualizzò Dualla. «Per quanto la Destiny sia potente, è un miracolo che siate sopravvissuti finora. E un attacco all’Harvester sarebbe rischiosissimo».
   «Ne convengo, ma anche non attaccare comporterà delle conseguenze» avvertì Losira. «L’Harvester continua a muoversi verso l’esterno del sistema. Se mantiene l’attuale velocità d’impulso, ne uscirà fra tre settimane. A quel punto scommetto che gli Undine apriranno un’altra interfase e si prenderanno Ferasa. Se vogliamo fare qualcosa, dobbiamo agire prima, o quei mostri avranno altri miliardi d’ostaggi».
   «È come temevo... forse è stata proprio la nostra evasione a indurli ad accelerare i tempi» mormorò Dualla. «Comunque era inevitabile che accadesse. Ad ogni nuovo bottino l’arroganza degli Undine cresce, e con essa la loro capacità di ricattarci. Se prenderanno Ferasa, potrebbero inibire qualunque reazione della Flotta, minacciando di distruggerlo» ragionò.
   «Quindi intende attaccare l’Harvester prima d’allora?» la pressò Losira. Lei stessa era divisa tra opposte considerazioni, tanto che non sapeva cos’avrebbe fatto al suo posto. Probabilmente avrebbe cercato di recuperare Rivera – se era ancora vivo – per poi sbolognargli la patata bollente.
   Dualla unì le punte delle dita e aggrottò la fronte, mentre rimuginava. «Che ne è delle bionavi?» chiese, volendo farsi un quadro completo della situazione.
   «La maggior parte è rimasta a sorvegliare Arena» rispose la Risiana. «Solo una ventina seguono l’Harvester».
   «Uhm...» fece la Deltana, intravedendo uno spiraglio. Ma anche così la potenza di fuoco nemica era soverchiante. Dovevano aumentare la loro, se volevano avere qualche speranza. Avrebbero dovuto raddoppiarla, come minimo...
   «Raddoppiarla?!». Un’idea germogliò nella mente di Dualla. A ben vedere, c’era un modo per raddoppiare la loro forza e anche per distrarre gli Undine. Era una strategia pericolosa... ma quale strategia non lo era, arrivati a quel punto?
   «A che sta pensando?» indagò Losira.
   «Comandante, avverta gli ufficiali superiori che ci riuniremo in sala tattica stasera alle otto» ordinò Dualla, con improvvisa determinazione. «Allora renderò nota la mia decisione riguardo all’Harvester. Può andare».
   La Risiana avrebbe voluto saperne di più, ma intuì che l’altra non le avrebbe anticipato nulla. Quindi si alzò, borbottò un saluto e lasciò l’ufficio, per fare come ordinato.
   Rimasta sola, la Deltana riaccese l’oloschermo e richiamò i dati tattici dei sensori. Aveva mezza giornata per prendere un’idea azzardata e trasformarla in un piano d’assalto praticabile.
 
   Alla riunione parteciparono tutti gli ufficiali superiori, inclusa Giely. C’era grande attesa fra loro, sapendo che Dualla avrebbe finalmente annunciato la sua strategia. La Deltana entrò in sala per ultima e venne rapidamente a capotavola. Osservò gli ufficiali, soffermandosi su quelli che lei stessa aveva designato per sopperire ai dispersi. Il nuovo Ufficiale Tattico era un Nausicaano di nome Ruuvan, mentre a capo della sezione sensori e comunicazioni c’era il Ferengi Lum. Questi le dovevano la promozione, quindi poteva sperare che le fossero fedeli. Idem per Shati, non tanto perché fosse stata in Accademia, quanto piuttosto perché avrebbe appoggiato qualunque piano volto a proteggere Ferasa. Il Capitano era più incerta sulla lealtà di Irvik, che fino ad allora l’aveva appoggiata, ma solo per via delle circostanze. A preoccuparla maggiormente erano Losira, che la sopportava a stento, e Giely, con cui era guerra aperta. Se non le aveva sollevate dagli incarichi, era solo perché questo avrebbe indispettito il grosso dell’equipaggio.
   «Bene, eccoci qui» esordì Dualla. «So che siete impazienti di conoscere la nostra strategia. L’Harvester dirige verso l’esterno del sistema e ciò significa che a breve aprirà l’interfase col nostro Universo. Molti di voi si staranno chiedendo se non potremmo usarla per tornare a casa. A questo proposito, lascio la parola all’Ingegnere Capo».
   Irvik si schiarì la voce, a disagio, mentre gli altri lo fissavano. «Vorrei che fosse così semplice» disse. «Il fatto è che le interfasi hanno una polarità. Vale a dire che costituiscono passaggi unidirezionali da un Universo all’altro, anziché nelle due direzioni. Gli Undine le creano per razziare pianeti, quindi fanno in modo che la polarità attiri gli oggetti verso lo Spazio Fluido, non viceversa, o fallirebbero lo scopo. Se l’interfase restasse aperta a lungo, potrei studiare un modo per invertire la polarità. Ma ci vorrà del tempo, e intanto gli Undine si prenderanno Ferasa» spiegò.
   «Allora dobbiamo intervenire prima che lo facciano!» disse Shati con passione.
   «Un attimo solo» la calmò Dualla. «Signor Irvik, la polarità di cui ha parlato riguarda la materia solida. Ma una trasmissione subspaziale? Quella potrebbe passare in senso opposto, dallo Spazio Fluido al nostro Universo?».
