The weight of the past on a child's
shoulders
All my life I've been so polite but I'll
sleep alone tonight
Scorpius
Malfoy aveva iniziato a mostrarsi diverso dalla
sua famiglia a soli sei anni, quando era scoppiato a piangere nel veder
sanguinare la sua elfa domestica; mentre riordinava le stoviglie della
credenza, Feeney aveva stretto con troppa forza un vecchio, fragile
bicchiere di vetro e questo era andato in pezzi, ferendole il palmo
della mano.
Gli occhi velati di lacrime e i singhiozzi a stento
trattenuti, Scorpius era corso a recuperare una garza da un cassetto.
Aveva appena iniziato a tamponare il palmo sanguinante di Feeney,
ignorando le sue proteste, – “voi non siete
costretto a fare questo per me, signorino Malfoy!”
– quando la porta si era spalancata e Draco si era
precipitato di corsa in cucina, il viso stravolto dalla preoccupazione.
“Scorpius! Perché stai
piangendo? È successo qualcosa?”
“Guarda, papà, Feeney
si è fatta male.”
A quelle parole, pronunciate con voce strozzata,
l'espressione tesa di Draco si era rilassata di colpo.
“Non preoccuparti, ci penso io.
Non sembra niente di grave,” Uno sventolio di bacchetta e il
taglio sul palmo di Feeney si era già rimarginato, il sangue
scomparso fino all'ultima goccia. “Vedi? Si è
risolto tutto. Ora puoi smettere di piangere.”
Draco aveva posato una mano sulla spalla di
Scorpius, rivolgendogli un sorriso affabile e rassicurante, mentre
l'elfa si prodigava in un profondo inchino che aveva portato le sue
orecchie appuntite a sfiorare il pavimento.
“La ringrazio, padron Malfoy! E
anche lei, signorino Scorpius, lei sempre così gentile con
Feeney!”
Scorpius si era sfregato le nocche sulle guance ancora umide di lacrime per poi avvicinarsi a Feeney e attirarla in un abbraccio, davanti allo sguardo stranito del padre.
Scorpius si era sfregato le nocche sulle guance ancora umide di lacrime per poi avvicinarsi a Feeney e attirarla in un abbraccio, davanti allo sguardo stranito del padre.
“Lo sai che ti voglio bene,
Feeney. Con me non ti devi inchinare. Non sei solo un'elfa domestica,
tu sei mia amica.”
Quell'episodio
gli sarebbe stato ricordato più volte nel corso degli anni
sia da Feeney che dai suoi genitori, ai quali piaceva ripetere con la
voce gonfia d'orgoglio quanto fossero stati bravi a crescere un figlio
che, fin dalla tenera età, si era sempre mostrato una
persona a modo, così sensibile e gentile con tutti, persino con
gli elfi domestici.
Scorpius offriva sempre il suo aiuto a Feeney
quando la vedeva stanca e provata. Passava addirittura interi pomeriggi
in sua compagnia, a chiacchierare, bere tè e mangiare
pasticcini. Per quanto taciturno e tendente a rimanere sulle sue,
Scorpius sorrideva a tutti ed era il ritratto esemplare dell'educazione
e della cortesia con gli ospiti di Villa Malfoy. Scorpius non aveva mai
rubato un giocattolo alla sua cuginetta Adhara ed era sempre disposto a
farle fare un giro sulla sua costosa, preziosa Firebolt –
Astoria gli ripeteva in continuazione che non avrebbe avuto problemi a
farsi degli amici a scuola grazie al suo buon carattere e che nel tempo
avrebbe imparato pian piano a sciogliersi e superare la timidezza.
Scorpius
era cresciuto con la consapevolezza di essere una brava persona,
di essere sempre stato buono e gentile con tutti.
E allora perché loro non lo
sono con me?
Non aveva mai avuto bisogno di porsi quella domanda
prima del suo arrivo a Hogwarts.