   «Sì... in teoria» si cautelò il Voth.
   «Allora ne approfitteremo per trasmettere i nostri diari di bordo alla Federazione, così che sia avvertita delle nostre scoperte» annunciò Dualla. «Se volete, potete aggiungere messaggi personali per le vostre famiglie. L’importante è non inserire informazioni che compromettano la sicurezza, se gli Undine captassero la trasmissione. Per il resto... più cose diciamo alla Federazione, meglio è. Signor Lum, può compattare i dati in modo da ripetere molte volte la trasmissione? Dobbiamo accertarci che dall’altra parte qualcuno la riceva, malgrado l’agitazione provocata dall’interfase».
   «Beh, certo. Posso compattarla, e anche criptarla con qualche codice federale» confermò il Ferengi.
   «Gli Undine hanno avuto la Destiny in custodia per anni, conoscono i nostri codici» avvertì Dualla. «È improbabile riuscire a nascondergli il contenuto della trasmissione. Concentriamoci sul far sì che la Flotta la riceva».
   Il Ferengi annuì, mentre anche gli altri davano segni di soddisfazione. Era dall’inizio della loro odissea che cercavano d’avvertire la Federazione delle loro scoperte, oltre a far sapere d’essere sopravvissuti. Avevano avuto altre occasioni, ma qualcosa le aveva sempre guastate. Questa pareva la volta buona per riuscirci. Era il primo passo per ottenere l’amnistia, e magari un aiuto concreto per tornare a casa. Losira e Giely tuttavia rimasero fredde.
   «Informare la Federazione è già qualcosa, ma che facciamo con Ferasa?» chiese Shati, ancora in ansia. «L’unico modo per salvare la mia gente è distruggere l’Harvester, prima che il pianeta sia trasferito».
   «Per quello ci serve più potenza di fuoco di quanto la Destiny possa darci» sospirò Dualla. «Fortunatamente ne abbiamo un’altra a disposizione» aggiunse, osservando le reazioni dei presenti.
   In sala tattica calò il silenzio. Infine Losira prese la parola: «Si riferisce alla CSS Destiny dello Specchio».
   «Naturalmente» confermò la Deltana. «Stando ai rapporti che ho letto, gli Exocomp l’hanno riparata. È un’occasione imperdibile per raddoppiare la nostra potenza di fuoco».
   «La prima volta che l’abbiamo abbordata, non è andata tanto bene» brontolò Shati, ricordando l’agguato Undine e il rapimento di Talyn.
   «Gli Undine ci hanno sorpresi perché avevano programmato i sensori della CSS Destiny per avvertirli se qualcuno avesse abbordato la nave» spiegò Irvik. «Ma negli ultimi giorni ho fatto sì che gli Exocomp li sabotassero, inviando false letture. Gli ho anche fatto installare un campo di forza attorno a quel portale, per impedire che gli Undine piombino a bordo come l’altra volta. Ormai siamo in grado di rioccupare la nave e occultarla prima che le bionavi ci siano addosso» dichiarò.
   «E attaccando con le due navi, abbiamo possibilità decenti di cavarcela?» chiese Losira.
   «Non lanceremo un attacco simultaneo» rispose Dualla, attivando una simulazione olografica sopra al tavolo tattico. «Piuttosto intendo colpire l’Harvester in successione. Osservate!».
   La simulazione mostrò un’astronave, contrassegnata come USS Destiny, che usciva dall’occultamento presso l’Harvester e lo colpiva con un’arma ad ampia dispersione. «Per l’attacco iniziale useremo il cannone thalaronico» spiegò il Capitano. «La vostra passata esperienza con gli Undine indica che le radiazioni thalaroniche sono piuttosto efficaci nel disgregare i loro scafi organici. Con la biosfera, ad esempio, avete avuto successo. L’Harvester è molto più grande e corazzato, quindi non mi aspetto che il primo colpo basti a distruggerlo. Tuttavia dovrebbe compromettere l’integrità strutturale. Se siamo fortunati, danneggerà le antenne – che sono più esposte – tanto da richiudere l’interfase. Comunque questo sarà solo l’inizio. Una volta sferrato il primo assalto, fingeremo una ritirata, facendoci inseguire da più bionavi possibile».
   La simulazione mostrò l’USS Destiny che si allontanava, inseguita da una buona metà delle bionavi. Questa era una congettura, perché non c’era modo di sapere se gli Undine si sarebbero lanciati all’inseguimento, o se sarebbero rimasti a guardia dell’Harvester danneggiato.
   «Ecco, ora tocca alla seconda nave» disse Dualla, mentre la CSS Destiny usciva dall’occultamento e attaccava a sua volta. Invece di sferrare un assalto-lampo e fuggire, l’astronave si trattenne più a lungo. Colpì l’Harvester sia col cannone thalaronico che coi siluri, fino a perforare la corazza e devastarne l’interno. La grande stazione fu squassata dalle esplosioni, mentre la seconda Destiny fuggì a sua volta. Con quello scenario ottimista, la simulazione terminò.
   «Niente male!» approvò Shati.
   «Questa simulazione è in gran parte congetturale» disse però Losira. «Non sappiamo se gli Undine inseguiranno la prima Destiny, né siamo certi di quanto saranno efficaci le nostre armi contro una stazione così grande».
   «Se nessuno la seguisse, la prima Destiny tornerà a darci manforte» spiegò Dualla. «Io però credo che gli Undine si lanceranno all’inseguimento. La tentazione di distruggerla sarà troppo forte. Inoltre non dobbiamo per forza disintegrare l’Harvester. Ci basta colpire le antenne per renderlo inservibile. Già questo darà alla Federazione del tempo prezioso per venirci in aiuto, se riusciamo ad avvisarla con quel messaggio».
   «Potrebbe funzionare» ammise la Comandante. «Ma siamo abbastanza numerosi da controllare entrambe le navi in modo efficiente?».
   «Non al massimo dell’efficienza, non credo...» commentò Irvik, pensando soprattutto alla sua sezione. «Dovremo affidarci agli Exocomp» concluse.
   «Non intendo dividere l’equipaggio a metà fra le due navi» rivelò Dualla. «Terremo quasi tutti sull’USS Destiny, con cui abbiamo più confidenza. Solo una squadra scelta – direi sette elementi – andrà sulla CSS Destiny. Controlleranno la plancia, mentre il resto sarà affidato agli Exocomp».
   «È un azzardo automatizzare così tanto la nave» avvertì l’Ingegnere Capo. «Al primo guasto i nostri ragazzi potrebbero essere spacciati».
   «Ho fatto molte simulazioni, e sono giunta alla conclusione che una delle navi deve rischiare più dell’altra. Diciamo che va considerata più... sacrificabile» ammise Dualla. «Avere un equipaggio ridotto renderà più facile evacuarla, se le cose volgessero al peggio».
   Calò di nuovo il silenzio. Evacuare una nave mentre si affrontavano gli Undine era un suicidio. I sette che sarebbero andati sulla Destiny dello Specchio erano praticamente spacciati.
   «Uhm... è sicura che debba essere l’USS Destiny a sferrare il primo assalto e la CSS a finire il lavoro?» chiese Losira. «Il compito più impegnativo sembra il secondo, e con così poco equipaggio...».
   «Anche questo è parte del piano» rivelò Dualla, permettendo a un lieve sorriso d’incresparle le labbra. «Ho notato che avete ridipinto questa nave con la dicitura CSS, per mimetizzarvi nello Specchio. Questo mi ha dato un’altra idea. Ridipingeremo anche l’altra nave, con la dicitura USS. In tal modo le invertiremo, all’insaputa degli Undine. Così, quando vedranno l’USS Destiny che attacca l’Harvester e fugge, si lanceranno all’inseguimento per finirci; ma in realtà inseguiranno la CSS Destiny con poco equipaggio. E quando vedranno la CSS Destiny che li attacca per seconda, non sapranno che in realtà siamo noi, con una nave in piena efficienza». Ciò detto riavviò la simulazione, per consentire a tutti di riesaminare il piano alla luce delle spiegazioni.
   Gli avventurieri videro la CSS Destiny, camuffata da USS e con l’equipaggio al minimo, che attaccava l’Harvester e poi fuggiva, facendosi seguire dalle bionavi. Adesso era chiaro il suo ruolo di esca: gli Undine l’avrebbero inseguita, credendola la più pericolosa delle due. A quel punto l’USS Destiny, camuffata da CSS ma al massimo dell’efficienza, sferrava l’assalto finale contro il bersaglio indebolito. Avrebbe dovuto trattenersi più a lungo per finirlo, ma avendo l’equipaggio al completo, aveva le maggiori speranze di vittoria. Visto così, il piano sembrava davvero astuto e con buone probabilità di riuscire.
   «Sì, può funzionare» disse l’Ufficiale Tattico, al che anche gli altri mormorarono il loro assenso. Ma Irvik scosse la testa al pensiero dei sette che sarebbero andati sulla Destiny dello Specchio. Anche Giely, che sedeva sul lato opposto del tavolo rispetto a Dualla, si mantenne scettica. «Se la CSS Destiny è solo una pedina sacrificabile, chi andrà a bordo?» chiese.
   «La CSS Destiny non è affatto spacciata» obiettò la Deltana, guardandola storta. «In fondo è quella che passerà meno tempo sotto il fuoco nemico. Deve solo farsi inseguire per un poco, dopo di che tornerà a occultarsi».
   «Ma se il fuoco nemico compromette l’occultamento, com’è più che probabile, allora è finita» insisté la Vorta.
   «Questo vale anche per noi» rimarcò la Deltana. «Dunque, per quanto riguarda i sette che andranno sulla nave dello Specchio, informate le vostre sezioni che accetto volontari. Se non ce ne saranno, o se saranno meno del necessario, dovrò designarli io» avvertì.
   Giely si aspettava che Dualla non ne avrebbe trovato nemmeno uno, di volontari per quella missione suicida. Ma si sbagliava. Uno c’era, e sedeva proprio a quel tavolo.
   «Io mi offro volontaria» disse Shati, sconcertando i colleghi.
   «Sei impazzita?! Se combatti in quelle condizioni ti farai ammazzare!» insorse la Vorta.
   «Allora sarà per una giusta causa!» ringhiò la Caitiana, conficcando gli artigli sul tavolo. «Non mi aspetto che un... clone fuggiasco lo capisca, ma farei di tutto per salvare il mio mondo e la mia gente!».
   «E se gettare via la tua vita non servisse a salvare Ferasa?! Se questo piano disperato fallisse?!» incalzò Giely.