Durante
il banchetto di inizio anno aveva raccolto il coraggio di rivolgere la
parola al ragazzo seduto accanto a lui – ciao, io sono Scorpius... Scorpius
Malfoy. Tu come ti chiami? – ma
questi non gli aveva risposto. Si era limitato a lanciargli un'occhiata
stralunata e si era trascinato più in là sulla
panca, facendosi vicino ai primini di Serpeverde.
Scorpius
ebbe appena un istante di tempo per chiedersi cosa fosse accaduto
– mi è rimasto un pezzetto
di pollo incastrato tra i denti? – prima
che i ragazzi iniziassero a ridere e confabulare tra loro, scoccando
occhiate beffarde nella sua direzione.
Le guance gli andarono a fuoco e le sue mani
iniziarono a giocherellare nervosamente con le posate. Puntò
gli occhi sul suo piatto e si sforzò di continuare a
mangiare, nonostante gli si fosse stretto dolorosamente lo stomaco. Non
aveva idea del perché i suoi futuri compagni di scuola ce
l'avessero tanto con lui... o forse sì, una vaga idea
l'aveva, ma si rifiutò di prenderla seriamente in
considerazione.
Rimase
in silenzio senza unirsi alle chiacchiere dei suoi compagni mentre il
Prefetto di Serpeverde li scortava lungo i sotterranei. La vista della
sala comune – i mobili laccati di nero lucido, le soffuse
luci verdognole emanate dalle lampade e le finestre che affacciavano
direttamente sugli abissi del Lago Nero – lo
riempì di un profondo senso di meraviglia (fremette di
entusiasmo all'idea che quel posto così incantevole sarebbe
stato la sua casa per ben sette anni) ma l'incantesimo finì
nel momento in cui la porta del dormitorio si fu richiusa alle sue
spalle. Era solo – solo
insieme ad alcuni dei ragazzi che avevano riso di lui al banchetto.
In quel momento chiacchieravano tra loro, senza
degnarlo di un solo sguardo. Nel giro di pochi minuti un ragazzino
magro e dai capelli neri – il suo nome era Nate,
ricordò Scorpius – catalizzò
l'attenzione su di sé, raccontando a voce alta e squillante
di una partita dei Puddlemere United a cui aveva assistito due
settimane prima insieme al padre, che grazie alle sue conoscenze al
Ministero era riuscito a rimediare due biglietti in prima fila.
Incerto su come inserirsi nella conversazione
– gli sembrava difficile, perché quello di Nate
era diventato un vero e proprio monologo – Scorpius si
sedette sul letto e iniziò a far dondolare le gambe,
mordendosi l'interno della guancia.
Nate smise di colpo di parlare e Scorpius si
sentì nuovamente arrossire quando gli occhi scuri del
ragazzo si posarono su di lui.
“Tu non dici niente... Malfoy,
giusto? Devi essere Scorpius Malfoy.”
Quelle parole, pronunciate con un pizzico di disprezzo velato, gli fecero martellare il cuore nel petto.
Quelle parole, pronunciate con un pizzico di disprezzo velato, gli fecero martellare il cuore nel petto.
“Sì. Sì, mi
chiamo Scorpius. Tu invece...”
“Malfoy?” lo interruppe
un secondo ragazzo, scoppiando in una risata roca. “Che razza
di nome è Malfoy?"
"Il nome di una famiglia di Mangiamorte," rispose Nate, inarcando poi le sopracciglia davanti allo sguardo confuso e attonito che l'altro gli rivolse in risposta. "Andiamo, Roger, ti sei già dimenticato cosa significa Mangiamorte? Te l'ho spiegato poco fa! Erano i criminali che ammazzavano i Babbani... cioè, la gente come mia madre e come i tuoi genitori."
"Il nome di una famiglia di Mangiamorte," rispose Nate, inarcando poi le sopracciglia davanti allo sguardo confuso e attonito che l'altro gli rivolse in risposta. "Andiamo, Roger, ti sei già dimenticato cosa significa Mangiamorte? Te l'ho spiegato poco fa! Erano i criminali che ammazzavano i Babbani... cioè, la gente come mia madre e come i tuoi genitori."