   «Si controlli, dottoressa, o dovrò confinarla nel suo alloggio» avvertì Dualla in tono severo. Poi si rivolse a tutti i presenti. «Queste sono le mie disposizioni. Comunicatele alle vostre sezioni, così che tutti siano informati. Per quanto riguarda i volontari, ho bisogno che si offrano al più presto, perché dovremo automatizzare la CSS Destiny anche in funzione delle loro abilità. Se non arriveremo a sette, entro domani a quest’ora, dovrò designare i soggetti più adatti. Nel frattempo dirigiamoci verso la CSS Destiny. La prima cosa che faremo, dopo averla occupata, sarà alterare il suo nome. La riunione è aggiornata, potete andare» disse alzandosi.
   Agli ufficiali non restò che recarsi ai propri posti. Solo Giely restò seduta, lanciando un’ultima occhiata a Shati prima che questa seguisse Dualla in plancia. La Caitiana era davvero decisa a seguirla fino in fondo, anche se ciò significava imbarcarsi su una nave condannata. La dottoressa riusciva in parte a capirla, dato che poco tempo prima lei stessa aveva fatto una mossa suicida nella Battaglia di Dytallix, salvandosi per inaspettata fortuna. Ma stavolta le sembrava che dovessero esserci delle alternative. Continuò a rimuginarci, anche dopo aver lasciato la sala tattica ed essere tornata nel suo vecchio alloggio.
 
   Il giorno dopo Giely era in infermeria, non particolarmente indaffarata, quando vide entrare Losira. «Ciao, posso fare qualcosa per te?» l’accolse.
   «Potresti evitare di prendere così di petto Dualla. Una volta o l’altra ti metterà agli arresti» avvertì la Risiana.
   «Già, specialmente ora che ha piazzato i suoi fedeli nelle posizioni chiave!» borbottò la Vorta. «E mi riferisco anche a Shati. È decisa a procedere con questa follia e non cambierà idea».
   «Le persone fanno cose folli per proteggere ciò che hanno caro» sospirò Losira, sedendo accanto all’amica.
   «Beh, i nostri cari sono ancora dispersi su Arena» notò Giely. «Ormai è chiaro che Zucca Pelata non andrà mai a salvarli. Teme di perdere il comando, e con esso la sua vendetta sugli Undine. O ci rassegniamo... o facciamo qualcosa prima della battaglia».
   «Stai parlando di ammutinamento» disse la Comandante con gravità.
   «Sì, è proprio quello di cui parlo» confermò la dottoressa. «Tu ci stai?».
   «Io sì. Sono gli altri che mi preoccupano» ammise Losira. «Ruuvan e gli altri che sono stati promossi da Dualla potrebbero restarle fedeli. Irvik è incerto. E Shati... beh, l’abbiamo sentita. Se facciamo questa cosa, dovremo farla anche contro di lei».
   «Forse c’è un modo per deporre Dualla con una parvenza di legalità» ragionò Giely. «Come Medico Capo, potrei esautorarla per ragioni di salute. Posso costringerla a farsi visitare, visto che finora l’ha rifiutato, e trovare una scusa per qualificarla inabile al comando. Così anche il computer ti restituirebbe i codici di comando» suggerì. La Destiny infatti era pur sempre una nave federale, anche se occupata da avventurieri, e il computer seguiva il regolamento di Flotta quando si trattava d’assegnare o togliere le autorizzazioni.
   «Per privare un Capitano dei codici di comando serve l’autorizzazione di due ufficiali superiori, oltre a quella del Medico Capo» ragionò la Risiana, che si era studiata il regolamento. «Io sarei uno... ma l’altro? Non possiamo fidarci di Ruuvan, né di Lum, e purtroppo nemmeno di Shati».
   «Va’ a parlare con Irvik, cerca di capire se è disposto ad aiutarci. Non sembrava tanto contento di mandare sette dei nostri alla morte su una nave automatizzata» ricordò la Vorta.
   «Ci proverò» annuì Losira.
   «Digli che Zucca Pelata potrebbe designare per questa missione suicida gli ufficiali di cui si fida di meno... compreso lui. Questo dovrebbe smuoverlo» aggiunse Giely con una smorfia.
   «Se non lo smuove questo, non so cos’altro potrebbe farlo» ammise la Comandante. «Ti contatterò appena avrò qualche novità» promise, e lasciò di fretta l’infermeria.
 
   Nei giorni seguenti l’equipaggio lavorò alacremente per preparare la CSS Destiny. Il nome sullo scafo fu alterato in USS, mentre armi e scudi furono regolati per essere più efficaci contro le bionavi. Le modifiche più impegnative riguardarono però i sistemi di controllo, perché bisognava fare in modo che la nave fosse manovrabile interamente dalla plancia. Questo significava automatizzare molti sistemi e dirottare i controlli dei rimanenti. La cosa in sé era fattibile, almeno in teoria. Durante l’anno trascorso nello Specchio, infatti, gli avventurieri avevano constatato che la Confederazione faceva già ampio uso di vascelli totalmente automatizzati. La CSS Destiny però non era stata progettata per essere una nave-drone. Il suo processore non era un’Intelligenza Artificiale e molti sistemi richiedevano un controllore. Così Irvik e i suoi tecnici ebbero un bel daffare per permettere all’equipaggio di plancia di comandarla tutta. Alla fine, più che sul computer centrale contarono sugli Exocomp, istruendoli ad agire come veri e propri ingegneri.