Il disprezzo nella voce di Nate si era fatto
più esplicito, più profondo che mai. Scorpius,
lottando con tutte le sue forze contro le lacrime che premevano per
sfuggirgli dagli occhi, si ritrovò a biascicare sottovoce
delle parole prive di senso, tremando di vergogna nel realizzare che
non riusciva a guardare Nate dritto negli occhi né ad
arrabbiarsi e rispondere a tono come avrebbe dovuto.
C'era un unico modo per fuggire da quell'incubo;
tirò di scatto la tenda del letto a baldacchino e si
raggomitolò sul materasso, lasciandosi finalmente andare a
un pianto silenzioso mentre le risate canzonatorie dei suoi compagni
– quelle risate che ben presto gli avrebbero reso la vita un
inferno – gli infestavano le orecchie.
Cosa ho fatto di male? Cosa ho fatto a
queste persone? Io non c'entro niente con i Mangiamorte, non c'entro
niente con quello che possono aver fatto papà o nonno tanti
anni fa.
Non era così che aveva immaginato il suo
primo giorno di scuola; non gli era mai pesato condurre un'infanzia
perlopiù solitaria ma aveva sempre creduto alle parole di
sua madre e, nelle ultime settimane, aveva atteso con impazienza il
momento in cui sarebbe partito per Hogwarts e avrebbe finalmente
iniziato a farsi i suoi primi veri amici. Mai si sarebbe aspettato di
trovarsi a piangere solo nel suo letto – il peso di un
passato relegato alle pagine dei libri di storia che ricadeva, senza
alcuna ragione, sulle sue troppo fragili spalle di bambino.
A soli undici anni, Scorpius fu costretto a
comprendere per la prima volta nella sua vita che essere una brava
persona, essere buoni e gentili con tutti, non bastava per avere valore
agli occhi del mondo.
Di
quella prima notte a Hogwarts, avrebbe sempre ricordato l'atroce
nostalgia che gli aveva contorto lo stomaco: nostalgia di casa, dei
suoi genitori, della compagnia di Feeney. Nostalgia di una vita in cui
era sempre stato amato, in cui non gli era mai mancato nulla, in cui
non era mai stato davvero solo. Non come
lo fu quella notte e nei lunghi anni a venire.
*
NOTE
Salve a tutti!
Come anticipato nell'introduzione, questa storia partecipa alla challenge "Ferisce la penna rosa" del forum Ferisce la penna. I prompt della challenge sono citazioni del film di Barbie/strofe riprese dalle canzoni della colonna sonora e la mia prima scelta è ricaduta su "All my life I've been so polite but I'll sleep alone tonight" che mi sembrava perfetta per il mio piccolo Scorpius.
Il titolo di questa raccolta, in cui ogni capitolo sarà incentrato su un diverso personaggio della Nuova Generazione, fa riferimento ai due atteggiamenti contrapposti che le persone possono assumere di fronte alle aspettative e ai (pre)giudizi della società, che si tratti della famiglia o del contesto scolastico: chi tende a rimanerne ferito e chi invece riesce a farseli scorrere addosso, o magari impara a farlo nel corso del tempo.
Purtroppo qui il nostro protagonista fa ancora parte della prima categoria. Nella mia visione Scorpius Malfoy è un pasticcino amoroso, una persona dalla natura solitaria ma anche estremamente buona e sensibile, e non è certo per merito di Draco e Astoria (o almeno non solo per merito loro) se tratta bene "persino" gli elfi domestici. Per cui, a soli undici anni, non ha ancora sviluppato un carattere abbastanza forte per fare fronte al bullismo ricevuto fin dal primo giorno di scuola per il semplice fatto di portare il cognome Malfoy. (Anche se le cose, per fortuna, non rimarranno così per sempre)
Spero che la storia sia piaciuta e conto (mi auguro) di riuscire ad aggiornarla presto!