   Per tutta la durata dei lavori, il portale che si trovava in sala macchine fu vigilato. Un campo di forza ne impediva l’apertura e gli avventurieri erano pronti a lasciare la nave se solo gli Undine ci avessero provato. Ma gli alieni non fecero mai alcun tentativo, suggerendo che non si fossero accorti di quanto stava accadendo. Dualla fu tentata di trasferire il portale sull’USS Destiny, così da poterlo studiare anche in seguito. Ma il rischio che gli Undine se ne servissero per localizzare la nave occultata era troppo grande. Inoltre nessuno voleva prendersi a bordo un portale da cui in ogni momento poteva sbucare il nemico, per quanto in teoria il campo di forza scongiurasse questo pericolo. Così Dualla si rassegnò a lasciarlo sulla CSS Destiny, sapendo che sarebbe andato perduto con essa.
   Tra tutti i preparativi, il più cruciale fu indubbiamente la designazione dei sette individui che avrebbero manovrato la CSS Destiny in battaglia. Pochi si aspettavano di vederli tornare, infatti dopo Shati non ci furono altri volontari. Così Dualla designò gli altri sei, tra gli ufficiali con maggiore esperienza. Guarda caso, scelse sei tra quelli che l’avevano avversata dopo il suo arrivo, corroborando l’ipotesi che stesse approfittando della battaglia per eliminare gli oppositori.
   «Se non ha scelto anche me, dev’essere perché non può sbarazzarsi dell’unico medico di bordo» commentò Giely quando Losira le comunicò l’elenco dei nomi. «E perché non può giustificare la mia presenza per una missione del genere. Ma questi sei che ne pensano? Se si rifiutassero in blocco?».
   «Probabilmente Dualla li farebbe sbattere in cella e designerebbe altri sei» sospirò la Comandante. «Così ci troveremmo punto e a capo. No, meglio procedere col nostro piano. Tieniti pronta, ormai manca poco».
 
   In quei giorni Dualla si recò spesso sulla CSS Destiny a supervisionare i lavori. Sperava che, vedendola di frequente, gli avventurieri si sarebbero abituati alla sua presenza e l’avrebbero meglio accettata come Capitano. Ma quando girava per i corridoi, o entrava in una stanza, si accorse che i sottoposti abbassavano le voci e la osservavano con ostilità, continuando finché non se ne andava. Inoltre la chiamavano raramente “Capitano” e anche allora traspariva l’astio o persino lo scherno nelle loro voci. Solo Shati non aveva questo atteggiamento.
   «È tutto a posto, Capitano?» le chiese la Caitiana, in un momento in cui si trovavano in sala macchine, su una passerella soprelevata.
   Dualla si accorse che negli ultimi minuti aveva osservato l’andirivieni degli ingegneri, con le mani sulla balaustra e le labbra serrate. Si riscosse, allontanandosi dal parapetto. «Oh, i preparativi procedono bene» rispose. «Ma l’equipaggio, beh...».
   «Devono ancora prendere confidenza con lei» l’incoraggiò Shati.
   «Mi odiano» disse chiaro e tondo la Deltana.
   «Suvvia, non esageri...» annaspò la Caitiana.
   «No, non provi a negarlo» fece Dualla, alzando l’indice per metterla a tacere. «Mi odiano, chi più chi meno. E onestamente capisco le loro motivazioni. Mi considerano un’usurpatrice, sebbene sia il legittimo Capitano della Destiny. Non mi accetteranno mai davvero al comando. Prima o poi si rivolteranno contro di me» disse con amarezza.
   Shati avrebbe voluto dirle che non era vero, ma era già stata ammonita a non mentire per consolarla. Così restò in silenzio, a disagio.
   «L’unica domanda è se lo faranno prima o dopo la missione» proseguì la Deltana, più rivolta a se stessa. «Se fosse dopo, potrei accettarlo. Ma se fosse prima... no, non posso permettere che l’attacco all’Harvester sia revocato. Ne va della salvezza di Ferasa. Se arrivassimo al peggio, sarà con me?» indagò.
   «Io... spero che non arriveremo a questi estremi» mormorò Shati, lacerata fra le opposte lealtà. «Questo equipaggio è praticamente la mia famiglia. Sapesse quante ne abbiamo passate, fin da prima di perderci nel Multiverso! Abbiamo visto la morte in faccia un’infinità di volte, ma ce la siamo sempre cavata. E adesso... rifiuto di credere che ci combatteremo per una differenza di vedute».
   «Sono sempre le differenze di vedute che portano ai conflitti. La Guerra Civile non è scoppiata così?» notò Dualla. «Beh, suppongo che ciascuno seguirà la propria coscienza. Io di certo seguirò la mia, che mi dice di fermare gli Undine. Spero che anche lei seguirà la sua coscienza, Tenente, ovunque ciò la porti» disse. E lasciò la passerella soprelevata, prendendo il montacarichi che la riportò a terra.
 
   I preparativi erano da poco ultimati quando l’Harvester interruppe la sua fuga verso l’esterno del sistema e si stabilizzò in una nuova orbita. Era il segno che stava per aprire l’interfase.
   «È confermato, la stazione s’è disposta in un’orbita esterna al sistema» disse Lum. «Le bionavi la circondano in uno schema di pattugliamento».
   «Ci siamo» disse Dualla, stringendo con forza i braccioli della poltroncina. «Che l’equipaggio della CSS Destiny si prepari al trasferimento. Richiamate gli ingegneri» ordinò.
   Shati aveva già lasciato il timone e si avviava alla sala teletrasporto quando Losira si alzò dalla sua poltrona. «Un momento!» esclamò, richiamando l’attenzione generale. «Lum, analizza Arena. Ci sono ancora le interferenze che finora ci hanno impedito di recuperare i dispersi?».
   «Negativo, l’Harvester è troppo lontano» rispose il Ferengi.
   «Ottimo. Allora possiamo finalmente recuperare i nostri» disse Losira, fissando Dualla con aria d’aperta sfida.
   «Tenente, le bionavi attorno ad Arena sono ancora in posizione?» chiese gelidamente la Deltana.
   «Affermativo».
   «Allora le ragioni per tenerci alla larga sono ancora valide» sostenne Dualla. «È una trappola, gli Undine aspettano solo che ci esponiamo».
   «Ma senza le interferenze, potremo localizzare i nostri e trasferirli a bordo senza esporci!» obiettò Losira.
   «Non possiamo esserne certi!» si scaldò la Deltana. «Sono settimane che pianifichiamo l’attacco all’Harvester, un attacco basato sulla sorpresa. Non lo manderò a monte nel tentativo di recuperare una manciata di persone che ormai sono certamente morte!».
   «È la logica della Flotta, eh? Il bene dei molti e via dicendo?» chiese la Risiana.
   «Esattamente» confermò Dualla.
   Le labbra di Losira s’incresparono in un sorriso sadico. «Se crede nel regolamento, allora deve farlo sino in fondo. Dottoressa, cosa dice il regolamento di Flotta in merito agli ufficiali che sono stati rapiti?».
   Vedendo che la Comandante si rivolgeva a qualcuno dietro di lei, Dualla si girò. E vide che Giely era davvero entrata in plancia di soppiatto, scivolando alle sue spalle. Losira doveva averla chiamata di nascosto, nel momento in cui l’Harvester si era arrestato.
   «Secondo l’articolo 47, comma 1, ogni ufficiale di Flotta che sia stato sequestrato da una forza ostile e isolato dal resto dell’equipaggio deve superare un esame psico-fisico per ottenere l’abilitazione a riprendere il servizio!» rispose prontamente la dottoressa. «Come Medico Capo di questa nave, ho il preciso dovere d’esaminarla, Capitano, prima che lei ci getti in battaglia. Dopotutto è stata prigioniera degli Undine per ben otto anni. Chissà cosa le hanno fatto, in tutto questo tempo. Potrebbero aver compromesso il suo giudizio... forse l’hanno persino condizionata, affinché ci trascini tutti verso la rovina» insinuò.
   «Questo è assurdo! Non ascolterò oltre le sue ridicole illazioni» ribatté la Deltana. «Lasci la plancia, o la farò arrestare per insubordinazione».
   «Così conferma i sospetti che gravano su di lei, “Capitano”» insisté Giely, accostandosi. «Si ammanta col regolamento di Flotta quando le fa comodo, e lo rigetta quando le è d’intralcio. Rifiuta di soccorrere coloro a cui deve la sua stessa salvezza, e pretende lealtà da noi. Vuole sacrificare altri dell’equipaggio senza garanzie di successo, e si aspetta che le obbediamo sulla fiducia. Così non può andare, “signora”. Si faccia visitare, seduta stante, o dovrò destituirla per manifesta incapacità» disse implacabile.
   «Destituirmi?! Un’avventuriera non può...».
   «Non sono un’avventuriera. Sono un ufficiale di Flotta esattamente come lei, e ho assunto la funzione di Medico Capo dopo la morte dei miei superiori. Quindi è mio pieno diritto, anzi mio dovere, agire come ho detto!» dichiarò la Vorta, indicando i gradi sulla propria uniforme.
   «Siamo in procinto di sferrare un attacco da cui dipende la salvezza di un intero pianeta. Non c’è tempo per una visita medica» sibilò Dualla, trattenendo la collera. «Se la pretende adesso, è solo un cavillo per togliermi il comando».
   «Veramente gliel’ho chiesto molte volte nei giorni passati, e lei ha sempre rifiutato. Quindi è lei che ci ha condotti qui. Questa è l’ultima occasione per accertarci che non sia compromessa e non ci attiri in trappola» puntualizzò Giely. «Allora, che intende fare?».
   Sulla plancia cadde un silenzio di tomba. Tutti osservavano Dualla, aspettando col fiato sospeso la sua reazione. La Deltana si guardò attorno, scrutandoli uno per uno. Il suo sguardo si appuntò sull’Ufficiale Tattico. «Tenente, arresti la dottoressa Giely» ordinò con fermezza.
   Ci fu un ulteriore silenzio. Infine il Nausicaano si schiarì la voce. «Mi spiace, non posso farlo in queste condizioni. Non la seguirò senza sapere se è a posto col cervello. E il suo atteggiamento suggerisce che non lo sia». Così dicendo impugnò il phaser, rivolgendolo contro la Deltana. Allora anche gli altri agenti della Sicurezza fecero altrettanto.
   «Andiamo, siete usciti di testa?! Non possiamo combatterci fra noi, mentre il nemico sta per prendersi il mio pianeta!» insorse Shati, facendosi avanti. Ma si trovò the phaser puntati contro. In tutta la plancia, lei era l’unica a difendere Dualla. Perfino quelli che avevano beneficiato delle sue promozioni, infatti, non se la sentivano di seguirla oltre. La Caitiana estrasse gli artigli e ringhiò per la frustrazione, ma non osò lanciarsi contro le guardie armate.
   «Computer, certifica che in data stellare odierna il Capitano Dualla viene rimossa dal comando per ordine del Medico Capo» disse Giely. «Motivo: violazione del regolamento di Flotta, articolo 47 comma 1, inerente l’abilitazione al comando dopo un sequestro. Codice d’autorizzazione Giely Gamma 973» aggiunse in tono alto e chiaro.
   «Be-beep. Codice riconosciuto. Necessaria autorizzazione di altri due ufficiali superiori» rispose il processore della Destiny.
   «Non fatelo. Condannerete questa nave e tutta Ferasa, senza salvare nessuno» disse Dualla in tono controllato.
   «Computer, confermo la rimozione del Capitano Dualla per il motivo addotto. Autorizzazione Losira Alfa 525» disse la Comandante.
   «Be-beep. Codice riconosciuto. Necessaria autorizzazione di un terzo ufficiale superiore» disse il computer.
   A queste parole, Losira si rivolse a Shati. «È il momento di decidere da che parte stai. Sei con noi o contro di noi?!» chiese con durezza.
   «Sono con Ferasa, e con chiunque voglia difenderlo!» fece la Caitiana, soffiando di rabbia. «Se questo significa essere contro di voi, così sia!» aggiunse tra sé, ma non osò dirlo ad alta voce. Dette un’occhiata a Dualla, sperando che avesse qualche asso nella manica per ribaltare la situazione. Ma con enorme delusione vide la Deltana scuotere la testa, esortandola a calmarsi. In fondo la capiva. Ora che le guardie si erano schierate con Losira, era inutile che lei sola si opponesse. Avrebbe ottenuto solo di farsi sbattere in cella con Dualla, e allora chi avrebbe salvato Ferasa? No, doveva pazientare e attendere l’occasione giusta, per quanto fosse difficile.
   Vedendo che Shati non aggiungeva altro, Irvik si fece avanti. «Computer, confermo la rimozione del Capitano Dualla per il motivo addotto. Autorizzazione Irvik Delta 939» dichiarò, sbloccando la situazione.
   «Be-beep. Codice riconosciuto» trillò il computer. «Il Capitano Dualla decade dal comando e i suoi codici sono revocati. Fino a nuova nomina, l’autorità è trasferita alla Comandante Losira».
   A quelle parole, una vera e propria investitura, la Risiana rivolse un’occhiata di trionfo all’avversaria. «Bene, ora cominciamo a mettere a posto le cose» infierì. Poi la oltrepassò senza più degnarla di uno sguardo, raggiunse la poltrona del Capitano e vi sedette con gran soddisfazione.
   «Adesso che ha in mente di fare?!» chiese Dualla, scornata.
   «Quel che dovevamo fare fin dall’inizio» rispose seccamente Losira. «Andiamo a recuperare i dispersi. E per il suo bene, preghi che li troviamo ancora in vita. Perché se gli è successo qualcosa mentre lei ci teneva lontani...» minacciò.
   «Intanto che ne facciamo di lei?» chiese Ruuvan, accennando alla prigioniera.
   «Scortatela in cella. Giely potrà esaminarla con calma... al termine dell’emergenza» ordinò Losira, col suo sorrisetto sadico. Era buffo come la Deltana fosse di nuovo sotto custodia, dopo aver trascorso otto anni prigioniera degli Undine e solo qualche settimana in libertà. E Losira ci teneva a farle sapere che, anche se ne fosse uscita pulita, non avrebbe rivisto la plancia per un pezzo.
   «Da una banda di fuorilegge non potevo aspettarmi altro. Stupida io a credere di potermi fidare» commentò Dualla. «Ma tutto questo si ritorcerà contro di voi. Se mai tornerete alla Federazione, potete scordarvi l’amnistia. Rimarrete una banda di ricercati!» avvertì.
   «Meglio così. Non m’era mai piaciuta l’idea di costituirmi» ribatté Ruuvan. Lui e le altre guardie la condussero via dalla plancia e la scortarono in cella, sempre tenendola sotto tiro. Allora la tensione tra quanti erano rimasti si allentò considerevolmente.
   «Bene, il primo problema è risolto» commentò Losira, godendosi la vittoria. «E tu, hai qualcosa in contrario?» chiese a Shati, velatamente minacciosa.
   «Bah! Ogni volta che cerchiamo di metterci in regola, succede qualcosa che ci riporta al punto di partenza!» borbottò la Caitiana.
   «Si vede che non è destino» convenne la Risiana. «Siamo fatti per l’avventura e il profitto, non per le regole e gli ordini della Flotta. E ora, rotta verso Arena!» comandò.
   Non vedendo alternative, la Caitiana sedette nuovamente al timone. Fece manovra e diresse l’USS Destiny verso Arena a massimo impulso. Fra sé e sé, tuttavia, continuava a rimuginare. «Spiacente, Comandante, ma nemmeno io sono fatta per le regole e gli ordini...».
   «Lum, avverti quando saremo a distanza di teletrasporto da Arena» ordinò Losira. «A quel punto voglio un arresto totale e un’analisi completa del pianeta. Riavremo i nostri, a costo di passare attraverso la flotta nemica» disse, scambiando uno sguardo d’intesa con Giely. Dal canto suo, la dottoressa non aveva alcuna fretta d’esaminare Dualla. Come aveva detto la Comandante, prima c’era un’emergenza da risolvere.
 
   Di lì a un’ora la Destiny occultata giunse nei pressi di Arena e si arrestò, come ordinato da Losira. Lum inquadrò il pianeta desertico sullo schermo, evidenziando le bionavi poste a sorvegliarlo. «Ci siamo, Comandante. Rilevo quaranta bionavi nell’orbita, disposte in uno schema difensivo» disse.
   «Vedo» fece Losira, e deglutì per l’ansia. Fino ad allora tornare a prendere i dispersi le era parso facile, quasi una bazzecola, tanto da non capire perché Dualla rifiutasse di farlo. Ma nel vedere la potenza degli Undine, riconsiderò la sua posizione. Una semplice scansione della superficie di Arena, in cerca di segni vitali, rischiava di compromettere la loro segretezza. E se gli Undine li rilevavano, era la fine. D’un tratto l’atteggiamento di Dualla non le sembrò più tanto pretestuoso. D’altro canto, ora che si era ammutinata e aveva portato la Destiny ad Arena, non poteva ritirarsi con un nulla di fatto.
   «Allora, Comandante?» chiese Irvik dalla sua postazione ingegneristica.
   «Me lo dica lei. Possiamo rilevare i dispersi, senza essere rilevati a nostra volta?» chiese la Risiana.
   «È una domanda troppo complessa per rispondere o no» spiegò il Voth. «Molti aspetti della tecnologia Undine ci sono ancora sconosciuti. E i segni vitali dei nostri compagni rischiano di confondersi con quelli degli altri umanoidi là sotto. Posso provare una serie d’analisi, dalle più innocue alle più rischiose». Così dicendo affiancò Lum alla postazione sensori e comunicazioni.
   Seguendo le loro indicazioni, Shati diresse la Destiny in un giro attorno al pianeta, così da sondarlo più nel dettaglio. Il sole, prima eclissato, brillò oltre l’orizzonte desertico. Erano le prime ore del mattino sotto di loro.
   «Ancora niente, proseguo le scansioni... ehi, un momento!» s’interruppe Irvik. Armeggiò freneticamente coi comandi e anche Lum al suo fianco fece lo stesso.
   «Che succede?» si allarmò Losira.
   «Accade qualcosa al subspazio. Credo si stia formando un tunnel spaziale, simile a quello creato dal portale. Sta collegando la superficie di Arena con... la nostra nave!» avvertì l’Ingegnere Capo.
   «Ma non abbiamo portali a bordo!» obiettò la Comandante, temendo che gli Undine avessero trovato un altro modo di abbordarli.
   «Lo so, infatti non ha senso!» convenne Irvik, con le scaglie che si scurivano per lo stress. «Fino a un attimo fa era molto instabile, ma ora si sta stabilizzando. Dovrebbe aprirsi a momenti».
   «In quale punto della nave...» cominciò Losira, pensando già a inviare squadre e a isolare il settore. Ma s’interruppe a metà della frase, notando una distorsione luminosa proprio davanti a sé. Dapprima parve un bagliore informe, ma in pochi attimi si stabilizzò, assumendo forma circolare. Ecco la risposta: il wormhole si apriva proprio lì in plancia, mettendoli tutti a repentaglio.
   «Allarme Rosso, evacuare la plancia!» ordinò la Comandante, chiedendosi come avesse fatto la situazione a precipitare così in fretta. Come li avevano rilevati gli Undine? E come avevano aperto quel tunnel spaziale?
   «Arriva qualcuno!» gridò Irvik, abbandonando la consolle. Tutti i presenti indietreggiarono precipitosamente verso l’uscita in fondo alla plancia, dove un’ampia scala a chiocciola conduceva al ponte inferiore.
   «Pronti a resistere!» ringhiò Ruuvan, accorgendosi che non avrebbero fatto in tempo a scendere. Il Nausicaano impugnò il phaser, imitato dai suoi agenti. Si aspettavano un feroce scontro con gli Undine, com’era accaduto l’ultima volta, quando gli alieni avevano rapito Talyn.
   Una sagoma scura si delineò contro il cerchio luminoso, segno che qualcosa era passato. Il primo nemico li aveva abbordati! Sembrava avere tre o quattro gambe e altrettante braccia. Che fosse una nuova casta di Undine, ancora più letale delle precedenti?! Gli avventurieri socchiusero gli occhi, per non farsi abbagliare dal wormhole azzurro, e mirarono il bersaglio.
   «Fermi, disgraziati! Siamo noi, non ci riconoscete?!» esclamò una voce stranamente familiare. La sagoma si precisò: non era un alieno con troppi arti, ma due umanoidi accostati, col primo che si trascinava dietro il secondo. E non appena si furono allontanati dal tunnel, gli avventurieri li riconobbero. Sporchi, sudati, con le barbe incolte e con indosso strane tute da deserto, il Capitano Rivera e Talyn barcollarono in avanti. Si guardarono attorno con occhi spiritati, quasi increduli d’essere tornati tutti interi sulla Destiny.
   «Beh, che avete combinato in mia assenza?» chiese il Capitano, vedendo la ciurma raccolta timorosamente davanti all’ingresso. «Anzi, non m’importa. Fate spazio, stiamo per ricevere ospiti. E sono tipi... originali» avvertì, mentre i campioni di Arena comparivano dietro di lui. 
 
   
 
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